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Autore: _Tenshi89_    09/06/2009    1 recensioni
*Postato cap. 47!*
Per tanti anni mi sono detta che quella gente doveva morire. Per tanti anni mi ero giustificata dicendo che qualcuno doveva pur fermarli.
Balle. Tutte balle.
Io ero un’assassina.
Ero la più perfetta delle macchine per uccidere, in fondo. Un predatore micidiale.
Ho sempre avuto la pretesa di giudicare quella gente perché seguiva un folle ideale, ho sempre preteso di dire che loro erano la feccia, che io ero nel giusto. Era giusto per me vederli morire uno per uno, con il terrore marchiato per sempre nei loro occhi.
Se è vero quel che si dice, che l’ultima immagine vista in vita rimane per sempre impressa negli occhi, loro vedranno me per l’eternità.
Li uccisi tutti. Come loro avevano fatto con la mia famiglia; li avevo uccisi perché erano delle persone malvagie, avevano fatto soffrire tante persone innocenti. Avevo messo finalmente fine a quei massacri assurdi.
Erano i cattivi.
Ma io ero forse migliore di loro?

Gli errori si pagano, sempre.
Ma le conseguenze non sono sempre facili da affrontare...
Questa è la storia di Elian.
Una storia di odio, una storia di amore.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!
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***















Doveva trattarsi di una sorta di incubo senza fine. O forse di una maledizione, di una qualche fattura, che so, ma qualcosa doveva pur essere. Non era possibile, non era logico. Forse mi seguivano, forse erano sulle mie tracce, forse mi volevano ancora con loro. Non riuscivano a lasciarmi in pace, non riuscivo a liberarmi di loro.
Forse ero davvero maledetta.
Evidentemente, non gli bastava quello che avevano già fatto, dovevano mettersi a disturbare anche la mia famiglia. Ma stavolta non l’avrei permesso. No. Mai. A qualsiasi costo.
Ero rimasta piantata nel punto dove mi trovavo, senza muovermi. Sentivo la lava scorrermi in corpo, mentre stringevo i pugni con tutta la forza che avevo, cercando di mantenere la calma. Edward mi guardava serio, aspettando. Bella era poco distante da lui, sembrava non capire la mia reazione. Fu Edward a parlare per primo. «Elian, andiamo dentro, ti spiegherò tutto. Non c’è nulla di cui preoccuparsi, puoi stare tranquilla».
«Ti sembra facile», sibilai tra i denti, «con loro non c’è mai da stare tranquilli, e lo sai meglio di me». Bella sussultò. «Edward, sono i Volturi? Vogliono ancora Renesmee? Alice ha visto qualcosa?», disse in preda ad una vera e propria crisi d’ansia.
Edward sospirò, rassegnato. Prese Bella tra le braccia, tranquillizzandola. «Bella, sta tranquilla. Alla piccola non succederà niente», disse, poi si voltò verso di me. «Se mi lasciaste spiegare vi evitereste preoccupazioni inutili».
Serrai la mascella, imprecando mentalmente. Al diavolo le preoccupazioni inutili. Se non ci fosse stato niente di cui preoccuparsi non saresti corso fuori da noi, non prendermi in giro, pensai acida.
Ma lui fece finta di non sentirmi. «Andiamo dentro», disse semplicemente, ma dal modo in cui ci guardammo, capii che la discussione non era finita li.
Li precedetti all’ingresso, e mi diressi immediatamente verso il grande tavolo ovale della sala da pranzo, dove trovai tutti gli altri. Sembravano tutti piuttosto tranquilli, il clima era rilassato, non teso e preoccupato come mi sarei aspettata. Non riuscivo a capire.
Mi sedetti accanto ad Esme, che mi rivolse un sorriso incoraggiante, mentre entravano nella stanza anche Edward e Bella. Edward continuava a fissarmi, e la cosa non mi piaceva per niente. Notai che anche Alice mi guardava in modo strano, ma a parte loro non sembrava ci fosse niente di strano.
Quando anche gli ultimi due arrivati si sedettero, mi appoggiai con i gomiti sul tavolo, guardandomi intorno. «Allora, volete dirci che succede?».
«Alice ha avuto una visione», disse Carlisle. Mi voltai verso Alice, che annuì.
«Cosa hai visto?», chiese Bella.
«Nulla di catastrofico o disastroso», disse, lanciandomi un’occhiata, «visto che in fondo ce l’aspettavamo. Tra qualche giorno verranno a farci visita i Volturi».
«Perché?», chiesi io, con una nota di irritazione nella voce che non riuscii a mascherare. Fui improvvisamente invasa da un piacevolissimo senso di tranquillità, che mi fece capire che Jasper si era messo all’opera. Mi voltai verso di lui, cercando di apparire contrariata, ma lui mi rivolse un mezzo sorriso, e una nuova ondata di pace mi tolse ogni voglia di ribellione.
«Verranno a controllare la piccola, semplicemente. Quando se ne andarono, l’ultima volta, ci dissero che sarebbero tornati a controllare la sua crescita. Sapevamo che prima o poi sarebbe successo, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi». Mi guardava cercando di apparire il più naturale possibile, ma si vedeva da un miglio che sembrava pensare tutt’altro. Anche Bella se ne accorse.
«Alice, cos’hai visto di preciso?», le chiese preoccupata.
«Ho visto cinque vampiri dirigersi verso Forks, li ho sentiti parlare di Renesmee, e tra questi c’era Aro». Un ringhio mi uscì dalla gola, non riuscii a fermarlo. Si voltarono tutti nella mia direzione, ma Alice continuò a parlare, in direzione di Bella, mentre sentivo una nuova ondata di calma invadermi. «Non vogliono fare del male alla piccola, e nemmeno portarla via. Vogliono vedere come sia cresciuta, sanno che non hanno niente a cui appigliarsi per portarla via, e non hanno intenzione di farlo. Bella, puoi stare tranquilla. Non portano combattenti con loro, e poi ti assicuro che se avessi visto qualcosa che non andava avremmo immediatamente pensato a mettere al sicuro Renesmee». Usava un tono rilassato e convincente, sembrava stesse dicendo la verità. Sicuramente Alice non avrebbe mai messo in pericolo la piccola, e ancor meno lo avrebbe fatto Edward, che l’avrebbe immediatamente visto se Alice avesse mentito. Ma c’era ugualmente qualcosa che non mi quadrava.
«Non c’è niente da temere, se ne andranno non appena vedranno che la nostra bambina è cresciuta, non le faranno del male», disse Edward tranquillo. Bella annuì, cercando di sorridere. L’idea che di li a poco i Volturi avrebbero rimesso piede nella sua vita sembrava metterla a disagio tanto quanto me.
Mi voltai nuovamente verso Alice. «Quando?»
«Cinque, sei giorni al massimo», disse.
Bella e io trasalimmo insieme. «Così presto???», chiese lei. Edward le sorrise. «Si, ma non c’è nulla di cui preoccuparsi, non si tratterranno qui, partiranno subito».
Bella disse qualcosa, o forse parlò Rosalie, ma da quel momento non badai più alle voci intorno a me.
Cinque giorni. Solamente cinque giorni e mi sarei ritrovata faccia a faccia con l’essere che odiavo di più sulla faccia della terra.
Cinque giorni.
Sentii, dopo non so quanto tempo, una mano posarsi sulla mia spalla. Era Alice; mi sorrise raggiante, era tornata alla sua solita spensieratezza. «Elian, vieni di sopra con me, oggi pomeriggio ho preparato una cosa speciale per te». Traduzione: ho bisogno di parlarti lontano da occhi indiscreti, quindi non fare domande e vieni immediatamente con me. Avevo imparato abbastanza di Alice da capire che se ci fosse stata davvero una sua nuova strabiliante creazione sarebbe riuscita a coinvolgere l’intera famiglia. Feci finta di nulla, e annuii, sorridendo.
«Andiamo».
Gli altri non badarono a noi, mentre seguivo Alice lungo le scale che portavano al piano di sopra, ma notai, con la coda dell’occhio, che Edward ci stava guardando, pensieroso.
Avevo la spiacevole sensazione che non avessero detto tutto, ed Alice e Edward erano gli unici che avevano la possibilità di conoscere tutta la verità.
Non dicemmo una parola lungo il corridoio, e nemmeno mentre entravamo dentro la sua camera. Mi fece entrare per prima, e io mi avvicinai al grande letto a baldacchino. Adesso ero davvero preoccupata. Alice si chiuse la porta dietro, e finalmente mi guardò. Lessi una profonda preoccupazione nel suo sguardo, una preoccupazione che fino a poco prima non c’era. Mi colse di sorpresa. «Alice, che succede?».
Lei si morse il labbro per qualche istante prima di parlare. «Sono preoccupata, Elian, molto preoccupata, e non mi capita molto spesso di esserlo».
Annuii, sebbene non avessi ancora capito un emerito accidente. «Ho intuito che c’è qualcosa che non va, e so anche che gli unici a saperlo siete tu ed Edward, ma sinceramente non capisco. Hai visto qualcosa di così brutto da non poterlo nemmeno dire agli altri?».
Alice scosse la testa. «No, no, non ho visto niente di terribile, se intendi questo, ma ho visto qualcosa che non mi so spiegare». Si morse ancora una volta il labbro. Aspettai, ma la mia pazienza si stava esaurendo. «Cosa, Alice?», le chiesi, esasperata. «Riguarda la bambina? Riguarda me?».
Solo in quel momento realizzai che doveva esserci qualcosa di davvero molto, molto strano, se me lo stava dicendo così. Avrei combinato qualcosa di sbagliato? Avrei fatto del male a qualcuno? Alice mi aveva visto fare qualcosa che non avrei dovuto?
«Alice, ti prego, vuoi dirmi cosa hai visto?»
«E’ proprio quello il problema», mi disse lei alla fine, frustrata, «che non so dirti cosa ho visto! Era una visione troppo confusa, troppo fumosa, non so esattamente cosa sia successo. L’unica cosa che so per certo è che riguarda te».



***





  
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