NdA
Ciao a tutti! Alcuni lettori
mi hanno chiesto come funziona di preciso l'incantesimo sulla mente di Steve e
cosa si ricorda. Secondo la mia idea riesce a riconoscere tutti, però è
come se i suoi ricordi fossero stati ringiovaniti insieme a lui; di sicuro
ricorda qualcosa ma non riesce comunque a parlarne perché le sue competenze
logico/linguistiche sono quelle di un bambino di tre anni. Un po' disorientante
ma non troppo, spero!
Laylabinx
Capitolo 2: Di colori a dita e orsacchiotti
James
sospira,
trattenendo in gola un ringhio frustrato. Ultimamente gli capita
spesso. «Riesci
a prendere questa cosa sul serio, non
so, tipo per cinque secondi?»
«Amico,
Capitan America è stato trasformato in uno dei Cabbage Patch
Kids. Non credo di
riuscire a essere più serio di così,»
risponde l'altro,
senza smettere di
fissare il piccolo che tiene la mano dell'ex assassino in una stretta
di ferro.
Steve lo guarda con occhi spalancati, schiacciandosi ancora di
più contro la
gamba di James. Sembra quasi riconoscere l'uomo che gli sta di fronte
ma allo
stesso tempo lo vede come un estraneo, qualcuno che non gli
è
familiare come la
persona alla quale si sta aggrappando; dato che per lui James
è
la cosa migliore al mondo, non lo lascerà andare tanto in
fretta.
«Ma
è
capace di usare il vasino?» chiede ancora l'altro e James
inizia a
rimpiangere di aver preso quella decisione.
«No,
davvero...?!» mormora a bassa voce. Prima di lasciare
l'helicarrier Fury
gli ha detto di fare comunque tappa alla Stark Tower per recuperare un
paio di cose
utili a gestire la situazione. A quanto pare la fidanzata/assistente
personale/per-fortuna-c'è-lei
di Stark ha un nipotino della stessa età di Steve ed
è riuscita a farsi
prestare dei vestiti della misura del Capitano versione mignon. Non
solo, si è
offerta di badare a lui per un'ora o più mentre James
renderà l'appartamento di
Steve a prova di bambino (e per la miseria, è un compito che
si sarebbe
risparmiato volentieri). Il fatto
che non abbia battuto ciglio è indicativo di quanto sia
abituata ad
avere a che fare con stranezze peggiori quasi tutti i giorni.
James
non
può che esserle grato. Nonostante lo S.H.I.E.L.D. addestri i
propri agenti alla perfezione, il programma risulta piuttosto carente
nelle tecniche di gestione e
contenimento di qualcuno trasformato nella versione infantile di se
stesso. L'unica
cosa che gli hanno dato per coprire il piccolo Steve è la
t-shirt più piccola
che avevano a portata di mano - che pur essendo extra small
è comunque tre
volte troppo larga per lui e gli cade addosso come un vestito a
strascico.
Ancora adesso è scalzo e non sembra esserci nulla in grado
di
adattarsi al suo
corpicino rimpicciolito. Pepper Potts invece ha offerto una soluzione
accettabile e James ha accettato senza pensarci.
Quello
che
non aveva preso in considerazione era la possibilità di
incontrare un altro
membro degli Avengers. Stark è già partito come
Fury gli aveva detto, in cerca
del responsabile dell'incantesimo insieme a qualcuno di nome Thor.
Natasha si è
unita a loro per negoziare, perché quando si tratta di
persuasione nessuno
sembra essere bravo quanto lei.
Con
loro tre in missione, gli unici rimasti a potersi occupare di Steve
sono lui, Pepper e un altro paio di persone
che non aveva mai incontrato. Alla domanda sul perché
fossero stati esclusi
dalla missione, l'uomo che si è presentato come Clint ha
risposto molto
vagamente.
«Stanno
cercando Loki, il fratello di Thor. È uno psicopatico, un megalomane e
una
drama queen di prima categoria.»
«Quindi
questa è opera sua?» chiede James, mentre sente i
muscoli della mascella
contrarsi.
«Sì,»
conferma Clint. «Anche se non penso stesse
mirando a lui. Doveva trattarsi di qualche elaboratissimo piano per far
tornare
Thor bambino e reclamare il trono di Asgard. Thor è riuscito
a schivarlo ma...»
guarda per un attimo il piccolo Steve e non c'è bisogno di
aggiungere altro.
«Capito,»
dice James sospirando. «Un dio nordico vendicativo agita in
aria la sua
bacchetta magica e Capitan America viene trasformato in un bambino.
Ottimo.»
Passa una mano tra i capelli per il nervoso. «Come mai non ti
hanno
invitato a unirti alla caccia?»
Clint
sorride
e si stringe nelle spalle. «Il ragazzone verde ed io eravamo
in
missione a
Barcellona, abbiamo saputo cosa fosse successo solo quando siamo
tornati. Poi è meglio che io non mi avvicini troppo a Loki,
l'ultima volta ha
usato su di me la stessa bacchetta magica e me lo sono ritrovato nella
testa.»
«Gli
altri hanno pensato che unirmi al gruppo per andare a cercarlo potesse
rappresentare un "conflitto
di interessi",»
continua Clint, facendo un uso
esagerato delle virgolette con le dita. «In effetti devo
ammettere che
avevano ragione. Insomma, non potevo assicurare che non avrei cercato
di
sparargli a vista.»
«E
l'altro
tizio?» chiede James, perché è quasi
certo di aver visto qualcun altro passare
quando è entrato.
«Chi,
Bruce? Nah, non ha nessun conto in sospeso con Loki, almeno non
che io sappia. Rimane
sempre scombussolato per qualche ora dopo che è tornato in
sé, quindi non me la
prenderei per il benvenuto poco caloroso da parte sua; starà
meglio fra un po'. Lui è abbastanza neutrale per quanto
riguarda
Loki, però Hulk...»
«Hulk?»
«Hulk
è
una specie di Mr.Hyde per Bruce,» spiega Clint a bassa voce,
guardandosi
alle spalle. «Bruce in genere è l'equivalente di
un maestro zen ma quando
si arrabbia...
beh, Hulk non è proprio noto per la sua natura pacata e
docile. Ha
spazzato un pavimento usando Loki come scopettone, immagino che nessuno
volesse
rischiare che succedesse di nuovo.»
James
ha il vago ricordo dei filmati della Battaglia di New York che ha
studiato quando ancora
stava seguendo Steve come obbiettivo; immagini sfocate di una
mostruosa creatura verde fra le macerie e i detriti, che urlava in
preda alla
furia e distruggeva ogni cosa si trovasse vicino. I ricordi non gli
ispirano
affatto sicurezza, non è sicuro che sia il caso di lasciare
Steve alla Torre mentre lui corre a sistemare il suo appartamento.
«È stato un errore venire qui...»
borbotta mentre Steve si stringe di più alla
sua gamba.
«Invece
no,» lo riassicura una voce che sembra arrivare da uno dei
corridoi
connessi al salotto. Gira lo sguardo e si accorge di Pepper, che sta
camminando
verso di loro. «Che tu ci creda o meno, Hulk è
sorprendentemente bravo con
i bambini,» dice lei con un sorriso. «E Clint
lavorava in un circo,
anche lui è abituato ad avere a che fare con i
piccoli.»
«Non
con i piccoli come questo,» replica Clint e strizza l'occhio
a Steve.
Pepper
gli
assesta una leggera gomitata alle costole. «Non preoccuparti,
lo terremo
sotto controllo finché non sarai tornato.»
Steve
è
ancora aggrappato alla gamba dei suoi pantaloni e James inizia a
chiedersi se
sia il caso di affidarlo a persone che non conosce per niente. Si
tratta dei
compagni di squadra di Steve, certo, ma è sempre stato fin
troppo protettivo
nei confronti dell'amico e sente che ora le circostanze richiedono che
lo
sia anche di più. Purtroppo non gli rimangono molte altre
alternative. L'appartamento
di Steve dev'essere sistemato
a prova di
bambino e per forza deve farlo senza avere un bambino intorno. In
più, deve
liberarsi di tutte le armi che ha addosso e non può
improvvisare nascondendole in
un cassetto. Entrambe le operazioni vanno portate a termine mentre
Steve si
trova da un'altra parte. Si lascia scappare un debole gemito, ben
sapendo che
non c'è molto da scegliere.
Pepper
sembra capire quanto sia difficile per lui allontanarsi e gli sorride
di nuovo. «Ci prenderemo cura di lui, stai
tranquillo.»
James
annuisce, controvoglia, e guarda il piccoletto aggrappato alla sua
gamba. «Tornerò
fra un'ora. Un'ora e mezza al massimo.»
Pepper
annuisce
a propria volta e si accovaccia a terra in modo da arrivare all'altezza
di
Steve. «Ehi, cucciolo,» dice in tono dolce.
«Cosa ti va di fare
questo pomeriggio?»
Steve
la
fissa con i suoi grandi occhi azzurri, l'espressione sul suo viso
è cauta e un
po' indeciso. Sembra riconoscerla, com'era successo per Clint, ma non
è del
tutto convinto. Guarda James per capire cosa sia meglio fare.
«È tutto a posto,» dice James, anche se in verità è altrettanto esitante. «Di lei puoi fidarti.»
Steve
tentenna ancora per un secondo prima di staccarsi dalla gamba di James
e
muove un passo in avanti. Lascia che Pepper gli prenda la mano nella
propria,
poi si gira. «Vai via?»
chiede a bassa voce.
Per
James è
come essere preso a pugni nel petto. Steve lo sta fissando con
quell'espressione
da cucciolo che gli riesce tanto bene e lo fa sentire il peggior
rifiuto umano
al mondo.
Steve
non
risponde subito, ancora indeciso se tornare ad aggrapparsi alla sua
gamba o
restare insieme a Pepper. «Promesso?»
sussurra alla fine, con occhioni
imploranti.
James
posa
la mano destra sulla testa di Steve in una carezza leggera.
«Te lo prometto, ragazzino.»
Steve
sembra
convincersi e non oppone resistenza quando Pepper lo prende in braccio.
«Vuoi
andare a saltare sul letto dello zio Tony?» chiede
abbracciandolo. «Andiamo
a saltare sul letto dello zio Tony.»
James
li osserva
allontanarsi e gli occhi di Steve non lo abbandonano finché
non esce dalla
stanza. È quasi tentato di raggiungere Pepper ma si impone di restare
dov'è,
impedendosi di cedere al ricatto dello sguardo strappacuore di Steve.
Clint
gli
appoggia una mano sulla spalla, rendendosi conto di quanto per lui sia
difficile. L'ex assassino quasi lo scaccia via in una reazione
automatica ma
all'ultimo momento riesce a controllarsi. «Non preoccuparti,
Barnes,»
dice Clint, qualsiasi traccia di scherno assente nella sua voce.
«Lo
terremo d'occhio per te.»
James
sospira e annuisce in assenso. «Datemi un'ora di
tempo.»
«Un'ora?!
Cavolo, te ne lascio anche un paio! Voglio fare più foto
possibile e metterle
in un album per Coulson, si sta praticamente prendendo a calci da solo
perché
non è qui ad assistere alla scena.»
James
solleva
gli occhi al cielo. «Qualsiasi documentazione fotografica
verrà distrutta,»
afferma con compostezza intanto che si incammina verso l'uscita. La
risata di
Clint risuona fin nel corridoio, attutita soltanto dalla porta che si
richiude
dietro di lui.
OOOOO
Gli
servono cinquantadue minuti per sistemare l'appartamento di Steve. Non
è un'operazione
complessa, si tratta più che altro di coprire le prese
elettriche e assicurarsi
che niente di pesante/appuntito/fragile sia a portata di mano.
L'appartamento è
più largo di quello di prima, questo ha due camere da letto
invece che una
sola. A quanto pare Steve si è preoccupato di mettergli a
disposizione una
camera, nel caso James avesse deciso se e quando tornare. L'arredamento
è
comunque minimale, come nell'appartamento precedente, e le uniche
aggiunte sono
un letto e una cassettiera in più nella stanza degli ospiti.
Liberarsi
delle armi è stato più facile del previsto: lo
S.H.I.E.L.D. gli ha messo a
disposizione un deposito a pochi isolati dall'appartamento ed
è lì che ha
riposto tutta l'artiglieria. Sembra strano andarsene in giro disarmato
ma sa
che è necessario. Non ha intenzione di mettere Steve in
pericolo, il che
significa niente armi in casa.
Fa
un ultimo
giro di controllo prima di ritenersi del tutto soddisfatto. Sollevato
all'idea
che Steve non corra il rischio di farsi inavvertitamente del male con
qualche
oggetto, lascia il palazzo e prende un taxi per tornare alla Stark
Tower.
Il
taxi lo
lascia nel parcheggio e deve aspettare che uno degli impiegati gli dia
il
permesso di oltrepassare il primo checkpoint. Le misure di sicurezza
sono state
implementate di recente ed è alquanto ironico, considerato
che lui stesso ne è
la causa: la sicurezza è stata raddoppiata dopo che ha
cercato di fare
irruzione nella Torre, nel tentativo di uccidere Steve. I controlli
all'ingresso sono rimasti meticolosi, anche a
mesi di distanza e anche adesso che gli hanno addirittura affidato
l'incarico
di proteggere uno degli Avengers. Strano come le cose possano cambiare.
Quando
entra
in ascensore fa scorrere nell'apposito scanner la tessera plastificata
che gli
ha dato Pepper. Una luce verde lampeggia e serve un codice aggiuntivo
per
ottenere l'autorizzazione, poi una seconda luce si accende per conferma
e la
cabina inizia a muoversi verso l'alto. È una gran seccatura, ma
è
comprensibile che vada mantenuto il massimo livello di sicurezza per
tutelare
tutti coloro che lavorano e vivono all'interno della Torre.
Appena
arrivato, James si trova davanti uno scenario apocalittico: pittura
ovunque - sul pavimento, sul muro, spiaccicata sulle gambe delle sedie
e dei
tavoli. Ci sono impronte colorate di mani e di piedi intorno al tavolo
da
pranzo e fino in soggiorno, che è nel caos più
totale. E al centro della stanza
c'è Steve.
È seduto nel
mezzo di una cerata ed è coperto di colori a dita dalla
testa ai piedi. Ha del
blu nei capelli, giallo in faccia, viola e verde sulle braccia e un
vasto
assortimento di tinte differenti sul
resto del corpo. È impegnatissimo a dipingere qualcosa sopra un largo
foglio
di carta posato a terra. Sfortunatamente, nel suo caso "dipingere" si
traduce più
che altro con "spalmare
tempera ovunque".
«Pensavo
che dovessimo fare il cavallo marrone,» dice Clint. Per la
prima volta
James si rende conto che sul pavimento c'è anche lui,
coperto di pittura ma un
poco più presentabile rispetto a Steve.
«Cane,»
lo corregge Steve senza distogliere l'attenzione dalla
quantità di tempera che
sta distribuendo sul foglio.
«Cane,»
ripete Clint. «Pensavo che dovessimo fare il cane
marrone.»
«Arancione,»
corregge ancora Steve, anche se qualsiasi cosa stia dipingendo non
assomiglia
per niente a un cane o mucca e nemmeno a una forma che ricordi un
animale.
Sembra soltanto un miscuglio di colori.
«I
cani
non sono arancioni,» replica Clint, ma Steve non si lascia
convincere.
«Arancione,»
insiste mentre solleva una mano tutta dipinta per sottolineare il
concetto.
«Sì,
arancione,
lo so...
però i cani non...»
«Arancione!»
«Va
bene, come vuoi,» si arrende Clint con un sospiro, senza
traccia di reale
frustrazione. Sembra aver capito che fare discussione con un bambino di
tre
anni è insensato.
James
è
rimasto a fissarli per almeno un minuto buono; non appena Steve si
accorge di lui
salta in piedi. «Bucky!» esclama prima di prendere
la rincorsa e lasciarsi
dietro una scia di impronte multicolore.
Questa
volta
James è più preparato a prenderlo al volo.
«Ehi, a quanto pare ti
sei divertito un bel po' intanto che non c'ero.» Guarda Clint
con un'espressione
che mescola stupore e rimprovero. «Ma che diavolo...?
Sono stato via solo
per un'ora.»
Clint
si
stringe nelle spalle poi si alza per arrotolare la cerata.
«Stavamo
pitturando.»
«Sì,
lo
vedo. Sembra che Picasso gli abbia vomitato addosso.»
L'arciere
minimizza, sollevando gli occhi al cielo. «Rilassati, Barnes. È lavabile.»
Solo a quel punto si rende conto dello stato in cui è
ridotto il soggiorno e
fischia tra le labbra. «E per fortuna! Tony mi ammazzerebbe
se restassero
delle macchie.»
«Pepper
non è qui?»
Clint
ripulisce le mani sporche di tempera sulle gambe dei jeans.
“Conferenza via
Skype fuori programma. Dato ma che Tony è impegnato a
giocare a Galaxy Quest tocca
a lei gestire la baracca. È abituata a farlo comunque, ma...»
«Di
bene in meglio,» interrompe James in un borbottio intanto che
Steve
continua ad aggrapparsi alla sua gamba. «Beh, non posso
portarlo a casa
conciato così. C'è una vasca da bagno, da qualche
parte?»
«Uhm,
sì,» risponde Clint dopo averci pensato un istante
per ricordare
esattamente dove. «La quinta porta sulla sinistra, in
fondo,» spiega
indicando uno dei corridoi alle spalle di James. «È una
Jacuzzi ma
dovrebbe andare bene lo stesso.»
James
annuisce
e posa la mano sulla testa di Steve. «Andiamo, devi
lavarti.»
Il
bambino
protesta a pieni polmoni con un "no!"
risoluto e cerca di scappare,
ma James lo batte sul tempo e gli passa il braccio di metallo intorno
alla
vita.
«Mozione
respinta,» commenta caricandosi il piccolo in spalla. Steve
si dimena e
cerca di sfuggirli, eppure continua a ridacchiare felice per tutto il
tragitto
fino alla stanza da bagno.
Le
dimensioni ricordano il primo appartamento che i due dividevano a
Brooklyn, solo
che i pavimenti sono in marmo lucido, i lavandini sono coordinati e la
vasca idromassaggio
è grande abbastanza da ospitare quattro persone. James
può immaginarsi le
storie che avrebbe da raccontare e decide che non è poi
così grave rischiare di
sporcarla per togliere la pittura di dosso a Steve.
Lo
rimette a
terra e chiude a chiave la porta; subito Steve si dirige verso la
maniglia in
un goffo tentativo di evasione, anche se gli mancano diversi centimetri
per
riuscire a toccarla.
«Spiacente,»
dice James con un sorriso. «Devi essere alto almeno un metro
per uscire da
qui per conto tuo.» Poi fa un cenno in direzione
dell'idromassaggio. «Forza!
Prima finisco di darti una ripulita e prima andiamo a casa.»
Steve
rimane
immobile. «Senti, piccoletto, possiamo risolvere il problema
con le buone
o passare alle maniere pesanti, ma ti assicuro che non ti conviene. Fai
il
bagno e... non
so, ti darò un biscotto.»
Steve
pare
riflettere sull'offerta e accetta, trascinandosi senza molto entusiasmo
fino
alla vasca. James si inginocchia e gli ripulisce una guancia da uno
sbaffo
giallo e viola proprio sotto l'occhio. «Per fortuna Pepper
può prestarti
qualcosa da mettere,» dice, ipnotizzato dalla maglietta dello
S.H.I.E.L.D.
imbrattata di tempera. «Fury non era riuscito a trovare
altro.»
Sporge
un
braccio oltre il bordo di ceramica, raggiunge il rubinetto per iniziare
a far
scorrere l'acqua e portarla a una temperatura accettabile.
“Braccia in su.»
Steve
obbedisce, dandogli modo di sfilare la t-shirt dalla testa. Rimane nudo
e
indifeso davanti a lui, i piedini tremanti sulle piastrelle fredde.
James si
interroga su quanto la situazione dovrebbe sembrargli imbarazzante,
però Steve
è sporco di pittura e non può lasciarlo in quello
stato. Comunque sono
cresciuti insieme (stando a quello che ricorda) ed è
abbastanza sicuro che
almeno una volta sia capitato a entrambi di spogliarsi davanti
all'altro. Fine
della discussione.
«Ok,
eccoci
qui,» sussurra intanto che solleva il bambino da terra e lo
sistema nella
vasca.
I
colori
vengono via dalla pelle di Steve abbastanza facilmente. La tempera
impastata
tra i capelli però è resistente e James deve
arrendersi
all'idea che non
basterà solo l'acqua. Allunga una mano alla ricerca della
cosa
più simile a uno shampoo - è al profumo di menta
marocchina o simile, un particolare
pretenzioso che fa nascere in lui la voglia di prendere a pugni Stark
per
principio. Ma alla fine poco importa, gli serve qualcosa per lavare via
la
pittura.
Se
ne versa
una piccola quantità sulla mano destra e inizia a
distribuirla sui capelli di
Steve. «Chiudi gli occhi,» ordina per evitare che
la schiuma finisca
dove potrebbe dare fastidio. Steve obbedisce subito, strizzando insieme
le
palpebre. È straordinario come Steve si fidi di lui senza riserve,
senza
esitazione o senza fare domande. James sospetta che potrebbe dipendere
dal
fatto di essere tornato bambino e ingenuo, ma in fondo sa che dipende
da
qualcosa di più profondo.
Steve
si è
sempre fidato a quel modo, anche quando erano ragazzini. Se lui gli
avesse
proposto di seguirlo fino in capo al mondo o di saltare in un barile
pieno di
piranha, quasi sicuramente Steve avrebbe accettato. A James fa male
constatare
quante volte abbia rischiato di perderlo e, di recente, addirittura per
causa sua.
Questa volta lo proteggerà a costo della vita, se necessario.
Con
l'aiuto
dello shampoo i capelli di Steve tornano puliti e l'acqua si tinge di
sfumature
bluastre, che mischiate al resto dei colori lasciano nella vasca una
brodaglia
verde-marrone decorata da bollicine iridescenti.
James
toglie
il tappo e fa uscire Steve prima di avvolgerlo in un asciugamano tanto
grande
da poter essere considerato un lenzuolo. Con un'occhiata alla maglietta
abbandonata sul pavimento realizza che si è dimenticato di
portare in bagno dei
vestiti ed è costretto a prendere Steve in braccio per
riportarlo in soggiorno.
Clint
a quel
punto è riuscito a tirare a lucido gran parte della stanza,
i colori a dita
sono nascosti al sicuro e la cerata è scomparsa. Alza lo
sguardo quando li vede
arrivare e sorride al piccolo Capitano, ancora avvolto in nient'altro
che un
asciugamano. «Direi che hai trovato il bagno.»
«Sì,»
risponde James mentre pesca un cambio dalla pila di indumenti che
Pepper gli ha
messo a disposizione. «Anche se non sono per niente sicuro
che Stark
approverebbe.»
Clint
toglie
l'ultimo sbaffo viola dal muro con uno straccio. «Se ne
farà una ragione. Credimi,
in quell'idromassaggio è successo ben di peggio.»
«Risparmiami
i dettagli,» replica James. Mette a sedere Steve su una sedia
e prepara la
maglietta che ha in mano. «Va bene, campione. Di nuovo
braccia in su.»
Ancora
una
volta, Steve obbedisce e James gli infila la t-shirt.
«Ecco
fatto. Molto meglio che restare coperti di
pittura, vero?» dice con un sorriso, imitato da Steve.
«Riesci a
metterti in piedi, così infiliamo i pantaloni?»
Steve annuisce e poi si
alza, reggendosi alla spalla metallica di James.
Clint
osserva
tutta la scena, l'ex assassino intento ad allacciare i pantaloni alla
miniatura
di Steve Rogers. «Non mi aspettavo che fossi così
bravo con lui,» commenta
nel vedere che James tiene un braccio sempre stretto alla vita del
bambino.
«Una
sola parola in più, Barton...»
«No,
dico
sul serio,» continua Clint ignorando l'occhiataccia di fuoco
che James gli
rivolge. «Cioè, sei grande e grosso e minaccioso,
di certo in una rissa da
bar finiresti per darmele di santa ragione... ma
ti riesce bene prenderti cura di
lui.»
«Mi
sono sempre preso cura di lui,» risponde James quasi in
automatico, perché
le parole gli escono di bocca prima che possa pensarci. Non importa che
sia enorme
o minuto, Capitan America o lo scheletrico ragazzino di Brooklyn, James
si è
sempre preso cura di Steve.
«Si
nota,» dice Clint. «È come vedere mamma orsa che
protegge i
cuccioli. Solo che al posto degli artigli hai un braccio di metallo e
abbastanza armi da bastare per un esercito.»
«Non
c'è
niente di male nel prendere qualche precauzione,» ribatte
James intanto
che finisce di vestire Steve. Gli strofina i capelli con l'asciugamano
finché Steve
lo colpisce alle mani e protesta con un mugugno infastidito.
«D'accordo, d'accordo,
ne hai abbastanza.»
«Andiamo
a casa?» domanda Steve, gli occhioni blu spalancati a
guardare James.
«Sì,
andiamo
a casa. Dì ciao allo zio Ruota di Scorta.»
Clint
sbuffa
nel sentire il nomignolo. «Molto maturo, Barnes.»
Si china sul divano
e rovista un po' tra i cuscini per cercare qualcosa. «Quasi
mi dimenticavo
di dare questo a Steve.»
Gli
mette
tra le braccia un animale di peluche che ha tutto l'aspetto di un orso
con
indosso una maschera nera e un'uniforme blu. È adorabile, tenero e
stranamente
familiare, tanto che James si adombra per un attimo. «Che
cavolo sarebbe?»
«Stai
scherzando?» chiede Clint, sorpreso. «È un Bucky
Bear2!
Erano la moda del momento quando siete diventati famosi, durante la
guerra.
Ormai sono articoli da collezione.»
James
inorridisce. «Mi stai prendendo per il culo?! Quello dovrei
essere IO? Mi hanno
trasformato in un fottuto peluche?»
«Ehi,
linguaggio!» lo riprende Clint sogghignando.
«Sì, ti hanno fatto
diventare un peluche. Prendilo come un complimento, a molti altri
veterani
hanno solo dedicato alberi o panchine nei parchi.»
«Come
è
arrivato qui?»
«Coulson.»
«Ovvio,»
borbotta James.
Clint
si
stringe nelle spalle. «Ormai non mi stupisco più.
Coulson è uno dei più
grandi fan di Capitan America mai esistiti, probabile che abbia un
intero stock
di peluche nascosti da qualche parte.»
«È inquietante.»
«Più
che altro devoto. Comunque a Steve piace.»
In
effetti Steve
è già affezionato all'orsetto come se fosse la seconda cosa
migliore al mondo e
lo stringe a sé con una mano mentre con l'altra si aggrappa
ai pantaloni di
James, che sospira sconsolato. «Maledizione...»
Clint
si
limita a sogghignare di nuovo. «Passate una buona serata,
tutti e due!»
«Coulson
è un uomo morto,» mormora James sottovoce,
prendendo Steve per mano e
incamminandosi verso la porta
2. Bucky Bear appare nel
fumetto "A-Babies vs X-babies" nel 2012. [NdT]
Capitolo originale dell'autrice
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