~ Inferno ~
Il bicchiere in una mano, fisso il
liquido denso che oscilla. Un solo sorso e scende pesante nel mio stomaco. La
gola in fiamme, una botta al cervello che annulla i pensieri, l’odore
dell’alcol che esce dalla mia bocca. E’ questo quello che sono diventato. O
quello che sono sempre stato: la giacca firmata e il mocassino lucido, un
abbigliamento impeccabile fatto a pezzi durante la scopata della notte.
Un’altra donna, lì, distesa nuda su un letto che non ha mai visto l’amore. Non
riesco nemmeno ad avvicinarmi. E’ solo un gioco. Un gioco che si fa ogni giorno
più noioso e ripetitivo.
Dov’è il segreto della felicità?
In un mazzo di carte mai usato? In una
donna mai violata? In un bicchiere ancora pieno?
Dov’è?
La pioggia cade rigando il vetro della
finestra, distorcendo i fari delle macchine che sfrecciano sulla strada. Non
credevo facesse così male. Stringo la mano attorno al collo della bottiglia,
più forte, sempre più forte. Così forte che se non fosse così spesso lo
spezzerei. Immagino il sangue scorrere tra le mie dita macchiando il polsino
della camicia, un sangue che non ha sapore, che contiene l’anima nera del
diavolo e non ne ha paura: il mio sangue. Nemmeno quel dolore annullerebbe
quello che mi sta torturando. Quello che ha il colore delle sue labbra e la
dolcezza della sua carezza. Un dolore che non avevo mai provato, che non riesco
a contrastare.
Mi alzo e lascio che il mio sguardo si perda
nel buio della notte mentre la mano si abbassa sulla maniglia della portafinestra.
Un vento gelido penetra dallo spiffero invadendo quella stanza lussuosa che è
la mia prigione e il mio paradiso. Gli spruzzi d’acqua sfiorano il mio viso
raggelandomi. Fuori da questa stanza non sono nessuno. Solo un nome, un nome e
un volto, un volto senza cuore. E qui dentro? Qui dentro sono un’anima
peccatrice, con una pena da scontare. Ma io non ho paura, io l’inferno lo
conosco. Il mio inferno ha un nome, una voce angelica e un corpo divino. Un
vestito perfetto e un sentimento travolgente. Il mio inferno si chiama Blair Waldorf.
Lascio scivolare il bicchiere sul comò,
apro la finestra e mi immergo nell’oscurità della notte. La pioggia macchia il
mio completo firmato, scende pungente sul mio viso, mi avvolge, distruggendo
l’immagine impeccabile che il mondo ha di me. Chiudo gli occhi e per la prima
volta dichiaro la mia sconfitta. Lì, sotto quella pioggia, schiacciato da un
dolore troppo grande, mi affaccio al parapetto, stringo le labbra attorno alla
bocca della bottiglia e lascio che l’alcol mi inebri con il suo calore
dimenticandomi di tutto il resto.