(I wouldn't have nothing) If I Didn't Have You
Tre
colpi sulla porta della sua stanza significano che è Kuroo che
sta per entrare. Sua mamma non bussa mai, per cui può essere
solo lui: non è un codice che hanno stabilito, è
semplicemente qualcosa che Kuroo fa, forse inconsciamente. Tre colpi,
e la maniglia si abbassa senza che Kenma abbia effettivamente dato il
consenso di entrare – non lo fa mai. Al limite del suo campo
visivo, fisso sulla parete perpendicolare alla porta, Kenma nota una
zazzera di capelli neri e un corpo snello. Si rifugia ancora di più
tra le sue ginocchia, rifiutandosi di voltarsi in direzione
dell'amico; l'entrata di Kuroo è seguita da un tonfo pesante
sul pavimento – deve essere venuto lì subito dopo la
scuola, e sta lasciando lo zaino a terra. Forse è tornato di
corsa ad avvisare sua mamma di dove si trova, forse ha chiesto alla
mamma di Kenma di farlo per lui.
In ogni caso è lì,
senza che Kenma l'abbia chiesto: si getta sul suo letto e il
materasso ondeggia per qualche istante, sballottando Kenma a destra e
sinistra prima che tutto torni ad essere fermo.
Silenzio. Kenma
tira su col naso.
- Posso giocare a Dragon Quest? -
Kenma
annuisce, senza guardare Kuroo in volto. Avrebbe potuto accendere la
PlayStation e fare da solo, ma Kuroo non tocca mai nulla di suo senza
chiedere il permesso – e soprattutto, non fa mai nulla senza
tentare di coinvolgerlo. Passa qualche istante prima che senta il
suono della PlayStation 2 che si avvia, e solo allora solleva gli
occhi rossi di pianto dalle proprie gambe per fissare la schiena di
Kuroo: è seduto davanti a lui con le gambe incrociate e una
maglia troppo grande indosso. Ha delle braccia lunghe, esili, che
come la maglietta sembrano troppo grandi per un bambino di nove anni.
A Kenma piacciono tantissimo.
- Non mi rimproveri? -
Kuroo
non si volta. Avvia il gioco, e aspetta qualche istante prima di
alzare le spalle. - No. -
Kenma è quasi deluso – ma
naturalmente, dev'essere tutta parte del piano di Kuroo per farlo
parlare. Non gli importa se sta tentando di ingannarlo: vorrebbe
parlarne, è solo difficile farlo con degli adulti. - Non ci
torno a scuola. -, mormora. Lo sussurra, quasi, ma Kuroo lo sente
comunque: lascia il gioco nel menù principale e si gira verso
di lui. Non sembra arrabbiato, o infastidito: dal suo volto non
traspare nulla se non la curiosità necessaria a comprendere le
motivazioni della scelta di Kenma.
- Chi ti da fastidio? -,
domanda. Kenma scuote la testa.
- Nessuno. -, risponde. -
Nessuno mi da fastidio. Nessuno mi vede mai. -
- Credevo ti
facesse piacere stare da solo. -, mormora Kuroo. Kenma non risponde;
Kuroo non ha torto, ma neanche del tutto ragione. Stare da solo gli
piace – essere solo, completamente invisibile, non è
altrettanto piacevole. Dubita possa capire come ci si sente: Kuroo ha
un sacco di amici, nonostante preferisca per qualche motivo passare
tutto il suo tempo libero con lui. Kuroo esiste, la sua esistenza è
tangibile nel modo in cui gli altri cercano la sua compagnia, nel
fatto che venga chiamato per primo quando la classe viene divisa in
squadre... per Kenma non è così.
- Se non venissi
più a scuola nessuno noterebbe la differenza. -, sussurra. E
poi, dopo qualche istante di silenzio – interrotto solo dalla
musica a 8-bit del menù del gioco, - Sarebbe diverso se
fossimo stati in classe assieme. -
È un discorso che
hanno già fatto, e la cui soluzione inesistente lascia sempre
l'amaro in bocca a entrambi. Questa volta però Kuroo risponde
con una rapidità che coglie Kenma alla sprovvista.
- Vuoi
che mi faccia bocciare? Così possiamo stare assieme. -
Kenma
sgrana gli occhi pesanti di pianto e scuote immediatamente la testa.
È un'idea così stupida – tanto stupida che poteva
essere solo Kuroo a pensarci. Sta quasi per spostare di nuovo lo
sguardo, quando una mano si poggia sulla sua.
- Ken-chan.
-
Quando Kuroo lo chiama in quel modo è come se qualcosa
dentro Kenma si distruggesse: la diga di dignità che gli ha
impedito finora di piangere di fronte al suo migliore amico si
sgretola rapidamente, e le lacrime riprendono a scorrere in
orgoglioso silenzio. Kuroo tira fuori un fazzoletto miracolosamente
pulito dalla tasca dei pantaloncini e glielo porge, avendo persino la
decenza di non ridere del rumore che Kenma produce soffiandosi il
naso.
- Non posso stare in classe con te, ma sono sempre tuo
amico. -, mormora nel frattempo. - Quando la scuola è finita,
quando suona l'intervallo – sono sempre tuo amico, ok? -
Kenma annuisce vigorosamente, senza neanche pensarci. La mano di
Kuroo è ancora sulla sua, e Kenma la volta perché le
loro dita si stringano forte – sperando che quella stretta
possa infondergli un po' della forza che Kuroo emana con tanta
naturalezza, sperando che rimanga con lui ancora per un po'. È
una sorpresa, quando Kuroo slaccia quel contatto solo per avvicinarsi
e abbracciarlo: le sue braccia lo stringono e Kenma è troppo
piccolo, e Kuroo è terribilmente caldo – ma in maniera
piacevole. Se fosse stato chiunque altro l'avrebbe allontanato senza
pensarci, ma con Kuroo è tutto diverso.
- Torna a scuola.
-, sussurra, e il suo sospiro gli riscalda il collo. - Mi manchi. Mi
manca il mio migliore amico. -
Kenma sa che lo farà,
perché nonostante Kuroo sia terribile e il suo esatto opposto
non esiste niente che possa negargli – perché agli occhi
di quel bambino dalla chioma indomabile e dal sorriso dispettoso,
Kenma Kozume è più di una semplice ombra. E
nell'abbraccio che va facendosi sempre più serrato ed
emozionato, Kenma legge la promessa silenziosa di non abbandonarlo
mai che sa già Kuroo manterrà per davvero.
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Questa piccola fic dormiva sul mio pc da MESI, le ho dato una spolverata e ho pensato di postarla perché la kuroken non riceve mai abbastanza amore! Spero leggerla possa lasciarvi addosso la bella sensazione che rileggerla ha lasciato addosso a me :)
-Joice