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Autore: k_Gio_    26/05/2017    3 recensioni
Verità e bugie sono alla base di tutto. Tutti camminano in sentieri semi oscuri ma qualcuno vuole far sapere la verità.
Sarà l'inizio di qualcosa di bello o l'inizio di un doloroso epilogo, starà a loro capirlo e scoprirlo.
Genere: Angst, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 30

 

Come aveva detto  in precedenza, quella domenica mattina Emma l'aveva passata da Graham, cioè nel suo ufficio. Era sempre meglio specificare per evitare eventuali scenate di gelosia immotivata. Graham le aveva detto che forse aveva trovato una delle infermiere di quel famoso giorno che con buone probabilità si sarebbe sbottonata un po' nel parlarne. Ma era ancora tutto  un grande punto interrogativo, avevano i potenziali testimoni ma di concreto non avevano ancora nulla. Se fosse stato per Emma sarebbe andata subito a parlare con i suddetti testimoni e li avrebbe interrogati fino a far confessar loro anche i segreti più reconditi. Ma ovviamente non si poteva fare, o meglio, Graham non glielo permetteva. Diceva che ci avrebbe pensato lui con i suoi colleghi e che lei, anche vista la sua condizione, non doveva affaticarsi. Era la loro indagine, lei e il suo caso erano la prova che serviva loro per incastrare l'uomo. Inutile dire e parlare di come lo avesse attaccato in modi alquanto coloriti, ma si era creato un rapporto quasi d'amicizia tra i due quindi non badarono  troppo su quell'esplosione di nervi da parte della bionda.
Si erano lasciati con Graham che le diceva di stare tranquilla, per quanto Emma Swan potesse esserne in grado, e che a indagini e interrogatori svolti le avrebbe fatto sapere tutto. Dal canto suo lei aveva alzato gli occhi al cielo sorridendo, sapendo che  anche lui non credeva che sarebbe stata al suo posto come lui le aveva consigliato.
Aveva dovuto parcheggiare un po' più lontano quella mattina poichè stranamente tutto occupato, ma ormai a quell'ora si presupponeva fossero tutti a pranzo con le proprie famiglie e infatti la strada era deserta. Era così presa dai suoi pensieri che si accorse solo all'ultimo di due uomini dietro di lei che la seguivano e che accorciavano sempre di più la distanza. Si fermò per controllare che quei due la stessero effettivamente seguendo e accertatasi della cosa mise mano al cellulare pronta a chiamare Graham.
«Non lo farei se fossi in lei signorina Swan» a bloccarle la strada c'era Gold sbucato da chissà dove, che la guardava con sguardo imperscrutabile.
Emma sobbalzò ma non abbassò la guardia, era vero che fossero per strada e che non poteva farle nulla ma con quell'uomo era imprevedibile prevedere le eventuali mosse. Ripose il cellulare nella giacca mantenendo il sangue freddo e i sensi all'erta.
«Sà signorina Swan, pensavo fosse una donna che mantenesse la parola, le ho dato del tempo per pensare, le ho mandato un messaggio a casa ma la sua risposta non mi è ancora arrivata. Non è educato. E soprattutto non mi piace perdere tempo.» la voce indurita sull'ultima frase «Ho saputo che sarà una bambina»
Emma si portò una mano sulla pancia, come per proteggere quella bimba chiamata in causa in quel discorso che non avrebbe portato a nulla di buono.
«All'inizio ho pensato che sarebbe stato un problema. Ma non mi spavento facilmente e sono sicuro che una donna al comando della società sarebbe la scelta migliore»
«Io non» iniziò lei con sguardo duro.
«Lei miss Swan mi sta facendo perdere tempo.» le si avvicinò tirando fuori dalla tasca quelli che sembravano dei documenti «Firmi questi e me li faccia avere entro la settimana. Non sono un uomo a cui piace scherzare, niente giochetti. Finiamo questa storia senza ulteriori sprechi di energie. Lei avrà i suoi figli e io un erede all'altezza della situazione.» si avvicinò ancora un po' di più per intimarle «Non mi lasci prendere delle decisioni drastiche miss Swan, sarebbe controproducente per tutti»
Emma si accorrse di aver trattenuto il fiato, una lunga apnea di cui non si era resa conto. Lo vide allontarsi con l'eco di quella nemmeno tanto velata minaccia. Posò gli occhi su quei documenti che inconsciamente aveva preso tra le mani «Cosa sono?!»
Quello non si voltò neppure «Penso sia abbastanza intelligente da poterlo capire da sola». I due uomini dietro di lei la sorpassarono e tutti e tre sparirono dietro l'angolo.
Gli occhi le bruciavano di rabbia. Lo avrebbe poturo incenerire con il solo sguardo. Stropicciò quei dannatissimi fogli senza nemmeno leggerne il contenuto sapendo bene che accecata da tanta rabbia non ne avrebbe compreso neanche una parola.
Si diresse verso la sua macchina e sbattè forte la portiera, mise il piede sull'acceleratore schizzando via su quella strada vuota di una tarda mattinata domenicale.

 

Per buona parte della settimana non accadde nulla. Killian non appena era venuto a conoscenza di quei documenti che Emma aveva portato quella domenica li aveva strappati seduta stante. Non li aveva degnati di uno sguardo, sapere che era stato Gold a farglieli avere bastava per farli sparire. Non voleva sapere di cosa trattassero, non gli interessava. Voleva che quell'uomo sparisse dalle loro vite e basta. Bae non era tornato da loro. Milah aveva detto a Killian che quella settimana il bambino sarebbe rimasto a casa. E non si discuteva. I giorni avevano ripreso a trascorrere, e loro cercavano di mantenere una parvenza di normalità.
Emma era tornata dal lavoro e stava parcheggiando il suo maggiolino giallo lungo la via, Killian udì il suono della vettura e le andò incontro. Si fermò sotto il porticato d'entrata con un sorriso felice. Era la parte della giornata che preferiva in assoluto. La mattina erano sempre di fretta; i pomeriggi si alternavano tra prove con la band e indagini con Graham. Quando lei tornava avevano quei minuti solo per loro. La vide scendere e non appena lo vide anche lei gli angoli della bocca si sollevarono mostrando uno splendido e radioso sorriso.
Emma gli andò incontro e prima di dire alcunché lo baciò. Bacio che lui non esitò a contraccambiare.
«Se dico che ho aspettato tutta la giornata per questo momento sono troppo sdolcinato?» mormorò lui sulle sue labbra e tornando all'assalto. Lei allacciò meglio le braccia intorno al collo di lui.
«No, perchè è la stessa cosa che volevo dirti anche io» confidò lei in un sussurro malizioso. Al che lui sorrise sotto i baffi. Poi guardò in basso.
«E questa signorina si è comportata bene? Oggi ti farai sentire anche da me?» e dicendolo posò la mano sul ventre sempre più tondeggiante.
«Neanche Bae l'ha ancora sentita» obiettò lei sorridendo per il modo con cui si rivolgeva alla loro piccolina.
«Lui dice di si» e continuava a tastarle la pancia come se da un momento all'altro potesse accadere il tanto atteso contantto.
«Magari andiamo dentro che dici?!» e lo baciò di nuovo per poi avanzare verso la porta ancora aperta. «Ciao amore!» Henry era appena sceso dal piano superiore e l'aveva raggiunta abbracciandola. Non sentendolo dietro di lei si voltò e si accorse che Killian rimaneva accanto alla finestra che accostava la porta. Aspettava di vederlo girarsi e sorridere nel modo in cui solo lui sapeva fare ma non accadde.
«Che succede? Tutto bene?» per tutta risposta lo sguardo di lui si incupì maggiormente. Gli posò una mano sulla spalla e quello parve non averla nemmeno sentita.
«C'è un'auto che si ferma nel solito posto da domenica pomeriggio. Non so chi sia, da qui non si vede. Potrebbe anche non essere niente» e dicendolo si volse verso di lei, il cui viso era drasticamente cambiato da come lo aveva visto due minuti prima. «Ehi, va tutto bene. Sono io che sto diventando troppo ansioso e paranoico» tentò di sdrammatizzare ma la maschera di rabbia che ora la animava non diede segno di attenuarsi. La vide prendere in mano la maniglia con una forza tale che Killian temette l'avrebbe sradicata dalla serratura.
«Che pensi di fare?!»
«Spostati e rimani qui con Henry.» lo scostò malamente e fece per aprire ma lui fu tempestivo posando la sua mano sulla sua»
«Non fare cavolate Emma. Forse non è niente che ci riguarda, lascia stare»
«Io mi sono stancata di stare ferma e lasciar fare Killian! Basta stare zitti e aspettare che accada qualcosa! Bae non è ancora tornato qui! Gold mi ha mandato uno dei suoi qui in casa, ora sembra addirittura pedinarmi! Io non ce la faccio più a vivere con il timore di uscire fuori di casa e trovarmelo davanti e con la paura che ci possa fare del male! Non ce la faccio.» era una furia, anche Henry la guardava senza batter ciglio stando zitto e vedendo i due confrontarsi. «Ora io uscirò, andrò a vedere chi c'è in quella maledetta macchina e metteremo fine a quest'ennesima farsa.» stavolta non riuscì a bloccarla, uscì senza guardarsi indietro. Killian le corse dietro. La chioma bionda che ondeggiava ad  ogni passo. «Aspetta maledizione!»
«Basta Jones! Aspetta con Henry, e non ti muovere da qui» urlava senza preoccuparsi che qualcuno potesse vederla, infischaindosene del fatto che sembrasse in tutto e per tutto una pazza. Henry intanto raggiunse suo padre sul porticato e insieme guardavano quella forza della natura scagliarsi contro quell'auto.
Attraverò la strada e con passo non fraintendibile raggiunse sicura la vettura. Bussò al finestrino con colpi che dovevano essere perlomeno moderati, o almeno era quello che si era ripromessa di fare. Il finestrino non si abbassava e il volto di chi stava al volante era oscurato dal vetro. La sua già precaria pazienza la stava abbandonando. Pichiettò ancora più forte «Scusi, posso sapere cosa sta facendo qui? Risponda dannazione!» ora dava veri e propri schiaffi affinchè quello abbassasse il finestrino, voleva che le dicesse che non c'entrava nulla con Gold, che non li stava tenendo d'occhio. Che non fosse lì per loro!
Lì, sull'altro lato della strada, ancora accanto alla porta Killian ed Henry osservavano la scena.
«Papà, forse è meglio se la riporti qui. Sembra pazza...e lei non lo è.» Henry lo guardò con i suoi occhi blu come i suoi.
«Già. Tu aspetta qui.» e se lo lasciò indietro mentre attraversava il vialetto a grandi falcate.
Nel mentre si avvicinava vide che il finestrino iniziava ad abbassarsi. Emma che continuava ad inveire verso colui che stava dentro nonostante il vetro si era abbassato di qualche centimetro. Forse si sarebbe anche dovuto scusare, magari quello non voleva abbassare il vetro perchè Emma faceva paura a tutti gli effetti in quel momento.
«Emma dai, vieni qui» le posò una mano sul braccio nell'intento di farla voltare e guardarla negli occhi.
«Perchè non vuoi parlare con me eh? Chi sei bastardo? Lavori per lui vero!? Esci fuori e parlami in faccia».
«Emma smettila! Stai facendo una scenata per niente»
Fu un attimo.
Quando le cose cambiano improvisamente sembra che tutto vada a rallentatore. E in quel momento fu davvero così. Anche il cielo fu complice, di quel sole che aveva animato la giornata , ora c'era una coltre di nubi a coprirlo. Era diventato tutto grigio come se potesse piovere da un momento all'altro. L'aria fatta più densa, a fatica si riusciva a respirare. Fu un connubio di suoni che vibrarono per tutto l'isolato. La voce di Henry che urlava 'Mamma!' diede inizio a tutto. Accadde in una frazione di secondi. Ma loro, i loro gesti e pensieri erano lenti, troppo lenti. Si voltarono e l'unica cosa che videro fu Henry che veniva preso di peso da due uomini  e caricato in un auto a cui prima non avevano degnato attenzione. Il bambino che cercava di dimenarsi e liberarsi della presa dei due ma senza risultati. Anche se distanti a nessuno dei due genitori sfuggì lo sguardo terrorizzato di loro figlio. Due pietre azzurre che divennero liquide quando li vide lì, ad un passo da lui. La paura permeava il suo volto. Nemmeno l'improvvisa partenza dell'auto di fianco a loro ,che scattò improvvisamente, li distolse  dalla scena che si era presentata senza preavviso davanti ai loro occhi .Si trovarono per un secondo con lo sguardo prima di spostarsi di nuovo sulla macchina che ora gli portava via Henry. Sfrecciò via anch'essa. L'aria si fece densa e silenziosa. Erano intrappolati sul posto, i loro piedi ancorati al suolo. Non un'anima intorno. Nessuno che potesse aiutarli. Erano congelati. I loro volti privi di emozioni , era accaduto tutto così velocemente che non se ne rendevano conto appieno.
«Henry!!!» l'urlo di Killian squarciò l'aria e tutto riprese a vorticare freneticamente sia fuori che nei loro cervelli.
Ed Emma fece ciò che si era ripromessa di non fare mai e poi mai nella sua vita. Svenne.

 

Una luce la destò dal sonno in cui si  stava ritrovando. Era strano, non si ricordava come si fosse addormentata. Forse era crollata davanti alla tv insieme a Killian e ad Henry. Già forse era così. Ma la testa le girava un po', la vista ancora non del tutto lucida. Voltò la testa e lo trovò seduto, appoggiato ad una sedia con lo sguardo perso e corrucciato mentre si tormentava un unghia.
«Neanche Henry si è mai mangiato le unghie, sai Jones» la voce riempì la stanza e gli occhi di Killian saettarono verso di lei.
«Ti sei svegliata» e dicendolo si accostò al suo volto lasciandole un bacio sulla fronte. Lei chiuse gli occhi sorridendo felice di quel contatto. «Mi hai fatto preoccupare». Ora si sentiva un po' sollevato. Si era sentito morire nel vederla priva di conoscenza.
Emma si morse il labbro e vagò per la prima volta nella stanza non riconoscendo in quel bianco niente che potesse assomigliare a casa loro. Pensieri e brutti ricordi iniziarono a giungerle a sprazzi nella testa. La testa che si era momentaneamente sollevata un po' per dare un'occhiata in giro crollò a peso morto sul cuscino.
«Killian dimmi che va tutto bene. Che Henry non è stato rapito davanti ai nostri occhi. Dimmi che il mio bambino sta bene e che ci sta aspettando a casa.»
«Va tutto bene Emma. Henry sta bene e ci sta aspettando a casa» Emma lo guardò stanca, un lieve sorriso che sapeva di rassegnazione. Sospirò.
«Stai mentendo Jones. Il mio superpotere funziona sempre, lo sai.» spostò gli occhi verso il soffitto, cercò di reprimere quelle lacrime di frustrazione e rabbia repressa che minacciavano di uscire.
Killian la guardava e non parlava. Era stanco. Si sentiva in colpa per aver lasciato Henry da solo quando Emma stessa si era raccomandata di rimanere con lui. E lui non lo aveva fatto. Cavolo, ma non poteva mica immaginarsi che sarebbe accaduta una cosa del genere...ciò non cambiava il fatto che si sentisse in colpa.
Si alzò dalla sedia in uno scatto. Si sentiva male a stare lì dentro. Con lei. Non l'aveva ascoltata e ora si trovavano in quella situazione per colpa sua.
«Dove vai?» gli chiese spaesata  lei che si era accorta che stava per uscire dalla stanza e lasciandola sola. L'ultima cosa che voleva era rimanere sola in quel momento.
«Ho chiamato Mary Margaret, dovrebbe essere qui fuori. Torno presto.» non si era voltato a guardarla mentre aveva parlato. Sembrava pacato nonostante dentro impervessasse l'agitazione più completa.
La sentì sospirare «Killian come fai ad essere così tranquillo»
Sbuffò ironico, guardò la porta davanti a sé «Tranquillo Emma? Se non fosse per te avrei già eliminato Gold. Tutta questa storia non sarebbe andata avanti e non ci ritroveremmo in questa situazione. Sto tranquillo perché non posso fare cazzate; perchè il desiderio di uccidere quell'uomo, Emma, è talmente forte che potrei uscire di qui e trovarlo anche in capo al mondo. Ma non posso. Devo stare tranquillo perché devo pensare a te che sei incinta e in un letto d'ospedale perché sei svenuta davanti ai miei occhi in mezzo alla strada. Perchè i miei figli sono uno con il mostro che ci sta rovinando la vita e l'altro chissà dove  per colpa mia. Quindi Emma no,  non sono tranquillo nemmeno un po' ma devo impormerlo altrimenti impazzisco» indurì la mascella fino a farla dolere.
Emma si sollevò a sedere sul letto d'ospedale «Vieni qui» lui si voltò a guardarla e Emma vide nei suoi occhi tutto ciò che gli stava passando nella testa. Non diede segno di volerla raggiungere. «Killian, non è colpa tua» scandì piano e lentamente lei.
I suoi occhi azzurri si imperlarono di lacrime, il respiro che si faceva incerto. Lei non abbandonò il contatto visivo nemmeno per un istante. Protese un braccio per invitarlo ad andare da lei, di alzarsi ancora non se la sentiva.
Alla fine cedette, si mosse verso di lei e prese la sua mano. « Ti giuro che lo ritroverò Emma. Ho già chiamato Graham e si sta muovendo per trovarlo. Vado da lui, non riesco a stare qui»era una promessa solenne quella, non avrebbe permesso che accadesse nulla di male a nessuno della sua famiglia. Lei gli accarezzò il volto rigato di lacrime come lo era il suo.  Annuì capendo che non lo avrebbe fermato, e non voleva nemmeno farlo. Lo baciò intensamente tramettendogli tutta se stessa e l'amore che provava per lui. «Potrei venire con te...»
«No. Tu non ti muovi di qui e  non è una proposta opinabile. Mary Margaret  ti tratterrà qui fino a che non tornerò»
«Lo avevo immaginato» si concessero una risata tra le lacrime che nonostante tutto continuavano a scendere. Un ultimo bacio e si alzò lasciando la stanza e la donna che amava nelle mani di Mary Margaret.
 

Non aveva capito molto di quello che era successo. Prima era a casa sua, con suo padre a guardare sua madre che urlava contro una macchina e l'attimo dopo dentro una macchina con dei completi sconosciuti. Aveva pianto ma era così arrabbiato che non aveva smesso un momento di scalciare contro quegli uomini che cercavano in tutti i modi di farlo stare fermo. Alla fine gli avevano messo un fazzoletto davanti alla bocca e al naso e da quel momento in poi non si ricordava più di nulla.
Si era risvegliato in una sala. Dal grande tavolo e sedie che lo accompagnavano pensò che fosse una di quelle sale riunioni che si vedevano in televisione. Gli occhi si ricominciarono a fare lucidi. Lui non voleva stare lì, avrebbe dovuto dimenarsi di più, sarebbe riuscito di sicuro a scappare se lo avesse fatto.
Si alzò da quel divanetto su cui era stato adagiato. Diede un'occhiata fuori da quella grande finestra per capire se avrebbe riconosciuto il posto. Era in alto, davvero tanto in alto. Arretrò di qualche passo e gli occhi increduli dei suoi genitori gli tornarono alla mente. Era stato tutto così veloce che al solo pensarci gli girava la testa. Non doveva stare in quel posto. Si asciugò quelle ultime lacrime e iniziò a cercare con quei suoi occhi vispi una qualsiasi cosa per aprire quella porta che non aveva intenzione di aprirsi. Nulla, non c'era nulla. Stanco e leggermete deluso per non essere riuscito a trovare un qualcosa di utile si sedette ad una di quelle sedie. La più lontana dalla porta. Preferì stare accanto alla finestra, magari qualcuno alzando lo sguardo si sarebbe accorto di lui. Poco probabile ma meglio di niente. Poi il rumore della serratura lo fece immobilizzare sul posto. In un primo momento aveva temuto che si fossero scordati di lui ma ora sapere che qualcuno gli si sarebbe presentato dinanzi lo turbava in modo spaventoso. La porta si aprì mostrando una ragazza con un sorriso sul volto.
«Ciao, sono Belle»




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E se siete di nuovo arrivati fino a qui mi fa piacere xD
Sono davvero contenta che ci sia ancora qualcuno a leggere questa ff. Ci stavo pensando mentre rileggevo il capitolo, e mi sono accorta che stiamo al trentesimo capitolo .-. mammamia, non pensavo ci sarei arrivata. E soprattutto non mi aspettavo tutto questo angst sinceramente ahhahaha perdonatemi se vi appensantisco xD non era mia intenzione ma le cose sono evolute così. Spero piaccia lo stesso.
E insomma Henry è stato rapito, ve lo aspettavate? Io no, il mio cervello l'ha deciso da solo, un giorno mentre io ignara di tutto stavo tranquilla a non fare niente. Sembro pazza lo so :') 
Killian ed Emma sono devastati, come è giusto che sia. Speriamo che facciano presto a rimettere in sesto la famiglia...ormai ci stanno solo loro due ahahahah  come sono cattiva x'D
Va bien, spero che anche questo capitolo non sia stato una palla, e devo dire che ho un po' timore sulla riuscita del capitolo. Ma va beh, ormai è andato.
Alla prossima!!!
Gio

 

  
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