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Autore: shiningreeneyes    28/05/2017    0 recensioni
Avere un'avventura di una notte da ubriachi fa schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo fa più schifo.
Avere un'avventura di una notte da ubriachi mentre si è al liceo e si è un ragazzo è il massimo dello schifo.
La vita di Louis Tomlinson crolla su di lui dopo un incontro con il calciatore Harry Styles mentre erano ubriachi. Tutto ciò che conosceva e in cui credeva viene gettato fuori dalla finestra e lui è improvvisamente costretto a venire a patti con il fatto che il suo cuore non batte più solo ed esclusivamente per lui.
Note traduttrice: La storia non è mia, questa è solo una traduzione.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: Traduzione | Avvertimenti: Mpreg
Capitoli:
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CAPITOLO 2

Sembra che siamo io e te, adesso.

 

Lunedì, 22 Novembre

Dieci settimane 

 

"Bene, Signor Tomlinson, sembra che tu sia incinto."

 

Lo fissai, poi la mia bocca si aprii e balbettai: "Scusi, che cosa?"

 

"Capisco che possa suonare completamente impossibile, ma-"

 

"È completamente impossibile!" dissi ad alta voce, non preoccupandomi del fatto di essere stato scortese quando spinsi la mano del medico da un'altra parte e tornai seduto, guardandolo. "È biologicamente impossibile, dottore! Posso non essere il ragazzo più maschile, ma sono un ragazzo, sono maschio e posso assicurarvi che non ho genitali femminili! Posso abbassare i pantaloni e può controllare se vuole."

 

"Non è necessario," disse con un sorriso, "non dubito che tu sia maschio, ma Signor Tomlinson-"

 

"Louis!"

 

"Scusa. Senti, Louis, non dubito che tu sia maschio, ma che cos'era su quello piccolo schermo prima che tu spingessi via la mia mano e rompessi gli impulsi sonori? Era un bambino. E quei rumori che hai sentito? Quelli erano i battiti cardiaci di quel bambino."

 

Scossi la testa con incredulità. Questo tizio era pazzo! Come potevo essere incinto? La biologia non era mai stata la mia materia preferita a scuola, ma ero abbastanza certo che per procreare un bambino serviva lo sperma e la cellula uovo; avevo il seme, ma sicuramente non la cellula uovo. Per non parlare dell'utero e di tutte quelle buffonate.

 

"Non può aspettarsi che io ci creda," dissi con tutta la calma possibile.

 

"È difficile anche per me crederci in realtà," disse, "ma in tutta onestà, ha senso se si toglie il fatto che tu non sia femmina."

 

"Si, ma io non sono davvero una femmina," dissi intensamente. "E se non mi sbaglio, essere una femmina è un fattore necessario quando si tratta di portare un bambino nello stomaco."

 

"Sono consapevole di cosa si necessita per una gravidanza, ma tutte le prove qui indicano esattamente quello," disse con pazienza.

 

Gemetti; di certo non avrebbe lasciato perdere tutto questo, no? Scossi la testa con incredulità. "Come mai?"

 

"Per cominciare, l'immagine sullo schermo e il suono del battito cardiaco," disse, "poi c'è il malessere mattutino, e mi hai anche detto che hai avuto una strana sensazione allo stomaco, giusto?"

 

Annuii.

 

"Il malessere mattutino si presenta a otto donne in gravidanza su dieci, e alcune sentono una sensazione strana nel loro stomaco per poche settimane. Ora, tu mi hai detto di essere stato male di mattina per circa quattro settimane."

 

Annuii nuovamente.

 

"Io non sono un ostetrico, ma a giudicare dalla frequenza del battito cardiaco del bambino, direi che sei di nove o dieci settimane. Ciò indica che il tuo malessere mattutino è iniziato dopo la quinta o sesta settimana, che è il periodo in cui solitamente le donne in gravidanza cominciano a sentirsi male."

 

"Di nove o dieci settimane? Faccio schifo con la matematica, quindi quando avrei... concepito?" dissi l'ultima parola con una smorfia. Per quanto odiavo ammetterlo, anche a me stesso, tutto ciò che il medico pazzo aveva detto iniziava ad avere un senso. 

 

Cioè, se non fosse stato per il fatto che non ero una donna sanguinosa.

 

"Beh, approssimativamente, direi verso la metà di Settembre."

 

Sospirai e stavo per ripartire di nuovo con il mio discorso "Non sono una ragazza" sperando che l'uomo riuscisse a capire il mio punto di vista, quando poi quello che aveva detto mi piombò addosso e mi sentii come se fossi stato colpito in testa con una tonnellata di mattoni. 

 

Metà di Settembre... metà di Settembre.. Oh no. Oh Dio. Oh merda. Oh cazzo. Non poteva- non era possibile... No, no, no, no. Non  stava accadendo! Questo non poteva  succedere! Era impossibile!

 

Era come se tutto il sangue della mia faccia si fosse prosciugato e improvvisamente sentii un capogiro. Chiusi gli occhi per un secondo prima di riaprirli e incontrare lo sguardo del dottore ormai confuso.

 

"13 Settembre," dissi, la mia voce era debole.

 

"Scusa, non ho capito."

 

Schiarii la mia gola. "13 Settembre," ripetei, un po' più forte questa volta. 

 

"Che cosa è successo il 13 settembre?"

 

Seppellii la mia faccia nelle mie mani, ignorando la sensazione appiccicosa del gel semi-secco sul mio ventre. "Sono stato ad un party e... ho fatto sesso con questo... ragazzo." mormorai. Tirai un respiro profondo e lo guardai di nuovo. "Era solo un... incontro causale, niente di più."

 

"Suppongo che voi non abbiate usato precauzioni."

 

"Non lo so, non mi ricordo davvero," dissi, " ero abbastanza ubriaco, ma... no, non credo che abbiamo usato qualche.. protezione."

 

Mi guardò con compassione mentre si passava le dita tra i capelli grigi. "Devo anche supporre che fossi tu il ricevente," disse. 

 

"Si," mormorai.

 

Lui sospirò. "So che questo sembra totalmente folle per te, ma temo che tu sia veramente incinto, o almeno c'è una possibilità del novanta per cento."

 

Inghiottii e scossi la testa, cercando di convincere me stesso tanto quanto il medico di non essere incinto. Non potevo esserlo.

 

"Dottore, io... suppongo che la sua teoria abbia senso con tutte le prove e cose varie, ma... i ragazzi non possono avere una gravidanza, nemmeno se hanno un ragazzo che ha lasciato loro dello sperma nel culo," dissi, la mia voce quasi supplichevole, "non ho nessuna di quelle... cellule uovo che le donne hanno e non non credo che il ragazzo con cui sono stato le abbia, e sperma più sperma non si può trasformare in bambino."

 

Lui sorrise. "Sono molto consapevole di tutti questi fatti, ma se possiamo mettere da parte le impossibilità di questa teoria per qualche minuto, vorrei farti un paio di altre domande."

 

Sospirai, ma annuii.

 

"Ora, fai sesso regolarmente?"

 

"No, quella è stata la prima volta dopo un anno e mezzo," dissi, sentendomi un po' in imbarazzo, "e... non so se è rilevante, ma è stata la prima volta con un ragazzo."

 

Lui annuì e lo vidi scrivere qualcosa sul suo piccolo block notes. "Quindi sei abbastanza sicuro di dire che il ragazzo con cui hai fatto sesso quella notte è il padre?" disse." "Supponendo che la mia teoria sia corretta," aggiunse rapidamente quando aveva visto la mia bocca aprirsi pronta per protestare.

 

Sospirai di nuovo. "Credo."

 

"Se hai dei dubbi, possiamo fare un CVS," disse. "È fondamentale un test di paternità che può essere eseguito mentre sei ancora in gravidanza," aggiunse quando lo guardai con sguardo confuso.

 

Annuii, ma non dissi niente. La testa sembrava mi stesse per esplodere a causa di tutte le informazioni che avevo ricevuto, per non parlare del fatto che ero abbastanza certo di essere sull'orlo di avere qualcosa di simile ad un attacco di panico. Prendendo un certo numero di respiri profondi, per far calmare il battito del mio cuore, chiusi gli occhi. 

 

Incinto.

 

Io, Louis Tomlinson, diciassette anni, molto molto maschio, ero incinto. Non volevo crederci, non volevo, ma... aveva senso se ci pensavo. Beh, considerando il fatto che non avevo né un grembo e né un utero. Ma aveva senso. Il presunto bambino era stato concepito a metà Settembre, proprio il giorno in cui avevo fatto sesso con un ragazzo per la prima volta. Ho provato malessere la mattina, il mio stomaco era strano, e... l'improvviso guadagno di peso che avevo notato solo meno di mezz'ora prima aveva senso. E poi c'era l'immagine a ultrasuoni. L'immagine a l'ultrasuoni che mostrava un bambino minuscolo e il suo battito cardiaco.

 

Il battito cardiaco del mio bambino, disse una vocina nella parte posteriore della mia testa. 

 

"Okay, se sono veramente incinto," iniziai con esitazione. Il dottore annuì e mi guardò con pazienza, "e non sto dicendo che lo credo," aggiunsi velocemente, "ma se fosse così... allora... avrei tante domande. Come, dove dovrebbe... crescere... sai, il bambino? Non ho un grembo materno o dovunque sia che i neonati normalmente si sviluppano. E come diavolo farei a partorire? E in primo luogo, come fa il bambino a rimanere in vita? E quando comincerà a vedersi la pancia? E se diventassi pazzo come le donne in gravidanza, ad un certo punto? E... oh mio Dio, non mi dica che i miei capezzoli diventeranno come quando, tipo... bisogna iniziare l'allattamento!"

 

Sorrise e si chinò in avanti, posando una mano sul mio ginocchio. "Prima di tutto, lo stress non va bene per il bambino, quindi calmati."

 

Volevo solo urlargli che era difficile calmarsi in un momento come quello e che non c'era nessun dannato bambino, ma invece presi altri respiri profondi, mentre canticchiavo mentalmente "andrà tutto bene, andrà tutto bene." Il mio respiro si regolarizzò e annuii.  "Va bene, mi dispiace, è solo troppo da mandare giù," dissi.

 

"Completamente comprensibile," disse, "beh, dove dovrebbe crescere il bambino, come dovresti partorire, in primo luogo come fa a rimanere in vita e se dovrai allattarlo sono domande a cui non posso darti una risposta adesso, dovremmo eseguire una serie di test per trovare queste risposte."

 

Annuii. "Ma quando si comincerà a vedere?"

 

"Durante le gravidanze normali, solitamente si inizia a vedere già a partire dall'ottava settimana, ma cambia da persona a persona. Prima hai detto che credevi di aver messo su peso, perciò è possibile che da te si stia già cominciando a vedere."

 

Gridai mentalmente. Due mesi e stavo già iniziando a gonfiarmi come un palloncino. "Diventerò grasso e disgustoso, vero?" mormorai.

 

"Essere in gravidanza non è la stessa cosa di essere grasso," disse sorridendo, "metterai su qualche chilo, ovviamente, ma probabilmente li perderai una volta che darai alla luce il tuo bambino."

 

"Si, okay."

 

Sorrise brevemente, ma poi la sua espressione si fece pensierosa. "C'è una domanda che sono molto sorpreso tu non mi abbia chiesto ancora," disse poi.

 

Sbattei le palpebre. "Tipo cosa?"

 

"La possibilità di abortire."

 

"Oh," dissi, corrugando la fronte, "credo di non averci pensato."

 

"È qualcosa che potresti considerare?"

 

Mi grattai la nuca. "Non lo so," dissi, "voglio dire, sono ancora al liceo ed avere un bambino a questo punto è già abbastanza grave se si è una ragazza e si ha un ragazzo. Io sono single e sono un ragazzo; ci sarebbero tante chiacchiere e pettegolezzi una volta che si inizierà a vedere la pancia. Inoltre, c'è mia mamma, cosa diavolo dovrei dirle? Non mi piace l'idea di dover uccidere un bambino che è già sviluppato di due mesi, però, così... no, non lo so." Mi fermai e mi ritrovai a guardare il medico con un sorriso. "Mi dispiace, è un dottore, non uno strizzacervelli," dissi scherzosamente.

 

"È tutto ok," mormorò, "il limite di aborto è di ventiquattro settimane qui in Inghilterra, quindi hai ancora qualche mese per decidere."

 

"Okay," dissi. Chiusi gli occhi per un attimo, desiderando che il rumore martellante alla mia testa se ne andasse. "Io... non capisco," mormorai quando aprii di nuovo gli occhi. "Sono davvero... incinto?"

 

"Sembra proprio così."

 

"Scusi se ho difficoltà a crederci," dissi, "è solo un po'... folle. Troppo da ingerire." Esitai un po' prima di porgere la domanda di cui temevo la risposta. "Posso evitare di parlarne con mia madre di questo? Ho diciotto anni, quindi se le chiedo di non dirglielo, non glielo dirà, vero?"

 

"Si, non glielo dirò."

 

"Bene. Non voglio che lei lo sappia ancora. O almeno fino a quando potrò nasconderlo."

 

"In pochi mesi sarà ovvio che non è così normale, quindi probabilmente non sarai in grado di nasconderlo per sempre."

 

"Lo so, ho solo bisogno di un po' di tempo per mandarlo giù per prima cosa," mormorai, "e... uhm, pensa che potrebbe fare lo strizzacervelli per soli cinque minuti?"

 

Lui sorrise. "Certamente. A cosa stai pensando?"

 

Sospirai e mi morsi il labbro. "Dovrei...dirglielo a lui? Al ragazzo che mi ha... messo incinto, voglio dire."

 

"È dura," disse appoggiandosi sulla sedia, "lo conosci bene?"

 

"Non proprio, solo il suo nome. Lui va nella mia scuola, ma è tipo un'atleta e io non... beh, io non lo sono. Non credo che si ricordi di aver fatto sesso con me, era così ubriaco quando è successo. In realtà, dubito voglia fare coming out."

 

"Coming out?"

 

"Tipo, uscire allo scoperto. Non credo che un giocatore di calcio gay al liceo sarebbe il massimo."

 

"Suppongo di no. Senti, Louis, non è il mio compito doverti dire cosa fare, ma credo che ti sentiresti meglio se glielo dicessi, soprattutto se vorrai abortire."

 

Inghiottii, sapendo che aveva assolutamente ragione. "Ma non c'è modo che lui possa credermi," dissi disperatamente, "ho bisogno di una prova o... dovrò portarlo con me qui, farglielo vedere con i propri occhi."

 

"Portalo qui per il tuo prossimo controllo."

 

"Pensa che dovrei farlo?"

 

"Come ho detto, non è il mio compito doverti dire cosa fare, ma si, penso che dovresti."

 

Annuii. "Si, va bene." Mi mangiucchiai il labbro. "Non c'è una probabilità del cento per cento che io sia effettivamente incinto, giusto?" chiesi, non riuscendo a nascondere la speranza nella mia voce. 

 

"Non c'è una probabilità del cento per cento, no, ma lo sapremmo sicuramente una volta ottenuti i risultati dei campioni del sangue. Mi dispiace dirlo, perché sembra che tu non voglia una gravidanza, ma sono sicuro al novanta virgola nove per cento quando dico che adesso c'è una vita che sta crescendo dentro di te."

 

Una vita dentro di me. Un piccolo bambino. La realizzazione improvvisa mi colpì con forza e tirai su con il naso, cercando di fermare le inutili lacrime di rabbia e confusione. Tre secondi dopo stavo piangendo nelle mie mani, chiedendomi cosa avessi fatto nella mia vita precedente per meritarmi tutto questo. Qualcosa di orribile, senza dubbio. Cosa avrei dovuto fare? Non ero nemmeno abbastanza grande legalmente, ero ancora un ragazzino agli occhi dello stato, non potevo avere un bambino. Non era giusto, e non avevo idea di cosa fare. La disperazione che mi riempiva dall'esterno mi faceva piangere, la mia mascella tremava così tanto che a momenti mi si sarebbero potuti frantumare i denti.

 

Mi ci vollero pochi minuti per ricompormi e quando lo feci trovai Martin che mi guardava con un sorriso gentile. "Andrà tutto bene," disse, "se vorrai abortire, organizzeremo tutto per farlo."

 

Ancora singhiozzando, sollevai una mano e mi asciugai le lacrime. "È solo... troppo, capisce? È così inaspettato. Non mi sarei mai aspettato di sperimentare tutto questo, avere un bambino dentro di me."

 

"Non penso che nessun ragazzo avrebbe mai pensato che potesse succedere."

 

"Immagino di no."

 

"Credo che ti lascerò andare a casa ora, ma ci sono alcune cose che voglio che tu sappia."

 

"Va bene, tipo cosa?"

 

"Non stressarti più del necessario," disse, "ricordati di bere molta acqua, almeno fino a quando avrai il malessere mattutino, che dovrebbe durare ancora circa tre o quattro settimane. E vorrei anche raccomandarti di andare in una farmacia, quando hai la possibilità, e comprare un paio di test di gravidanza, solo per controllare. Sarebbe intelligente comprare anche alcuni integratori vitaminici."

 

"Integratori vitaminici, giusto." Me lo annotai mentalmente. "Perché devo comprare più di un test?"

 

"Più test, più precisione."

 

Annuii ma poi mi accigliai. "Cosa... cosa posso dire a mia madre? Starò male per altre poche settimane, quindi non posso uscire e dirle che tutto va bene."

 

"Se davvero non vuoi dirle la verità, potresti dirle che è solo un virus a lungo termine e che dovrebbe andare via in quattro settimane. A quel punto, il vomito dovrebbe fermarsi."

 

"Hm, si, va bene."

 

Mi rivolse un sorriso prima di alzarsi falla sedie su cui era seduto. "Lasciami ripulirti ora, okay?"

 

Dieci minuti dopo uscii dall'ufficio, dopo essere stato avvisato che avrei ricevuto una telefonata con i risultati degli esami del sangue tra circa una settimana. Trovai mia mamma seduta nella stessa posizione in cui l'avevo lasciata, solo che ora era impegnata a leggere una rivista di gossip. La raggiunsi e lei alzò lo sguardo.

 

"Dio mio, sei qui, sei stato dentro per più di due ore!" esclamò e si alzò in piedi, appoggiando la rivista sul tavolo accanto alla sedia in cui era seduta.

 

"Si, mi spiace, ha voluto fare un sacco di test," dissi.

 

"E?"

 

"Va tutto bene, è solo un virus a lungo termine allo stomaco, dovrebbe passare in quattro settimane o giù di lì," dissi, sorpreso dal modo in cui la bugia scivolava dalla mia bocca.

 

"Un virus che dura due mesi?" chiese incredula, "che tipo di virus è?"

 

"Non sono sicuro, l'ha menzionato, ma era uno strano nome latino, non lo ricordo," scrollai le spalle.

 

"Okay allora. Ma se non passa in quattro settimane, ti riporto qui e io entrerò con te."

 

Roteai gli occhi. "Va bene."

 

I quindici minuti di distanza dall'ufficio del medico a casa consistevano in mia madre che mi faceva domande sul mio presunto virus a cui io risposi distrattamente, cercando di non pensare al fatto che sotto le mie mani appoggiate al ventre, c'era una vita che cresceva. Saltai fuori dalla macchina il secondo dopo che mia madre parcheggiò e ignorai le sue urla che mi dicevano di stare attento mentre camminavo velocemente verso casa. Ciò di cui avevo bisogno in quel momento era un po' di tempo per me, tempo per pensare, tempo per elaborare e per decidere come raccontare tutto a Harry e se avrei dovuto abortire o no. Ciò di cui non avevo bisogno era mia mamma che mi soffocava di domande alla quale avrei dovuto mentire.

 

Solo un altro giorno. Niente di che.

 

No.

 

Dopo aver afferrato un bicchiere d'acqua dalla cucina, andai verso la mia camera e chiusi a chiave la porta. Posai il bicchiere sul mio comodino e mi sdraiai sul letto, alzando lo sguardo verso il soffitto. Ventiquattro ore fa avevo capito che qualcosa non andava, ma non mi sarei mai aspettato questo. Perché? Perché questo sarebbe dovuto essere impossibile.

 

Tirai un po' su la camicia e appoggiai le mani sul mio stomaco nudo. C'era un leggero gonfiore. Non era grande. In realtà non era quasi evidente e se non avessi saputo che era lì, non ci avrei nemmeno pensato. Ma sapevo che era lì e anche se non avevo nessuna prova medica per confermarlo, in qualche modo lo sapevo comunque. Sapevo che cosa avrebbero mostrato i test di gravidanza che ancora dovevo comprare e sapevo quali sarebbero stati i risultati degli esami del sangue. 

 

Mi alzai dal letto, mi tolsi completamente la camicia e mi misi di fronte al grande specchio appeso al muro. Di fronte non c'era niente di straordinario da vedere, solo la mia immagine normale, il torso abbronzato con una sottile linea di peli dell'ombelico che scomparivano sotto la cintura dei pantaloni. Quanto mi girai di fianco, però, c'era un leggero cambiamento. Una piccola, piccolissima protuberanza. Era piccola piccola ora, ma probabilmente non lo sarebbe stata più in un paio di mesi. A meno che non avessi abortito.

 

Un aborto. Sentii le mie budella fare un salto spiacevole al pensiero. Non era come essere contro l'aborto in generale, ma... questo era diverso; questo era il mio bambino, e il pensiero di ucciderlo prima che avesse anche solo avuto la possibilità di vedere la luce del giorno mi faceva sentire male. Ma onestamente, che altro avrei potuto fare? Continuare la gravidanza? Avere l'intera città che bisbigliava alle mie spalle? Subire le urla e i lamenti di mia madre, chiedendo a Dio cosa avesse fatto per meritare quel tipo di follia? Avere tutto il mio futuro incerto e forse rovinato? Camminare ogni giorno per il prossimo anno, vedendo Harry nei corridoi e sapendo che stavo portando in grembo il suo bambino, che era il risultato di un errore da ubriachi? E poi, quando il bambino sarebbe stato abbastanza grande per poter porre domande, che cosa avrei dovuto dire a lui o lei?

 

Era una disperazione di un livello completamente nuovo che sbocciò dentro di me solo a pensarci.

 

Chiusi gli occhi, inghiottendo il grumo pesante che cominciava a formarsi in gola. Questo era troppo per potersene occupare in un giorno. Avevo bisogno di molto tempo per pensarci e il medico aveva detto che il limite di aborto era di ventiquattro settimane, quindi avrei avuto ancora tre mesi per decidere. Tre mesi da adesso... tre mesi da adesso e quel bambino sarebbe stato molto più grande, sarebbe sembrato molto più reale, si sarebbe sentito molto più vicino a me. Sarei stato in grado di percepire i calci. Una singola lacrima rotolò giù dalla mia guancia al pensiero. Non potevo uccidere quel bambino, sapevo di non poterlo fare, ma non lo avrei potuto tenere, quindi che cosa avrei dovuto fare?

 

Scossi la testa e mi affrettai ad asciugare la lacrima dalla mia guancia.

 

Considerando che sarei dovuto andare in farmacia il prima possibile, pensai di andarci subito. Sospirai e presi la camicia dal pavimento, rimettendola a posto, prima di lasciare la mia stanza e camminare giù per le scale. Il mio piano era quello di sgattaiolare fuori prima che mia madre mi vedesse e, fortunatamente, ci riuscii. La farmacia più vicina a casa nostra distava circa dieci minuti e per tutto il tragitto, mi sentii come se tutte le persone che passavano sapessero che fossi un mostro abnorme. Ma naturalmente non lo sapevano; era solo la mia immaginazione che correva selvaggia. O almeno così speravo. 

 

Mi sentii incredibilmente imbarazzato una volta arrivato alla farmacia e mi ritrovai in piedi davanti ad un ripiano pieno di test di gravidanza uno diverso dall'altro. Come diamine facevo a sapere cosa cercare?  Per almeno dieci minuti rimasi lì a guardare su e giù per gli scaffali, sentendomi ogni secondo sempre più indifeso. Proprio mentre stavo per rinunciare e tornare a casa, una voce dietro di me interruppe la mia intensa ricerca e saltai sul posto.

 

"Scusami, non avevo intenzione di spaventarti," disse una donna bionda sulla trentina con un sorriso. "Posso aiutarti con qualcosa? Sei qui da parecchio tempo."

 

"Si... io non lo- non lo so..." mi allontanai, indicando il ripiano.

 

Lei rise. "Ce ne sono un sacco, vero? Beh, se è solo per il controllo, io consiglierei questo," disse prima di avvicinarsi al ripiano, prendere una scatola rossa e poi porgermela. 

 

Accettai con esitazione e la guardai. "Come funziona questa cosa?" chiesi dopo aver studiato la scatola per alcuni secondi.

 

"Le descrizioni sono nella scatola, ma fondamentalmente, basta fare la pipì sul bastoncino. È piuttosto semplice, ma se la tua ragazza non capisce come usarla, le puoi dire di venire e le spiegherò meglio."

 

Sbuffai internamente, immaginando la faccia di questa donna se le avessi detto che non avevo una fidanzata e che il test in realtà fosse per me.

 

"Ok, grazie," dissi. "Il dottore ha detto che sarebbe meglio prendere più test, quindi potrebbe... consigliarmene due? Mi è stato anche detto di comprare alcuni integratori vitaminici, potresti mostrarmi anche un po' di quelli?"

 

Dopo una conversazione noiosa e fastidiosa con la donna - che sembrava avere difficoltà a capire quando era giunto il momento di smettere di parlare - mi avviai verso casa. La sensazione di essere fissato era aumentata ora che stavo portando una busta che io - ma nessun altro - sapevo conteneva tre diversi test di gravidanza. Mi concentrai per cercare di sembrare il più normale possibile, che senza dubbio mi aveva fatto apparire ancora meno normale, e cercai di non incontrare nessuno sguardo mentre camminavo. 

 

Quando arrivai a casa dopo quella che mi era sembrata la camminata più lunga e spaventosa della mia vita, mi affrettai a salire le scale e correre verso la mia stanza prima che mamma o Owen avessero la possibilità di fermarmi e chiedermi dove ero stato, cosa c'era nella busta di plastica  o qualsiasi altra domanda che avrebbero potuto pormi in meno di dieci secondi. Chiusi nuovamente la porta, facendo un doppio giro in caso non fosse chiusa bene, poi mi sedetti sul letto e tirai fuori le tre diverse scatole dalla busta; una rosa, una blu e una bianca. Presi per prima la rosa e la aprì, togliendo il piccolo manuale d'istruzioni che era piegato accuratamente all'interno. Fino a quel momento non ero mai stato vicino più di due metri ad un test di gravidanza e adesso ero seduto nel mio letto con tre di quelli a portata di mano, leggendo il manuale di istruzioni per capire come utilizzarne uno. 

 

Era abbastanza facile, come aveva detto la donna della farmacia; avrei dovuto fare la pipì sul piccolo bastoncino e dopo tre minuti, avrebbe mostrato una linea rosa se fosse stato positivo o una linea blu se fosse stato negativo. Gli altri due test erano più o meno uguali; quello nella scatola blu dopo tre minuti avrebbe mostrato una faccina felice se fosse stato positivo o una triste se fosse stato negativo, mentre quello nella scatola bianca dopo due minuti avrebbe mostrato il segno più per il positivo e il segno meno per il negativo. 

 

Raccolsi rapidamente i test e i manuali delle istruzioni, misi tutto nelle tasche della felpa che avevo messo prima di andare in farmacia e uscii dalla mia camera da letto. Le uniche camere al secondo piano erano la mia, una stanza per gli ospiti che era piena di vecchi vestiti, libri, mobili e altri oggetti di poca importanza, e un bagno utilizzato solo da me, ed ero davvero felice di questo dal momento che non avrei avuto il pensiero di scappare da mamma o da Owen. 

 

Appena entrai nel bagno, chiusi la porta e controllai tre volte di aver chiuso bene prima di tirare fuori i test dalle mie tasche. Presi un respiro profondo prima di abbassarmi i pantaloni e i boxer e posizionarmi sul gabinetto. La stupidità di tutta la situazione mi colpì mentre ero lì; ero un ragazzo, facendo un test di gravidanza per scoprire se ero incinto. Seriamente. Ero abbastanza sicuro che quello fosse il primo caso in quella città, probabilmente in tutto il Paese in realtà. Sbuffai un po' dopo aver finito con l'ultimo test, tirai lo sciacquone e abbassai la tavoletta. E poi non c'era altro da fare se non aspettare. Mi sedetti sul pavimento, la testa appoggiata contro il muro e chiusi gli occhi. Il mio orologio mostrava le cinque e trentuno del pomeriggio. Tre minuti. Tre minuti di orribile attesa in cui non potevo altro che stare lì, ascoltare il mio battito cardiaco, ascoltare l'acqua che attraversava i tubi nelle pareti, costringendomi a non iniziare ad urlare. 

 

Sapevo che se anche tutti e tre i test sarebbero stati negativi, ciò non mi avrebbe impedito di sentirlo, di saperlo. Non mi avrebbe impedito di sapere che il mio cuore non stava più battendo solo per me, che non ero più  responsabile solo della mia vita, che le scelte che avrei preso da quel momento non avrebbero interessato solo me, ma anche la piccola cosa che stava crescendo dentro di me.  Senza veramente pensarci, misi le mani nel mio stomaco mentre ero seduto lì, come se lo stessi proteggendo. Se avessi passato quello, il bambino avrebbe avuto bisogno di protezione, molta di più di quella che sarei stato in grado di offrirgli. Se ne sarebbe parlato, ci sarebbero state un sacco di discussioni, sia su di me che sul mio bambino. Vivevamo in una piccola cittadina, con soli diecimila abitanti e prima o poi qualcuno avrebbe sospettato, era inevitabile. La maggior parte delle persone probabilmente avrebbe pensato che fossi un ermafrodita e... Cristo, sarebbe stato uno schifo. Non avrei mai potuto vivere in quella città dopo aver partorito, avrebbe inflitto un grande dolore sia a me che al povero bambino. Il pensiero di dover andarmene dalla città in cui avevo vissuto sin dalla mia nascita mi fece venir voglia di urlare di nuovo, presi un paio di respiri profondi e guardai il mio corpo.

 

"Tu mi stai causando un sacco di problemi, lo sai?" dissi. Mi alzai dal pavimento mentre controllavo l'orologio. Cinque e trentacinque. Inghiottii. Tempo scaduto. 

 

I test erano tutti allineati sul bancone del lavandino, tutti e tre a testa in giù. Allungai una mano tremante e girai quello rosa, che era posto sulla sinistra.

 

Linea rosa.

 

Era positivo.

 

Strinsi la mascella. Okay, era positivo, ma era solo il primo. Ancora due. Girai il blu.

 

Faccina sorridente.

 

Anche quello positivo.

 

Mi morsi il labbro per impedire di far uscire un grido di disperazione prima di girare quello bianco. 

 

Un segno più.

 

Positivo.

 

Tutti e tre i test erano positivi.

 

Il mio cuore batteva contro la cassa toracica, così forte che l'avevo sentito in gola, e gocce di sudore cominciarono a formarsi sulla mia fronte. Mi aggrappai al bancone per sostenermi, appoggiandomi pesantemente sulle braccia, mentre sentivo le mie ginocchia cominciare a piegarsi sotto di me. Tre test di gravidanza positivi. Non poteva essere una coincidenza. Non c'era nessun diavolo di modo che fossero tutti sbagliati. Mi allontanai per guardare il mio riflesso nello specchio. Ero pallido come un lenzuolo, ma le mie guance erano terribilmente rosse, come se fossi stato fuori al freddo per molte ore. 

 

Più stavo lì in piedi, più sentivo la nausea salire e il respiro diventare sempre più veloce, mentre cercavo di sopprimere il crescente gusto della bile in bocca. Quella presto si rivelò una causa persa. Tre secondi dopo mi ritrovai in una posizione familiare: inginocchiato, piegato sul gabinetto. Non importava quante volte avevo vomitato nell'ultimo mese, il gusto rivoltante della bile combinato al mio ultimo pasto era qualcosa a cui non mi sarei mai abituato. Ci vollero pochi minuti per terminare e, in quel momento, la mia gola sembrava fosse in fiamme e i miei occhi si stavano riempendo di lacrime.

 

Alla fine non avevo più niente da fare e tirai lo sciacquone prima di lasciare che il mio corpo scivolasse sul pavimento e si rannicchiasse sul tappeto morbido. Rimasi lì fino a quando il mio respiro non si era calmato e i miei occhi non si erano asciugati. Poi misi una mano sul mio stomaco ed esalai con un tremito.

 

"Sembra che siamo io e te, adesso," sussurrai.

   
 
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