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Autore: wolfymozart    30/05/2017    2 recensioni
Sullo sfondo delle prime rivolte contadine antifeudali, si snoda la vicenda che ha per protagonisti Anna e Antonio. Come i rivoltosi si ribellano alle ingiustizie della società del tempo, allo stesso i due protagonisti, sono alle prese con una personale rivolta contro i propri destini segnati dagli errori, dalle incomprensioni e dalle scelte avventate del passato. La giustizia riuscirà a trionfare o prevarrà l'arroganza della sorte?
Genere: Azione, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Anna Ristori, Antonio Ceppi, Elisa Scalzi, Emilia Radicati
Note: Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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Il pomeriggio volò via in queste angoscianti riflessioni, fin quando Anna non si risolse ad agire. Era giunto il momento, non poteva più temporeggiare, non poteva più subire in silenzio per evitare rischi maggiori: il rischio maggiore si sarebbe infatti concretizzato di lì a poche ore se avesse perseverato nell’inerzia. Per cui, armata di quel coraggio che aveva sempre conservato per i momenti di difficoltà, mandò a chiamare Alvise. Il sole era ormai calato e il marchese, rientrato da un’ispezione dei terreni, ispezioni del tutto inusuali, prima di quei giorni di subbuglio, si era concesso qualche sorso di liquore, in attesa dell’arrivo di Betta, per compensare il fatto che per quella sera non si sarebbe festeggiato. Da qualche sorso era passato alla bottiglia intera e pertanto versava nel suo solito stato di ubriachezza semicosciente, che fluttuava dall’aggressività alla totale incapacità di cogliere quanto avveniva intorno. In quello stato si presentò al cospetto di Anna.

-Ebbene, cara sposa, a cosa devo questa vostra chiamata? –

- Alvise, sentite, avrei una richiesta da farvi…- cercò di sondare il terreno – negli ultimi tempi non vi ho dato alcun motivo di potervi lamentare della mia condotta, ho fatto tutto quello che mi avete chiesto. Avevate ragione, ho commesso degli errori e me ne pento – lo blandì.

- Ah, mi fa piacere che ora lo riconosciate…è anche colpa vostra se Emilia non si trova più, l’avete consegnata voi a quei disgraziati dei nostri servi che la tengono nascosta…-

-No, questo no. Non ne so nulla e sono tanto in pena, tanto quanto voi, mio caro marito…- si avvicinò a lui e gli prese una mano – Il mio animo è tormentato da questi pensieri, dai rimorsi, non so più come fare…-

-Mia cara Anna, non voglio sentirvi così afflitta, suvvia! Questa sera vi terrò compagnia io! – e si mise a ridacchiare sguaiato, piombando sulla sedia colto da un giramento di testa.

-Alvise, sono desolata di non poter accogliere la vostra proposta, ma devo chiedervi un favore-

-E, sentiamo, quale sarebbe? – domandò lui stravaccato sulla sedia, tenendosi con un braccio allo schienale per non cadere, cercando di mettere a fuoco la sagoma della moglie che gli sembrava fluttuare per la stanza.

- Il permesso di potermi confessare, di confessare i miei peccati…Avevate ragione, ho sbagliato, ho sbagliato…- chiese, nascondendo il viso tra le mani per rimarcare il suo pentimento. Alvise la guardò da sotto in su con gli occhi lucidi semiaperti.

-Confessarvi? E posso io negarvi di riconciliarvi con Nostro Signore? Non potrei certo offendermi se preferiste la sua compagnia alla mia… – sghignazzò divertito.

-Lo devo considerare come un sì? –

- Non ve lo nego, non ve lo nego-

- Allora fatemi preparare una carrozza. Non posso più rimandare la mia confessione, non riuscirei a dormire. Andrò stanotte stessa al monastero-

-Stanotte? Al monastero? – Ad Alvise si riaffacciò alla mente annebbiata l’immagine dell’abate. Sarebbe dovuto essere già in viaggio. Bene, si disse, l’affare era avviato nel migliore dei modi. Ma nel suo deliquio alcolico non riuscì a mettere insieme le due cose: la faccenda dell’abate e la richiesta di sua moglie.

- Ma se avete qualcosa in contrario…-finse di concedere Anna.

- Alvise mio! Quanto mi siete mancato! Dove siete? – si sentì cinguettare Betta nel salone.

- Oh mia adorabile, mia deliziosa Betta! Arrivo subito da te! – rispose Alvise, sollevandosi a fatica dalla sedia.

- Alvise, dunque, posso andare con il vostro permesso? – insistette Anna, tesa. Era vicina a strappargli il consenso di partire.

-Fate quel che vi pare, Anna, andate pure dai vostri preti, se questo vi fa fare pace con la vostra coscienza – rispose – ora ho di meglio da fare che ascoltare i vostri soliti piagnistei – tagliò corto per andare a gettarsi fra le braccia di Betta.

 

Non riusciva a credere di essere riuscita a strappare il permesso ad Alvise. Si sentì molto soddisfatta di se stessa. Avrebbe affrontato una cosa alla volta e sarebbe riuscita nel suo intento. Per una volta era fiduciosa. – Coraggio, Anna! – si ripeteva tra uno scossone a l’altro della carrozza. Era partita dopo la mezzanotte, sarebbe arrivata giusto per la fine della recita del mattutino* (si recitava alle due di notte). Si strinse nel mantello per proteggersi dal freddo umido e penetrante e si assopì con in mente un unico pensiero: al convento, dopo aver parlato con l’abate, avrebbe cercato in ogni modo di rivedere Antonio.

I monaci avevano appena terminato di cantare le lodi del signore nella fredda cappella del monastero e stavano per ritirarsi nelle loro celle per trascorrere il resto della notte, quando sulla porta della chiesa si affacciò un’elegante figura incappucciata. Le luci delle candele illuminavano le tonsure dei monaci riuniti in preghiera e creavano strani giochi di luce riflettendosi sulle vetrate colorate. Il canto risuonava fra le mura e riempiva l’ambiente, mentre il freddo della notte si infiltrava sotto le tonache.

-Padre, vorrei poter beneficiare del sacramento della confessione. Ho bisogno di riconciliarmi con Nostro Signore, la mia anima è assetata del suo perdono. – Anna si era avvicinata ad uno dei monaci che si avviavano verso l’uscita. Non era importante chi fosse, bastava uno qualunque, avrebbe dovuto cercare di farsi condurre dall’abate, che non aveva scorto alla preghiera. Iniziò pertanto a temere di essere giunta troppo tardi…

- Ebbene, cosa vi conduce nel cuore della notte a invocare il perdono del Signore? Quali macigni gravano sulla vostra anima, sorella? —

Nel buio del confessionale, Anna stava studiando una strategia per arrivare al suo obiettivo: farsi condurre dall’abate. Non le importava più nulla della sua reputazione, del buon nome dei Ristori, nulla. L’unica cosa che contava era giungere all’abate e dissuaderlo dal compiere quanto il marito gli aveva richiesto. A tale scopo bisognava mettere in campo tutte le proprie risorse. Le sarebbe costato un immane sforzo, non era mai stata abituata a cose di questo genere. Ma non poteva sottrarsi per uno stupido imbarazzo, per degli scrupoli altrettanto stupidi, doveva andare fino in fondo a questa sceneggiata. Si fece un rapido segno di croce e disse fra sé: - Perdonami, Signore, perdonami per quello che dirò! – Poi si apprestò a rispondere:

-Vedete, padre. Ho peccato. Ho commesso adulterio. Ho tradito mio marito – bisbigliò Anna alla grata, il cappuccio sul viso per evitare ogni possibile contatto oculare.

Era stata allevata sin dalla più tenera età nel sacro timore di Dio; aveva avuto un’educazione estremamente rigida, fatta di letture sacre, etichetta e lodi del Signore. Ogni sera, prima di dormire, era sua abitudine inginocchiarsi davanti al crocifisso e chiedere perdono per i peccati commessi durante il giorno; ogni mattina, al risveglio, era solita incominciare la giornata ringraziando Dio con la preghiera. Com’era diversa da suo fratello, che pure aveva ricevuto la stessa educazione! Il carattere impulsivo e passionale di lui l’aveva condotto ad una certa insofferenza per i dettami religiosi e presto se n’era discostato; ma lei, forse perché donna, forse perché di carattere più fragile malgrado le apparenze, non aveva mai potuto lontanamente immaginare un’esistenza priva del conforto della religione o libera dal timore di Dio e dal sacro terrore delle pene infernali. Sorvegliava sempre la sua coscienza, non si concedeva mai un cedimento, e, com’era assai poco indulgente con se stessa, allo stesso modo lo era nei confronti degli altri, in particolare del fratello di cui non tollerava la relazione di concubinaggio con la sua serva. Se pur, com’è umano, in qualche occasione cadeva nel peccato, era tanto il suo intimo rimorso che non trovava pace finché non si riconciliava con Dio nel confessionale. Mai e poi mai avrebbe immaginato di ritrovarsi ad imbastire una simile messinscena di fronte ad un religioso, mai e poi mai! La solita Anna sarebbe inorridita al solo pensiero di mentire durante il sacramento della confessione; ma la solita Anna non si sarebbe nemmeno dimenticata di recitare le sue orazioni della sera, come successo quella notte, distratta dai baci e dalle carezze di Antonio.

- Lo spirito è forte, ma la carne è debole…Il Signore riconoscerà il vostro pentimento e…-

- Il vero peccato non è questo. Il vero peccato è che non ne sono affatto pentita!-

Il padre confessore trasalì: - Sorella, voi perseverate nel peccato! –

-Sì, persevero nel peccato. Amo quest’uomo più della mia vita stessa, forse anche più di Dio, e potrei arrivare ad uccidere mio marito…-

Il povero monaco non sapeva più che dire. Sconvolto da tale confessione, si limitava a balbettare : - Il fuoco dell’inferno, il fuoco dell’inferno, non temete il fuoco dell’inferno? –

-No, non lo temo. Temo soltanto che il Signore voglia separarmi dall’uomo che amo. Non glielo perdonerei! Come non Gli ho perdonato di avermelo portato via in passato - disse tutto d’un fiato. E lo disse tutto d’un fiato per paura, per la paura che la frase sacrilega appena pronunciata contenesse molta più verità di quella che volesse far credere. La finzione si era spinta troppo oltre e affondava ormai le sue radici nelle più inconfessabili verità.

Le sue parole rimasero sospese per qualche istante nella fredda oscurità del confessionale. Si udivano solo i respiri tesi dei due.

- L’adulterio può essere perdonato, ma qui abbiamo perseveranza, propositi omicidi…e, sorella, state bestemmiando Dio, state infrangendo il primo dei comandamenti “Non avrai altro Dio all’infuori di me”; voi amate una creatura più del Creatore e non mostrate un minimo pentimento…-

- E’ proprio per questo che vorrei poter parlare all’abate, sapete è la mia guida spirituale…- buttò lì Anna, i nervi tesissimi – Lo dite voi stesso, la mia anima è in grave pericolo, non potrà negarmi il suo aiuto…-

- L’abate non è qui. È partito ieri per la città. Aveva affari molto urgenti da sbrigare -

-Come? Partito? Di già? - domandò con un tono inaspettatamente allarmato che sorprese l’ignaro monaco.

- Di già? Che cosa intendete, sorella? -

-Nulla, nulla… Posso attenderlo qui? – si schermì lei

- Il Signore accoglie tutti i suoi figli nella sua dimora. Ma temo che dovrete aspettare fino a giorno fatto -

 -Vi ringrazio, padre. Attenderò qui, mediterò, mediterò sulle mie colpe e pregherò il Signore. – concluse Anna, scostandosi dal confessionale per andare ad inginocchiarsi in un banco.

Rimase in raccoglimento per qualche minuto, giusto il tempo per accertarsi che il monaco ritornasse nella propria cella. Poi si alzò e furtivamente, il cappuccio sempre calato sul viso, si avviò nel chiostro.

 

La notte era ancora alta, il cielo scuro, cupo, denso di nubi. Si alzava di tanto in tanto un vento autunnale, freddo, umido foriero di piogge, sibilava tra le colonne del porticato, si insinuava tra le grate delle celle, arrivava di tanto in tanto a spegnere le luci delle fiaccole appese ai muri perimetrali. Nell’oscurità Anna riuscì a scorgere un corridoio che si apriva sul lato opposto a quello dove si trovava. Lo raggiunse e si addentrò nel buio. Alla fioca luce di un braciere che stava appoggiato su di un tripode in fondo al corridoio intravvide una fuga di celle su entrambi i lati. Non senza una sottile inquietudine, si inoltrò in quel luogo tetro e per nulla rassicurante. Il vento sibilava fra le mura, il braciere sembrava sempre sul punto di spegnersi, precipitando così Anna nella totale oscurità. Mentre si avviava incominciarono a apparire ai lati le inferriate delle celle. Diede una rapida occhiata e si accorse che sul pagliericcio steso sul pavimento umido stavano adagiati non monaci ma quelli che avevano tutta l’aria di essere dei ribelli, feriti per lo più. Di quando in quando, passando davanti alle grate, si udiva qualche sommesso lamento, qualche imprecazione. – Non deve essere tanto lontano – pensò fra sé – in fondo è qui per curare i feriti… - . Tuttavia percorse l’intero corridoio senza riuscire a scorgerlo o quantomeno a trovare indizi della sua presenza. In fondo svoltò a sinistra, dove si apriva un’altra serie di celle. La percorse col fiato sospeso, il cuore in gola, le mani tremanti, la veste frusciante sull’impiantito. Nulla. Qui dormivano soltanto monaci. Se l’avessero vista, non avrebbe saputo come giustificarsi. Fu colta dal panico e dallo sconforto: Antonio non c’era, quella notte non era lì. Sarebbe dovuta al più presto uscire e ritornare a Rivombrosa entro mattina, prima che Alvise potesse insospettirsi della sua assenza. Il suo piano si era rivelato un totale fallimento: l’abate era già partito alla volta della capitale e sarebbe tornato di lì a poco con l’ordine di sgomberare il monastero per consentire alle guardie reali di arrestare i ribelli; Antonio non era lì, probabilmente era a casa sua e il giorno dopo, arrivando al monastero, sarebbe stato preso anch’egli. Anna era in preda all’angoscia, scossa dai brividi, alla fine dell’ennesimo corridoio si appoggiò sconsolata al muro umido e freddo. Fu allora che scorse il baluginio di una luce al di là della grata della finestra. Trovò una porta e uscì da quell’intrico di anditi per ritrovarsi in un piccolo chiostro collaterale. Seguì la luce e fece per affacciarsi alla porta che immetteva in uno stanzone. Capì che si trattava dell’infermeria. Quindi entrò decisa, sospinta da un’audacia quasi disperata. E lo vide. Voltato di spalle mentre sterilizzava i ferri sul fuoco crepitante di un braciere. Distinse nella semioscurità soltanto il nitore della sua camicia, ne intravvide la sagoma, ma non ebbe dubbi.

-Antonio! – chiamò a mezza voce dalla porta, togliendosi il cappuccio.

   
 
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