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Autore: Nanas    31/05/2017    3 recensioni
“[…] Perché Gotham è, prima di tutto, i suoi cittadini.
Cittadini che continuano a portarla sull’orlo del baratro solo per tirarla all’ultimo nuovamente via, desiderosi di combattere per l’anima di quella città che si ritrova ad essere ancora una volta appagata del caos che la compone, soddisfatta della consapevolezza che il vivere le sue ombre comporta.
Poiché tutti sono parte della sua esistenza, tutti sono sangue che scorre caldo nelle sue vene e che rende possibile la sopravvivenza al freddo della notte:
Tutti sono criminali, a loro modo. E finché vivono, così vive la città.
E poiché la città vive, così vive Batman.”
_________________________________
Hint: [KuroKen] [BokuAka] [DaiSuga] [IwaOi]
[Batman AU] [WARNING: Slow Build Fanfiction!]
Genere: Azione, Dark, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Daichi Sawamura, Hajime Iwaizumi, Morisuke Yaku, Tetsurou Kuroo
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
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E niente, ormai la mia vita è all’insegna del ritardo.
Ringrazio quei quattro gatti che seguono la storia (
unamoresolitario, praticamente scrivo per lei ahahah ♡) per la pazienza che avete ogni volta nel non dimenticarvi di questa fanfiction, seppure io stessa a volte lo faccia. (…) Siete degli angeli.
Nuovo capitolo, in ogni caso!
Buona lettura!


 


 


 

5. Decipit frons prima multos


 

(La prima impressione spesso inganna)

Fedro, Fabulae, 4, 2, 6


 


 


 


 

GOTHAM CITY Gotham City Police Department (GCPD)

18/12/1976 – Ore 22:00 circa


 

«… Cosa dovremmo fare?»

Le parole di Ushijima risuonano basse e vibranti nella penombra della tromba delle scale, mentre sui muri al lato si susseguono piccole e lunghe finestre a scoprire come scure ferite il mondo esterno alla struttura. Le pupille di entrambi vanno ad allargarsi a tempi alterni quei secondi scoordinati in cui le lampade che guidano i loro passi perdono ad alternanza contatto con l’elettricità, e mentre quegli istanti di buio vengono intervallati da insicuri periodi di pallida luce le suole delle scarpe creano ovattati echi dei loro passi, alzando leggermente parte di quella ormai sedimentata striscia di polvere posta tra il ripiano in marmo e il cemento armato stilato ai lati.

Yaku continua a camminare, lo sguardo che rimane fisso davanti a sé mentre può quasi sentire gli occhi dell’uomo più alto – molto più di quanto si senta a suo agio ad ammettere, a onor del vero – scavargli fori dietro la nuca, in silenziosa attesa di una risposta che il commissario non è tra le altre cose neppure sicuro di avere. Ma sa bene, se non come uomo almeno come commissario di uno dei distretti più tediosi di sempre, come rimanere in silenzio in una situazione così delicata non sia l’ideale, non senza provare almeno a dare un tentativo di risposta.

Tenta di concentrarsi allora, le idee che si sviscerano confuse e febbricitanti nella sua mente nel tentativo di formulare un piano che possa funzionare almeno teoricamente, fino a quando, dopo aver voltato un’altra rampa di scale e nel mezzo della seconda, decide infine di rispondere al collega, le sopracciglia tuttavia corrugate ad esporre il dubbio presente nel suo animo di poliziotto.

«Le informazioni che ci ha dato Batman sono preziose, ma purtroppo non ci rendono il lavoro più facile.»

E mentre inizia a parlare non può fare a meno di notare come la voce sia ancora roca per il freddo combattuto fino a pochi minuti prima, quando ancora sul tetto dell’edificio. Batman dovrebbe davvero riconsiderare la sua necessità di vedersi a notte fonda, sinceramente: Passi in estate, ma di inverno? A Dicembre? Vuole forse farlo morire assiderato prima del tempo?

«Ed anzi, se possibile l’ipotesi che dietro tutto questo possa esserci proprio Joker rende il tutto dannatamente più complicato.»

Riesce a vedere di sottecchi Ushijima annuire lentamente, a quanto pare sufficientemente d’accordo con la risposta ricevuta dal suo superiore.

«In ogni caso, prima mi hai detto di aver parlato con Iwaizumi– Come mai non ci ha raggiunti, come gli avevo chiesto di fare?»

«Ha detto che era in attesa di notizie da parte del suo informatore.»

Oh. Questa è una novità.

Yaku alza un sopracciglio, andando a posare la mano sul corrimano mentre si volta nuovamente, i piani superiori che vengono nel frattempo lasciati indietro durante quel loro viaggio in solitaria, giù per le scale di servizio della struttura.

«Il suo informatore– Tu lo hai conosciuto, giusto? Che tipo è?»

È una domanda avventata, e se ne rende conto. Ma a qualcuno doveva farla, e per quanto la sua fiducia in Iwaizumi sia indiscutibile – essendo uno dei pochi poliziotti sulla cui fedeltà sarebbe pronto a giurare – rimane che sarebbe uno stolto se si rifiutasse di riconoscere come l’ispettore si mostri essere indissolubilmente legato al fantasma di questa persona di cui tanto sente parlare.

E Yaku è dolorosamente consapevole di quanto avere legami forti in un ambiente simile possa essere, se non distruttivo, almeno pericoloso. Di cosa significhi veramente creare un rapporto con una seconda persona così lontana dal proprio mondo, decidendo di affidarsi a qualcuno senza magari essere pienamente consapevole di come, se mal riposta, la fiducia di una persona possa diventare velocemente anche la sua condanna. Di come la vita sia caduca, sottovalutata, intrisa da una incoscienza di fondo che la gente spesso si porta dietro, nella innocente incapacità di capire quanto basti poco per spezzarla.

E questo non vale solo per i poliziotti.

… La mano libera dal corrimano si stringe in un pugno involontario, ed è un attimo.

Ancora prima che possa rendersene conto la sua mente sembra ritirarsi in qualche confusionario ricordo del passato, e mentre i contorni sembrano dissolversi nel nulla riesce ad intuire il profilo di un ragazzo alto e magro, capelli corti e bianchi come il latte, un sorriso ferino, due pupille longilinee e verdi.


 

… No, no. Non questo.

Ispettore Yaku, finalmente è tornato! Deve sentire che notizie che ho per lei!”

No.

No no no no. Non può fermarsi su quel ricordo, deve andare avanti. Nulla di quello che è successo può essere cambiato in alcun modo, e lui, lui non–

Quindi posso venire a trovarti più spesso se trovo nuove cose da dirti?!”

Dio.

Era giovane, troppo giovane. E lui– lui aveva appena ricevuto il suo nuovo incarico come Ispettore, quindi non era forse altrettanto giovane? Quei ricordi sembrano quasi appartenere ad una seconda vita, eppure non saranno passati neppure dieci anni da quell’avvenimento, da quel ragazzo. Un ragazzo così incauto, così emozionato all’idea di essere utile, di essergli utile.

Così stupido.

Aaaaah– ci siamo! I Falcone mi hanno finalmente chiesto di partecipare ad un loro incontro, vedrà che news che le porterò al mio ritorno! Sarà fiero di me, ispettore!

No. No. Lui non poteva saperlo, lui era solo un informatore. Era il suo informatore. Troppo ingenuo, troppo ingenui entrambi. Come potevano sperare sarebbe stato così facile? Come poteva sperarlo lui, poi? Il suo informatore non aveva avuto nessun tipo di preparazione per quel mondo, era lui il poliziotto, sarebbe dovuto essere lui quello che– Perché non se ne era accorto prima, come aveva fatto a non rendersi conto di quello che stava accadendo?! Era stato uno stupido, un ingenuo, un incapace, un–

Un volto bianco. Occhi vitrei che lo fissano nel vuoto.

No. No. Nononononono no n o no n–

Vittima N03, Haiba Lev. Sembra fosse russ– Ispettore Yaku, tutto bene?”


 

Lev.


 


 

«… –ku?»

È come riprendersi da un incubo.

È un istante, e mentre il freddo del suo corpo viene lavato via da un brivido improvviso Yaku si rende conto di essersi fermato nel mezzo della rampa, la mano che stringe così tenacemente il corrimano da rendere le nocche delle dita completamente bianche.

Rimane ancora qualche secondo immobile, il sudore che gli imperla la fronte ed il respiro corto, e si prende il suo tempo prima di andare a voltare lo sguardo verso Ushijima, scoprendolo fermo accanto a lui, a fissarlo da un paio di gradini di distanza.

«– … Perdonami, ero perso nei miei pensieri.»

Biascica velocemente, il viso che si abbassa leggermente mentre torna con il corpo a scendere le scale, l’espressione nuovamente lontana dalla presenza di qualsiasi emozione troppo accentuata, celato a se stesso e ad agli altri, chiuso al dolore ed al ricordo.

Una maschera, dipinta del suo sangue.

«Di che parlavamo, in ogni caso?»

«… L’informatore.»

«– Quello dell’Ispettore Iwaizumi, giusto. Dicevo, impressioni in merito?»

I secondi che seguono interminabili sono previsti sin dall’inizio dal Commissario della GCPD, ma alla seconda rampa passata in silenzio la certezza Ushijima lo abbia ascoltato inizia appena a vacillare, portandolo a schiudere le labbra una seconda volta.

«Ushij–»

«Non gli piace beva il vino.»

… Non crede di aver ben capito la risposta.

«… Eh?»

E non può evitare di fermarsi nuovamente sul posto, il volto che stavolta va a girarsi completamente verso il suo sottoposto mentre un’espressione palesemente perplessa e scettica va a dipingersi sul volto. Vede l’altro continuare a camminare, percorrendo a larghe falcate il pianerottolo del piano terra sino a raggiungerlo davanti alla porta al cui lato campeggia uno zero sbiadito, aprendola lentamente e lasciando che il suono delle macchine da scrivere, del chiacchierio dei poliziotti e dei telefoni che suonano invadano ovattati le pareti scure della torre delle scale.

Completamente indifferente alla sua confusione, come sembra chiaro.

«… Che vuol dire che non gli piace tu beva il v–»

«Commissario, è tornato! Come è andata sul tetto, lo ha visto davvero?!»

Yaku si ritrova impossibilitato a continuare quella strana, veramente strana conversazione quando un ragazzo piuttosto alto e dalla perfetta frangetta scura e bluastra gli si piazza davanti, palesando un viso triangolare ed un’altezza piuttosto generosa. La cosa sta diventando più frustrante del previsto, considerando che lì dentro è lui la carica più alta a prestare quotidianamente servizio.

«Chi dovrei– ah, Goshiki. Sì, Batman ci ha detto ciò che ci serviva. Mi cercavi?»

«Non proprio, ma l’ispettore Iwaizumi mi ha detto di dirle che sta portando qualcuno in sala interrogatori e che vorrebbe lei lo raggiungesse il prima possibile.»

«Oh–»

La sorpresa nel tono di voce di Yaku è veramente impossibile da evitare, e così dopo qualche istante di perplessità il commissario non riesce a fare a meno di guardare con un certo moto di curiosità il suo ufficio, accanto al quale si trovano due anonime porte di un grigio spento.

«Ti ringrazio, allora vado. Ushijima?»

«Il verbale.»

«Sì grazie, entro un’ora sulla mia scrivania per favore. Dovrei liberarmi prima della mezzanotte.»

Vede l’agente annuire accomodante e annuisce anche lui, in segno di saluto e ringraziamento, affrettandosi poi verso la piccola rampa di scale che eleva il suo studio e la sala interrogatori dal resto dell’enorme atrio, facendo attenzione a non urtare nessuna pila instabile su alcuna scrivania o di finire in mezzo ad un passaggio di massa di suoi sottoposti.

È sufficiente fare solo qualche passo prima di arrivare davanti alla prima porta posta sulla destra: Yaku si arresta un secondo, e solo in quel momento si scopre diviso tra il dubbio sul perché l’informatore dell’ispettore – ed Iwaizumi stesso – abbia deciso di cambiare così drasticamente idea sulla necessità di anonimato e la curiosità riguardo l’identità di una persona fino ad ora rimasta nell’ombra. Ma alla fine la professionalità ha la meglio, ed è come Commissario che dopo qualche istante bussa alla porta, lasciando passi un secondo prima di andare ad abbassare la maniglia, senza attendere una vera risposta.


 


 

°°°°


 

«Ispettore Iwaizumi.»

«Commissario.»

«Commissario Yaku.»

Yaku lascia che il suo sguardo scivoli verso la fonte di quelle – due? – voci, e dopo qualche momento necessario ai suoi occhi ad abituarsi alla poca luce della stanza non tarda a riconoscere nella prima sagoma scura ed atletica l’Ispettore, le spalle tese e i palmi posati sul bancone interrogatori, e nella seconda l’agente scelto responsabile del reparto tecnico della sala interrogatori, poggiato contro il muro a braccia incrociate ed un’espressione placida a rilassarne la muscolatura facciale.

«Agente Matsukawa.»

Fa un leggero segno di saluto anche a lui, prendendosi il suo tempo mentre inizia a fare un paio di passi verso il tavolo illuminato da una singola lampada lasciata pendere dal soffitto, pallida e rotonda: sembra sia stata creata giusto con l’intento di illuminare la parte centrale della stanza, nota, ed in effetti è solo un pallido rimasuglio quello che riesce a raggiungere il vetro fissato sulla parete opposta a quella ove ha cercato sostegno l’agente Issei Matsukawa.

Ma tutto questo può venire dopo: In fin dei conti dubbio e curiosità sono entrambi fattori umani piuttosto giustificabili, e dopo qualche istante di ben costruita noncuranza Yaku porta il suo sguardo a vagare pigramente verso la persona seduta alla scrivania, studiandone i tratti alla ricerca di qualcosa, forse, che gli permetta di poter associare a quel viso snello l’immaginario creatosi in tutti quegli anni nella sua testa riguardo l’informatore del suo ispettore di vecchia data.


 

Deve dire che il primo approccio è– di dubbio, se così lo si può definire. Non sa bene perché, dal momento che effettivamente non ha mai avuto modo per farsi un’idea seria su come l’informatore di Iwaizumi potesse essere, ma sinceramente non si aspettava affatto una persona simile; e questo, vuole sia chiaro, non è solo per il vestiario succinto e stretto – che lascia davvero poco spazio all’immaginazione, se può fare un commento incredibilmente datato al proposito –, né solo per quell’eccesso di pelle nera che fascia le gambe snelle; e non è neppure per quella maglietta strappata, o per la serie di braccialetti da danzatore che porta al polso o– o per quei capelli, così incredibilmente rosa ed atipici, se immaginati accanto alla capigliatura incredibilmente tradizionale dell’ispettore Hajime.

Insomma, non che lui abbia pregiudizi di alcun tipo: Se Gotham può avergli insegnato qualcosa, che sfori magari dal non dare per scontate le persone che tentino di vivere nella legalità, è stato proprio imparare ad accettare ed apprezzare la diversità come forma di ricchezza, piuttosto che di discriminazione.

… Però– a lui quei capelli dalla sfumatura rosata proprio non tornano per qualche motivo, come nemmeno gli occhi stretti e lunghi da gatto, per non parlare di quello sguardo attento e leggermente annoiato che sembra nascondere, in fondo a tutto, una qualche traccia di beffarda derisione verso il mondo intero.


 


 

«Lui sarebbe–?»

Domanda infine, seppure l’espressione rimanga il più possibile inespressiva mentre si avvicina al tavolo, fingendo una certa noncuranza nell’andare ad osservare con attenzione l’unico ragazzo lì seduto; lo vede alzare gli occhi, come annoiato davanti ad una domanda che probabilmente qualcuno – Matsukawa, con ogni certezza – ha già formulato in passato e che a quanto pare dovrebbe essere talmente ovvia da non necessitare neppure venga formulata, ed il commissario sente un pizzico di ingestibile irritabilità nel vedere come quello strano informatore si prenda giusto un istante a guardarlo, prima di piegare la testa e andare a scrutare la figura dell’agente ancora parzialmente celata dalla semi oscurità, regalandogli un sorriso stretto attraverso quelle labbra affilate.

«La storia si ripete, non credi?»

«… Forse. Se lo credessi, si ripeterebbe anche questo?»

«E se si ripetesse, ci crederesti maggiormente?»

… Si è perso qualcosa?

Yaku alza un sopracciglio, rimanendo a fissare il ragazzo dai capelli chiari come confetti per poi passare lo sguardo sul suo agente scelto, probabilmente domandandosi istintivamente se non sia giunto il tempo di sbloccare il numero massimo di giorni di ferie concessi e permettere a chiunque ne abbia effettivamente bisogno di prendersi una vacanza e ritrovare la propria assennatezza.

La certezza totale gli arriva quando vede Matsukawa abbozzare un sorriso alla risposta dello sconosciuto, e vorrebbe effettivamente dire qualcosa quando vede anche quest’ultimo sorridergli di rimando, rendendo la scena incomprensibilmente molto più intima di quanto non sia e facendolo incomprensibilmente sentire terribilmente fuori posto tutto ad un tratto.

«Si chiama Takahiro Hanamaki, ufficialmente lo abbiamo portato qui con l’accusa di riciclo illecito di denaro e prostituzione. È il portavoce del mio informatore.»

Ah, quindi non è lui l’informatore di Iwaizumi. Per qualche motivo, Yaku decide come questa sia istantaneamente diventata la notizia più positiva della serata.

«Buonasera, signor Hanamaki. La ringrazio a nome del dipartimento per la sua disponibilità.»

«Mhm~? Oh nessun problema, non vengo in ogni caso per voi; il mio datore di lavoro aveva bisogno di qualcuno per far arrivare le informazioni al signor Iwaizumi, ed io oggi non dovevo lavorare.»

«Datore di lavoro?»

Le labbra di Yaku si schiudono a formulare quella domanda prima che possa effettivamente pensare razionalmente se sia convenevole o meno porla, e non ci vuole molto prima che capisca di aver fatto indubbiamente un errore, giusto il tempo necessario a vedere un sorriso malizioso aprirsi sul volto del ragazzo a nemmeno un metro da lui, stavolta nella sua direzione.

«Datore di lavoro. Sta per chiedermi quale sia il lavoro, per caso

«Ho visto l’accusa ufficiale per la quale vi abbiamo portato qui. Tuttavia, confido tale calunnia sia stata orchestrata per permetterci di interrogarvi, e che il vostro lavoro sia lecito e regolato da norme legali.»

Gli occhi di Hanamaki si assottigliano maggiormente, le labbra che si incurvano nascondendo i denti ma lasciando che l’ombra di un sorriso felino rimanga presente su quel viso chiaro ed appuntito, e il busto va a porsi in avanti, il gomito sulla scrivania e il mento che viene posato sul palmo snello, infossandosi il minimo necessario per sentirne la resistenza della carne.

«Lecito e legale sono due cose piuttosto diverse, non pensa sia abbastanza pretenzioso chiedere entrambe?»

Yaku incrocia le braccia al petto, decisamente poco propenso ad apprezzare la piega che sta prendendo quella conversazione.

«Lecito e legale sono due cose che vanno di pari passo, quando si vive in una realtà sociale.»

Vede Hanamaki alzare la mano libera, e dopo qualche secondo l’indice va ad inclinarsi a destra e a sinistra, assecondato da un suono acuto mentre la lingua schiocca velocemente più volte contro il palato, le labbra socchiuse e gli occhi fissi su di lui.

«Ah, ma qui si sbaglia commissario. Perché non vediamo cosa ne pensa il suo agente, piuttosto?»

E mentre ancora sta parlando lo sguardo va a posarsi su Matsukawa, già voltato a guardare Hanamaki mentre quest’ultimo va a stendersi con il busto sul tavolo grigio, il viso a scendere e la guancia a poggiarsi sull’avambraccio scoperto.

«Mhm?»

«… Il lecito è ciò che è consentito dalla convenienza sociale e dalla morale, il legale dalla legge.»

«Ah ah~! Bingo

La soddisfazione che quella risposta ha portato nel ragazzo sembra essere impossibile da definire a parole, e Yaku decide tutto ad un tratto sia che l’argomento è davvero arrivato al capolinea, sia che a pensarci bene non ha davvero bisogno di sapere cosa faccia quel ragazzo nel tempo libero, o perché lo faccia, o se sia davvero possibile per quell’Hanamaki e per l’agente Matsukawa di aver raggiunto in così poco tempo una tale lunghezza d’onda comune, due persone distinte ed opposte come modi di porsi, eppure così incomprensibilmente vicini nella comprensione del reciproco.


 

«Bene, adesso che ha avuto la sua risposta che ne pensa di tornare al punto iniziale della nostra conversazione?»

Iwaizumi decide infine di intervenire, la voce stabile e la tonalità ferma che si impongono con educazione ed una sana dose di fermezza sull’intera situazione, facendo in modo tutti gli sguardi tornino a posarsi su di lui. Il sorriso di Hanamaki cala, l’espressione ora priva di qualsiasi emozione che domina quel viso fine mentre gli occhi si fissano attenti su quell’uomo che si era quasi dimenticato di avere nel frattempo davanti, l’ombreggiatura delle palpebre e l’assoluta immobilità che rendono l’occhiata scura e densa.

«Ah– penso di aver detto quasi tutto, sinceramente.»

Dichiara infine, alzandosi nuovamente a sedere in maniera composta e portando una mano dietro al collo, piegandolo a destra e a sinistra nel tentativo di ammorbidire i muscoli del trapezio indolenziti.

«Mi è stato detto di dirvi che pare Serpe non c’entri nulla con i crimini avvenuti nella zona interessata, e che i colpevoli non vadano cercati nella sua cerchia. Inoltre–»

«I colpevoli? Più di uno?»

Yaku lo ferma prima che possa continuare, piegando il busto in avanti e mettendo le mani sul tavolo, avvicinandosi maggiormente con il viso ad osservare Hanamaki; perché dopo la conversazione che ha avuto con Batman sul tetto di certa in questa faccenda c’è solo la presenza di Joker. Invece il nuovo informatore sta parlando di colpevoli, al plurale, è questa è la classica cosa che un commissario della polizia veramente non può prendersi la briga di ignorare.

«Vuole farmi l’eco, Commissario? Ha sentito bene. Sembra che le menti dietro a– qualsiasi cosa stia accadendo e sulla quale stiate indagando, siano almeno due. Almeno, da quello che è riuscito a sapere il mio datore.»

Il silenzio cala nella stanza, e mentre i poliziotti si lasciano qualche minuto per digerire la notizia appena ricevuta il mondo sembra diventare tutto ad un tratto troppo rumoroso, troppo confusionario, troppo spavaldo nel suo diritto piccato di prendersi quegli istanti per far notare a tutti il ronzio della luce sopra le loro teste, o le persone che parlano da oltre la porta pesante che li divide dal resto del dipartimento, o i clacson delle macchine da fuori l’edificio uniti al rumore metallico dei semafori che incitano i pedoni a passare.

È tutto irrealmente vivo; tutti lo sono, al di fuori delle persone rinchiuse in quella piccola stanza.

«… Avete i nomi?»

Chiede infine Iwaizumi quando la possibilità di non uscire mai da quella situazione di stallo diventa più concreta di quanto chiunque di loro vorrebbe, e guarda Hanamaki scuotere la testa mentre l’espressione torna tuttavia ad essere impercettibilmente più rilassata, come se in qualche modo rivedere il loro piccolo ecosistema tornare a funzionare lo abbia messo nuovamente non solo a suo agio, ma anche in qualche modo a controllo della conversazione stessa. Il ché, c’è da aggiungere, gli fa ipotizzare Hanamaki non sia probabilmente una di quelle persone amanti degli imprevisti; non quanto lo sia del controllo, almeno.

Nessuna sorpresa abbia come datore di lavoro Oikawa, insomma.

«Nessuno, ma il mio datore può dirvi questo: prima che voi arrivaste a fare i vostri prelievi e le vostre domande per la rapina al Museo di Storia Naturale, qualcuno si è prodigato a togliere molte monete che si trovavano in giro per i pavimenti.»

«Parli della rapina all’Istituto Cyrus Pinkney? In quel caso le monete potrebbero essere quelle conservate nelle teche appartenenti ai primi del cinquecento.»

Hanamaki alza le spalle, palesando la propria ignoranza al riguardo, e Iwaizumi non può fare altro che staccarsi dal tavolo per iniziare a camminarvi intorno, sia per sgranchirsi le gambe – è stato effettivamente per troppo tempo in quella posizione, per quanto non ci abbia pensato fino a quel momento – sia perché le informazioni che stanno acquisendo da quel ragazzo sembrano avere risvolti abbastanza inquietanti da rendere quasi controproducente il continuare a stare fermo sul posto. Ha bisogno di muoversi, tornare a far circolare il sangue, dare aria alla testa e provare a vedere cosa possa chiedere di fattibile ad Oikawa attraverso Hanamaki stesso, qualcosa che forse possa, se non aiutarli, almeno avvantaggiarli nell’indagine che stanno portando avanti.

Non che ci sia la minima possibilità Oikawa la prenda bene, in ogni caso: Già si immagina il mugolio frustrato a cui si lascerà andare quando verrà a sapere di avere ancora domande da fare in giro su questa storia; ma il tempo è poco e gli interrogativi ancora tanti, ed ha l’impressione che l’altro non gli dirà di no se dovesse arrivare a chiedergli altri favori, per quanto difficilmente terrà nascosta la sua irritazione al riguardo al loro prossimo incontro.

«Ok, allora potresti dir–»

Un leggero bussare alla porta della sala interrogatori lo porta a fermarsi nel mezzo della frase, e tutti i presenti si voltano verso la sorgente di quel rumore inaspettato, osservando alcune ombre lunghe e strette scivolare come acqua bagnata da sotto lo stipite del legno chiuso.

«Avanti.»

La voce di Yaku è stabile e diretta verso l’entrata serrata, e non passa molto prima che questa venga aperta, mostrando un uomo piuttosto alto, dalla carnagione scura e le labbra carnose, i capelli caratteristicamente afroamericani ed alla moicana, lunghi sopra le orecchie e quasi completamente rasati sotto.

«Commissario Yaku.»

«Dimmi, Reor

«Sono arrivati due avvocati per la persona che tenete in custodia, sembra che le prove contro di lui non siano abbastanza da permettere un arresto né un interrogatorio.»

Il tempo di finire di parlare che due uomini in giacca e cravatta fanno il loro ingresso, lo sguardo di entrambi calmo ed impassibile mentre le scarpe laccate di nero specchiano riflessi opachi ed irregolari ad ogni passo che fanno; le falcate si fermano praticamente subito dopo aver varcato la soglia, e non bisogna certo essere un commissario di polizia per intuirne il solido messaggio celato all’interno: Usciremo il prima possibile da qui, sembrano gridare, ed ovviamente con Hanamaki a seguito.

«Mhm? Oh, sembra il mio taxi sia arrivato.»

Sentono il finto imputato dire mentre il rumore della sedia trascinata sulle piastrelle grigie della pavimentazione palesano il suo alzarsi in piedi, ed i passi morbidi che risuonano tra le strette pareti vengono presto assecondati dalla magra figura del ragazzo che si avvicina verso la porta, entrando lentamente nel campo visivo di tutti e fermandosi esattamente in mezzo ai due giganti ancora immobili all’entrata.

«Non potete lasciarcelo per qualche altro minuto? Stiamo discutendo di cose importanti.»

La voce di Matsukawa arriva ferma ma bassa, roca e lontana seppure il punto ove sia situato non risulti essere abbastanza da permettergli di risultare tanto distante. Iwaizumi si volta a guardarlo, alzando scetticamente un sopracciglio nel vederlo staccarsi dalla parete per avvicinarsi al trio in piedi, fermandosi ad un paio di metri mentre gli occhi rimangono fissi su quelli di Hanamaki, le mani nelle tasche dei pantaloni e le spalle leggermente curvate in avanti, ad assecondare la posizione delle braccia tese.

Hanamaki stesso rimane qualche secondo in silenzio a fissarlo, prima che un sorriso fino si appropri delle sue labbra, lo sguardo che assume sfumature di espressione che Hajime riesce a cogliere solo in parte e che in qualche modo gli ricordano quelle di un leopardo che abbia trovato la sua preda al fiume addormentata, se non proprio un altro leopardo, solo enormemente più svogliato e pigro.

«Sa agente, per quanto apprezzi molto la sua volontà di passare del tempo insieme–»

E fa un istante di pausa, come a vedere se Matsuwaka abbia qualcosa da dire prima di farlo continuare; ma quest’ultimo rimane in silenzio, lo sguardo indolente e le palpebre rilassate, ed il sorriso di Hanamaki sembra se possibile ampliarsi ancora di più, così affilato da poter tagliare.

«Le devo ricordare che persino i poliziotti devono pagare per certe compagnie. Perché non passa dove lavoro, un giorno di questi? Chieda all’ispettore Iwaizumi di accompagnarla, magari il mio datore le farà un prezzo di favore, vedendola con lui.»

E Iwaizumi può notarlo chiaramente, l’occhio di Hanamaki che viene strizzato per un istante in direzione del collega dai capelli corti e scuri, prima che quel sorriso felino vada a posarsi – più freddo e meno sovraccarico di adrenalina, in ogni caso – sulle iridi del commissario al suo fianco, ancora in piedi e leggermente innervosito da chissà quale delle tante frasi dette dal ragazzo.

«Per vedermi ballare, ovviamente. Perché è importante il lecito ed il legale, non è vero commissario?»

E con questa si allontana insieme ai due avvocati, la movenza del tutto simile a quella di un gatto mentre le anche si muovono con regolarità, opposte al movimento delle spalle e coerentemente con quello delle corte ciocche rosate in balia dell’aria e dalla gravità.


 


 

°°°°


 

La porta va a chiudersi dietro i due uomini in abito elegante, e nella stanza scende un silenzio carico di pensieri e reazioni diverse, le menti dei tre poliziotti che macinano informazioni mentre il piccolo lampadario della stanza racchia appena di risposta ad una variazione di elettricità inattesa, la luce che viene a mancare per un battito di ciglia prima di tornare stabile sul tavolo adesso vuoto.

«Dobbiamo fidarci?»

Mormora Matsukawa alla fine, e questo basta per far sì che Iwaizumi gli lanci uno sguardo freddo e duro, le sopracciglia aggrottate e la mascella stretta a creare dei leggeri infossamenti sotto le gote.

«Il mio informatore non mi darebbe informazioni, se fosse dubbioso della loro veridicità

«Qualsiasi sia la verità…»

Entrambi si voltano verso il commissario, ancora in piedi e con un braccio piegato affinché l’indice ed il pollice si possano chiudere morbidamente attorno al mento, ed aspettano il continuo mentre l’espressione contrita e gli occhi fissi su un punto fermo palesano una concentrazione abbastanza alta da rendere impensabile anche solo l’idea di fare un passo, nel timore di fargli perdere il filo di chissà quale idea creatasi nella sua mente.

«Solo una cosa è certa: Quando una cosa è troppo chiara a Gotham, è perché qualcuno sta cercando di farla passare per la realtà. Ed indipendentemente da chi sia invischiato in questa storia, vi è di certo che ci sia molto più da scavare di quanto avessimo inizialmente preventivato.»

E nel dirlo Yaku scioglie la sua posizione, facendo qualche passo verso la porta e fermandosi solo per voltarsi verso i due poliziotti davanti a lui, squadrandoli bene prima di aprirla, la luce che viene dall’esterno che arriva inaspettatamente ad oscurare i tratti del commissario, rendendone solo il profilo visibile.

«Tornate a casa ora. Domani riprenderemo le ricerche all’Istituto Cyrus Pinkney: voglio avere tutte le registrazioni delle telecamere interne alla struttura, e informazioni se siano state trafugate o meno monete di particolare interesse economico per il Mercato Nero.

Abbiamo quattro giorni per scoprire chi si sia alleato con Joker


 


 


 

Stavolta unamoresolitario mi uccide. (…)
Niente, volevo mettere Kenma e Kuroo in questo capitolo ma alla fine mi è venuto troppo lungo e mi sono dovuta fermare prima. Perdonami.
MA INDOVINA CHI VEDREMO NEL PROSSIMO?!
… Davvero. Giuro.
… Ti prego cerca di volermi bene comunque.
ALLA PROSSIMA (ARRIVERÀ PRIMA DI TRE SETTIMANE.)

  
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