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Autore: merrow_star    04/06/2017    2 recensioni
Era una notte di luna piena, quando tutto è iniziato, anche se in realtà nessuno ancora lo sapeva.
Sarebbero arrivati Voldemort, la guerra, la morte. Ma anche la vittoria, la pace, l'amore.
Il Prescelto e il ragazzo che ha fatto tutte le scelte sbagliate, sul campo di battaglia, Potter e Malfoy per la Società Magica, Harry e Draco per loro stessi.
Impareranno a esprimersi attraverso la musica, per poi capirsi con le parole e i gesti. E il mondo sarà il loro spartito.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, George Weasley, Harry Potter, Teddy Lupin, Theodore Nott | Coppie: Draco/Harry
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Nella fretta di uscire di casa, si era dimenticato di mettersi la sciarpa e il vento leggero ma gelido di quella mattina lo infastidiva non poco, battendogli sul collo niveo. Lo infastidiva la neve che, quasi del tutto sciolta e mischiata alle polveri delle strade londinesi, si appiccicava alle sue scarpe creando delle macchie umide sui suoi stivaletti scamosciati. Lo infastidiva il continuo andirivieni di adulti e bambini alla ricerca delle ultime cose per i preparativi di Capodanno. In sintesi, lo infastidiva tutto, e per questo stava andando da Theo, a sbollire.
​Q
uel cretino di Harry non si era più fatto sentire dopo quel Messaggio di Fuoco, ed erano passati tre giorni: chi poteva essere così senza cervello da prima invitare qualcuno a uscire e poi sparire per tre giorni? Draco si meravigliava di sé stesso per non aver capito prima che, suvvia, Potter era sempre Potter. Non gli aveva dato nessun dettaglio sulla serata che avrebbero passato insieme, se non il quando e il dove trovarsi, e non gli andava a genio non sapere niente. Che si fosse dimenticato?
​D
raco scosse la testa a quel pensiero: Harry non poteva essersi dimenticato di lui, non dopo che gli aveva acceso un piccolo barlume di speranza nel petto. Non distoglieva più lo sguardo, disgustato, dal Marchio Nero quando gli capitava di tirarsi su le maniche della camicia, né tremava più quando apriva la custodia del violino, semplicemente lo guardava assorto.
​E
questa attesa lo stava mandando fuori di testa. Attesa di sapere cosa Harry avesse in mente, attesa di capire come quella testa calda lo avrebbe convinto a riprendere in mano il suo violino e, sì, attesa anche di vederlo e basta, di parlarci, di urlargli contro anche – perché le vecchie abitudini, si sa, non muoiono mai. Lo infastidiva questo miscuglio di emozioni che provava.
Quando arrivò a casa di Theo, il pittore era appena uscito dalla porta. “Ehi, Draco...”
​“Dove stai andando a quest’ora?” gli chiese, senza volere, con un tono leggermente acido.

“C’è una mostra che mi interessa e vado a vederla, e dato che so quanto non ti piaccia l’arte non ci ho pensato proprio a chiederti di unirti a me. Ma che c’è, qualcosa non va?”
Draco distolse lo sguardo. “No, niente.”
Theo sospirò. “C’entra con Harry e con domani sera, vero?”
“Non si è più fatto sentire”
“E perché avrebbe dovuto? Vi siete già messi d’accordo, no? Magari ti starà organizzando qualcosa di speciale per convincerti a riprendere in mano il violino” sorrise, e poi si guardò l’orologio. “Ora scusa ma devo proprio andare, la mostra apre tra dieci minuti e sai che mi piace essere uno dei primi a entrare” e con un ultimo cenno del capo si Smaterializzò, lasciando solo un Draco palesemente in agitazione.
Qualcosa di speciale. Ma Merlino Santissimo, Theo lo sapeva che le parole, soprattutto certe parole abbinate a certe situazioni, potevano essere equivocate in mille modi diversi? Lui e Potter – sì, era tornato a Potter, e ci sarebbe rimasto finché l’altro non si fosse come minimo degnato di chiedergli scusa per quei giorni di silenzio – non erano una coppietta al primo appuntamento e, soprattutto, lui non era la ragazzina desiderosa di farsi stupire dal suo principe azzurro, quindi Potter non doveva nemmeno azzardarsi a organizzare per lui qualcosa di speciale. Lui non era speciale, era un cretino che si stava facendo pare mentali per un nonnulla.
Io non sono speciale e non mi merito qualcosa di speciale, si ripeté nella sua testa durante il tragitto fino al Manor – si rifiutò di Smaterializzarsi, aveva bisogno di camminare, di far passare il tempo.
Era inutile negarlo, almeno con sé stesso: gli sembrava di star aspettando quella famosa sera da una vita, non solo tre giorni, e la cosa era di una stranezza così estrema che Draco aveva quasi paura. Di cosa, precisamente, non lo sapeva e nemmeno voleva addentrarsi in quel labirinto che, ne era certo, lo avrebbe condotto solamente alla pazzia.
Appena entrato in casa, non ci pensò due volte ad andarsi a fare una doccia gelida per recuperare un briciolo di razionalità.
Nel momento in cui quelle gocce fredde toccarono la sua pelle, si rilassò un poco e il cervello prese di nuovo il controllo: la sera successiva sarebbe andato solo a un concerto con Harry Potter, era una semplice uscita tra neo amici – si erano stretti la mano sul ponte, no?, e quindi sì, neo amici poteva, forse, anche starci – con un interesse comune, quindi che hai da essere così agitato? Harry lo faceva solo per aiutarlo, perché lui era fatto così e doveva per forza sempre aiutare tutti, anche quando non era richiesto, anche quando la situazione non lo riguardava. Ma la situazione lo riguarda eccome, sospirò tra sé e sé, perché Harry lo conosceva, Harry l’aveva sentito suonare.
Si era sempre preoccupato prima degli altri, poi di sé stesso, anche il fatto che avesse deciso di smettere di recitare la parte del quarantenne con la calvizie dimostrava quando per lui venissero prima i desideri degli altri, di Ted Lupin in questo caso specifico; aveva cercato di fare l’egoista, di fuggire dal mondo, ma non solo non ci era riuscito, aveva anche ripreso quell’abitudine di pensare agli altri, di fare l’eroe. E ora stava facendo l’eroe con lui, si stava preoccupando per lui, ma per che motivo?
Avrà voglia di ricostruire un rapporto con te, gli aveva detto Theo.
Rimase diversi minuti sotto il getto gelido, nel silenzio più totale, a guardare l’acqua scorrere sulla propria pelle irrigidita dal freddo.
Era agitato perché aveva capito che aveva anche lui voglia di ricostruire un rapporto con Harry.
Era agitato perché gli sarebbe piaciuto sentirlo, in quei giorni.
Era agitato perché aveva paura della piega che stava prendendo tutta quella storia, perché lui non era mai stato uno incline a farsi aiutare, eppure era sorpreso, sorpreso e quasi felice che qualcuno si stesse dimostrando interessato a lui.
Il casino era, ovviamente, chi fosse quel qualcuno.
 

*
 

“Che cosa hai detto a Hermione, piccola serpe in incognito?” gli chiese appena lei se ne fu andata.
Teddy fece la sua tipica smorfia furbetta. “Le ho detto solo la verità”
“E cioè?”
“Che anche per te non è stato semplice fare ciò che hai fatto e che io non sono l’unico motivo che ti ha spinto a uscire dal guscio, tutto qui” disse con aria candida, ben sapendo la reazione che avrebbe suscitato nell’altro.
Da quando aveva mandato il Messaggio di Fuoco a Draco, Harry non gli aveva più detto neanche una parola sull’appuntamento programmato (anche se aveva notato che qualcosa bolliva in pentola). Anzi, si era impegnato anima e corpo nell’aiutarlo a organizzare la festa per i suoi amici, soprattutto dopo avergli detto che ci sarebbe stata anche Jade, la gemella Serpeverde della sua migliore amica. Harry aveva pensato a tutto: alla cena, ai giochi da fare aspettando la mezzanotte, e aveva anche allestito il salotto in modo tale che potessero dormire tutti insieme; pur di non parlare della questione Draco, aveva pure discusso con Teddy sul come dire ai suoi amici che Mr. Moon, quello che lo aveva sempre accompagnato a prendere l’Espresso per Hogwarts e che era sempre venuto a prenderlo, quello che tutti pensavano fosse il suo nuovo tutore data la scomparsa del Salvatore del Mondo Magico, in realtà non esisteva.
“Harry, se dici loro chi sei, sai quali saranno le conseguenze, vero?” gli aveva chiesto, una di quelle sere. “Lo diranno ai loro genitori e, beh, verrà fuori non solo che sei tornato ma anche dove abiti e tutto il resto...”
“Lo so, ma prima o poi deve succedere, non posso rimandare all’infinito”
Teddy si era sentito molto fiero di lui, che finalmente aveva ritrovato il coraggio di vivere la propria vita e smettere di nascondersi; era anche orgoglioso di sé stesso, ammettiamolo, perché senza mai demordere era riuscito a liberarsi di quell’antipatico Mr. Moon, ma sotto sotto sapeva che Harry era spinto anche da un altro motivo.
Un motivo alto, esile e biondo che rispondeva al nome di Draco Malfoy. Harry non poteva, come diceva un famoso proverbio babbano, predicare bene ma razzolare male, non poteva dire all’altro di non avere paura di riscoprire sé stesso e poi lui essere il primo a non affrontare la situazione.
“A proposito di questo altro motivo,” riprese Teddy, “l’hai più sentito in questi giorni?”
“E perché avrei dovuto?” rispose, sulla difensiva per non far trapelare l’agitazione.
“Non lo so, cosìma perché era così tardo, a volte?, “magari per non dare l’impressione che non te ne importi granché, ecco”
“Gli ho… gli ho già detto che ci tengo, quando l’ho invitato” balbettò, arrossendo. Sì, lui ci teneva a far riprendere a Draco il violino in mano, perché sapeva quale fosse l’emozione che scaturiva dal suonare il proprio strumento, dal dare voce alla propria anima. Ci teneva a vederlo di nuovo con quell’espressione serena che gli aveva visto dipinta sul viso la prima volta. Ci teneva a incontrare ancora quel Draco che aveva definito, e mai se lo sarebbe dimenticato, devastante.
Era agitato per come si stava evolvendo la situazione, l’aveva presa fin troppo a cuore, forse.
Era agitato perché, non si sa come, aveva davvero voglia di ricostruire un rapporto con Draco. Sarà che era cresciuto, che erano cresciuti entrambi, e le liti adolescenziali erano solo un ricordo sbiadito, fatto sta che era sempre più impaziente che il domani arrivasse. Soprattutto perché, il giorno dopo essere stato a pranzo al Manor, si era ricordato che anche a Berkeley Square c’era un concerto in programma, e aveva deciso di andare lì non solo perché era un luogo che più si addiceva, secondo lui, ai gusti di Malfoy, ma anche perché era anche più vicino al London Eye, dove ogni anno si teneva un grandioso spettacolo di fuochi d’artificio: una prospettiva un po' più allettante rispetto alla piazzetta che aveva proposto all’inizio. Non voleva dirlo all’ex Serpeverde sia perché avrebbe voluto vedere la sua espressione stupita sia perché non voleva dargli l’impressione che ci tenesse un po' più del dovuto, a questo appuntamento.
“E se stesse pensando che si sei rimangiato tutto?” gli chiese Teddy, schietto.
“Perché dovrebbe? Solo perché non mi sono fatto più sentire? E poi nemmeno lui se è per questo...”
“Ma sei stato tu a invitarlo, quindi arrivati a casa tu gli scrivi che lo aspetti domani sera come avete concordato”
“Non voglio che pensi che non stia aspettando altro che uscire con lui!”
Che tenero. “Ma nemmeno che tu te ne sia dimenticato, no?”
“Ovviamente no...”
“Ecco, allora sai già ciò che devi fare”

Inutile dire che scrivere quel messaggio fu un’impresa titanica, anche perché appena scoperto che il padrino aveva cambiato destinazione a favore di una decisamente migliore Teddy era diventato un duce in piena regola e pretendeva che la lettera fosse perfetta – l’unica cosa che gli concesse fu di non menzionare Berkeley Square, perché l’effetto sorpresa ci stava tutto.
Dovette aggiungere l’ultima frase su consiglio, leggi: ordine, di Teddy e apportare qualche modifica qua e là prima di poterla spedire tramite il gufo di Andromeda, momentaneamente alloggiato in casa loro essendo la donna andata a passare l’ultimo dell’anno in Scozia da una sua vecchia amica – aveva organizzato appena Teddy le aveva detto della festa.
Solo dopo averlo fatto, si poté preparare il pranzo, con Harry sempre più convinto che Teddy fosse in realtà una serpe travestita da tasso.
 

*


Se si fosse trattenuto sotto la doccia due minuti in più, quel gufo gli avrebbe sicuramente rotto il vetro, impaziente com’era di consegnare il messaggio; appena aveva aperto la finestra, il volatile gli aveva beccato con forza la mano prima di lasciar cadere la lettera e volare via, quasi fosse seccato di aver aspettato così tanto fuori al freddo, ma era stato meglio così: se fosse restato lì sul davanzale probabilmente Draco lo avrebbe preso e fatto arrostire.
Il suo umore non era migliorato, ma si era rilassato e si era imposto di mantenere la calma. Potter non voleva farsi sentire? Benissimo, lui avrebbe fatto il superiore e avrebbe smesso di aspettare - si dice che le cose capitino quando meno ce lo aspettiamo, no?, si era detto prima di giungere a questa conclusione.
Quando vide la calligrafia con cui il suo nome era stato scritto sulla busta, la così tanto agognata calma si dissolse in un attimo. Come si permetteva quell’essere di farlo aspettare così tanto da fargli perdere le speranze per poi scrivergli come se nulla fosse? Ma si rendeva conto?
Con violenza strappò la busta e prese poco delicatamente la lettera contenuta in essa tra le mani, mentre andava a sedersi sul divano.

Ciao, Malfoy.

E già iniziava male, come minimo scusa a caratteri cubitali doveva scrivere per prima cosa, però aveva avuto la chissà per quale caso fortuito del destino buona idea di rivolgersi a lui con il cognome.

Scusami se sono sparito, ma ho avuto molto da fare nell’aiutare Teddy coi preparativi per la festa, ti spiegherò meglio domani, se vuoi.

Ma cosa poteva importargliene a lui dei preparativi per la festa di Teddy! Non era una novità che Potter fosse così poco pratico nell’organizzare eventi, a maggior ragione se più di uno e per la stessa serata… però almeno si era scusato, non a caratteri cubitali ma si era scusato.

A proposito di domani, ti aspetto da me per le otto e mezza. Dato che il concerto inizierà alle nove circa, direi di Smaterializzarci lì così da prendere dei posti buoni mentre dopo, se non hai nulla in contrario, possiamo fare una passeggiata, così da parlare un po'.

Oh, ma allora non era proprio così imbecille, se lo ricordava che avevano un appuntamento e si era finalmente deciso a renderlo partecipe dei suoi piani! Posti buoni? Voleva il meglio, su questo non c’era dubbio, e quindi si fece l’appunto mentale di arrivare da Potter con dieci minuti di anticipo – era già cosciente che l’ex Grifondoro sarebbe stato in ritardo, se lo sentiva dentro proprio. Parlare un po'? Tutto dipendeva sia dalla qualità del concerto che dall’argomento che Potter voleva tirare in ballo, e non aveva molti dubbi su quale sarebbe stato, così come non ne aveva sul fatto che lui stesso non avrebbe sprizzato gioia da tutti i pori a parlarne.

Non mi sono dimenticato di te, per cui scusami se te l’ho fatto pensare. A domani sera.

E qui il suo cuore fece una capriola. Non mi sono dimenticato di te. Il piccolo barlume di speranza che aveva nel petto si mise a brillare un po' più intensamente, perché aveva davvero avuto paura di aver fatto male a sperare che qualcuno, a lui, ci tenesse. Potter ci teneva a fargli riprendere in mano il violino e si stava impegnando come poteva – considerando che erano rientrati l’uno nella vita dell’altro da neanche una settimana – per farlo credere che ce l’avrebbe fatta a suonare di nuovo, che niente era perduto.
Si era firmato semplicemente Harry.
Con una smorfia impettita posò la lettera accanto a sé. “Scuse accettate” mormorò piano, in tono concessivo. Sollevò il braccio quel tanto che bastava per far scivolare la manica dell’accappatoio – quel maledetto gufo e il suo becco appuntito non lo avevano nemmeno lasciato vestire in pace! – ed esporre la cicatrice che lo deturpava, sia dentro che fuori.
Forse era tempo di lasciarsi andare, di tuffarsi nel vuoto, e sperare che andasse tutto bene.
 

*
 

Era da un po' di tempo che ci pensava, a dipingere l’alba o il tramonto sul Tamigi, ma non l’aveva mai fatto, forse perché lui preferiva dare forma ai soggetti dei suoi quadri con linee precise, e solo una volta, con risultati disastrosi, aveva cercato di dipingere senza il disegno a matita a guidarlo. I quadri impressionisti lo affascinavano proprio per quel motivo, per quel loro non avere confini, era tutto un gioco di colori e pennellate, un lasciarsi andare totale. Lui e il lasciarsi andare erano proprio agli antipodi, solo quando aveva baciato Draco era uscito dai contorni, ma era stato un piccolo tocco di pennello che non si sarebbe ripetuto; anche quando dipingeva, era preciso e non si allontanava dal sentiero prefissato con la grafite della matita. Certo, gli piaceva sperimentare nuove tecniche, il grande genio di Leonardo Da Vinci sempre lì ad ispirarlo, però sentiva sempre la necessità di avere il pieno controllo su di esse.
Quando era venuto a sapere della mostra, aveva deciso di cogliere l’occasione e provare a studiare il metodo, la tecnica che c’era dietro a quel modo di stendere il colore sulla tela, che per lui era come concretizzare le emozioni. Se, da un lato, restava sempre senza fiato ad ammirare la perfezione de La nascita di Venere di Botticelli, dall’altro non sapeva come spiegare la sensazione che gli nasceva nel petto se guardava Impression. Soleil levant di Monet. Razionalità e perfezione contro emozione e disordine. Theo avrebbe voluto lasciarsi andare, perché si era sentito bene a baciare Draco, a fare qualcosa che desiderava da un pezzo, a zittire il cervello e lasciare agire il cuore. Non sarebbe stato un percorso facile, ma era più che pronto e motivato ad iniziare.
Stava ammirando il quadro di Monet da così tanto tempo che non si era accorto di non essere il solo a farlo, almeno fino a quel momento. Un uomo dai capelli rossicci era vicino a lui, la testa inclinata verso destra e l’espressione di chi non sa bene cosa stia guardando.
“Che c’è?” si trovò a chiedergli, pentendosene quasi subito: magari lo aveva infastidito, d’altronde nemmeno lo conosceva.
Lo sconosciuto si voltò, due occhi di un azzurro intenso si fissarono nei suoi. “Pensavo fosse un po' più grande” disse, senza dar segno di fastidio, e Theo tirò un sospiro di sollievo.
“In genere, succede con ogni quadro che ci venga in mente”
“Davvero? Non ci avevo mai fatto caso...”
“Prima volta al National Gallery, vero?”
“Colpito” ammise lo sconosciuto.
“Prima volta in un museo in generale, vero?”
“E affondato” rise.
Come un flash, a Theo venne in mente quando Tiger e Goyle, a Hogwarts, avevano fatto a pezzi un suo studio a matita sulle ali dei gufi tra le risa dei suoi compagni di Casa utilizzando proprio quella battuta, colpito (quando gli avevano strappato il foglio dalle mani) e affondato (quando lo avevano ridotto in frantumi). Già, Hogwarts… ora capiva perché il modo di parlare dello sconosciuto avesse un che di familiare, e che il suo viso non gli fosse nuovo.
“Weasley?”
Ehm, sì… ci conosciamo?” domandò stupito.
“Chi non conosceva i gemelli Weasley, a Hogwarts? Eravate famosi anche tra noi Serpeverde”
Lo sguardo dell’altro si incupì leggermente, ma solo un istante. “Puoi ben dirlo! Però scusa, mi sa che non mi ricordo di te...” ammise, con aria imbarazzata.
“Nott, Theodore Nott”
“Nott… l’artista?”
Theo gli fu grato per non aver proseguito con quello costantemente preso per il culo. “Sì, anche se qui, di fronte a questi maestri, non mi sento proprio di definirmi un artista”
“Perché, hai smesso?”
“Smesso? No, non potrei mai”
“E allora sì che sei un artista” disse, con semplicità, per poi tornare a concentrare l’attenzione sul quadro di Monet davanti a loro. Theo si rese conto che Weasley se ne stava andando lontano, con la mente, per cui decise di congedarsi.
“È meglio che vada ora, o non farò in tempo a vedere tutti i quadri esposti. Alla prossima”
“Ciao, Theodore… prima o poi verrò a vedere i tuoi quadri” lo salutò, e poi per lui ci fu spazio solo per quell’alba sul porto di Le Havre. Chissà a cosa stava pensando...
Theo si allontanò, lanciandogli ancora qualche occhiata di sfuggita mentre si dirigeva nella sala su Degas e le sue ballerine. Sì, era stata una bella sorpresa incontrarlo.



NdA
Weiii, buondì a tutti, ecco il nuovo capitolo, spero vi piaccia C: scusate il ritardo, però da adesso in poi cercherò di allungarli in modo da farmi perdonare per il tanto tempo tra uno e l’altro ^^
Voleva essere un capitolo tutto dedicato a Harry e Draco – come vi sembrano le loro reazioni? Sono almeno un po' verosimili? – però all’inizio avevo accennato di questa mostra e ho deciso di metterla alla fine. E così Theo e George si sono incontrati: che ne pensate? C:
Come sempre grazie a tutti quelli che leggono la storia e a chi ha recensito lo scorso capitolo <3 Fatemi sapere il vostro parere anche questa volta!
A presto, un bacio :*
merrow

   
 
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