4 – Amori impossibili – Terra di
mezzo
Fersen è andato via, scomparendo
in una notte fredda e priva di stelle.
Non ha senso essere qui, senza
di lui.
Contro ogni ragione, hai accettato
un invito dove hai messo in gioco te stessa, il tuo cuore di donna e forse il
tuo onore di soldato devoto, e per ultima, ma non meno importante, la tua
amicizia con André.
Solo per una notte, volevi
provare a vivere la tua vita in maniera diversa; volevi scoprire cosa fossero
le gentilezze di un uomo e che emozioni danno.
Volevi giocare con gli sguardi,
sentire crescere l’eccitazione che fa accelerare il respiro, tremare la voce e
accendere le guance.
Volevi cogliere quel senso
dell’attesa per te sconosciuto che squassa il cuore delle fanciulle, la
dolcezza di un momento rubato, una frase inaspettata, un invito desiderato e
inseguito con timore e timidezza.
Nel farlo, non hai messo in
conto se ciò fosse giusto o sbagliato, possibile o illusorio. Né ti sei
preoccupata che ci fosse altro in gioco, altre persone – un amico e la tua
regina, che non vorresti mai deludere - e i loro sentimenti.
Questo è stato lo sbaglio più
grande, e qualsiasi scelta ha sempre delle conseguenze.
C’è sempre un rapporto di causa
ed effetto.
Ma tu hai voluto dimenticarlo.
Non avevi programmi o strategie,
né avevi previsto niente, troppo impreparata a situazioni o reazioni in un
campo per te astruso.
Palazzo Fersen non ha nulla di
famigliare, né di rassicurante.
Te ne accorgi per quel malessere
che t’impedisce di dormire in una stanza che non è la tua, in un letto che per
quanto comodo, ti respinge come fosse pieno di spine, dove anche il più piccolo
oggetto ti è estraneo.
Hai lasciato la vestaglia di
foggia maschile su una poltrona addossata al muro.
In fondo ai piedi era stato
disposto uno scaldino, tolto poco prima che tu ti coricassi; avverti il tepore
lasciato dalla brace bollente, eppure le lenzuola ti paiono fredde.
Il tuo corpo è percorso da
brividi, ma tu hai sognato di scaldare la tua pelle tra le braccia di chi ora
non c’è. In realtà, non hai mai nemmeno sperato che potesse succedere chissà
cosa fra voi; forse, dilaniata tra inquietudine e volontà, al dunque, ti
saresti tirata indietro, ma neppure immaginavi di essere abbandonata in un
palazzo non tuo, dal legittimo padrone di casa. Questo dettaglio in apparenza
trascurabile, ti ha infastidito al punto da provocarti profondo malessere.
Il sonno non vuole saperne di
accoglierti.
Sul comò a cassettoni di fianco
al letto hai lasciato un moccolo di candela acceso, unica fiammella di luce che
oscilla nella quasi totale oscurità dell’ambiente.
Neppure il più debole raggio di
luna filtra dall’esterno. Tutto è buio.
Emozioni e pensieri sono avvolti
dalle tenebre, e tu galleggi in esse; vorresti solo sprofondare per annegare la
delusione che si è abbattuta sul tuo cuore.
È il gesto di Fersen che non
riesci a metter a fuoco.
La sorella minore Sophie, da
Stoccolma lo ha accompagnato in Francia e al momento risiede a Parigi; un acuto
presentimento ti dice che non è corso da lei, né vuoi pensare a dove possa
essere andato, inseguito dal suo fantasma, quell’amore struggente che lo attira
a Maria Antonietta, che le circostante rendono impossibile vivere e compiersi
nella sua pienezza.
In verità, il sospetto più
allarmante, sottile e insinuante che ora ti divora l’animo e ti avvelena la
mente è un altro.
Un sospetto che ha le fattezze
famigliari di un volto e nome preciso.
La vera causa della fuga di
Fersen, forse è quello che non puoi dire.
Andrè alloggia nella stanza
accanto alla tua, solo una parete vi divide; se ti mettessi a picchiare sul
muro probabilmente potrebbe sentirti.
Non avevi previsto l’intervento
di André, né le sue parole irriverenti e sfrontate.
Ti sembra impossibile che lui
stia già dormendo.
In quell’irreale corpo a
corpo che avete avuto, dove solo i tessuti dei vostri indumenti si sono
sfiorati, hai sentito tutta la sua fisicità di uomo, con l’acutezza di tutti i
tuoi sensi; c’era l’odore della sensualità nei gesti, nei muscoli contratti,
nei nervi tesi del collo, c’era il suo respiro caldo contro il tuo orecchio e
dopo averti sconvolto con parole e sguardi che ti hanno incendiato il sangue,
si è ricomposto come se nulla fosse successo.
Sei rimasta a guardarlo
inebetita, e sei quasi grata al cameriere che vi ha interrotti.
Un secondo dopo ha abbassato la
testa, le ciocche umide e nere sulle fronte gli hanno nascosto lo sguardo e ti
ha salutato con una freddezza inusuale, prima di ritirarsi adducendo la
stanchezza.
“Scusami, credo di aver
esagerato, – ha detto, mortificato. - Sono stanco e nervoso ed è meglio se vado
a dormire, prima che io dica altre sciocchezze. Buonanotte Oscar.”
Si è voltato e se n’ è andato,
senza aggiungere altro.
Poco dopo, ti sei ritirata anche
tu.
Qual è il momento in cui tutto
ha iniziato a precipitare?
Possibile che il motivo di tanta
tensione fra voi, sia Fersen, e il suo ritorno in Francia?
Non si è mai comportato così, André.
Non si è mai dimostrato geloso di nulla e nessuno, e non ha mai osato
pretendere di più dal vostro rapporto. Ti ostini a credere che non potrà mai
essere altro da ciò che è, e vuoi sperare che Andrè rispetterà i confini.
Fino ad ora, lo ha sempre fatto,
dunque, cosa devi temere?
E intanto, hai paura; hai la
sensazione che il tuo amico abbia appena iniziato a superarli, e forse non sarà
capace di fermarsi e tornare indietro.
Talvolta indietro non si torna.
Il cuore non può vivere
perennemente in letargo; tu e André lo avete fatto troppo a lungo, e hai finto
di ignorare ciò che siete, un uomo e una donna costretti a vivere insieme,
troppo intimi per essere fratelli e troppo intimamente legati per essere
soltanto amici.
Come farai a ristabilire una distanza
che non è mai davvero esistita?
All’improvviso, i sentimenti si
svegliano e cercano nutrimento, come fiori che si aprono al tepore della
primavera dopo un lungo inverno.
Che succederà se non riusciranno
a scaldarsi alla fiamma di un amore corrisposto?
Come farai a tenerli a bada? I
tuoi, e quelli di André?
Soprattutto quelli di André, che
non sembra più disposto a nascondere sotto la maschera dell’amicizia l’amore
che prova. Non puoi lasciare che il suo grido arrivi al mondo.
Questa strana vita vi tiene
insieme, e non esiste un altro modo.
Dovrai umiliarlo, confessando
che ami un altro più di lui, frustrare la passione che gli gonfia il petto,
prima che scappi dalla labbra per rivelarla al tuo orecchio, o riversarla nella
tua bocca come fiele amaro.
Sarà come ucciderlo. Al
pensiero, ti senti morire un po’ anche tu.
Non sai come potrai essere tanto
crudele. Fargli del male per il suo bene.
Liberi un sospiro e scalci le
coltri lontane dal corpo, nervosa e frustrata dai pensieri che t’impediscono di
riposare come vorresti. Ti sollevi sul letto e guardi il debole lumicino che
lambisce le sponde dell’oscurità che ti circonda. Posi i piedi nudi sul
pavimento freddo come l’aria attorno.
Ti alzi e ti avvicini alla
parete che divide le vostre camere, accosti il volto come se volessi ascoltare
il silenzio, percepire un debole respiro e lasci scorrere il palmo della mano
aperta sulla tappezzeria, in una lunga carezza. Nel farlo, scivoli in
prossimità della porta.
Se devi restare sveglia, questa
notte hai chi ti terrà compagnia.
Bisogna affrontare i propri
demoni.
*****
Con le braccia incrociate sotto
la testa, gli occhi restano aperti nella totale oscurità che ti circonda.
Mobili di pregio e un letto a baldacchino arredano una camera troppo elegante
per un servo, destinata di solito ad ospiti di rango. Nel buio che tutto
livella, che cancella i ranghi e rende gli uomini uguali, puoi illuderti di
essere nella modesta stanzetta di Palazzo Jarjayes e sentirti quasi a tuo agio.
Chissà cos’ha pensato quel
ruffiano di Fersen, quando ha messo te e Oscar in camere separate, ma in
sostanza comunicanti; solo una porta vi divide. Forse il letto che ora accoglie
il tuo corpo stanco era proprio destinato a lui, e ha voluto evitare la lusinga
di cedere ad un capriccio momentaneo; lui e Oscar soli.
Sarebbe accaduto, se tu non
fossi arrivato.
Provi autentica gratitudine
verso il conte, che non avrebbe trovato ostacoli ai suoi intenti seduttivi, se
fosse rimasto a palazzo con quell’intenzione.
Invece, con la sua fuga, chissà
quale piano della sorte sperava di dirigere.
Decidi che non ha importanza.
Sei felice che il conte sia
andato via e che i tuoi più neri timori siano stati scongiurati.
Ora devi solo aspettare il mattino,
quando la nuova luce del giorno cancellerà tutte le ombre, e tu con Oscar
potrete finalmente lasciare la dimora di Fersen, questo strano luogo, terra di
mezzo che mette a nudo le vostre anime.
È successo questa sera, nella
maniera più folle e imprevedibile.
Domani sei certo, tornerà tutto
come prima.
Domani tornerete a struggervi in
silenzio, lei per il nobile svedese che ama la regina di Francia, e si consola
volentieri sulle labbra compiacenti di qualche amica, neppure troppo segreta –
nei salotti il conte ha una nomea, che se non è un vanto è comunque motivo
d’orgoglio - e tu per lei che non ti vede.
Lei continuerà a non vederti
anche alla luce impietosa del giorno.
Lei dimenticherà le cose che hai
detto.
Dimenticherà sguardi e gesti
audaci di un uomo innamorato senza speranza.
Non sai se sperarlo o temerlo,
mentre un’immagine stonata ti ronza in testa; lei che ti guarda come se
sapesse, lei che ti accusa di fingere.
Non puoi fare altro.
Non c’è un altro modo per
restarle accanto, senza sconvolgere le sue certezze, ma restarle al fianco è il
modo più sicuro per torturare il tuo desiderio, una bestia repressa che ringhia
e sbava di frustrazione.
Ti domandi cosa ha capito della
tua provocazione disperata; hai giocato con le parole, e forse per lei non sono
state altro che un gioco puro e semplice.
È un pensiero che da minuti ti
assilla; questa notte è davvero troppo lunga da passare tra gli incroci
tortuosi della mente, ma sei stanco, sfinito dalle emozioni troppo forti, e il
tuo corpo finirà per cedere all’oblio.
Le palpebre diventano pensanti,
e finalmente stai per arrenderti al sonno, quando un rumore ovattato ma
distinto allerta i tuoi sensi.
È un lieve bussare, poi la
maniglia cede e la porta della stanza, quella nascosta dalla tappezzeria si apre
incerta, e subito si richiude. Avverti lo scricchiolio del legno che pare
dilatarsi sotto il peso di un corpo appoggiato contro l’uscio.
Chi altri ti verrebbe a cercare
in piena notte, in preda ai suoi turbamenti, se non lei?
Ti muovi sotto le coperte
vagamente inquieto, quando nel buio avverti la sua voce bassa.
“André, sono io. Sei sveglio?”
Bisbiglia quasi avesse paura di
essere scoperta. Da chi poi, non ti è chiaro; qui ci siete solo voi, la servitù
dorme al piano inferiore del palazzo, e certamente non s’interessa di due
ospiti occasionali che passano la notte sotto il tetto del loro padrone.
Senti le viscere contrarsi;
vorresti non rispondere, ma se fingessi di dormire, insisterebbe fino a
buttarti giù dal letto.
“Oscar? Che succede? Stai bene?”
La voce ti esce più apprensiva
di quanto vorresti. Alla risposta affermativa, affronti il freddo dell’ambiente
alla ricerca di una candela da accendere perché non potete restare
completamente al buio in una stanza che non conoscete. Rischiereste di inciampare
ad ogni più piccolo movimento, col rischio di piombare l’uno addosso all’altra,
con l’imbarazzo di toccarvi per sbaglio.
Piove, ma il temporale si sta
allontanando e non ci sono lampi che illuminano la notte.
Finalmente recuperi la candela, l’accendi
e la sua fiamma incerta illumina la camera, quel tanto che basta a definire i
contorni e le sagome degli arredi nelle immediate vicinanze, la sponda del
letto, il comò con la grande specchiera che lo sovrasta, un quadro appeso alla
parete. Oscar si è allontanata dalla porta e ora ti fissa, ferma di fianco al
camino spento. Ha uno sguardo strano, lucido; deve avere freddo perché noti che
ha addosso solo la camicia e le culottes.
“Non avevi la vestaglia da
metterti addosso?” le chiedi un po’ brusco, improvvisamente conscio che siete
soli, in una situazione ambigua. Certe porte non sono mai state aperte, ma
questa notte lei è venuta a cercarti, in un luogo che non è il vostro, e non
immagini con quali intenti.
Terra di mezzo.
Ti coglie un brivido di freddo…
forse è il pericolo che avverti.
“L’ho lasciata nell’altra
stanza; non riesco a dormire, André…” aggiunge rabbrividendo.
“È per questo che sei venuta
qui?” Domandi senza guardarla, mentre apri un’anta dell’armadio alla ricerca di
una coperta o qualsiasi altro indumento che possa scaldarla.
“Sì. Avevo bisogno di parlare un
po’ con te.”
Non sai se è il tono inquieto o
le parole, ma diventi guardingo; parlare di cosa? Cosa non ha capito di quello
che le hai detto? Le dai le spalle, mentre continui a frugare nell’armadio,
fino a trovare quello che stai cercando.
“Capisco… Io avrei preferito
dormire. Sai, sono un po’ stanco Oscar, ma se proprio insisti, allora parliamo
pure. Che cosa volevi dirmi? – chiedi conciliante. - Se è per quello che ho
detto a cena, ti prego di scusarmi Oscar, non volevo essere offensivo.”
Hai lanciato il sasso e adesso
tenti di nascondere la mano; ti sembra la sola cosa sensata da fare, perché
ricordi ancora la sua rabbia, ma Oscar qualche volta riesce a sorprenderti.
“Lo so, André. So che hai
parlato solo per il mio bene, e so che su certe questioni, sei più obiettivo di
me… - Avverti un po’ di esitazione in lei. – Hai… più esperienza…”
Sgrani gli occhi di fronte ad
una simile allusione, ma ti affretti a sorvolare.
Ti avvicini fino a scivolare
dietro le sue spalle, e allora con un gesto lento e avvolgente, le metti la
coperta addosso.
“Fa freddo, Oscar… meglio se ti
copri.”
Indugi un istante, quando lei si
volta un po’ stupita a cercare il tuo sguardo, e per il tuo gesto premuroso ti
sorride spontanea.
Ti ringrazia, prima di sedersi
sul canapè, lì accanto.
È solo un attimo, ma ti senti
sereno e oseresti dire completamente felice, come se avessi ricevuto un bacio,
questo perché il suo sorriso, così raro e prezioso, in quel momento era per te.
È un sorriso che si spegne poco
dopo, lasciando posto ad un’espressione vaga.
Torni verso il tuo letto; anche
tu non sei molto vestito e preferisci infilarti sotto le coltri. Da lì, la
osservi; non sembra arrabbiata, però di sicuro, qualcosa la rende nervosa. Lo
capisci dalla postura un po’ rigida del corpo, dal piede della gamba
accavallata che oscilla su e giù, di cui lei non si accorge.
“Allora Oscar, di cosa volevi
parlare?”
“Ecco… mi sento un po’ a
disagio…” confessa e abbassa lo sguardo, per un momento.
“Dai Oscar, non dirmi che ti fai
problemi con me! – Sei sbalordito. - Sono aperto agli argomenti più scabrosi,
possiamo parlare di quello che vuoi… te l’ho dimostrato, mi pare, anche se
preferirei farlo ad un’ ora qualsiasi del giorno…”
Lo dici con noncuranza,
abbandonandoti con la schiena sul cuscino, mentre speri che l’argomento non
riguardi direttamente voi. L’alternativa è che riguardi Fersen, e non ti piace
granché come possibilità, ma dovrai adattarti.
“No, ecco… è che… vorrei essere
a casa mia…”
“Davvero? Eppure non è la prima
volta che ci capita di dormire fuori casa, e abbiamo passato la notte in posti
meno confortevoli di questo palazzo… ti ricordi quella stamberga umida a
Meudon?”
“È vero.” Ti concede, e ti
sembra che abbia voglia di ridere, ma qualcosa la trattiene.
Chiudi gli occhi e sospiri.
“In realtà, il problema è un
altro, ammettilo Oscar.” La incoraggi.
Lei pare indugiare ancora un
momento, incerta su cosa dire, ma alla fine non trattiene oltre le parole,
scegliendo la via più diretta.
“André, perché credi che Fersen
sia andato via? Dimmi quello che pensi…”
Ti alzi reggendoti sui gomiti e
la fissi per qualche secondo. Oscar ti sta guardando; si aspetta da te solo la
verità, e tu stai già pensando a quello che dovrai omettere.
“Cosa vuoi sentirti dire, Oscar?
Che è corso tra le braccia di una delle sue amanti? Che è scappato per non
cedere alla tentazione? Le altre donne sono passatempi dove non impegnare il
cuore, ma con te tradirebbe davvero la donna che ama, e non può farlo…”
Per quello che riguarda il conte
svedese, non puoi dirle altro che la verità, e lei è rimasta ad ascoltarti in
silenzio. Quando parla, ti sorprende di nuovo.
“André, hai creduto davvero che
volessi diventare l’amante di Fersen?” Ti domanda a bruciapelo e tu osi
risponderle con franchezza estrema. Qui, nella terra di mezzo, te lo puoi
permettere.
“Non negare che ti senti
attratta da quell’uomo, a me puoi dirlo… non ti giudicherò per questo. Non sono
tuo padre…”
“No André, non lo sei…”
“Che male ci sarebbe? – Prosegui
imperterrito nella tua finzione, mentre dici parole che tagliano la gola come
coltelli affilati. - Una sola notte e via. Potevi contare sulla discrezione di
Fersen e nessuno lo avrebbe mai saputo… neppure la tua amata regina.”
“Dovresti conoscermi per sapere
che non accetterei mai una situazione simile… in nessun caso.”
Quale caso?
Oscar insiste sulle ultime
parole, hanno un suono duro e crudo; ti pervade una stranissima sensazione,
così chiara che non hai nessun dubbio a cosa Oscar voglia alludere.
All’improvviso, ti rendi conto
che non sai quanto potrai reggere una simile conversazione, non se voi siete
quelli coinvolti. Non vi siete mai nascosti dietro le convenzioni, non avete
mai usato i vostri ruoli come scudo, e non vuoi iniziare a farlo ora, non con
lei.
Per rispetto di te stesso, e dei
tuoi sentimenti non puoi accettarlo.
Pretendi di più, esigi
sincerità, in nome di quell’amicizia che vi lega, in nome di quell’amore che
senti per lei; non le permetterai di calpestarlo, anche se non può
corrisponderti. Ti alzi a sedere sul letto e la guardi fisso, deciso a non
lasciarla fuggire.
“Davvero Oscar? Puoi giurare che
se al mio posto, ora ci fosse Fersen, tu non saresti venuta a cercarlo, in
preda all’insonnia? Cercare un servo in piena notte, soprattutto se tuo amico,
ti mette al riparo da qualsiasi conseguenza? Da possibili fraintendimenti? Oh,
ma forse, non t’importa…” Le parole ti sono uscite, senza che tu potessi
fermarle.
“Cosa stai dicendo? Non
capisco…”
Anche alla tenue luce della
candela leggi la confusione sul suo volto, e forse un lieve timore.
Ti alzi dal letto e ti avvicini
al canapè su cui è seduta e ti poni di fronte a lei, senza curarti della tua mise
un po’ discinta, la camicia troppo aperta sul petto ampio che rivela la pelle
ambrata fino all’ombelico, i pantaloni un po’ molli abbandonati sui fianchi che
sembrano sul punto di scivolare troppo in basso da un momento all’altro.
Lo sguardo di Oscar ti cade
addosso, scivola sulla pelle proprio all’altezza dei tuoi lombi e risale in
alto; ti pare di scorgere l’imbarazzo tingerle le guance per qualche istante, e
forse, solo adesso si rende conto della situazione, e tu non manchi di
rimarcarlo.
“Quello che perfino a Palazzo
Jarhyes sarebbe giudicato una stranezza abbastanza tollerata, qui non è altro
da ciò che è; un uomo e una donna soli di notte, in una stanza che non è la
loro. Io sono pur sempre un uomo, e se tu non sei venuta a cercare un amante, che
cosa vuoi veramente da me, Oscar? Mettermi alla prova?”
“André, non fai altro che dire
assurdità!”
“Diamine Oscar! Davvero non ti
rendi conto?” chiedi esaperato.
“André, noi siamo amici! Perché
dovrei metterti alla prova? Io mi fido di te, mi fido del nostro legame… siamo
come fratelli. Ti giuro che nulla cambierà, anche se io dovessi…” Senti lo
sconcerto nella sua voce, ma insisti, perché stanotte hai deciso che non ti
fermerai alle apparenze. Oscar si è alzata in piedi e ti affronta ad occhi
sgranati; il suo sguardo è un misto di stupore e spavento.
“Se tu dovessi, cosa? Amare
Fersen? Perché è così, no? Per nessun’altra ragione, ti saresti fermata qui,
stanotte, e non provare a negarlo, non serve. Mi hai accusato di fingere, ma
non voglio più farlo. Tu lo ami, e forse hai capito che la nostra amicizia è
messa in pericolo da questa verità…”
Oscar alza una mano, il palmo
rivolto verso di te, come se volesse bloccarti.
“Smettila André! Smettila
subito! Non capisco cosa ti sta succedendo; se davvero io m’innamorassi di un
uomo, noi non saremmo più amici? Che stupidaggine! Tra noi non cambierebbe
nulla. Perché non potresti accettarlo? Non ti facevo così egoista.”
“Ti sbagli Oscar; io lo
accetterei, perché altro non potrei fare. Lo sto già facendo; e vado avanti,
sperando che ti passi quest’infatuazione malsana per il bel conte svedese. Ma
non pretendere che la cosa mi renda felice. Io so già come finirà, e non sarà
un bene per te…”
“Bene, stai ridimensionando le
cose; ora parli d’infatuazione, qualcosa di più leggero dell’amore. Come al
solito, ti stai preoccupando troppo; se il problema è solo questo, allora sei
uno sciocco, André.” Taglia corto Oscar, come se volesse liquidare i fatti.
“Io sono uno sciocco, ma tu non
stai negando… vuol dire che ho ragione io!” insisti.
Ti volti con l’intenzione di
tornare nel tuo letto, ed è meglio che anche Oscar torni nel suo; stai per
dirglielo, ma lei, dopo una breve pausa, t’incalza di nuovo con domande quanto mai
inopportune.
“Se sono… se fossi innamorata di
Fersen, perché non potresti essere felice per me, André?”
Avverti il tono triste,
allarmato, e all’improvviso anche il tuo cuore sussulta, per la quasi
ammissione. Le manca il coraggio.
E tu?
Le dirai la verità? Le dirai che
non è amicizia, quella che vi lega? Almeno, non da parte tua? Le rispondi senza
guardarla, la testa bassa.
“Perché la tua è solo una
chimera, Oscar… nient’altro che una chimera… come la mia, del resto… - emetti
un lieve sospiro, prima di proseguire con l’intenzione di chiudere questa
notte, e la vostra strana conversazione. – La felicità è nelle cose che
abbiamo, non in quelle che vorremmo. È meglio se torniamo a dormire, Oscar.
Buonanotte.”
Oh, non è così facile. Nulla di
questa notte lo è; la terra di mezzo non lascia spazio a rassicuranti
illusioni.
“Ti ho già detto che in quella
stanza non riesco a dormire. Posso restare qui con te, André? Non ti darò
fastidio.”
Ti volti rassegnato, lievemente
stanco.
“Certo, come vuoi. – Assonnato,
ti strofini un occhio con la mano. - Posso cederti il mio letto; io dormirò su
quel divano laggiù; con due cuscini è una coperta, sarà comodissimo.”
Stai già per procurati
l’occorrente dall’armadio, ma Oscar parla di nuovo, e le sue parole inaspettate
ti bloccano.
“No André, non sarà necessario.
Il letto è abbastanza grande per entrambi, possiamo dormire insieme senza
problemi, come quando eravamo ragazzini.”
Trattieni ancora i cuscini fra
le braccia, mentre la guardi, immobile. Passano i secondi e Oscar ti fissa; nel
suo sguardo cogli una strana aria di sfida, ma è una provocazione che non puoi
raccogliere, e se serve, glielo dimostrerai. Intanto, speri che bastino le tue
parole di diniego a scoraggiarla dal suo temerario proposito.
“No Oscar, non possiamo dormire
insieme. Dormirò sul divano, non ti preoccupare.”
“Non voglio farti dormire su un
divano, sarebbe un’assurdità, giacché abbiamo due camere belle comode. Qual è
il problema, André? Temi di compromettere il mio buon nome? Non accadrà nulla
di simile.”
Sgrani gli occhi, quasi
incredulo, prima di abbandonare i cuscini sulla poltrona accanto.
“Allora è vero! Vuoi davvero
mettere alla prova la nostra amicizia? È stata la tua intenzione fin
dall’inizio! Perché Oscar? Perché proprio stasera, e proprio qui? Hai qualche
teoria astrusa da dimostrare?”
“Oh no! Ancora con questa
storia, André?! Non voglio sedurti, sta tranquillo.” Oscar quasi ride per
averlo detto, ma tu non trovi la cosa divertente, e quel che è peggio, lei non
se ne rende conto.
“È esasperante che tu non voglia
capire; non possiamo dormire nello stesso letto perché non siamo più ragazzini,
Oscar. Questo è un fatto che non puoi ignorare; io non voglio ignorarlo, dunque
non dormirò con te, fingendo che la cosa non debba turbarmi. Te l’ho già detto,
io sono pur sempre un uomo, e tu… beh, tu sei una donna e io… io potrei perdere
il controllo…” aggiungi diretto, sempre più nervoso e agitato.
“Ma non dirai sul serio!? Mi
spieghi perché non possiamo dormire insieme come gli amici che siamo? Ci siamo
già trovati in situazioni simili, e non ne hai mai fatto un dramma. È
ridicolo.”
Oscar pare incredula e tu stai
perdendo la pazienza. Tutta questa situazione è assurda, e a Palazzo Jarhyes
non sarebbe mai accaduta. Se Oscar ha deciso di giocare col fuoco, le farai
vedere che rischia di scottarsi. Rimandi a lei ogni scelta. Tu hai fatto la
tua.
“Vuoi proprio che te lo dica
chiaro e tondo?”
Repentino ti avvicini a lei, e
alzi la mano per sfiorarle la guancia in una carezza che ha poco d’amichevole:
le dita scivolano sulla gota e scendono a toccare le labbra piene. Poi
fulmineo, il tuo braccio scende ad afferrarle la vita. La circondi e la blocchi
contro il tuo torace seminudo, mentre con la mano aperta le reggi la schiena.
Schiude la bocca e la senti trattenere il respiro per la sorpresa, mentre i
suoi occhi turchesi si puntano nei tuoi.
“Non sempre io riesco a
guardarti solo come un’amica. Stanotte è una di quelle notti in cui potrei non
riuscirci… Oscar, io potrei tentare di sedurti, anche se so perfettamente che
non mi vuoi. Ti prego Oscar, se tieni davvero alla nostra amicizia, va via. È
meglio. Ti dico solo che il modo più sicuro per rovinarla, è giocare con la
virilità di un uomo, come stai facendo tu, adesso.”
Speri ardentemente che capisca,
e forse il contatto tanto ravvicinato dei vostri corpi la mette finalmente in
allarme. Indugi ancora nel suo sguardo, e vi scorgi un turbamento nuovo,
un’ombra che prima non c’era; l’iniziale smarrimento è mutato in qualcosa di
conturbante, quando Oscar ha avvertito l’eccitazione che non sei capace di
nascondere.
Ti aspetti un movimento brusco,
per respingerti e allontanarti, ma Oscar continua a restare immobile, a
fissarti con quello sguardo insondabile, velato da una tristezza che non
comprendi, finchè Oscar non rompe di nuovo il silenzio, e quella tristezza si
riversa nella sua voce sensuale e profonda.
Le sue mani scivolano lentamente
sulle tue braccia, mentre si stacca da te.
“Scusami André, hai ragione. Mi
sto dimostrando priva di tatto, e di rispetto. La verità è che mi sento così
strana; non è solo a causa di Fersen, si tratta anche di noi, del nostro
legame… vedi, io non l’ ho mai messo in discussione, e forse ho sbagliato…”
“Eh?” la tua espressione si fa
interrogativa, mentre continui ad ascoltarla.
“Ho bisogno di certezze, André.
Tu sei una delle poche che ho, e ultimamente le cose tra noi mi sono sembrate
difficoltose, da quando Fersen ha fatto ritorno in Francia. Forse ti sei
sentito minacciato, e ho ignorato la cosa troppo a lungo. Noi siamo amici
André, sono convinta che lo saremo sempre, niente e nessuno potrà cambiare
questo… ma… sarà più facile per entrambi se non ci complichiamo la vita
alimentando stupide gelosie… non pretendere da me, quello che mi è impossibile
darti. Ti prego, André!!”
Vigliacca… vigliacca Oscar!
Lo pensi e intanto non riesci a
convincerti che lo stia dicendo. Ti pare fin troppo chiaro dove Oscar voglia
andare a parare, ma l’idea nella tua testa è amara e svilente.
“Pretendere? Tu credi che io
pretenda qualcosa? Non ci posso credere!” Esclami, al colmo dell’esasperazione.
“André, io… vorrei che tu
capissi; io e te… il mondo là fuori…”
“Ma io capisco benissimo! Vuoi
metterla su questo piano? È questo che pensi? – Ti avvicini un poco di più a
lei, che per reazione indietreggia fino a sbattere contro il bordo del canapè.
– Vuoi farne una mera questione di sesso? Oh Dio, credi sia questo il
problema?” Le domandi, sempre più costernato.
Oscar si limita a guardarti
amareggiata; la tristezza nel suo sguardo sembra diventare più simile ad un
dolore intollerabile, che si manifesta nella voce amara. È nulla paragonato al
tuo, alla delusione che ti avviluppa il cuore.
“Non lo è, André? Sei tu che
continui ad insistere sul fatto che siamo un uomo e una donna; non hai fatto altro,
da quando sei giunto in questo palazzo, come se solo qui, questa verità fosse
evidente. A Palazzo Jarhayes cosa siamo?”
Abbassi lo sguardo. Ti senti
sconfitto.
Non può finire così, con questo
nodo che soffoca il cuore come lacrime trattenute a forza; qualcosa dentro di
te si ribella: è la verità che grida e vuole liberarsi.
Basta con le illusioni. Oscar
deve capirlo cosa siete. Deve capire cosa sei tu, e vivere con questa verità,
se ci riesce.
Sei stanco di fingere.
“Io sono soltanto un uomo che ti
ama in silenzio, Oscar. – Parli con calma mentre la guardi, senza nessuna
enfasi, quasi con dolcezza, ed è più facile di quanto credessi. - Provo
dell’affetto per te, che va oltre la semplice amicizia, è giusto che tu lo
sappia. Ma non pretendo nulla, oltre quello che esiste fra noi; l’amore è una
pianta spontanea.”
Lei sgrana gli occhi e
ammutolisce.
Tu sei tranquillo, il tuo
respiro è placido nel breve silenzio che segue.
Come se nulla fosse.
“Bene, ora che abbiamo chiarito
come stanno le cose, credo che possiamo tornare a dormire. – Prendi i cuscini e
la coperta che avevi lasciato sulla poltrona accanto, e ti avvii verso il
divano dove passerai il resto della notte. – Buonanotte Oscar.”
§§§
Non sai quando Fersen possa essere
rientrato. Quasi non t’importa.
Troppi pensieri viaggiano
impazziti nella tua mente e vorresti solo trovarvi un ordine logico.
Cos’è questo senso di sorpresa
che avverti?
Lo sapevi.
Sapevi già tutto.
Hai tentato di ingannarlo, ma
hai ingannato solo te stessa.
Andrè è stato onesto, e più
coraggioso di te.
Il mattino seguente, hai
salutato e ringraziato Fersen per la sua cortese ospitalità, mentre ti
apprestavi a lasciare la dimora del conte, insieme al tuo attendente.
La mattina più inconsueta della
tua vita, da che ne hai memoria.
Sopra la testa un cielo limpido,
sereno come dopo il passaggio di una tempesta.
Hai notato lo strano scambio di
sguardi tra i due uomini, e poi le parole allusive di Fersen.
“Non eravate atteso, ma credo
che il vostro arrivo abbia rincuorato anche madamigella Oscar. Spero che
abbiate riposato bene, André.”
“Benissimo, grazie conte di
Fersen.”
Le sole che ricordi.
Tutto il percorso fino a casa, fatto
in silenzio.
Solo il suono degli uccelli
solcava l’aria tersa.
Avresti voluto sentirlo parlare,
almeno una volta, ma Andrè ha cavalcato tutto il tempo, dietro a te, in
silenzio e assorto. Unica voce ad accompagnarti, quella dei tuoi pensieri.
Ti sei voltata un paio di volte
ad osservarlo, di sottecchi, sperando che non ti notasse; lui cavalcava
tranquillo, lo sguardo sereno puntato in avanti sulla strada, o attratto dai
campi verdi attorno, dal scintillio del fiume che attraversa la campagna, la
figura di un contadino curvo su una zolla di terra, con gli zoccoli che
affondano nel fango.
Che cos’è l’amore?
Quante volte ti sei posta la
domanda, e sai che mille risposte non basterebbero a sciogliere la tua
confusione. È dolore negli occhi di Fersen e Maria Antonietta?
È strazio segreto che brucia nel
tuo petto?
E se fosse balsamo che può dar
pace al cuore? Se potesse lenire le ferite e farle guarire?
Dove nasconde la sua passione,
André? Tanto placida, perché non mostrata ed espressa, ma se fosse lasciata
libera sarebbe incontenibile, maestosa e potente.
È il suo nutrimento? È il suo
travaglio?
È tanto grande che gli basta per
viverti accanto, senza morirne?
Un fuoco sacro, Andrè il
sacerdote che lo custodisce.
All’improvviso, ti sembra vitale
venirne a capo.
La tua salvezza.
La vostra, forse…
Continua…
Scusate il ritardo di questo
aggiornamento, ma il capitolo presentava qualche difficoltà nei dialoghi che
non riuscivo a risolvere nel modo giusto. Ma alla fine eccomi qui.
Oscar e André mi hanno fatto soffrire
e non poco, e qui loro sono gli esclusivi protagonisti. Lascio il resto per
dopo.
Vi ringrazio per tutti i vostri
commenti, e scusatemi se non sono riuscita a rispondervi; sappiate che sono sempre
preziosi e costruttivi, e mi aiutano molto. Spero che la lettura vi abbia
soddisfatto, ma come sempre, mi interessano molto i vostri pareri, e se ne
avete, non lesinate le critiche e le perplessità. Un saluto a tutte le mie
pazienti lettrici.