Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Acqua e Alloro    10/06/2017    17 recensioni
Fanfiction interattiva: iscrizioni chiuse
E se George non avesse perso solo un orecchio in battaglia? Se non fosse proprio ritornato a casa?
George è stato catturato e l'unico modo che ha per tornare a casa è quello di intraprendere un lungo viaggio insieme ai suoi compagni, braccato dai mangiamorte e con quasi nessuna possibilità di sopravvivere.
"Tu non sei morto. Non dimenticarlo mai."
Genere: Angst, Avventura, Dark | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Bellatrix Lestrange, George Weasley, Maghi fanfiction interattive, Mangiamorte, Voldemort
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

The Emerald Night
 
 
Qualcuno avrebbe potuto pensare che volare nel mezzo di un cielo color smeraldo fosse un’esperienza magnifica.
Ma non George.
Si teneva ben saldo alla scopa mentre tentava in tutti i modi di schivare i lampi verdi che sferzavano alle sue spalle. I suoni della battaglia rimbombavano come fucili, e tutto attorno a lui infuriava un massacro.
Appena avevano spiccato il volo, erano stati circondati dai Mangiamorte, che avevano iniziato a scagliare incantesimi su incantesimi nel tentativo di disarcionarli dalle scope.
Sarebbe stato un bugiardo se non avesse ammesso di avere paura.
George sentiva letteralmente il sangue rabbrividire nelle sue stesse vene e, come se non bastasse, quella notte era fottutamente freddo.
Cercò di mantenere il controllo, ma soprattutto l’equilibrio, mentre agitava la bacchetta con la mano destra. La sua bocca articolava il latino come mai prima di allora, gli incantesimi fuoriuscivano dalle sue labbra chiari e decisi, nonostante il cuore gli pulsasse frenetico nel petto e i suoi occhi non fossero che due biglie nocciola sbarrate dal terrore.
È l’adrenalina.
Si disse mentre con un colpo deciso colpì un uomo dal fisico snello e longilineo, il cappuccio gli scivolò via dal capo appena in tempo perché George potesse intravedere i suoi occhi; erano del colore dell’ambra, maligni e infidi.
George sentì un brivido percorrergli la schiena, ma non si lasciò distrarre.
Era troppo buio per poter distinguere i volti dei suoi assassini e la notte creava un contrasto fin troppo netto con le scintille che fuoriuscivano dalle loro bacchette.
«Incarceramus!» gridò nel buio.
I lacci di cuoio parvero tranciare l’aria prima di stringersi attorno al corpo di Rabastan Lestrange, che ululò di rabbia quando perse la presa sulla bacchetta. George ovviamente non se ne accorse, troppo occupato a proteggersi dalle maledizioni smeraldine che gli rasentavano l’anima.
Quella coltre di mantelli scuri gli fecero perdere il senso dell’orientamento, e ben presto George si rese conto di essere solo.
Non riusciva a scorgere Lupin da nessuna parte. Quanto si era allontanato dal suo custode?
Era stato così preso a schivare i colpi che gli venivano scagliati addosso da non rendersi conto di aver perso la rotta. Avrebbe dovuto trovarsi già tra le colline di campagna a quell’ora, invece ai suoi piedi risplendevano ancora i lampioni della città e gli edifici in costruzione parevano erigersi a non finire.
Voltò un poco lo sguardo dietro di lui, ma Lupin non c’era.
Merda.
Non avrebbero dovuto separarsi, Malocchio era stato molto chiaro.
Improvvisamente un’ondata di angoscia gli attanagliò il cuore.
Era da solo.
Solo.
Il che voleva dire morto.
Smise di respirare per un secondo lungo una vita, prima di riprendersi e scacciare via quei pensieri. Doveva rimanere concentrato.
L’adrenalina lo aveva reso più rapido e accorto nei movimenti, consentendogli di esibirsi in manovre che altrimenti si sarebbe sognato. Strinse maggiormente la presa sulla scopa, chinandosi in avanti per prendere velocità. Doveva invertire la rotta, era l’unico modo che aveva per ricongiungersi con i suoi compagni.
La sua mente rievocò il volto di Remus dalla sua memoria, e George si domandò cosa stesse passando per la testa al suo ex professore in quel momento. Quell’uomo era sempre stato un tipo piuttosto ambiguo, ma di buon cuore. Probabilmente si stava dannando per averlo perso di vista, se lo immaginava in sella alla sua scopa mentre scandagliava la zona alla sua ricerca.
George covava l’insano presentimento che non si sarebbero mai più rivisti.
Cercò di trovare un punto di riferimento, qualcosa che gli suggerisse che strada prendere per arrivare alla passaporta. Aveva una voglia matta di arrivare a casa, di essere al sicuro.
Sapeva bene di aver passato gli ultimi anni a ridere delle missioni dell’Ordine, insieme a Fred. Si erano impuntati con una gran cocciutaggine pur di partecipare a quella spedizione ed erano andati persino contro il volere di Molly. Ma in cuor suo, George non aveva idea del pericolo che avrebbe corso quella notte. O di cosa sarebbe accaduto di lì a breve.

Successe tutto molto velocemente, quel pensiero gli aveva occupato la mente un secondo di troppo, ma non aveva più importanza. I suoni si erano fatti più offuscati, il mondo che girava vorticosamente e lo lasciava per un attimo senza fiato.
Colpito.
Sentiva qualcosa di caldo bagnargli il lato sinistro del capo, un fiume bollente che gli lavava via pure i pensieri, un dolore acuto che si propagava da un punto indefinito della sua testa, annebbiandogli la vista. Il cuore batteva furiosamente nel suo petto e sembrava volesse scavare un tunnel per fuoriuscirne. Lo sentiva pulsare sia nelle tempie che nella ferita aperta da cui scorreva il sangue.
Quando finalmente riprese fiato, stava precipitando verso il suolo, quasi del tutto incosciente.
I suoi occhi si incrociarono nel tentativo di mettere a fuoco la vetrata contro cui stava per andare a sbattere. Avrebbe dovuto cercare di deviare la rotta, ma le forze gli vennero meno proprio nel momento del bisogno.
Chiuse le palpebre a forza, il respiro irregolare che si perdeva nel vento, ma non svenne.

Il rumore dei vetri infranti fu nulla in confronto al dolore. George sentì la testa sbattere violentemente contro il cemento. Per un attimo niente, il silenzio più assoluto, poi lo sentì: un dolore atroce che si espandeva per tutto il suo corpo.
L’impatto fu così violento da spezzargli il braccio, che rimaneva lì, fermo e immobile, le ossa rotte che urlavano fino a lacerargli i timpani.
Provò a ritrovare il respiro che gli si era rintanato nei polmoni, ma dalla sua bocca non uscì altro che sangue. Tossì a lungo, gli sembrò quasi di svuotarsi il cuore sul cemento mentre gli occhi baluginavano di imprecazioni.
Il dolore era dilaniante, ma era vivo.
L’edificio in cui era piombato era deserto e il pavimento su cui era disteso era ricoperto di frammenti, in ricordo di una vetrata ormai in frantumi.
Sentì gli effetti della pozione polisucco svanire a poco a poco riconsegnandogli dei lineamenti più maturi. I suoi arti si allungarono e trattenne a stento un urlo quando il braccio ritornò alle sue solite dimensioni. Le sue iridi persero quella sfumatura brillante delle foglie zuppe di rugiada e passarono da un verde bosco a un nocciola malandrino, mentre anche i capelli mutavano e riprendevano il manto rossiccio che contraddistingueva la sua famiglia.
Famiglia.
Dov’era la sua famiglia in quel momento?
Il respiro si fece più flebile, il corpo che doleva ad ogni boccata d’aria che entrava e fuoriusciva dalla sua gola. I capelli rossi si mischiarono al colore scarlatto del suo sangue, che continuava a colare sia sul suo volto che sulla felpa babbana che aveva indosso.
La sua scopa giaceva da qualche parte chissà dove, forse rotta. George dubitava che fosse ancora utilizzabile, non dopo quell’incidente.
Sentiva il sapore ferroso del suo sangue invadergli la bocca e sputacchiò appena, prima che un’altra fitta lo prendesse all’improvviso.
Il mondo si era fatto così silenzioso … Cercò di guardarsi intorno, ma non riuscì a muovere un muscolo. Si sentiva ancora scosso, e non riusciva a metabolizzare i pensieri in una sequenza logica. Tutto attorno a lui, le pareti dell’edificio parevano fredde e vaghe, quasi fosse un sogno.
Quando credette di essere finalmente sul punto di svenire, un calpestio di tacchi lo riportò nuovamente alla realtà. Una marcia lunga e senza nome proseguì ritmicamente, avvicinandosi.
E a quel passo incalzante se ne aggiunse un altro e un altro ancora. George sperò che fossero umani.

Un formicolio alla schiena lo avvertì che gli sguardi dei nuovi arrivati erano tutti rivolti verso di lui. Si sentiva osservato, ma non era una bella sensazione, si sentiva quasi strangolato dai loro stessi occhi. Il suo stomaco aveva cominciato a contorcersi, in tensione.
«È morto?» domandò una voce grave a qualche metro di distanza. Non c’era ombra di pena o dispiacere in quel tono, e George non aveva bisogno di voltarsi per sapere che si trattava di un Mangiamorte.
«No.» proruppe un’altra voce, più soave, «Non vedi che respira?»
Ci fu un breve silenzio e George si immaginò quei due mentre si guardavano in cagnesco, alle sue spalle.
«Beh,» continuò la prima voce, «Direi che è più mezzo morto, ormai.»
Gli occhi di Amycus Carrow vagarono sulla figura insanguinata del ragazzo, divertiti, fino a posarsi sulla chioma fiammeggiante dei suoi capelli.
«Capelli rossi,» mormorò lanciando un’occhiata d’intesa alla compagna, «Ti ricordano qualcosa, sorella?»
Le labbra di Alecto si arricciarono nella medesima smorfia, «Weasley, Lucius sarà contento.»
«Avrà modo di rallegrarsi.» annuì l’uomo avvicinandosi a George, che rimaneva disteso sul pavimento, quasi pietrificato.
Un rumore improvviso alle loro spalle li costrinse a voltarsi, guardinghi, ma quando i loro occhi raggiunsero la sagoma scura che era appena atterrata, si rilassarono. Bellatrix Lestrange sembrava una bambola in quel momento, una bambola inquietante e molto, molto pericolosa. I suoi occhietti feroci fissavano George con tanto ribrezzo da far spavento, probabilmente era venuta a sapere che era stato proprio lui a colpire suo cognato in battaglia. Fortunatamente Rabastan stava bene, ma si sarebbe dovuto procurare una nuova bacchetta, dato che la sua gli era scivolata di mano a più di cento metri da terra.
Bellatrix avrebbe potuto giurare che suo cognato sarebbe stato ben felice di mettere le mani su quello stupido ragazzino.
Stava per avvertire i Carrow che si sarebbe occupata lei del prigioniero, quando un pensiero la bloccò: il Signore Oscuro doveva essere informato della cosa.
Senza ragionare oltre Bellatrix tirò su la manica dell’abito e puntò la bacchetta sul marchio nero, che cominciò a illuminarsi.
Nel giro di qualche istante tutti i Mangiamorte si materializzarono in quell’edificio sperduto. I loro volti erano coperti dalle maschere, ma Bellatrix avrebbe saputo riconoscerli tra mille.
Suo marito, Rodolphus, si avvicinò a lei mentre tutti aspettavano pazientemente l’arrivo del loro Maestro. Sia Rabastan Lestrange che Lucius Malfoy fissavano il ragazzo a terra con un misto di disprezzo e scherno, ma non osarono farsi avanti.
Ci volle un’altra manciata di secondi perché Voldemort si materializzasse in tutto il suo orrore: la veste nera e consunta che sfiorava il pavimento, la pelle cerea come quella di un defunto, gli occhi più rossi del fuoco e il naso ridotto alle fessure di un serpente.
George non aveva mai udito un silenzio più vero. Nei minuti che seguirono l’unico suono udibile fu il fruscio delle vesti dei suoi aguzzini mentre lo scrutavano minacciosi, come avvoltoi.
D’un tratto la paura ebbe il sopravvento; non era stato in grado di sbarazzarsi di loro quando ancora le forze animavano il suo corpo, che speranze aveva di riuscirci in quelle condizioni? Aveva perso l’uso di un braccio, metà del suo volto era ricoperto di sangue e non aveva nemmeno la forza di chiedere aiuto.
Ma aiuto a chi?
Sentì dei passi strisciare fino a lui e qualcosa di freddo sfiorargli un punto particolarmente dolente, probabilmente l’origine dell’emorragia. Si ritrasse di scatto con un movimento inconsulto del corpo, le labbra che si distorcevano impercettibilmente.
In quel momento non voleva urlare, non ne aveva la forza. Era come se Voldemort gli avesse cavato le corde vocali con la sua sola presenza, e l’unica cosa che George desiderava era tornare a casa.
Il Signore Oscuro si chinò abbastanza perché il ragazzo potesse vederlo chiaramente in volto.
«George» mormorò appena, la voce che tradiva l’ira nei suoi occhi.
George avrebbe voluto svegliarsi all’improvviso, ma il panico che provava era fin troppo reale perché potesse trattarsi di un incubo.
«Sei stato bravo.» continuò Voldemort con voce sottile, «Bella mossa quella di tramutarvi tutti in Potter. Deduco sia stata un’idea di Moody, dico bene?»
George non aveva mai avuto così paura in vita sua. Si sentiva con le spalle al muro, totalmente in balia di uno stormo di bestie e privo di qualsiasi protezione. Era debole, stanco e ferito in modo grave, ma i suoi occhi rimanevano sbarrati a fissare quelli più cupi, freddi e maligni dell’essere che aveva di fronte.
Ancora una volta il ricordo della sua famiglia andò a cozzare con la sua memoria, riproducendo davanti ai suoi occhi i volti di chi aveva di più caro: sua madre, suo padre, Fred …
Fred.
Dove minchia era Fred in quel momento? Avrebbe dovuto sperare che fosse al sicuro, a casa, invece non desiderava altro che averlo al suo fianco.
Perché aveva paura, e non voleva essere solo.
Sentì gli occhi pizzicare mentre Voldemort lo squadrava da cima a fondo.
«No, non piangere.» lo riprese il Signore Oscuro, quasi ridendo dello sconforto del giovane, «Qualcuno potrebbe pensare che non apprezzi la nostra compagnia.»
Voldemort fissò gli occhi languidi del diciannovenne, poteva percepire il terrore che la sua sola presenza gli infondeva, e se ne compiacque.
«Volevi imbrogliarmi, è così? Tutti voi volevate farlo. Potter mi è sfuggito questa notte, ma non vivrà a lungo.»
Lo afferrò bruscamente per i capelli alzandogli la testa di qualche centimetro, ignorando i lamenti del ragazzo.
«Non piangere,» ripeté una seconda volta, «Le lacrime ti serviranno, credimi. Pagherai per aver osato sfidarmi.»
I loro volti erano così vicini che Voldemort poteva percepire il respiro spezzato del giovane e l’aura di angoscia che lo animava. Ridacchiò, lasciandolo cadere malamente a terra. Si alzò dal pavimento e rivolse la sua attenzione ai maghi che l’avevano seguito in quell’impresa.
Lucius avrebbe gongolato all’idea di poter uccidere il figlio di Arthur con le sue stesse mani, e magari poi avrebbe fatto scattare una foto da mandare ai Weasley come avvertimento per chi avrebbe ancora osato sfidare Colui-che-non-deve-essere-nominato. Tuttavia, Lucius non meritava alcun premio e finché non avesse dimostrato il suo valore, non avrebbe ricevuto nulla dal Signore Oscuro.
Passò in rassegna tutti i suoi seguaci prima che le sue labbra si distendessero finalmente in un ghigno.
«Bellatrix?» chiamò con voce accogliente, «Ho un regalo per te. Sono sicuro che saprai prenderti cura del nostro piccolo Weasley.»


 




#Angolo Pandacornoso
Eccomi ad inaugurare l’estate con un’interattiva un po’ particolare …
Non so voi, ma io mi sono sempre fatta mille viaggi mentali sulla sky battle e semplicemente non potevo non scrivere niente a riguardo.
Ma ciancio alle bande, in questo enorme What if? George non solo è stato ferito, ma è stato anche catturato e “regalato” (che cosa inquietante -scusa, Georgie ._.)  a Bellatrix Lestrange. Gli OCs, e dunque i vostri personaggi, saranno per l’appunto altri prigionieri che sono stati a loro volta catturati. Capito?
Le vicende del film non cambiano: quelli che finora sono morti restano morti, il trio protagonista va alla ricerca degli Horcrux e blahblablah … l’unica cosa diversa è che George non è alla Tana.
Senza dilungarmi troppo, passiamo subito alla scheda da compilare e inviarmi per messaggio privato entro il 17 giugno. Proroghe su richiesta fino al 21 giugno.
Non so ancora quanti personaggi prenderò, ma non saranno molti. Farò una selezione tra quelli inviati.
 
Nome e Cognome:
Soprannome:
Anni:
Data di nascita
(giorno e mese):
Stato di sangue:
Luogo di nascita:

Bacchetta:
Patronus
(e perché):
Tre ricordi felici:
Molliccio:

Casa a Hogwarts:
Descrizione caratteriale:
Descrizione fisica
(capelli, occhi, cicatrici, statura, carnagione, malformazioni, profumo, voce … sia come sarebbe davvero che com’è adesso che è in prigionia) :
Segni particolari:

Famiglia e rapporto con essa:
Storia personale
(non dimenticatevi di specificare com’è stato catturato e da quanto tempo si trova nelle segrete):
Passioni e gusti:
Orientamento sessuale
(e rapporto con esso):
Prestavolto:



 
   
 
Leggi le 17 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Acqua e Alloro