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Autore: Hidalgo_Aragorn    14/06/2017    1 recensioni
avevo 13 anni quando successe, quando tutto cambiò, quando io cambiai e dovetti cominciare ad accettare l'idea di essere chiamata "puttana" pure dalla mia stessa madre. 13 anni, niente, avevo appena iniziato a vivere...
~dalla storia~
-Joans quanti anni avevano i tuoi genitori quando ti hanno avuto?- mi chiede il professore quando è il mio turno. Io faccio spallucce e cambio la direzione dello sguardo; "e a questo come glielo dico?"
Genere: Dark, Drammatico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Non-con, Tematiche delicate
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Nel tornare a casa, presi il classico autobus giallo e chiamai mamma: dopo un paio di squilli mi rispose. 
-ciao amore!- mi dice pimpante. -stai tornando a casa? Hai mangiato?- mi chiede velocemente. 
-sí sto tornando a casa, no non ho mangiato, farò un panino quando arrivo- dichiaro. -tu invece? Come sta andando? Quando torni? Preparo la cena?- chiedo velocemente. 
-mangia, mi raccomando; forse verso le 5; no, non ti preoccupare. Quando torno mi racconti, ora vado, un bacio amore-
-sì a dopo, ti voglio bene- metto giù e sono felice che le piaccia, perché le piace, dal suo tono di voce l'ho già capito. 
L'autobus è pieno di miei coetanei che nel momento in cui si erano accorti della mia presenza, ed esistenza, avevano iniziato a guardarmi curiosamente, bisbigliando, senza però dirmi veramente nulla. 
Bello, ero diventato la nuova opera da "guardare e non toccare".
Non so se fosse per il cappuccio nero in testa o per i miei occhi strani, che nessuno sembrava starmi cagando per davvero ma la cosa mi sorprese a darmi fastidio. Nessuno si era seduto a fianco a me e nessuno sembrava interessato a farlo. 
Questi ragazzi della costa est cominciavano a darmi sui nervi, tutti perfettini nei loro vestiti Prada o Gucci, con borse di Versace e Chanel. Stupidi ricconi figli di papà; l'unica mia vera fortuna in quel momento è che non ero iscritto in nessun tipo di social così non avrebbero mai scoperto nulla di me. 
Chiusi gli occhiali, aspettando la mia fermata mentre ascoltavo "stay" di Jackson Browne. 
Forse a Emma, Filadelfia piaceva ma a me proprio no. O forse era solo la mia età che mi rendeva scettico.
Lì aprì giusto in tempo per riconoscere il quartiere in cui abitavo dal giorno prima e avvicinarmi all'uscita. L'autista aprì le porte a 200 metri da casa mia e con lo zaino in spalla e le mani in tasca scesi senza dare nell'occhio e andai dritto per la mia direzione, in compagnia, questa volta di Céline Dion. Arrivato davanti a casa, è come scaricarsi di dosso un peso, cosa che mi capitava raramente. Entro e l'ingresso color crema che non mi dice assolutamente nulla mi rilassa. Poso, rumorosamente lo zaino a terra, tolgo le scarpe che metto in una scarpiera a specchio. Striscio i piedi sul parquet chiaro prima di entrare in cucina, dalle basi blu e i toni estivi. Nel frigo a 2 ante, trovo il mio succo d'ananas e la scatola di insalata nizzarda. Esco dalla cucina ed entro nel salone in cui mi butto sul grosso divano ad angolo con il telecomando in mano. 
Accendo e punto a "Real Time", dove trovo "Grassi vs Magri" e proprio con l'ora di pranzo fa pandan. Appena mi fiacco di farmi salire un conato di vomito, giro su "Paramount Channel" e trovo un vecchio film a metà, il "superfanta genio" con Bud Spencer e finisco di pranzare con lui. 
Certe volte vorrei un fratello o una sorella con cui litigare per il telecomando o che mi tiri fuori dalle risse, solo per non sentirmi solo come un cane come in quel momento. 
Finisco di pranzare, spengo, e torno in cucina. Sistemo e torno nell'ingresso a prendere lo zaino. Vado nella sala da pranzo ufficiale, che è da 12, il cui tavolo dalla superficie azzurra, servirà solo a me per studiare. Poso lo zaino su una sedia e mi metto capotavola. Il giorno dopo ho: motoria×2-scienze-storia-lingua-chimica. Nel fascicolo dei compiti, trovo una piccola agenda, e faccio tutti i compiti assegnati per il giorno dopo. 
Decido di segnarmi l'orario scolastico:
Lunedì: lettere×2 - biologia - storia - fisica. 
Martedì: storia - matematica×2 - lingua - scienze 
Mercoledì: chimica - storia×2 - lettere - matematica 
Giovedì: motoria×2 - scienze - storia - lingua - chimica 
Venerdì: biologia×2 - geometria - arte×2 
Studio per fare il medico, di base o specializzato, non so ancora bene cosa. Ma so che è ciò che voglio e nessuno mi impedirà di arrivare al mio obbiettivo. Nemmeno tutte le verifiche in programma. 
Verso le 5, tirai fuori le liquirizie, mentre finivo il saggio di storia e politica, e quando sentì la porta aprirsi, alzai lo sguardo aspettandola. 
-Edward...- disse subito. 
-in sala- le comunicai e la vidi entrare in tutto il suo splendore. 
-ciao amore- mi dice venendomi vicino e baciandomi in fronte per poi sedersi sulla sedia bianca imbottita a fianco. -come è andata la giornata?- mi chiede e alzo gli occhi. 
-non bene quanto speri, ma è andato tutto tranquillo, anzi fin troppo, son diventato qualcosa da guardare e commentare. Non ho pranzato proprio perché sarei stato solo... E te?- scuoto le spalle a quella pesantezza e lei mi passa le mani sui capelli. 
-amore mio non sai quanto mi dispiace, vedrai che sarà solo un periodo; le persone sono restie verso le novità, con calma ti abituerai, te lo prometto- so che le dispiace, come so che l'ha fatto solo per il mio bene e forse per lei potrei anche provarci. -a me bene, fin troppo, è un bel ufficio, ci sono molti giovani e molte nuove proposte. È forte come posto- 
-sono contento che tu sia felice, e sono sicuro che questo sarà il posto per te- dico e lei mi guarda dolcemente. -sono fiero di te mamma- mi bacia ancora e si alza. 
-ti faccio lavorare, finisco di sistemare poi inizio a preparare la cena; vuoi qualcosa di particolare?- 
-magari sushi- dichiaro e lei annuisce. 
-dopo lo vado a prendere, fai il bravo e se hai bisogno, avvisami- annuisco e le passo una delle liquirizie lunghe. La accetta e mi lascia nella stanza.

Verso le 8 mia madre torna a casa con il vassoio di cibo cinese. Lo posa sul bancone della cucina e ci sediamo attorno con le bacchette tra le dita. 
Mamma si butta sui ravioli di gamberi e io su quelli di carne. Sono buoni, caldi, avvolgenti, in tutto il suo sapore sugoso e rotondo. Me ne mangio 10 in una volta sola. Dopo scelgo i nigiri alla Philadelphia, senza i quali non vivo, hanno un sapore fresco e delizioso; mamma ha scelto il ramen, gli spaghetti in brodo. Lei ha preso anche gli spiedini di gamberi, la tartar di salmone e vari tipi di sushi: uramaki, sushimi di tonno, tiger roll e, patatine. Spazzoliamo via quasi tutto e quello che rimane me lo mette in una vaschetta da mangiare il giorno dopo a pranzo. Sparecchiamo e per la prima volta da quella mattina, vado nella mia stanza e sul letto, fatto da lei, trovo un pacco bianco con un nastro argentato. Esco dalla stanza e mi affaccio sul pianerottolo: -mamma- lei dal piano di sotto sale le scale e mi viene vicina. 
-apri- mi intima e ci sediamo sul bordo del letto. È un pacco grandissimo, largo quanto il mio letto e lungo 70-80 centimetri, forse di più. Frenetico, lo prendo, sciolgo il fiocco e alzo il coperchio. Lì rimango esterrefatto: una scatola blu di Adidas originals e sotto uno strato sottile di cartavelina, una chitarra elettrica blu e bianca con una cinghia con fulmini. Apro la scatola di scarpe e trovo delle Adidas Gazelle nere e bianche. Sotto a tutto un CD, il primo CD "Michael Bublé" dello stesso con 13 canzoni reinterpretate. 
Quasi non faccio un salto, sono troppo felice ma anche sorpreso. 
-grazie... A cosa lo devo?- lei alza le spalle. 
-amore, non posso viziare mio figlio?- ridacchio. -e poi, pensavo di aspettare il weekend, ma ti ho visto giù e ho pensato di dartelo prima- 
L'abbraccio forte. -grazie, grazie, grazie; non avresti dovuto ma grazie, sei la madre migliore del mondo, ti adoro- 

  
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