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Autore: BabaYagaIsBack    15/06/2017    1 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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18. Restiamo comunque nemici
Per quasi tutta la durata rimanente del viaggio Joseph si fece assalire da un inspiegabile silenzio. Tagliò fuori qualsiasi tipo di conversazione con Aralyn rimanendo solo con i propri, inopportuni, pensieri. Sì, ciò su cui si concentrò furono un mucchio di immagini ed idee del tutto fuori luogo rispetto alla sua attuale situazione; cose che certamente i membri del suo vero clan non avrebbero gradito. Sin dal primissimo incontro con lei, aveva avvertito una strana avversione nei suoi confronti, qualcosa di completamente estraneo a ciò che era riuscito a percepire fino a quel momento e, con l’andare dei giorni in sua compagnia, aveva iniziato a chiedersi da dove nascesse, cosa fosse e perché ci fosse quello strano sentimento; erano state domande a cui, però, non era riuscito a dare risposta.
Il fatto che fosse completamente in balia di tutto ciò, come un marinaio costretto a sottostare al volere della tempesta, aveva scatenato in lui un desiderio sempre maggiore di conoscerla, di scoprire tutto quello che si sarebbe potuto sapere sulla lupa con lui in quell’istante, anche le cose più intime. Quell’ Impura era diversa, ma non solo dalle altre della sua specie, bensì da tutte le donne che il ragazzo avesse mai avuto il piacere di incontrare.
Fino a quel momento, Joseph, aveva cercato di trattenersi, di avvicinarsi a lei pur mantenendo le distanze del caso, vista anche la minacciosa ed ancora ambigua presenza di Arwen al suo fianco. Ora però quell’ostacolo sembrava essere meno minaccioso e i limiti imposti dalle loro nature, a tratti opposti seppur simili, meno definiti. Tutte le regole di Douglas e degli Alpha Menalcan che lo avevano preceduto, si fecero echi lontani alle orecchie del Purosangue. La curiosità, in lui, aveva iniziato ad avere la meglio su tutto il resto; il suo desiderio di capire e conoscere stava mettendo ogni cosa in cui aveva sempre creduto, in discussione.
L’auto accostò e così lui fu finalmente riportato con la mente sul presente, in mezzo al caos cittadino che da dieci giorni aveva abbandonato. Sbatté le palpebre un paio di volte, poi si girò verso Aralyn, intenta a raccattare borsa e giubbotto dal retro del suo sedile. Notò con piacere che sulle guance di lei ancora resisteva un certo rossore, quella punta d’imbarazzo che l’aveva colta alla sprovvista durante le chiacchiere di inizio viaggio.
«Già arrivati?» le domandò, mentre con noncuranza cercava di sistemarsi un po’ prima di scendere dal veicolo. Si guardò attorno, frastornato da tutta la vita che sembrava riempire le strade, aspettando da lei una qualsiasi risposta di circostanza: era ovvio che quella fosse la loro destinazione ultima.
La ragazza sospirò «Se quarantacinque minuti di viaggio ti sembrano così pochi, complimenti! Io sinceramente mi stavo annoiando a guidare» il sarcasmo nel suo tono fu quello di sempre, lo stesso a cui ormai Joseph aveva fatto l’abitudine.
Le sorrise «Se vuoi al ritorno ci penso io» propose, ammiccando appena con la sua espressione da belloccio. Sapeva di avere fascino, era l’unica cosa di cui fosse certo. Non aveva mai avuto problemi a ricevere apprezzamenti, men che meno a conquistare il cuore e la libido femminile; a parte con lei. L’Impura al suo fianco sembrava essere immune ad ogni suo sorriso o sguardo, al suo charme ostentato o al sex appeal nascosto dietro ad ogni gesto. Forse era questo, tra tutto, ad affascinarlo di più in lei.
Aralyn ricambiò il sorriso, probabilmente senza nemmeno rendersene conto e, d’improvviso, apparve agli occhi di lui ancora più graziosa. Seppur la bellezza non fosse una sua dote intrinseca, la lupa conservava in ogni movenza una sorta di fascino.
«Scordatelo! Non voglio restare dispersa per giorni» scherzò, compromettendo così la corazza che aveva indossato con lui per tutto quel tempo. Il suo autocontrollò si era, per un attimo, dissolto come la nebbia al sorgere del sole e, al pari di quello stesso spettacolo, Joseph ne restò ammaliato: c’era un’altra lei, dietro a tutte le difese con cui si vestiva.

 

Camminarono per il centro l’uno al fianco dell’altra, senza però rivolgersi mai la parola. Ogni tanto l’erede dei Menalcan provava a concedersi un’occhiata furtiva in direzione di lei, trovandola spesso e volentieri intenta a lanciare sguardi indagatori verso le vetrine più disparate; Aralyn sembrò essere una bambina al suo primo giro in un parco giochi, ogni cosa ne catturava le sue attenzioni e, di tanto in tanto, le strappava qualche curiosa espressione. Per quanto volesse fare la dura, doveva conservare dentro di sé la meraviglia tipica dei più piccini, quella strana magia che riusciva a conquistarli con piccoli dettagli.
«Sembra che tu non esca per una passeggiata in città da… sempre!» commentò lui di punto in bianco, trattenendo un sorriso divertito e sperando così di iniziare una conversazione, magari riuscendo anche ad approfondire la conoscenza con lei. Sapeva di star commettendo un’azione riprovevole cercando di avvicinarsi a lei, eppure non riusciva ad impedirselo, mai. Ma che male poteva esserci? In fin dei conti non c’era alcun membro del suo clan presente, lì, nessuno avrebbe potuto dire a Douglas di quello che stava facendo, men che meno accusarlo di un qualche tradimento -tutto quello che faceva, era per il branco, per il casato da cui discendeva e che, magari, un giorno, sarebbe diventato suo.
La ragazza rispose distratta, senza ricambiare lo sguardo diretto che questa volta Joseph le aveva rivolto. Non fu difficile capire che in quel frangente, di lui, non le importava poi granché: «Se devo essere sincera si tratta solo di due mesi».
I passi di Joseph rallentarono, costringendo anche lei a diminuire la velocità «Così tanto?» Incredulo si mise a fissarla, cercando di immedesimarsi in lei, rinchiusa per sessanta giorni in quel buco che era la Tana. Per uno come lui, già il periodo che aveva trascorso con loro in mezzo al nulla più assoluto, era stato un mezzo supplizio, figurarsi dopo tutto quel tempo! Scuotendo con incredulità il capo, si rese conto di quanta pazienza il corpicino accanto a sé dovesse possedere.
Aralyn rallentò ancora un po' «Beh, quando sei un ricercato devi fare qualche sacrificio!» e nuovamente la sua espressione si fece sarcastica, più allegra di quanto non fosse tra le mura di casa propria.
Dalle labbra del Purosangue scappò una domanda che si pentì subito di aver fatto «Parli della storia con i Menalcan?» Tra tutte le cose che poteva chiedere, proprio la peggiore, quella più diretta ed inopportuna. Si morse la lingua con forza, ricordandosi che lei non era affatto come gli altri membri del Clan del Nord. Quella tipa era sospettosa, furba, intelligente, caparbia… un errore del genere avrebbe potuto far pericolosamente scattare i suoi sensi e mettergliela contro. Che stupido!
«Chi te ne ha parlato?» finalmente i loro sguardi si incrociarono, ma al posto del sollievo, questa volta, Joseph avvertì dentro di sé una fastidiosa preoccupazione: e se fosse stata in grado di leggere qualcosa, nei suoi occhi? Se d’improvviso tutti i passi avanti fatti fino a quel punto fossero andati in fumo? Scongiurò tutti gli Dei Lupo di venirgli incontro, di salvarlo ancora una volta.
«Alla Tana è uno degli argomenti più gettonati… credo che per voi sia stato un grandioso successo! Però non è che ne sappia poi molto…»
«Tu cosa ne sai, Josh?» con un movimento repentino gli afferrò un braccio, bloccandolo a metà di un passo in avanti. Il Purosangue avvertì il proprio cuore fare un’impennata ed accelerare la velocità dei palpiti. Come avrebbe fatto a salvarsi, ora? Cosa avrebbe potuto raccontarle per tranquillizzarla?
Si era nuovamente andato a cacciare nei pasticci con le proprie mani, senza rendersi realmente conto della gravità della situazione. Anche nel peggiore dei casi, non avrebbe potuto uccidere quella lupa senza un motivo valido che potesse scagionarlo di fronte agli occhi di Arwen, una cosa di tale importanza non sarebbe certo stata dimenticata facilmente.
Il tempo intanto continuò a scorrere e dalle sue labbra non uscì alcuna parola: di quel passo si sarebbe fatto scoprire. Perché le cose dovevano essere così complicate? Perché non poteva avere a che fare con Impuri stupidi e privi di qualsiasi dote?
«I-io so solo che c’è stato uno scontro, lo giuro!» alzò le mani in segno di resa, facendo un mezzo sorriso tirato da un lato. Più fosse apparso innocente, più lei si sarebbe tranquillizzata. «Mi hanno detto che è stata un’azione perpetrata da pochi lupi, nulla più» si affrettò a dire, pregando che la sua versione fosse abbastanza convincente da calmare la situazione. Aralyn prese un immenso respiro, continuando però a fissarlo e stringerli il braccio; dalla sua espressione fu impossibile capire se stesse credendo o meno a ciò che lui le aveva detto. Fu in quel momento che a Joseph parve di capire il motivo per cui Arwen facesse così affidamento su di lei; perché tenesse in considerazione il suo parere e avesse sempre un occhio di riguardo nei suoi confronti. Quella ragazzetta doveva essere un vero segugio. Non aveva l’aria da combattente, ma poteva benissimo essere una stratega degna di nota.
«Ci abbiamo impiegato mesi per mettere insieme quel piano, quindi i rischi erano stati messi in conto, così come la detenzione forzata alla Tana» soffiò fuori lei, staccando finalmente la propria mano dal corpo del Menalcan. Quel gesto fu, per il ragazzo, fonte di enorme sollievo; riuscì persino a percepire i propri muscoli rilassarsi dopo un lungo tempo passato contratti.
L’aveva scampata per pura fortuna e, se non fosse stato più attento in futuro, non ci sarebbe stata alcuna “prossima volta”.
Lentamente ripresero a camminare, evitando accuratamente di incrociare lo sguardo l’uno dell’altra. Ora, doveva ammetterlo, la temeva, aveva paura che potesse scorgere in lui il fantasma della finzione. Di quel passo, si sarebbe giocato tutto il lavoro fatto fino a quel momento.
Nonostante la consapevolezza di star rischiando più del dovuto e che il pericolo appena scampato era stato immenso, si rese conto di non poter lasciar cadere il discorso nell’oblio; non doveva darle l’impressione di essere spaventato, sennò sarebbe stato facile, per lei, capire che qualcosa non andava: solo chi ha qualcosa da nascondere, tace.
Sfilò una sigaretta dal pacchetto appena comprato, nuovo di pacca e che, insieme ad una stecca che traballava nella borsa di Aralyn, gli avrebbe fatto compagnia per le ore ed i giorni seguenti. «Quindi anche tu hai partecipato a quell’attacco?» le chiese, cercando di usare il tono più innocente che avesse all’interno del proprio repertorio da attore. A dire il vero, osservandola, quella lupa non avrebbe potuto intimorire nessuno: così minuta e soffice dava un’impressione tutt’altro che spaventosa. Del guerriero, lei, non aveva nulla se non lo sguardo, due occhi ardenti quanto tizzoni ed in grado di dar fuoco alla pelle di… beh, solo alla sua, sperò il Purosangue.
«Il team di fiducia dell’Alpha si è introdotto in casa del nemico, ma non per questo il resto del clan poteva ritenersi al sicuro da una possibile vendetta. I Menalcan sono dei feroci assassini, privi di un qualsivoglia senso dell’onore e del rispetto, non avrebbero esitato a farci fuori tutti» di nuovo, sul viso di lei, le guance si imporporarono, questa volta a causa di una rabbia che non era affatto intenzionata a nascondere. Vide le mani della ragazza stringersi forte intorno alla spallina della borsa. Come ogni simpatizzante del Duca, anche lei odiava i licantropi nobili, in particolar modo la famiglia a cui Joseph apparteneva e, d’improvviso, anche lui si rese conto di quanta furia avesse riservato nei confronti di lupi come Aralyn in passato, di quante volte avesse sognato di sterminarli e, infine, di quante vite avesse strappato dalle loro fila. Ma dove era andato a finire, ora, quel moto di ribrezzo nei loro confronti? Sì, li aveva chiamati burberi, li aveva definiti barbari, li aveva persino trovati fastidiosi, ma dopo nemmeno due settimane si era già scordato di tutto l’odio che da sempre gli era stato inculcato nei riguardi di quelle… quelle… bestie.
Come un fulmine a ciel sereno, le immagini dello scempio compiuto nella Villa, la notte del furto del Pugnale, si fecero largo tra i suoi pensieri, ritornando ad alimentare un fuoco che non si era nemmeno accorto fosse in procinto di spegnersi.
Lui detestava Arwen e tutti i suoi seguaci, li voleva morti dal primo all’ultimo, compresa lei!
Bruscamente si volse verso Aralyn, imponendole di fermarsi. Sentiva dentro di sé il desiderio di afferrarla per la gola e soffocarla, di strapparle la vita dal corpo, esattamente come i suoi confratelli avevano fatto con i membri del clan Menalcan. La smania di sangue nemico aveva ripreso a scorrergli nelle vene, ad avvelenargli il cuore. Se solo non avesse avuto il cimelio di suo padre da recuperare, e un alibi da mantenere, avrebbe ammazzato quella ragazza all’istante. Lei, seppur più spigliata, altro non era che un’Impura, la feccia su cui Douglas gli aveva sempre detto di sputare -e per sempre lo sarebbe stata; il fatto che alle volte gli scatenasse dentro una tempesta di emozioni indecifrabili, non cambiava la sua natura e questo, lui, avrebbe dovuto tenerselo bene a mente ogni giorno.
«Ho dimenticato di dover prendere una cosa» disse frettolosamente, capendo da sé che più tempo avesse passato accanto a quella tipa, più avrebbe fatto fatica a controllarsi. I palmi delle mani avevano già iniziato a prudergli dalla voglia di premersi con violenza sulla sua pelle.
La lupa corrugò appena le sopracciglia «Ah, okay. Ti accompagno…» provò a proporre, del tutto spaesata e confusa di fronte a quell’improvviso cambio di argomento. Nella sua testa non si sarebbe mai potuta andare a delineare l’idea che lui stesse cercando di allontanarsi per evitare di ucciderla.
«No. Vado da solo, non preoccuparti. Ci vediamo tra un paio d’ore all’auto, okay?» fu estremamente difficile, questa volta, tendere un sorriso verso Aralyn. Si sentì come se qualcuno, una sorta di fantasma, gli stesse tirando gli angoli della bocca.
La vide tentennare, dubbiosa, ma non le lasciò il tempo di impedirgli quella sorta di fuga.

(testo aggiornato il 24/01/2017)

da questo capitolo a quello seguente (e non revisionato) potrete imbattervi in un enorme vuoto narrativo a causa del fatto che, "Dilaniare il cuore" (pt.1 e pt.2), è stato modificato e diviso in ben 4 parti.

 
   
 
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