Erano
passati un paio di giorni da quella che Vitani definiva la “notte
delle confessioni” e i rapporti tra i due Black non erano
precipitati nuovamente nell’oblio del rancore come avevano sempre
fatto fino a quel momento nonostante si mantenessero nei limiti di una
silenziosa convivenza.
Di tanto in tanto mentre stavano seduti a tavola o si incrociavano
lungo il corridoio si lanciavano sguardi imbarazzati e pieni di
aspettativa che puntualmente sfociavano in uno scambio di battute
abbastanza superficiali da alleggerire l’atmosfera.
Quella sera, però, Vitani si era addormentata con il sorriso
sulle labbra per via di una inaspettata mossa del ragazzo che, prima di
andare a rintanarsi nella sua camera, le aveva afferrato una mano e,
una volta attirata più vicina a sé, le aveva posato un
lieve bacio sulla fronte augurandole di trascorrere una buona notte.
Si agitò nel sonno, infastidita da qualcosa che, una volta
aperti gli occhi, si rivelò essere una luce argentata che
aleggiava accanto al suo letto e che la fece balzare a sedere, turbata.
La luce prese le sembianze di una lince, gli occhi intelligenti puntati sulla ragazza.
-Med.-
-Loro sono qui. Ho bisogno che porti via Ninfadora. Ti prego.-
La voce di Andromeda Black, terrorizzata, aveva invaso la stanza come
un alito di vento gelido e Vitani era saltata in piedi raccattando i
vestiti più vicini per poi correre nella stanza del cugino.
-Sirius!- scosse con forza il corpo addormentato del cugino
stringendogli le spalle nude mentre la testa cominciava a dolerle per
la paura e la forza con cui respingeva le lacrime.-Sirius, ti prego
svegliati!-
-Che succede?-
-Andromeda.- non servirono altre parole e Sirius scattò in piedi
e si vestì velocemente quanto Vitani attirando a sé con
la magia i vestiti depositati sulla sedia ai piedi del letto.
-Dobbiamo smaterializzarci.- mentre pronunciava quelle parole si
voltò di nuovo verso la ragazza e il cuore perse un battito
vedendola immobile, lo sguardo fisso sulla parete bianca e i pugni
stretti a tal punto che le nocche erano diventate bianche per lo sforzo.
-Andrà tutto bene, Vit.- la rassicurò andando verso di
lei e stringendole entrambe le mani nel vano tentativo di scioglierle
da quella posizione tanto dolorosa.
-Sta succedendo di nuovo, Sirius. Perderò anche lei.-
Sirius fu invaso da una rabbia quasi incandescente, impetuosa come mai
in vita sua e portò le mani al viso di Vitani puntando gli occhi
fiammeggianti in quelli di lei.
-Non glielo permetteremo.-
La strinse a sé e si smaterializzò ritrovandosi pochi
istanti dopo davanti alla porta spalancata di casa Tonks dalla quale
provenivano bagliori e grida di ogni tipo imprecazioni e incantesimi
pronunciati con la stessa rabbia.
-Entro io mentre tu asp..- non riuscì a finire la frase
né ad afferrare Vitani prma che si lanciasse all’interno
della casa della sorella con ritrovata energia e animata di una
disperazione che, ne era certo, avrebbe surclassato qualsiasi altra
emozione regnasse in quella casa.
Andromeda stava ritta in un angolo del salotto tenendo ferma dietro di
sé la sua bambina, Ninfadora, che fissava terrorizzata la scena
che si consumava davanti ai suoi occhi mentre la madre scagliava
fatture contro un Mangiamorte incappucciato che avanzava verso di loro.
-Stupefic..!- Ted Tonks provò a colpire il Mangiamorte alle
spalle ma Igor Karkaroff, il cappuccio ormai a brandelli abbandonato
sulle spalle magre, lo bloccò impedendogli di riuscire
nell’intento.
-Cosa credi di fare, Sanguesporco? Siamo troppi perché possiate difendervi.-
-Petrificus totalus!- Vitani avanzò verso il corpo accasciato e
rigido del russo e lo fissò negli occhi sbarrati. -A Durmstrang
non vi è stato trasmesso alcun senso dell’onore, vedo.-
Il Mangiamorte che teneva Andromeda e Ninfadora sotto tiro si
voltò verso la nuova arrivata e incrociando i glaciali occhi
chiari Vitani non potè che riconoscerlo nonostante il cappuccio
nero calato sul viso.
-Non osare avvicinarti a mia sorella, Malfoy, con te non sarò
altrettanto clemente!- sbottò puntandogli contro la bacchetta e
indicando Karkaroff con un lieve movimento del capo.
-Vitani prendi Dora e vattene da qui!- Andromeda fece per muoversi
verso la sorella ma fu la minore ad avvicinarsi e a farle scudo.
-Devo essere io ad affrontarli, Meda.- le lanciò
un’occhiata decisa tenendo ancora la bacchetta puntata contro
Malfoy. –Sai che devo farlo.-
Andromeda annuì, seria, ben consapevole di non poter convincere
la più testarda delle sue sorelle a farsi da parte e con un
sonoro schiocco si smaterializzò insieme alla bambina meditando
di portarla in salvo a casa dei nonni paterni e di ritornare per
combattere al fianco del marito e della sorella.
Malfoy rise senza alcuna allegria e avanzò verso la giovane strega puntandole a sua volta la bacchetta contro.
-E sentiamo un po’, Black, sei venuta qui tutta sola per aiutare
la tua sorellina e il suo dannato marito babbano?- con la mano libera
tirò giù il cappuccio mostrando il ghigno crudele e
perverso stampato sulle labbra sottili. –Com’è
adesso che non c’è più il caro Regulus a coprirti
le spalle, mh?-
Prima che Vitani potesse rispondere Lucius Malfoy fu costretto a
scattare per evitare uno schiantesimo scagliatogli contro da un altro
Mangiamorte dalla postura rigida e lo sguardo vacuo.
-Non osare mai più nominare mio fratello.-
Sirius mosse la bacchetta nella direzione del Mangiamorte che aveva
attaccato Malfoy e che, ancora sotto l’effetto della maledizione
Imperius, si lanciò dritto contro il muro sbattendo forte la
testa e accasciandosi per terra privo di sensi.
-Che colpo di scena!- gracchiò allora Malfoy spostando lo
sguardo dall’uno all'altra Black con l’aria di chi vedeva
oltre l’apparenza. –Hai continuato a darla in famiglia a
quanto pare!-
-STAI ZITTO!- Vitani scagliò una fattura e l’uomo cadde in
ginocchio assumendo un’espressione dolorante che ben presto
però si tramutò nuovamente nel ghigno di qualche istante
prima. –Hai visto chi c’è, Severus?-
Aveva parlato rivolgendosi a qualcuno alle spalle di Vitani che quando
si voltò vide Severus Piton fermo sulla soglia della cucina, gli
occhi sbarrati fissi sulla ragazza che ricambiò quello sguardo
investendolo con tutto il disprezzo di cui era capace.
Vitani si fidava di Severus. Vitani stimava quel mago considerandolo
forse l’unico davvero intelligente in mezzo a quel branco di
idioti quali si erano rivelati quelli che un tempo considerava amici.
-Tu.- avanzò verso Piton mentre Sirius teneva bloccato Lucius
Malfoy che intanto gemeva sotto la tempesta di fatture
dell’altro. -Hai dimenticato la promessa che mi facesti quel
giorno?-
La voce di Vitani era gelida quanto il suo sguardo ma ben presto gli
occhi si fecero lucidi e dovette mordere ferocemente il labbro
inferiore per non piangere di rabbia e di dolore davanti a Piton. Aveva
promesso che Regulus non correva rischi e invece lui era morto. Lo
aveva promesso e non era servito a niente.
-Non l’ho dimenticata Vitani. Tu hai dimenticato la tua? Dovevi restare fuori da tutto questo!-
Dalla gola della ragazza scaturì una risata amara e gli occhi si
accesero di un velo di follia che la fecero somigliare, anche se solo
per qualche istante, alla più grande delle sorelle Black.
–Dovevo restarne fuori?- scagliò uno schiantesimo
silenzioso sull’altro che non accennava a difendersi. –NE
SONO RIMASTA FUORI MENTRE UCCIDEVATE L’UOMO CHE AMAVO!
-Nessuno di noi ha ucciso Regulus, Vitani.-
La giovane Black non potè riflettere oltre su quelle parole
udendo le urla di dolore di Andromeda provenire da una delle stanze che
davano sul corridoio.
Mentre Sirius e Ted Tonks continuavano a difendersi e attaccare i
Mangiamorte che non sembravano affatto intenzionati ad andare via,
Vitani corse verso la stanza dalla quale proveniva la voce della
sorella trovandola china per terra e intenta a contorcersi per il
dolore con la bacchetta di Bellatrix puntata vicinissima alla testa.
-Bene bene bene, sorellina, ci voleva proprio una riunioncina di famiglia!-
La risata stridula e folle di Bellatrix riempì la stanza
sormontando anche i gemiti dell’altra, così simile a lei e
insieme così diversa.
Gli anni avevano reso Bellatrix una caricatura di se stessa, il ghigno
perverso e crudele che indossava di tanto in tanto ai tempi in cui
Vitani era ancora in casa Black sembrava ormai essersi cristallizzato
sul viso invecchiato dall’orrore e dalla malvagità della
vita che conduceva.
-Crucio!- Vitani urlò la maledizione scagliandola contro la
sorella che fu solo sbalzata indietro e reagì con un gemito e
una risata stentata.
-Non sei una vera Black, ragazzina.- pronunciò quelle parole con
la stessa voce melliflua di sempre e si avvicinò alla più
piccola dimenticandosi temporaneamente di Andromeda che giaceva inerme
sul pavimento freddo. –Una vera Black mi avrebbe fatto male.
Molto più male.-
Bellatrix accarezzò il volto della sorella che fremeva di rabbia
e che scostò ferocemente la sua mano come se scottasse.
-Devi volerlo, piccina.- indossò un broncio infantile e rise, gli occhi affondati come pugnali in quelli di Vitani.
-CRUCIO!-
Era il secondo tentativo e funzionò di gran lunga più del
primo perché Bellatrix urlò e cominciò a
contorcersi, gemendo e ridendo insieme, come fosse stata completamente
fuori di testa. E probabilmente, pensò l’altra, lo era
davvero.
Vitani continuò a tenerla sotto tiro.
-Uccidimi, piccola figlia di puttana. Perché è questo che
sei. Altrimenti tua madre non ti avrebbe lasciata davanti alla porta
della nostra famiglia.-
Vitani scagliò nuovamente la maledizione zittendo la sorella che
continuò a muoversi a scatti, come un insetto privato delle sue
ali.
-VIT!-
La ragazza finse di non sentire la voce di Sirius.
Aveva troppe emozioni dentro di sè. Odio. Rabbia. Dolore. Disperazione. Era un frastuono assordante.
Per tanti, troppi anni aveva ammirato e temuto Bellatrix considerandola
un modello, un traguardo da raggiungere. Per troppi anni aveva
desiderato di sentirsi accettata dalla donna che in quel momento
giaceva ai suoi piedi, disarmata e, per la prima volta, vulnerabile.
Avrebbe potuto ucciderla. Per vendicare Regulus. Per vendicare se
stessa. Per vendicare tutta la felicità che negli anni, in ogni
modo possibile, le aveva negato e persino sottratto.
Le puntò ancora una volta la bacchetta contro e respirò
profondamente cercando di racimolare la determinazione necessaria per
scagliare l’anatema che uccide, la maledizione senza perdono. Un
perdono che non avrebbe neanche desiderato, una volta compiuto quel
gesto estremo e liberatorio che aveva persino sognato.
Chissà cosa avrebbero detto i suoi genitori sapendo che la
minore delle loro figlie, la più silenziosa, la meno amata,
aveva ucciso Bellatrix Lestrange nata Black. Immaginò le loro
espressioni sconvolte, la rabbia accesa nei loro occhi.
Si sentì come se lo avesse già fatto, come se Bellatrix
fosse già morta, mentre apriva la bocca per pronunciare quelle
due semplici parole che avrebbero spento definitivamente la luce negli
occhi della sorella.
-Vitani non farlo. Tu sei meglio di così.-
Sirius la fissava dall’altro capo dalla stanza, sulla porta.
Il suo sguardo era addolorato, spaventato.
Era lo sguardo di chi comprendeva le ragioni del gesto che avrebbe
potuto compiere, di chi magari lo avrebbe anche accettato ma che non
sopportava l’idea che fosse lei a macchiarsi. A sporcare
l’innocenza che incredibilmente, nonostante tutto, era riuscita a
custodire.
-Vit. Vieni qui.- Si sporse verso Vitani che continuava a fissare Bellatrix con gli occhi sgranati e furiosi, disperati.
Afferrò la mano con la quale la ragazza stringeva la bacchetta e
gliela portò dietro la schiena per poi attirarla a sé e
stringerla più forte che poteva.
Nella stanza adiacente risuonavano voci nuove cui Vitani, chiusa nella
sua bolla di odio, non aveva neanche fatto caso. Erano arrivati i
rinforzi.
-Segui l’esempio dei tuoi compagni e sparisci, Bellatrix.- si
rivolse duramente alla donna che li fissava con occhi vitrei.
Bellatrix rise ancora, sguaiatamente, malgrado il dolore fisico
procurato dalla maledizione e in un soffio gelido si
smaterializzò mentre la sua risata risuonava ancora nella stanza
e Vitani si gettava sul pavimento accanto ad Andromeda che, racimolate
le forze necessarie, allungò un braccio verso la sorella.
-Tu sei migliore di tutto questo.-
Quando rientrarono a casa era quasi l’alba. Avevano portato con
loro Ninfadora mentre Ted accompagnava Andromeda al San Mungo per
rimettersi in sesto.
-Mamma starà bene, zia?
Ninfadora aveva sette anni e aveva visto Vitani solo due volte senza
poterle neanche ricordare entrambe considerato che la prima risaliva ai
primi giorni dopo la sua nascita; fu per questo motivo che Vitani
trasalì sentendosi chiamare a quel modo, soffocata dal rimpianto
di tutti gli anni in cui aveva negato ad Andromeda la sua presenza, le
sue attenzioni.
-Si riprenderà in fratta, Dora. Tua madre è una tipa tosta!-
Fu Sirius a rispondere al posto di Vitani consapevole del precario equilibrio emotivo in cui versava la cugina in quel momento.
-Chi erano quegli uomini incappucciati? Perché volevano farci male?-
La giovane strega alzò lo sguardo verso il cugino senza sapere
esattamente cosa rispondere a quella ingenua e semplice domanda.
-Sono uomini cattivi, Ninfadora. Mamma e papà invece sono buoni e per questo loro li odiano.-
Vitani sentì se stessa pronunciare quelle parole come se fosse
qualcun altro a parlare al posto suo e in quella semplice e spontanea
spiegazione vide per la prima volta con chiarezza
l’atrocità del mondo che si era lasciata alle spalle;
ricordò la notte in cui Regulus era tornato a casa ricoperto di
sangue, ripercorse i mesi in cui suo marito aveva pian piano perso la
sua luce, la sua voglia di vivere portando sulle spalle il peso di
scelte e azioni che, Vitani ne era certa, non avrebbe mai e poi mai
voluto prendere nè compiere.
Sistemarono la bambina nella camera solitamente utilizzata da Vitani e
poi Sirius prese per mano la cugina e la condusse nella propria stanza,
in religioso silenzio.
Vitani si sedette sul letto e lui fece altrettanto circondandole le spalle con un braccio forte.
-Stavo per ucciderla, Sirius. Era ciò che volevo.- la voce le
tremava e le spalle furono scosse da silenziosi singhiozzi. –Non
sono migliore di lei, di loro. Ho desiderato di fare del male ad ognuno
di quei bastardi e so perfettamente che ne avrei tratto..
soddisfazione, capisci?-
Sirius la abbracciò mentre lei si aggrappava a lui con tutte le
sue forze e si permetteva di piangere davvero come avrebbe voluto fare
ogni istante di quella notte, sin da quando il patronus di Andromeda
l’aveva svegliata. Troppa tensione, troppa paura, troppa rabbia
in troppo poco tempo perché potesse sopportarlo.
-Non l’hai fatto, Vit. E’ questo che conta.-
-Adesso ci daranno la caccia e chissà quanta altra gente uccideranno.-
-Faranno solo ciò che il loro Signore ordinerà loro e
dubito che noi possiamo rientrare tra le loro priorità.- la
rassicurò con voce pacata ma ferma per poi sdraiarsi, ancora
abbracciato a lei, trascinandola con sé.
Vitani piangeva contro il petto di Sirius stringendo convulsamente le
dita attorno alle sue spalle mentre lui le accarezzava piano i capelli
scuri sussurrandole parole rassicuranti e cercando di trasmetterle un
po’ di serenità nonostante, a sua volta, ne potesse
vantare davvero poca.
-Lasciami in pace, Bella!-
Le voce fina di Vitani aveva riempito
il corridoio e Sirius si diresse velocemente verso la direzione
dalla quale proveniva temendo già la reazione di Bellatrix con
la quale, evidentemente, la bambina stava discutendo.
-Non osare parlarmi così, stupida mocciosa!-
Il rumore di uno schiaffo risuonò forte e chiaro.
- Puoi colpirmi tutte le volte che
vuoi, a me non fai paura.- disse la più piccola con voce troppo
ferma e coraggiosa per una bambina di soli dieci anni.
Vitani stava ritta e fiera davanti a
Bellatrix fissandola con occhi fiammeggianti e sfidandola a colpirla
ancora. E la sorella lo fece.
-Piccola dannatissima stron..-
-BASTA!-
Sirius corse verso le cugine e si posizionò in mezzo al loro nascondendo il corpo minuto di Vitani dietro di sé.
Sapeva bene che Bellatrix non si
sarebbe fatta intimorire da un ragazzino di undici anni ma sapeva che
l’idea di essere stata vista intenta a picchiare la bambina
l’avrebbe quantomeno preoccupata.
Cygnus e Druella erano due genitori
estremamente severi ma alzare le mani sulle loro figlie non rientrava
nelle loro abitudini e, ovviamente, si aspettavano che anche per loro
valesse lo stesso principio.
Vitani era troppo orgogliosa per
andare a riferire ai genitori le angherie che era costretta a subire e,
per altro, nel profondo del suo cuore sapeva che farlo avrebbe
significato giocarsi per sempre la possibilità di essere presa
in considerazione dalla sorella come qualcosa di più di un
bersaglio immobile per le sue percosse e parole altrettanto dolorose.
-La tua presenza in questa casa
è già abbastanza disonorevole senza che ficchi il naso in
faccende che non ti riguardano.- detto questo si voltò e
andò via lasciandosi alle spalle una Vitani rigida e immobile.
-Ti ha fatto molto male?- le chiese Sirius posandole una mano sul capo corvino con aria apprensiva.
-No.- ribatté quella,
ostinata, mentre gli occhi ancora arrabbiati e pieni di determinazione
si facevano lucidi e l’espressione si induriva nello sforzo di
trattenere le lacrime. –Vorrei tanto ucciderla, Sirius.-
Vitani si trascinò in un
angolo e si mise a sedere per terra con la schiena contro il muro
freddo senza aspettare una risposta dal cugino che si limitò a
raggiungerla e prenderle la mano.
-Sarai una strega mille volte più in gamba di lei, Vitani. Vedrai.-
-Per tanti anni ho sentito la mancanza di questo.- mormorò
Vitani che ascoltando attentamente il respiro di Sirius con la fronte
posata contro il suo petto sapeva bene che neanche lui era riuscito a
prendere sonno.
-Di cosa?- chiese quello per poi farsi scappare una lieve e roca risata. –Del pandemonio del duello incrociato?
La ragazza sorrise, suo malgrado. –Della possibilità di
rifugiarmi tra le tue braccia. Da bambini era.. l’unico posto in
cui stavo davvero bene.-
Sirius sospirò accarezzandole piano la schiena per comunicarle
con quel gesto che capiva bene a cosa si riferiva e che, nonostante
tutto, era mancato anche a lui.
-Se non ci fosse stato Regulus sarei davvero impazzita per la distanza
che mettevi tra di noi.- si sentiva in vena di ricordare e si rese
conto di quanto bisogno avesse di farlo dopo esserselo impedita per
troppo tempo. –con questo non intendo che per me lui sia stato un
rimpiazzo. E’ sempre stato diverso. Mi sono innamorata di lui
pian piano, passo dopo passo. Ho amato la sua pazienza, la sua
costanza. E’ stato l’amore della mia vita.-
Sirius temeva il momento in cui l’amore di Vitani e del fratello
si sarebbe magicamente materializzato tra di loro ma inaspettatamente,
all’udire quelle parole, non fu la gelosia ad invaderlo ma uno
strano senso di tenerezza misto a nostalgia.
Aveva visto le foto in casa loro, era venuto a contatto con ogni
sfaccettatura di quell’amore tanto puro e perfetto come il loro
non sarebbe mai stato e non riusciva a trovarvi alcuna pecca.
Erano tutti adulti ormai. Lo erano lui e Vitani , stretti l’uno
all’altra, e lo era Regulus la cui presenza, per Sirius, non era
mai stata tanto palpabile.
-Non mi sento in colpa, Sirius. Non più.-
Vitani aveva pronunciato quelle parole in un sussurro sollevando il
volto per avvicinarlo a quello dell’uomo che continuava a tenerla
tra le braccia e che ricambiò il suo sguardo nell’attesa
che continuasse.
-Regulus è stato la mia vita fino ad ora. Mi ha dato tanto e
devo a lui la donna che sono adesso.- disse prendendo a percorrere con
le dita i tratti morbidi del viso di lui. –Ma è
tempo di andare avanti con la mia vita e non c’è nessun
altro al mondo con cui io voglia farlo che non sia tu.-
-Non devi amarmi per ciò che vedi di lui in me, Vit.-
Quello di Sirius era stato un sussurro stanco, quasi rassegnato.
-Ti ho sempre amato per ciò che sei. Sei stato il primo che io
abbia desiderato o sognato. La vita ci ha messi davanti a decisioni
più grandi di noi, ci ha separati e procurato cicatrici che non
potremo mai cancellare. Ma adesso siamo qui e io ho davvero bisogno di
te.-
Si sporse verso di lui e posò le labbra sulle sue in un contatto
leggero e timido inusuale per una donna decisa come lo era Vitani.
Ammettere ciò che provava sconvolgeva Vitani più di
quanto non toccasse Sirius ma una parte di lei era ben consapevole di
quanto fosse vero, di quanto quelle parole fossero state seppellite e
negate per tanto tempo nel profondo della sua anima premendo per uscire
alla luce del sole.
-Non sarà dalle macerie della nostra vita fino ad adesso che
potremo costruire qualcosa di solido, Vit.- mormorò nonostante
una parte di lui avrebbe davvero voluto sentirsi più positivo a
riguardo. Quella conversazione era ciò a cui stava cercando di
indurla da giorni ma una volta che si era trovato ad affrontarla ogni
parola gli pareva troppo fragile.
-Non puoi chiedermi di dimenticare, Sirius.- disse Vitani assumendo il tono duro e spigoloso che la caratterizzava.
Fece per alzarsi sentendosi una stupida per essersi esposta tanto ma
Sirius si posizionò alle sue spalle e la strinse premendo il
proprio petto contro la sua schiena e posando il capo nell’incavo
del collo di lei aspirando a fondo il suo profumo e riuscendo quasi a
distinguere anche l’odore della paura e della rabbia di quella
notte assurda.
-Non era questo che intendevo. Ti sto chiedendo di cancellare tutto il
male che ci siamo fatti.- scandì contro la sua pelle e lei
rimase immobile, in attesa. –Avremo sempre troppo da
rinfacciarci, troppo di noi di cui aver paura se non riusciamo a
fidarci davvero l’uno dell’altra. Non credi?-
Vitani restò in silenzio, rigida in quella posizione, per
qualche minuto poi posò una mano sulle sue che la stringevano e
inclinò leggermente il capo per poggiarlo su quello di lui.
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