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Autore: ___Page    18/06/2017    3 recensioni
Con l’estate alle porte, le speranze del ragazzo si rafforzavano di giorno in giorno. Certo era pazzesco pensare che, fino a quello che gli sembrava ancora ieri, erano solo due sconosciuti in punizione e lunedì sarebbero andati a scuola insieme per l’inizio degli esami.
*Fanfiction partecipante alla challenge "This would be love" indetta dal forum FairyPiece - fanfiction&images*
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Starring: Charlotte Pudding, Ishley, Izou, Jewellry Bonney, Kayme, Koala, Marco, Nefertari Bibi, Perona, Portuguese D. Ace, Sabo, Satch, Trafalgar Law.
Seguito di "Otto in condotta".
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Koala, Nefertari Bibi, Portuguese D. Ace, Sabo, Trafalgar Law
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Raftel High School - Le Cronache'
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Angolo dell'autrice: 
Sono tornata. 
Dunque, dunque, prima di passare al capitolo, ho un paio di cose da dire. 

Innanzitutto, siccome sono fuori come una mina, devo approfittare di questo angolino per fare dei ringraziamenti inerenti un'altra fanfiction che ho pubblicato mentre mi trovavo in uno stato di disagio mentale tale per cui non mi sono manco accorta di non aver messo l'angolo autrice. La fanfiction in questione è Trimetilxantina e vorrei ringraziare Momo, Anna e Jules per i loro meravigliosi commenti, ma soprattutto Jules e la sua saggia e rodata consigliera di erbe aromatiche e, soprattutto, afrodisiache che ha così gentilmente messo a disposizione la sua conoscenza. Quante ne sanno le nonne! 

Detto questo, parliamo invece del capitolo di questa storia. Questo capitolo è lungo e purtroppo, l'ultimo. Siamo giunti alla fine anche qui. Parto con il dire che spero di aver reso bene l'amore che ho scelto per questa conclusione, ne sono molto incerta ma comunque ci ho messo davvero il cuore. Quindi mi auguro che nonostante tutto sia okay e vi piaccia, perchè comunque ve lo meritate, un bel capitolo. 
Siete state tutte meravigliose e non so come ringraziarvi, Daimler, Zomi, Annapis, Flaw, Momo, Sara e Jules. Grazie per le recensioni e grazie a chi tra voi mi ha supportato e sopportato e consigliato anche sui più piccoli, stupidi ed infimi dettagli. Grazie davvero perchè con voi ogni storia è una piccola avventura. E grazie naturalmente anche a tutti coloro che hanno preferito, seguito o solo letto. 
Alla prossima e intanto buona lettura. 
Hope you'll enjoy it. 
Page.



Oh, e, prima che mi dimentichi, in bocca al lupo a tutti i maturandi 2017.



 
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*AMORE CIECO*






Venerdì 8 luglio
Ore 9.30 ca.
 
«Ancora complimenti, signorina Mihawk. Uno splendido orale. Argomento alquanto... curioso ma splendidamente trattato.» si complimentò la capocommissione, esitando solo una frazione di secondo nel ripensare all'approfondimento sul sangue – nella pittura, in filosofia e come argomento di biologia – che la giovane studentessa aveva portato all'esame.
Perona sorrise, sollevata e fiera. Era raro che lasciasse trapelare la propria emozione di fronte a un complimento ma alla tesina ci aveva lavorato con anima e cuore e aveva temuto che un argomento tanto strano non sarebbe stato capito per quanto svolto con cura.
Cercò con gli occhi la professoressa Scarlett, seduta tra quello di matematica, esterno come la capocommissione, storia e letteratura. Era stata una vera fortuna che la prof Jora avesse lasciato la scuola ai primi di Aprile per accettare un lavoro in una prestigiosa galleria d'arte di Dressrosa.
Certo per la professoressa Scarlett farsi carico anche delle sue classi non era stato facile, con gli esami così vicini poi, ma quella donna era riconosciuta da tutti come un dono del cielo e insegnare era la sua vocazione. Senza contare che Perona aveva preso due piccioni con una fava. Si era liberata di una persona che le avrebbe reso gli esami un inferno, per quanto in proprio potere, e si era ritrovata come docente ufficiale di storia dell'arte la persona a cui aveva chiesto disponibilità e aiuto per la propria tesina e che sembrava una delle poche a capirla.
Anche in quel momento le stava sorridendo con un orgoglio che Perona si sarebbe aspettata di vedere solo sul volto dei propri genitori, o quanto meno di sua madre, gli unici in effetti ad avere presenziato al suo orale oltre a Ishley. Quando Cora l'aveva presa da parte tutto agitato, schiantandosi un paio di volte a terra, per ricordarle che doveva esserci presente almeno un altro studente della scuola come testimone per poter validare l'orale, per un attimo Perona si era fatta prendere dal panico. Poi il prof si era strozzato con il cielo solo sapeva cosa, probabilmente la sua stessa saliva, e mentre Perona lo salvava dell'imminente soffocamento era riuscita a ritrovare la calma e riflettere sulla questione.
Naturalmente quello era l'ultimo giorno di orali. Quando aveva saputo che era stata estratta la P per decidere da quale studente iniziare e procedere poi in ordine alfabetico, Perona aveva pensato a un intervento divino.
Non c'era neppure la benché minima possibilità che finissero a fare l'orale lo stesso giorno e anzi, essendo lui al primo e lei all'ultimo, aveva avuto la scusa perfetta per tenere la mente impegnata senza neanche il pensiero che lui sarebbe potuto andare a cercarla, perché Ace non l'avrebbe mai distratta dallo studio, sapeva quanto fosse importante per lei ottenere un buon voto. In più, liberandosi del proprio orale il primo giorno, avrebbe avuto un sacco di tempo libero per se stesso che avrebbe dovuto occupare in qualche modo per forza. Con un pizzico di fortuna, probabilmente aveva anche smesso di pensare a lei, il che era un sollievo. E allora perché le si stringeva il cuore a pensarci?
Era stato solo in quel momento, mentre prendeva Cora a manate sulla schiena, che aveva per la prima volta maledetto l'esito dell'estrazione. Lei era la prima degli ultimi quattro studenti che ancora dovevano sostenere l'orale e la scuola era più deserta che mai. Ed era stato solo nel momento in cui si era messa a riflettere su chi veniva dopo di lei in ordine alfabetico che aveva realizzato che l'estrazione della P non l'avrebbe necessariamente salvata dall'incontro tanto temuto, anche se Ace aveva smesso di pensare a lei.
Mihawk.
Monkey.
Newgate.
Orcada.
Naturalmente. Naturalmente il cinquanta per cento degli interrogati quell'ultimo giorno dovevano essere due persone legate a filo doppio a Ace. Naturalmente dopo di lei ci doveva essere quello che Ace considerava un fratello e per lei era stato un amico, anche se per un tempo limitato, che sarebbe stato sicuramente accompagnato dal resto di quelli che Perona aveva considerato amici, i suoi unici amici, anche se per un tempo limitato.
Quello però non era il momento di farsi prendere dal panico. Perona doveva trovare un testimone che stesse in aula durante il suo orale senza che questo la innervosisse e distraesse. Ragion per cui la sua ex compagnia era esclusa a priori. Chiedere a uno degli altri interrogati sarebbe stato sadico ed egoista. Avrebbe preso in considerazione Izou se solo non avesse avuto la certezza di non avere i nervi abbastanza saldi quella mattina per poterlo tollerare. Ma quando Shachi era apparso in corridoio, così in anticipo che persino lei che credeva fermamente nel "vivi e lascia vivere" aveva provato l'impulso di andargli incontro a passo di carica e dirgli "Mancano ancora quattro ore, torna a casa per l'amor del cielo!", Perona aveva visto la luce in fondo al tunnel.
Con lui c'erano per il momento solo Law, che era lì anche per Sabo, e Ishley. E Ishley era proprio ciò che faceva al caso suo. Non che fossero mai state amiche o cosa, ma si conoscevano di vista, si erano parlate un paio di volte al bagno, per quanto Perona fosse in grado di parlare, e condividevano la passione per le righe.
Non le avrebbe detto di no, Ishley aveva un grande cuore e, anche se l'apparenza poteva ingannare, abbastanza carattere per intervenire nel caso in cui qualcuno le avesse posto una domanda su un qualche argomento non previsto dal programma didattico di quell'anno. E infatti non le aveva detto di no e ora Perona era anche più grata di prima per averlo chiesto a lei, perché anche la compagna di scuola sorrideva soddisfatta e fiera di lei, come la professoressa Scarlett, Cora-san, sua madre e, contro ogni previsione, suo padre.
Con il cuore più leggero, più largo e più caldo, Perona tornò a girarsi verso la commissione per stringere la mano alla presidentessa e ringraziare adeguatamente, prima di uscire dall'aula. Libera, finalmente libera.
Discreto, come solo suo padre sapeva essere, Drag uscì per primo insieme a Boa, salutando silenziosamente la figlia e comunicandole a gesti che si sarebbero visti dopo a casa, mentre sua moglie continuava a lanciare baci in direzione della sua meravigliosa bambina, così piena di orgoglio. Un po' imbarazzata, Perona li stava ancora guardando allontanarsi lungo il corridoio quando Ishley le si accostò sulla soglia.
«Vogliamo andare?» le propose con un sorriso un po' trasognato e dolcissimo, che non riusciva a nascondere quella punta di impazienza che aveva di tornare da Shachi.
Perona ricambiò il sorriso e annuì e stava già per ringraziarla di nuovo quando Ishley spalancò completamente la porta e le parole le morirono in gola.
Il corridoio era pieno di gente, il che non era affatto così fuori dal mondo. Si sapeva che gli interrogati del giorno cominciavano ad arrivare durante la prima ora. Considerato che Shachi era arrivato che Perona non era neanche ancora entrata per il proprio orale e che Marco era lì anche per sostenere Sabo e assistere alla sua esposizione, era del tutto sensato che fossero già tutti lì.
Il problema era che Perona non ci aveva certo riflettuto prima di quel momento, la testa impegnata in ben altri pensieri. E il problema era anche e soprattutto che erano proprio tutti lì. Shachi seduto per terra, pallido come un cencio per la tensione e circondato dai propri amici che cercavano, ognuno a modo proprio, di rassicurarlo in attesa del ritorno di Ishley.
Law era accovacciato di fronte a lui e, a occhio e croce, gli stava auscoltando il polso con scritto su tutta la faccia un chiaro – e, per i più esperti nella lettura delle sue espressioni facciali, esasperato – "Cosa mi tocca fare."
«No, direi che non stai affatto per avere un infarto Shachi.» gli comunicò monocorde, trattenendo a stento un sospiro.
«Devi solo rilassarti Sachi-kun. Se vuoi posso insegnarti un paio di metodi molto efficaci fintanto che Ishley-chan è impegnata.» intervenne Izou fermo tra Satch e Marco e aggrappato al braccio di quest'ultimo, un ghigno malizioso sulla faccia e il bacino che oscillava oscenamente avanti e indietro.
Law gli lanciò un'occhiata assassina e si rimise in piedi con l'intento di allontanarsi da lui e avvicinarsi a Sabo che, addossato al muro proprio di fronte alla porta dell'aula con un sorriso e un atteggiamento talmente sicuri di sé che non facevano che accentuare ancora di più quanto fosse nervoso per non dire terrorizzato. A giudicare da come lo fissavano Bibi e Koala alla sua destra e sinistra, Perona non era l'unica ad essersene accorta anche se non era affatto in grado di tenere la concentrazione su niente per più di due secondi.
Era troppo impegnata a captare quante più informazioni poteva senza guardarsi platealmente intorno, pietrificata dal panico. Le voci di Nami, Sanji, Zoro e Usopp che richiamavano simultaneamente all'ordine Rufy, mentre Chopper e Franky lo elogiavano con un cacofonico "SUPER", da qualche parte lungo il corridoio Sud, Dragon e Leah che si tenevano discretamente in disparte in attesa che fosse il loro turno di supportare il loro figlio maggiore.
Erano tutti lì. Tutti.
All'appello mancava solo lui e Perona sapeva che era solo una questione di tempo prima che spuntasse da una delle due estremità del corridoio o dal bagno. E sapeva anche di non avere vie di fughe a meno di reagire immediatamente e sgusciare via, giù di corsa lungo il corridoio e fuori dalla scuola. Era ora o mai p...
«Okay Izou, abbiamo abusato anche troppo della tua saggezza, non sono più impegnata.» avvisó Ishley, facendosi largo tra il capannello di gente e reclamando il suo fondamentale e primario ruolo nel mantenere intatta la salute mentale di Shachi.
Perona sobbalzò. A lei era sembrata una mezz'ora ma in realtà erano passati solo pochi istanti. Era successo tutto così in fretta e ora molte paia di occhi, troppe, erano puntate su di lei.
Koala che stava sghignazzando solidale per come Ishley aveva zittito Izou – lei stessa non avrebbe potuto fare di meglio – piegò le labbra in un sorriso più pieno, affettuoso e adombrato da una punta di malinconia. «Ehi...» la chiamò piano, materna e cauta, azzardando un passo verso di lei, perfettamente consapevole di quale fosse la distanza di sicurezza. «Com'è andata?»
Perona ci mise un paio di secondi a elaborare la risposta. «S-sì bene.» tartagliò sempre più tesa.
Non c'era, non c'era. Dov'era finito? Non saperlo la mandava in agitazione. Se non sapeva dov'era non poteva evitarlo.
«Ah eccovi! Vi abbiamo trovati finalmente!»
Ancora immobile subito fuori dall'aula, la cui porta era ora chiusa alle sue spalle, precludendole così una delle già poche vie di fuga, Perona si girò di scatto verso destra e osservò un compatto e variegato gruppo avvicinarsi.
Il cuore le sprofondò nello stomaco. La squadra di lacrosse. Come aveva fatto a non pensarci?
Setacciò febbrile l'agglomerato di volti ma non ce n'era neanche uno spruzzato di lentiggini.
«Cosa fate qui?» domandò Marco prima di accigliarsi nel notare una figura minuscola in testa a quell'insieme di pertiche più o meno muscolose. «Halta?»
«L'abbiamo recuperata qui fuori. E non fare domande idiote Marco. Pensavi ci saremmo persi l'orale del nostro capitano?» rispose Vista, diretto e con quel suo modo di parlare che aveva sempre un che di solenne.
«Sì ma è presto.» ribatté ragionevole Marco.
Jozu si strinse nelle possenti spalle. «Volevamo fare il tifo anche per il nostro reporter ufficiale.»
«E io mi stavo annoiando a casa.» Halta rispose prima di subito alla futura domanda del fratello, con tanto di occhiata di rimprovero. «Ti avevo detto che volevo venire con... voi...» tentennò perplessa quando una rosa spuntò davanti al suo viso.
«Cavolish, che stai facendo?» domandò Satch, il tono duro, lo sguardo lievemente omicida.
«Offro una rosa alla dolce Hal...»
«Non ha bisogno delle tue rose.» sentenziò Satch, portandosi in due falcate di fianco alla ragazza. «È la mascotte dei Moby Dick e sorella del capitano. Non le servono le rose per essere speciale e soprattutto non è il caso che stia così vicino a qualcuno di inaffidabile.»
«Allora dovresti spostarti Satch.» fece presente Izou, provocando uno scroscio di risa che venne serenamente ignorato da Satch.
«Tutto bene Halta?» domandò, rivolgendole uno dei suoi ghigni più splendenti. Halta, ormai color aragosta e con gli occhi puntati di fronte a sé, annuì rapidamente con la testa, concentrata per non andare in iperventilazione.
«Ehi Perona.»
Fu come essere attraversata da una scarica elettrica. In meno di un secondo il suo cervello registrò che si era distratta di nuovo, che ora non c'era più tempo per scappare e che, comunque, il corpo non sembrava rispondere. Almeno finché non si rese conto che era stato solo un brutto tiro del suo cervello.
Perché a chiamarla era stato Sabo e la sua mente ne aveva distorto il timbro quel tanto che bastava per accontentare il desiderio del suo cuore di sentire, una volta soltanto ancora, la voce di Ace pronunciare il suo nome.
In quel momento le gambe tornarono ad obbedire e Perona decise che era veramente arrivato il momento di uscire da quel campo minato e mettersi in salvo. -Scusate io devo andare. Buona fortuna.- mitragliò senza guardare in faccia nessuno, lanciandosi verso le scale.
«No, aspetta! Perona!»
Non si voltò nemmeno e provò ad accelerare ma Sabo era troppo veloce e fece appena in tempo a raggiungere il pianerottolo, subito fuori dalla porta del corridoio, che il biondo le si parò davanti prima che potesse imboccare le scale.
«Spostati.» sibilò un ordine, la voce avvelenata nonostante la luce implorante che le accendeva gli occhi. Perona sobbalzò nel sentire il proprio tono.
Sembravano passati anni luce dall'ultima che si era rivolta a qualcuno con tutto quell'astio e le veniva quasi da piangere. Non le piaceva quella Perona, non le piaceva più o forse non le era mai piaciuta.
Ma si sentiva come una belva in gabbia e aveva fretta di sparire.
«Ascoltami solo un momento, per favore.» chiese Sabo, calmo ma fermo nelle sue intenzioni e, almeno in apparenza, per niente contrariato o infastidito da come Perona gli si era rivolta.
Disarmata da tanta tranquillità e dalla genuina voglia che Sabo aveva di creare un contatto con lei, Perona si impose di calmarsi e annuì, non fidandosi della propria voce.
Sabo sorrise. «Domani sera do una festa a casa mia. Per tutti quelli del quinto.»
«Tutti?!» Perona non riuscì a trattenersi. Okay casa Monkey era grande ma tutti quelli del quinto erano tanti davvero e non sarebbero stati solo loro, ci sarebbero stati anche gli amici di Rufy, i vari partner, gli imbucati... Certo poi Sabo con casa propria era libero di fare quello che voleva. E comunque, perché poi glielo stava dicendo?
«Sì tutti.» confermò Sabo. «Quindi anche tu.»
Oh. Ecco perché.
Un brivido la scosse ma dissimulò rapida con una scrollata di spalle. «Non so se riesco a venire...»
«Anche solo un salto mi farebbe piacere.»
«Sabo io...»
«Pensaci almeno.»
«Ma non...»
«Perona ci tengo davvero!»
«Perché?!»
Il veleno era tornato. Insieme alla paura e alla voglia di piangere.
Se era una qualche stupida strategia per farle incontrare Ace... Magari era addirittura stato lui a chiederglielo. Lo stomaco le si strinse in uno spasmo. Perché?! Perché non poteva uscire dalla sua vita, uscire dalla sua testa, lasciarla in pace e basta?!
«Perché sei mia amica.»
Perona trattenne il fiato, presa in contropiede. Era legittimo credere che Sabo lo stesse facendo per suo fratello, su sua richiesta o di testa propria ma per il suo bene. Ma Perona era brava a leggere le reali intenzioni delle persone nei loro occhi, per lei erano come delle finestre aperte sui loro cuori. Anche o forse soprattutto per questo era diventata la ragazza isolata e misantropa che era, o per lo meno era stata fino a tre mesi prima, e che stavo rischiando di tornare ad essere.
Sì, Perona era sempre stata capace di leggere chiunque, tranne Ace. Lui l'aveva spiazzata, aveva fatto crollare le sue certezze e con esse le sue barriere, le aveva dimostrato che a volte sbagliava, le aveva dato un legittimo motivo per cominciare a credere che valesse la pena avventurarsi fuori dalla porta. E certo questo significava che doveva diventare ancora più diffidente ma al tempo stesso, paradossalmente, le aveva insegnato a dare una possibilità alle persone oltre a quella che era la sua prima impressione, a meno che ovviamente ogni fibra del suo corpo non le stesse urlando di non fidarsi.
Ma Sabo non era Ace e aveva avuto modo di conoscerlo ed era ancora in grado di leggerlo alla prima occhiata. E Sabo era sincero, non aveva secondo fini.
Sì, Sabo in quel momento non era il fratello di Ace, il paladino di un amore perduto o il complice di chissà quale contorto piano psicologico. Sabo era semplicemente suo amico.
Ed era difficile esprimere la propria gratitudine a lui o all'universo. Era difficile dire di no. Ma era difficile anche dire di sì.
«Io... ci penserò.» mormorò alla fine, titubando appena.
Sabo annuì, palesemente contento. «Okay! Fantastico!»
«Scusa se non mi fermo a sentirti, io...» cominciò Perona, torturandosi le dita ma la mano sollevata di Sabo la fermò.
«Non preoccuparti! Non vedrai l'ora di uscire da qui, quindi ora vai e goditi la giornata. Sei libera adesso.»
Perona lo fissò a occhi sgranati. Avrebbe voluto così tanto credere che fosse vero. «Grazie.» soffiò, quasi inudibile. «In bocca al lupo allora.»
«Grazie a te.» rispose Sabo, muovendosi per tornare indietro. Ormai era ora di entrare anche per lui. «Ci vediamo presto.»
«Ciao.» fu tutto ciò che riuscì ad articolare Perona, prima di restare sola sul pianerottolo a domandarsi cosa stesse facendo.
 

 
§

 
Sabato 9 luglio
Ore 22.45 ca.
 
Le sere d'estate erano le più belle e malinconiche. La stagione tanto attesa era anche la più breve e le ore notturne erano le sole realmente sfruttabili a causa del caldo cocente, nonostante Raftel fosse sul mare.
Quando il sole declinava verso l'orizzonte, lasciando campo libero alla notte che con il suo manto scuro portava una rigenerante freschezza, la città prendeva vita. Vivere la notte rendeva più consapevoli di quanto breve fosse la vita e l'estate e ogni tramonto era una silenziosa promessa di una nuova calda e profumata serata, una replica quotidiana di quella stessa promessa che si poteva respirare quando l'estate si avvicinava all'autunno e il freddo tornava a farsi pian piano più pungente. La promessa di tornare ancora, l'anno successivo, a regalare quelle emozioni che solo le sere d'estate sanno regalare.
Niente era vivo e malinconico come una sera d'estate. E quella per gli studenti del quinto della Raftel High School sarebbe stata la notte più bella, viva e malinconica di tutte.
Quella notte, a mezzanotte esatta, i nomi di tutti gli studenti del quinto anno sarebbero stati cancellati in massa e automaticamente dal database della scuola e sarebbe rimasto solo un file temporaneo con le votazioni ottenute da ciascuno di loro agli esami. Quella era la notte in cui ufficialmente si sarebbero lasciati alle spalle un passato da cui non volevano davvero separarsi per incamminarsi verso un futuro che bramavano di cominciare a vivere.
O forse era solo Perona a essere troppo romantica. A guardare la fauna che avevo invaso casa Monkey le venivano in mente molte cose ma di certo nulla di poetico. No, tra gli aggettivi che si gonfiavano nella sua mente come bolle di sapone, man mano che osservava la scena davanti ai suoi occhi, non c'era né poetico né romantico.
Anarchico, forse. Animalesco, di sicuro. Apocalittico, se continuavano così.
Come aveva immaginato. erano presenti ben più studenti di quelli del quinto, che avevano invaso il piano terreno, il giardino e la piscina. Come aveva immaginato, l'alcool scorreva a fiumi e la musica faceva vibrare l'aria da una cassa portatile delle dimensioni di un minifrigo. Come aveva immaginato era un delirio.
E ciò nonostante aveva deciso di andare ma questo perché, per quanto pessimistica fosse la propria visione delle feste, Izou che, sul bordo vasca e con un salvagente a forma di papera intorno ai fianchi, agitava la sua mercanzia, protetta solo da un costume da bagno crema e bagnato, in faccia a Kidd andava ben oltre la sua immaginazione.
Era ancora ferma e impietrita a osservare la scena, consapevole che a breve sarebbe stata testimone di un omicidio, quando Koala apparve dal nulla e trascinò via Izou, tirandolo per lo chignon, un attimo prima che il pugno di Kidd lo colpisse in pieno sui gioielli di famiglia. Caracollarono all'indietro e Koala rovinò a terra quando Izou inciampò nei suoi stessi piedi e le cadde addosso con tutta la propria mole, non pesantissima certo ma indubbiamente neanche leggera.
Perona scattò istintivamente in avanti ma fece giusto due passi prima che Nami accoresse sul posto per aiutare i due amici mentre Law, dall'altra parte della piscina, era già scattato in piedi e si stava avvicinando, apparentemente calmo ma con passo molto più rapido della sua abituale andatura.
Perona si paralizzò di nuovo. Doveva smettere di comportarsi a quel modo, doveva ricordare che nessuno aveva bisogno di lei o si sarebbe scottata e fatta molto molto male. Doveva tornare a essere più razionale e tagliare quel filo diretto che si era venuto a creare tra cuore e testa e per tre mesi le aveva fatto fare cose che mai avrebbe pensato di fare prima. Ridere a una battuta idiota di Sabo, proporre una pizza improvvisata, appoggiare il capo sulla spalla di Ace.
Era stata una stagione rubata e nient'altro. In fondo non poteva pretendere, non dopo aver sempre tenuto tutti a distanza per cinque anni. Erano stati gentili ad accoglierla ma non si stupiva che non sentissero la sua mancanza o che nessuno avesse notato il suo arrivo. Non ci sarebbe mai dovuta nemmeno andare.
Due giorni di riflessione ed era riuscita a fare la scelta sbagliata. Non si riconosceva proprio più. Fatto sta che ormai era lì e, viste le parole di Sabo, le sembrava il minimo almeno farsi vedere da lui, salutarlo, fargli credere che fosse lì e poi andarsene subito. Non se ne sarebbe mai accorto che era andata via con tutto quel casino.
Attenta a non avvicinarsi troppo alla folla impazzita, Perona si mosse verso la porzione di giardino che costeggiava il bordo vasca, prendendo dei profondi respiri per non farsi sopraffare dal panico a causa di tutta quella gente. Si guardò intorno, studiando le facce schizzate d'acqua o lucide di sudore, illuminate quel tanto che bastava dagli zampironi e dai lampioncini. Riconobbe subito Baby e Valentina che ballavano insieme alle altre cheerleader, tutte imbucate, così come Bonney che parlava fitto con Nojiko, che invece, almeno lei, era del quinto. Ishley era in vasca insieme alle compagne della squadra di nuoto, Kayme compresa anche se era solo al terzo anno, e parlava fitto con una di loro, una castana dallo sguardo languido, Seira se non ricordava male, indicando con cenni del capo qualcosa o qualcuno fuori dalla grande piscina.
Perona seguì la traiettoria dei cenni di Ishley fino a posare gli occhi su un imbarazzato Pen e un insistente Shachi, che parlava fitto con l'amico e indicava, molto meno discretamente della propria ragazza, verso Ishley e Seira. Nessuno dei due sembrava essersi accorto che, alle loro spalle, Jean Bart e Bepo ballavano, imitando scomposti i passi che Aphelandra e Gerth stavano cercando di insegnare loro.
Perona sentì una risata salirle alle labbra e portò una mano a coprirsi la bocca, appena un po' appiccicosa di gloss rosso corallo  ma il sorriso le morì sul volto quando si rese pienamente conto di cosa stava effettivamente facendo.
 
Quando ti viene il panico per la folla, tu guardali in faccia! Guardali uno ad uno, concentrati su un viso per volta. Ti sembreranno molto meno spaventosi e potresti assistere anche a qualche scena ridicola.
 
La voce di Ace risuonò forte e chiara nella sua mente, la voce di Ace che le suggeriva quel metodo in apparenza così idiota ma che funzionava, oh se funzionava. Funzionava così bene che funzionava persino quando lui non era lì.
Un boato esplose alle sue spalle e Perona realizzò che si era fermata nel suo erratico districarsi da quell'ammasso di corpi, che erano i suoi compagni di scuola, nel momento in cui si girò di scatto, solo per scoprire che la sfiga quella sera aveva deciso di perseguitarla e che metà della squadra di rugby si stava riversando in giardino dalla portafinestra della cucina e lei era proprio nel bel mezzo della traiettoria, pietrificata e incapace di muoversi. Prima di poter protestare, accovacciarsi a terra o fare qualcosa di più sensato come levarsi di mezzo, Perona si ritrovò sospinta verso il bordo della piscina, decisamente troppo a stretto contatto con decisamente troppe persone per riuscire a concentrarsi sul proprio respiro e mantenerlo regolare o per usare il trucco che le aveva insegnato Ace.
Lo stomaco le si strinse in una morsa, il cuore accelerò e prese a rombarle nelle orecchie e il respiro le si mozzò, facendosi sempre più irregolare e ravvicinato fino a darle l'impressione che l'aria non le stesse più arrivando ai polmoni.
Gocce d'acqua le sferzarono la pelle come mille schegge di vetro ma Perona non riuscì a individuarne la fonte attraverso le lacrime che ormai le riempivano gli occhi e distorcevano la vista.
Realizzò vagamente di essere in ginocchio e nuovamente libera ma non aveva la forza né la volontà per approfittarne e correre via, era troppo concentrata a forzare quel poco ossigeno che riusciva a passare attraverso la sua gola occlusa giù per la trachea e nei polmoni.
Un viso apparve nel suo sfocato campo visivo, in cima a un fisico imponente e circondato da quella che pareva una criniera bionda. Qualcosa nei meandri della sua mente le disse che conosceva quella persona ma non era assolutamente in grado di dire chi fosse. Per fortuna, il suo udito restava intatto anche durante gli attacchi di panico.
«Ti sei fatta male?» domandò il viso sfocato, dandole finalmente un nome. Killer.
«Perona!»
Ishley.
«Perona!»
«Perona!»
Koala. Bibi.
«Che ha? Sta male?»
«Dobbiamo chiamare un dottore!»
«Non avvicinatevi. Lasciatela respirare.»
Law.
«Cosa le è successo?»
Sabo.
Perona sentì il pianto crescere. Perché? Perché erano tutti lì, tutti preoccupati per lei, tranne lui? Perché lui non c'era?! Perché?!
Killer allungò una mano verso di lei e Perona avrebbe voluto dirgli di non avvicinarsi, che era meglio non toccarla in quei momenti, ma non riusciva a muovere un solo muscolo figuriamoci parlare. Avrebbe urlato, lo sapeva.
«Aspetta ti aiu...»
«Killer!» lo richiamò Law, troppo tardi.
Perona prese fiato. Due braccia la circondarono da dietro e la sollevarono da terra. La voglia di urlare scomparve così com'era arrivata, l'ossigeno ricominciò ad arrivare ai polmoni, la testa smise di girare. Solo le gambe continuavano a tremarle ma era colpa di quanto appena successo, che le aveva risucchiato le energie.
Non aveva bisogno di un volto né di una voce. La reazione del suo corpo era fin troppo eloquente per non sapere chi la stava stringendo come se ne andasse della sua stessa vita.
Perona si abbandonò contro il petto di Ace, sfinita e si lasciò guidare in casa senza una parola.
«È tutto a posto. Ha avuto solo un attacco di panico.» sentì Law spiegare in lontananza.
Qualcuno aveva abbassato la musica.
«Quando le capita è meglio non avvicinarsi troppo.» aggiunse Koala.
«Ma Ace...»
«Lui può, Killer.» tagliò corto Sabo.
Perona continuò a camminare senza preoccuparsi di dove stesse andando e senza sapere come si ritrovò al secondo piano della casa, in una camera da letto, seduta a una scrivania. Ancora un po' spersa si guardò intorno, i sensi rallentati.
C'era una quantità incalcolabile di vestiti sparsi dappertutto, quasi tutti jeans alla zuava e magliette o camicie rosse, sul muro la locandina di "Pirati dei Caraibi" e un'amaca al posto del letto.
Decisamente non la stanza di Sabo.
«È la stanza di Rufy. Dai mangia qualche patatina, ti farà bene.»
Perona tornò completamente in sé e si girò di scatto verso Ace, seduto di fronte a lei, un piatto colmo di patatine fritte posato in mezzo a loro. Quando Perona spostò gli occhi, ora asciutti, dal mucchio di bastoncini dorati a quel volto di cui conosceva a memoria ogni solco, fossetta e lentiggine il cuore le si fermò per un attimo. Perché Ace stava sorridendo e, oh quanto le era mancato quel sorriso.
Le faceva così bene vederlo e al tempo stesso così male. Perché non c'era traccia di tristezza o malinconia in quel sorriso. Allora l'aveva davvero dimenticata.
Più per distrarsi che per sincero appetito, Perona afferrò una patatina e si mise a mangiucchiarla svogliata mentre Ace se ne infilava in bocca cinque o sei per volta, prima di afferrarne altre tre e puciarle in una ciotola che si era portato dietro, che conteneva una sostanza chiara e cremosa ma troppo soda per essere panna acida. Distratta dal cercare di capire cosa fosse, Perona allungò meccanicamente una mano verso le patatine e ne afferrò altre due, ficcandosele in bocca con poca grazia e le sopracciglia corrugate.
Ace sbuffò una risata quando la vide masticare pianissimo solo un'estremità delle due patatine, gli occhi puntati sulla ciotolina e l'espressione tra l'imbronciato e il concentrato.
«Vuoi?» offrì Ace, allungando il braccio verso di lei per avvicinare la ciotola.
«Cos'è?» mugugnò Perona, così distratta da non realizzare che aveva la bocca ancora mezza piena.
«Panna montata.»
Perona sgranò gli occhi e mandò giù in un unico colpo, prima di esclamare: «Panna montata?! Con le patatine fritte?!»
«L'ho scoperta due settimane fa. Ora non posso più farne a meno.» aggiunse Ace, abbassando la voce, il tono più serio e uno sguardo così intenso puntato su di lei che Perona ebbe paura che il cuore le sarebbe uscito dal petto. «Dai prova!» insistette tornando al suo tono gioviale.
Ipnotizzata, Perona avvicinò la patatina alla panna, incapace di staccare i propri occhi dai suoi, quando un pensiero la colpì. «Ma almeno è quella montata a mano?» chiese.
Ace corrugò le sopracciglia e Perona riuscì a vedere il suo cervello lavorare al doppio della sua normale portata per metabolizzare la domanda e produrre una risposta. «Eh?!»
Perona sospirò rassegnata. «Dico, è quella montata a mano o è quella spray?»
«Perché, esiste una panna montata diversa da quella spray?» domandò Ace, sinceramente sorpreso.
Perona lo fissò basita alcuni istanti prima di reagire. «Non la voglio, grazie.» rifiutò decisa è un po' scocciata. Per chi l'aveva presa? Lei non mangiava certe schifezze come la panna spray!
«Come vuoi. Non sai cosa ti perdi!» Ace si strinse nelle spalle, senza perdere il proprio entusiasmo. «Oggi ho rotto l'anima a Sabo perché tornassimo al supermercato a comprarla.» raccontò ridacchiando sotto i baffi. Perona si voltò verso di lui con un'espressione tra l'incredulo e il sofferente, il petto stretto da una morsa. Sembrava che le ultime settimane non fossero mai esistite. Che avessero ripreso lì dove avevano lasciato, quel giovedì sera al cinema, prima che lei scappasse via da lui e da tutto il bene che le faceva. «Quando ha scoperto a cosa mi serviva ha provato a soffocarmi. Oh, ehi! Com'è andato l'orale? Ishley mi ha detto che sei stata eccezionale, non che io avessi dubbi. E poi il sangue! Che figata, Perona, io...»
«Ace basta!»
Perona alzò la voce e serrò le palpebre, per bloccare le lacrime che avevano ripreso ad ammassarsi nei suoi occhi di ossidiana. «Perché lo fai?» domandò in un roco sussurro, ancora senza guardarlo.
«Di cosa stai parlando?»
«Essere gentile con me! Perché lo fai?! Dopo il male che ti ho provocato dovresti solo odiarmi e non volermi vedere mai più! Perché lo fai?!? Perché non mi hai dimenticata?!?!» esplose alla fine Perona, riaprendo gli occhi, girandosi verso di lui e lasciando che le lacrime ricominciassero a sgorgare.
Era arrabbiata ma anche così piena di speranza. Per il suo bene, voleva sentirgli dire che stava solo cercando di aiutarla in onore dei vecchi tempi e che ovviamente era andato avanti ma, per il proprio, voleva anche sentirgli dire che non l'avrebbe mai potuta dimenticare, non così facilmente. Ma nella confusione che le affollava la mente in quel momento, non si sarebbe aspettata di sentire la risposta che Ace, viso sorridente ma tono fermo e serio, le diede.
«Sto lottando per te.»
Perona trattenne il fiato.
«Una persona mi ha ricordato che ne vale la pena e quindi sto lottando per te.»
«No.» scosse il capo Perona. «Non ha senso quello che dici!»
«Perona...»
«Perché ora? Dopo tutto questo tempo in cui non mi hai mai cercata! No, è perché mi hai rivisto! Non sarei mai dovuta venire, lo sapevo!» si alzò in fretta e furia per uscire da lì e tornarsene a casa.
«Sarei venuto a cercarti domani!»
Ace non si era nemmeno alzato dalla sedia, gli era bastata la sua voce per fermarla a pochi passi dalla porta. E dopotutto, Perona voleva stare a sentire. Voleva capire.
«Dovevo provare una cosa a me stesso e dovevo aspettare la fine dei miei esami. E dopo ho aspettato ancora per non distrarti dai tuoi.»
«Una cosa... a te stesso?»
Ace annuì, alzandosi in piedi e muovendo qualche cauto passo verso di lei.
«Dovevo dimostrare a me stesso che ce la faccio anche senza di te. Ed è così. Non ho bisogno di te.»
Perona sobbalzò. Se le avesse tirato un pugno nello stomaco le avrebbe fatto meno male. Ma in fondo era così che doveva andare, era meglio per tutti. Era meglio per Ace.
«Ma non voglio stare senza di te. Non sei indispensabile per la mia esistenza... ma per la mia felicità... quella è tutta un'altra storia. E adesso so che ce la posso fare a essere anche solo amici, se tu non vuoi niente di più. Ma sei come la panna montata sulle mie patatine. Da quando l'ho scoperta non voglio più stare senza. Potrei cercare di farne a meno ma non voglio.»
Perona lo fissò, il fiato corto, la testa come staccata dal corpo. Non riusciva a credere alle proprie orecchie e, se non fosse stata così pietrificata da quello che aveva appena sentito, si sarebbe gettata tra le sue braccia.
Ma no, non poteva, era una follia.
«Ace te l'ho già detto.» protestò flebilmente, scuotendo la testa per tornare lucida. «Non funziona, questo...»
«Davvero? Non funziona? Secondo te questo non funziona?» la sfidò, determinato, indicando lei e se stesso un paio di volte.
«Tu non mi conosci...»
«Penso di conoscerti piuttosto bene, ormai.»
«Vedi quello che vuoi vedere!»
«Non cambierei un solo millimetro di te. Perona, per favore...»
«Io non posso! Non posso farti questo! Non adesso!» Perona battè un piede a terra, per cercare di sfogare la frustrazione. «Sono troppo scostante e indecisa! Non... non so nemmeno cosa farò l'anno prossimo! E se decidessi di andarmene da Raftel?! Io non credo nelle storie a distanza, diventerei paranoica e rovinerei tutto, ti avrei rubato un'estate solo per farti stare male dopo e...»
«Verrò con te.»
Perona ammutolì, interdetta da ciò che Ace aveva detto e dalla naturalezza con cui l'aveva detto. «C-come?!»
«Se te ne andrai da Raftel verrò con te.»
Stava scherzando vero?! Doveva stare scherzando perché oltretutto sorrideva. Certo se solo non fosse stato Ace che aveva lo stramaledetto vizio di sorridere sempre!
«È una follia!»
«No che non lo è.»
«Ma è del tuo futuro che parliamo! Non puoi sacrificarti per me!»
«Non mi sto sacrificando.»
«Hai sempre detto che volevi girare il mondo!»
«Possiamo farlo insieme.»
«E se non dovesse funzionare?»
«Correrò il rischio.»
«Non sai neppure se c'è la facoltà di geologia dove voglio andare io!!»
«Se ne può discutere e male che vada opterò per i vigili del fuoco.»
«E poi questo non è sacrificarsi?»
«Assolutamente no! A dire il vero mi leverebbe il fastidio di dover decidere.»
«Oh santo...» Perona rise amaramente. «Ma senti cosa stai dicendo? Pensa prima di parlare, Ace!»
«Perona, io non riesco a pensare quando si tratta di te. Mi vai dal cuore alla testa*.» ammise con una semplicità così disarmante da porre fine alle sue proteste. Ace riprese a camminare verso di lei per fermarsi a neanche un braccio di distanza. «E tu invece... Tu pensi sempre troppo. Come quella sera al cinema, quando mi hai lasciato perché non volevi farmi soffrire. Vero?»
Perona deglutí a vuoto, gli occhi che le pizzicavano. Di nuovo. «Io... io...»
«Questo è un rischio che voglio decidere io se correre o meno. Va bene per te?»
Un boato esplose in giardino, attraverso la finestra spalancata per far entrare l'aria.
«È quasi mezzanotte!» urlò qualcuno.
Era quasi mezzanotte. Era quasi l'inizio della loro nuova vita. E Ace sapeva esattamente con chi voleva iniziarla.
«Perona...»
«Dieci!»
«Ace io non...»
«Nove!»
«Non pensare. Rispondi e basta.»
«Otto! Sette!»
«Sí o no?» insistette ancora Ace, tendendole una mano, gli occhi accesi di speranza e determinazione.
«Sei! Cinque!»
Perona spostò gli occhi dalla mano al suo viso, alla mano al suo viso.
«Quattro!»
«Andrà tutto bene piccola. Te lo prometto.»
«Tre!»
Perona scosse il capo.
«Due!»
«Ti odio, Portuguese D. Ace!»
«Uno!»
Gli afferrò la mano e si gettò tra le sue braccia. Le sue labbra trovarono quelle di Ace proprio nel momento in cui il boato di esultanza esplose al piano di sotto, manco fosse il primo dell'anno.
Ma Ace e Perona non li sentivano nemmeno, stretti l'uno all'altra, persi l'uno nell'altra, impegnati a scoprirsi, a scoprire per la prima volta il sapore l'uno dell'altra. Per la prima volta ma non per l'ultima. Oh di certo non sarebbe stata l'ultima, questa era una promessa.
Continuarono a non sentire niente nemmeno quando si staccarono per riprendere aria, guardarsi negli occhi, occhi lucidi e di nuovo vivi, e sorridersi, felici ed elettrizzati.
Consapevoli, mentre tornavano ad annullare qualsiasi distanza, che quello era solo l'inizio.
 
 





Meno zero secondi alla fine ufficiale degli esami.
 
Meno quattordici giorni alla vacanza a Dressrosa.
 
Meno due mesi e nove giorni all’inizio dei corsi all’Accademia delle Belle Arti e all’Università di Drum.
 
Meno due mesi e undici giorni all’inizio dei corsi all’Università di Ohara e Water Seven.
 
Meno due mesi e sedici giorni all’inizio dei corsi all’Università di Marijoah.
 
Meno due anni, undici mesi e dieci giorni al viaggio a Shandora.
 
Meno quattro anni, dieci mesi e quattordici giorni alla laurea di Koala.
 
Meno quattro anni, undici mesi e dodici giorni alla laurea di Perona.
 
Meno cinque anni alla prima rimpatriata.
 
Meno cinque anni e venti giorni al viaggio a Zou.
 
Meno cinque anni, tre mesi e ventidue giorni alla laurea di Ace.
 
Meno cinque anni, nove mesi e ventinove giorni alla laurea di Bibi.
 
Meno cinque anni, dieci mesi e ventisei giorni alla laurea di Law.
 
Meno sei anni e un giorno alla laurea di Sabo.
 
Meno sei anni e nove giorni alla vacanza a Wa.
 
Meno sei anni, nove mesi e tredici giorni alla nascita di Dex.
 
Meno otto anni, due mesi e tre giorni al matrimonio di Sabo e Bibi.
 
Meno otto anni, sei mesi e dodici giorni alla nascita di Tye.
 
Meno otto anni, dieci mesi e venticinque giorni al matrimonio di Law e Koala.
 
Meno nove anni, tre mesi e otto giorni alla nascita di Hero e Lily.
 
Meno nove anni, nove mesi e nove giorni alla nascita di Yona.
 
Meno nove anni, undici mesi e sei giorni alla nascita di Naminè.
 




*Dal cuore alla testa - B-nario
  
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