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Autore: Jade_S    21/06/2017    0 recensioni
Brux Erol ha diciassette anni. Nonostante la sua giovane età, i suoi sogni, le sue capacità e il suo desiderio di essere qualcuno è, purtroppo, costretta a lavorare per potersi mantenere: suo padre è in giro per il mondo; lui è Alfons Erol, un imprenditore molto importante e conosciuto ma, nonostante ciò, non passa un centesimo ai figli.
Sua madre invece è malata ed è in ospedale da molto tempo; i due si sono ritrovati ad affrontare una rottura qualche anno prima.
Si ritrova sola con il fratello Jake e la sorella Elvira, rispettivamente di ventidue e diciannove anni.
Jake, pur aiutando economicamente le due sorelle non ha abbastanza soldi, poiché deve mantenere anche suo figlio Karl di quattro anni avuto con Carol, studentessa di vent'anni.
Elvira lavora in un bar, nonostante il suo compagno Mark la aiuti molto ma, presto, si troverà in una situazione che renderà tutto molto più difficile.
Brux, invece, lavora in un negozio di abbigliamento; è qui che incontrerà qualcuno che, pur non avendo delle buone intenzioni su di lei, la farà ammattire e innamorare. Qualcuno che nonostante tutto la renderà felice. Qualcuno che la salverà da tutto.
Lei verrà rapita, a seguire, per motivi a lei sconosciuti.
Genere: Drammatico, Erotico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Zayn Malik
Note: AU, Lemon, Lime | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti, Violenza
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«Allora? Cosa ti ha detto?» si precipita come un fulmine verso di me Abby, riempiendomi di domande. Tra meno di dieci minuti saranno le tredici esatte, ed io sono ferma qui con il cellulare in mano a passare un po' di tempo, mentre le altre ragazze stanno sistemando il resto del negozio e qualcun'altra ha chiesto a Jason di poter andare via prima. Sospiro e rispondo alla mia amica: «Beh, nulla. Diciamo che ha fatto una faccia strana quando ha sentito il mio nome, mi ha parlato un po' di lui e della sua famiglia, mi ha dato appuntamento alle tredici qui e da cretina ho accettato l'invito di uno sconosciuto. Ottimo, no?» dico sarcasticamente guardando il cellulare, mentre scrivo a mio fratello che rientrerò un po' più tardi oggi. Lo stupore sul suo viso cresce: «Wow Brux, e ti lamenti? È una cosa bellissima, non capisci? Nel senso, un figo della Madonna ha cominciato a parlarti! E per di più ti ha parlato della sua famiglia perché forse vorrebbe presentarti ai suoi e, chissà, magari è innamorato di te dopo tre mesi di spionaggio. Ti sta facendo la corte, è qualcosa di magnifico, capisci?» dice entusiasta. Abby è davvero una ragazza ingenua, non capisce spesso il pericolo di determinate situazioni ma, nonostante ciò, sa come difendersi. Scuoto la testa e mordo il mio labbro inferiore: «Spionaggio? Innamorato, e addirittura la corte? Abby, sei seria? Tesoro, ascolta: non vuole presentarmi ai suoi e, anche se così fosse, non potrebbe farlo.» ammetto, un po' dispiaciuta per la situazione di Harry. «E perché mai? Sentiamo.» dice, alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia. Oh Abby, che testa dura. «Suo padre è morto tre anni fa, sua madre si è sposata con un altro uomo non considerandolo più un figlio, e per di più lei abita in Inghilterra con il compagno. E poi, ehi, chi mi porterebbe in Inghilterra per presentarmi ai genitori? O meglio, alla madre che se ne frega altamente del figlio?» spiego. Il suo viso cambia del tutto espressione, deglutisce e, sciogliendo le braccia, dice: «Come si chiama?» è abbastanza preoccupata, non capisco perché abbia reagito così. Non è il primo ragazzo sulla terra con una situazione del genere; io per esempio, non ho mio padre. No, Brux, non paragonarti ad un ragazzo che ha perso il padre che potrebbe essere stata una brava persona e amava suo figlio, mi ripete il mio subconscio. «La madre non lo so, ma lui si chiama Harry Styles -spiego-, ed è inglese, di Holmes Chapel, da quanto ho letto sulla sua carta d'identità.» Per un attimo Abby guarda un punto indefinito della stanza, deglutisce e comincia ad aprire gli occhi sempre di più, leggermente, e la sua bocca è semi-aperta. Schiocco le dita davanti al suo viso per farla riprendere: cos'hanno tutti oggi? Tutti imbambolati al suono di nuovi nomi? Quel ragazzo ha cambiato espressione sentendo il mio nome, Abby adesso è sotto shock dopo aver sentito "Harry Styles" e insomma, non ci capisco più nulla. «Abby, ehi!» urlo davanti a lei. Lei mi guarda, si riprende e dice: «Ehm, scusa Brux, stavo pensando ad altre cose, nel senso ho sentito di questo ragazzo e della sua storia che mi...mi ha colpita parecchio, anche se non...non so come siano andate le cose veramente. Tutto apposto, tranquilla.» sorride un po' falsamente balbettando, e quando lei balbetta, mente. Cosa le prende? Mi ha sempre detto tutto e non mi ha mai mentito, perché si sta comportando così? So che sta dicendo la verità, ma non per intero. La sua è solo una versione, e sono sempre più confusa: suo padre è giornalista, sa tutto di tutti, Abby è sempre aggiornata, anche su fatti accaduti nel 1970, per dire. «Cos'hai Abby? Non sei mai stata così con me, ti vedo strana.» dico sinceramente. Lei mi guarda e dice: «No tesoro, tranquilla, non ho nulla. Stavo pensando, scusa.» sorride, questa volta con un sorriso più vero. Sorrido anche io e le dico: «Va bene.», poi la abbraccio. Anche se so che non è vero il fatto che pensava ad altro, la rispetto, perché è giusto così. Forse non si sente sicura e me ne parlerà più avanti, oppure non me ne parlerà completamente, ma è una sua scelta ed io lo accetto. Lei mi stringe più a sé, poi mi guarda: «Ricordati che per qualsiasi cosa io ci sono, okay? Qualsiasi cosa ti succeda, tu chiamami, qualsiasi persona voglia farti del male, parlane con me. Okay?» dice, con un sorriso un po' preoccupato e gli occhi lucidi. Ammiro queste sue parole, anche se non ne capisco il motivo. È successo qualcosa che dovresti sapere, forse, mia cara Brux, interviene il mio subconscio. «So che tu ci sei, Abby.» sorrido e poi, per togliermi ogni dubbio, le chiedo: «C'è di mezzo quel ragazzo, Harry, per caso? Nel senso, il tuo comportamento e queste tue parole, sono dovute a lui?» Lei scuote la testa e dice: «No, lui non c'entra. Anzi, spero per lui che ti tratti bene, altrimenti gli finirà male.», ridacchia poi. Io sorrido e le dico un sincero: «Ti voglio bene.», che lei ricambia con un bacio in guancia. Questa storia e la sua reazione mi hanno un po' impaurita, e il fatto che lei non ricordi con precisione tutto, è una stupidità assurda. Non perché ne sono convinta, forse un po', ma perché conosco Abby da due anni e mezzo, perciò so com'è fatta e capisco quando dice una bugia. Dopo qualche minuto sento il mio cellulare vibrare, così decido di vedere chi è. È un numero che praticamente non ho mai visto, non è salvato tra i miei contatti ma, comunque, decido di rispondere lo stesso sotto lo sguardo confuso della mia migliore amica. «Pronto?» rispondo. «Ehm, ciao Brux, sono Harry. Volevo dirti che sono al bar dietro l'angolo dal negozio in cui lavori, il Black Devils, ti sto aspettando.» Harry? Come diavolo ha avuto il mio numero questo ragazzo? «Oh, ehm, sì certo, qualche minuto e arrivo, okay?» «Va bene, fai con comodo.» dice, e poi riattacca. Tengo il cellulare in mano con molta paura: non ricordo di avergli dato il mio numero stamattina. Ma può anche darsi anche che glielo abbia dato, vero? Abby mi guarda e dice: «Chi era?» Io sospiro: «Era Harry, non so come abbia avuto il mio numero, a meno che non sia stata io a darglielo stamattina, con tutte queste ore di lavoro ho la testa tra le nuvole.» spiego. Lei mi guarda, deglutendo di nuovo (è un gesto che fa quando ha paura, quando sa che qualcosa non va), poi dice: «Capisco, non dirlo a me...-sospira-, allora, quando viene?» chiede. «Mi aspetta al Black Devils e non so se sono presentabile o meno, mio Dio.» sbuffo. Oggi sono uno straccio: ho il viso pallido e gli occhi super stanchi e assonnati, ma spero che comunque Harry non se ne accorga. «Ti fai troppi complessi, tesoro -ammette-, ma non preoccuparti. Vedrai che con un po' di...-si ferma per cercare qualcosa dentro la sua borsa, e vedo tra le sue mani una tinta labbra leggermente violacea-...con un po' di questo, sembrerai ancora più carina di quanto non la sia già, mia cara.» sorride, per poi darmi tra le mani la tinta di sua proprietà: la metto, guardandomi nello schermo del cellulare, e poi mi volto verso di lei. «Bene Bridgitte, vai. Sei bellissima.» dice entusiasta, come se una tinta potesse fare miracoli. Insomma, è solo un po' di colore sulle labbra, cos'ha di tanto speciale? «Oddio, Abby. Se odi così tanto il nome Brux, almeno evita di chiamarmi Bridgitte. Sai che preferisco che tutti quanti mi chiamino Brux.» dico, piuttosto infastidita, ripensando al fatto che mi ha chiamata con il mio nome di battesimo. Sono una ragazza dal nome antico e complicato: Bridgitte Roxana Erol, che si trasforma in un nome poco sentito, raro, quasi inesistente, Brux Erol. Penso che chiunque abbia questo diminutivo, possieda il mio stesso nome o sia una fanatica di Bruxelles. Non che non mi piaccia il nome Bridgitte, anche se sinceramente è un po' antico, ma appartiene ad una persona che praticamente non conosco ma che, teoricamente, è la mia nonna paterna: non l'ho mai conosciuta. Il nome Roxana invece è stato scelto da mia madre quando ero nel suo grembo, per questo lo preferisco, ma per evitare confusione, un "mix" non fa male a nessuno: Brux, semplice. Abby mi guarda interrogativa, poi ride e dice: «Va bene, signorina Brux dai mille nomi.» Io scuoto la testa e lei mi guarda: «Buona fortuna con il tipo.», conclude poi, tornando seria. Io annuisco sospirando e poi mi saluta con un dolce bacio sulla guancia, andando verso la sua macchina. Sospiro, non so come sarà tutto questo: e se volesse farmi del male? No è impossibile, non sembra un ragazzo del genere, anzi, lo considero molto gentile ed educato. Perché sei così paranoica, ma soprattutto, perché ti preoccupi sempre, Brux? Andrà tutto bene, fidati, mi incoraggia la mia testolina. Per evitare tutte queste paranoie e i pensieri strani che mi vengono in testa, decido finalmente di dirigermi verso il Black Devils. Faccio un lungo sospiro e poi poso il cellulare dentro la borsa. Non succederà nulla, devi stare tranquilla, continuo a ripetermi. Il bar è praticamente dietro l'angolo, quindi appena giro vedo Harry, un po' in lontananza, seduto su una sedia fuori dal bar: non mi ha ancora vista. Sta fumando una sigaretta, i suoi capelli leggermente lunghi sfiorano le sue spalle, e i suoi occhioni verdi guardano il panorama che lo circonda: è pensieroso. È un bellissimo ragazzo, devo ammetterlo, ma suppongo sia molto più grande di me: venti anni li ha, di sicuro. Percorro tre metri circa per arrivare verso di lui, finché mi vede e sorride: «Ci si rivede, Brux.» dice, sfoggiando un bellissimo sorriso e buttando la sigaretta oramai consumata a terra. Io ricambio il sorriso: «Già.» rispondo. Lui si alza e, superandomi notevolmente di altezza, si abbassa per salutarmi con due baci sulle guance; ha le labbra calde e morbide, il mio corpo è invaso da brividi. Sorrido quando si stacca, un sorriso che lui ricambia. Ti senti così perché nessun ragazzo ti ha mai dato due baci in guancia, quindi sei molto imbarazzata, dice la mia testa. È vero, cavolo. Ho diciassette anni ma devo ammetterlo, sono ancora vergine. Non sono mai stata fidanzata, non mi sono mai innamorata, soltanto perché sono impacciata con i ragazzi, non ci so fare. Sono buffissima quando parlo con un ragazzo, divento rossa in viso e il cervello va in tilt. Qua fuori fa abbastanza freddo, il clima non è dei migliori: siamo nel centro di Gennaio e siamo sotto gli zero gradi. Stamattina, e ancora adesso, c'era la brina e pur essendo qualcosa che mette di buon umore alla vista, il corpo dice "no" alla temperatura gelida. Parlando di brina, sta per nevicare dato che, ahimè, la temperatura si sta abbassando notevolmente. Spero soltanto non nevichi quando devo tornare a casa, oppure congelerò. «Che ne dici se ci mettiamo dentro? Qui fuori si congela.» non esito a chiedere. Lui sorride e dice: «Va bene, entriamo.» Dopo aver raccolto le sue cose, entriamo dentro il bar, decisamente molto più caldo. Mi piace molto l'aria di questo bar, sono felice che abbia scelto questo posto; nonostante il nome possa sembrare qualcosa di brutto, l'aspetto è molto diverso: le pareti sono nere, arricchite da dei quadri con le cornici beige, i divanetti sono di pelle nera e i tavoli sono di vetro, ricoperti da tovaglie beige con sfumature nere, ci sono anche parecchi riscaldamenti e ringrazio chiunque li abbia accesi. Il locale oggi è deserto, sarà forse per il freddo. «Vuoi qualcosa?» mi chiede dopo esserci seduti, svegliandomi dai miei pensieri. Mi guarda sorridendo, sono sicura di essere con le guance rosse e gli occhi quasi lucidi: mia sorella li chiama "Effetti collaterali di Brux quando sta con un ragazzo". «Hm, per me va bene anche un bicchiere d'acqua.» ammetto, lui ridacchia e dice: «Vuoi un caffè?», poi annuisco. Quando il cameriere si avvicina a noi scrutandomi e sorridendomi, Harry prende le ordinazioni abbastanza infastidito e, appena il ragazzo va via, Harry comincia a valutare se parlare o meno. Spero cominci un discorso, dato che sono in imbarazzo. «Allora, Brux.» dice guardandomi, io lo guardo e sorrido leggermente, arrossendo ancora di più: «Quanti anni hai?» continua. «Diciassette, li ho fatti da poco.» ammetto, poi continuo: «Tu?» Lui mi guarda con un sorrisino molto strano, poi dice: «Sei molto piccola, per lavorare in un negozio di abbigliamento ed essere figlia di Alfons Erol, un imprenditore che potrebbe darti tutto ciò che vuoi, non credi?» Ho sentito bene? Come sa queste cose? Brux, mantieni la calma. Respira, non cominceranno di nuovo; sono soltanto incubi, tu mantieni la calma e sii te stessa, dice la parte coraggiosa e ottimista di me. Io deglutisco e, balbettando, dico: «Co- come... sai queste cose?» Comincia a mancarmi il respiro, è questo l'effetto che mi fa mio padre. Non sopporto parlare di lui, non ci riesco e se ci provo, comincio a respirare a fatica. Lui mi guarda e dice: «No, tranquilla, era per dire. Sai Brux, città si parla, e si parla anche di tuo padre -sospira, poi continua-, e non in modo positivo.» Io abbasso lo sguardo e, cercando di respirare, dico: «Io non centro nulla con mio padre, siamo due persone differenti.» Lui mi guarda socchiudendo gli occhi, come se stesse avendo un deja-vù, e collega ciò che pensa alle mie parole. Che cosa sta succedendo? Sapevo che non dovevo venire qui. Sii forte e coraggiosa, mi ripeto. «Tu non centri nulla con tuo padre? In che senso? Insomma, sei pur sempre sua figlia. Si è pentito di tutto quello che ha fatto? Non pensa al futuro dei suoi figli, con la reputazione che ha, cazzo? Quell'uomo è un bastardo.» dice alzando il tono di voce, quasi minaccioso e furioso. Sono più affermazioni, che domande. Mi sta mettendo paura e, per di più, non so cos'abbia fatto mio padre, dato le mille cose che ci ha tenuto nascoste per anni e anni. Mi sento male, se continueremo a lungo di parlare di lui, potrà correre in ospedale: «Harry, io non so nulla. Io con lui non...senti -dico alzandomi, respirando a fatica ed evitando di piangere-, io vado via, non so cosa vuoi da me, ma non ho tempo da perdere, soprattutto se dobbiamo parlare di mio padre. Addio.» concludo, sapendo che questa è la cosa più giusta da fare, andarmene. Sto per piangere, ma mi accorgo troppo tardi di avere le guance bagnate, respiro a fatica. Prendo la borsa tremando, ma lui si alza prima che io possa sollevare la borsa dalla sedia e, delicatamente, appoggia la sua mano sopra la mia, facendomi smettere immediatamente di tremare. Sospira, è decisamente più tranquillo, poi mi guarda e dice: «Ascolta, scusami. Non era mia intenzione metterti paura, che ne dici se ne parliamo meglio? Scusami, vedo anche che respiri a fatica, mi dispiace.» i suoi occhi sono veritieri e le sue iridi verdi emanano sicurezza, così annuisco. Dopo aver bevuto i caffè, decidiamo finalmente di parlare. «Comunque scusa per le cose che ti ho detto prima ma...ero un po' agitato.» dice, io sorrido e dico: «Non è nulla, tranquillo.» «Anche perché, da testa di cazzo, non ho pensato che stavo per urlare contro una ragazzina che non ha nessuna colpa, porca miseria.» dice. Io sospiro e dico: «No davvero, avrai avuto i tuoi motivi. Solo che, insomma, io e mio padre siamo due cose differenti, due strade differenti, per me non è nessuno. Per questo mi dà fastidio quando si parla di lui.» «Già, essere figlio suo sarebbe uno schifo.» dice sussurrando tra sé e sé, come se c'è l'avesse a morte con mio padre. Che cosa ha fatto di tanto terribile? Perché sono sua figlia, ma nonostante tutto non so nulla? Perché forse io e i miei fratelli siamo figli non voluti, e papà non ha perso altro tempo con noi evitando di raccontarci della sua vita, mi ripeto. «Comunque non so quello che quell'uomo ha fatto, perché mi ha praticamente vietato il futuro, non facendomi sapere più nulla di lui, né so qualcosa della sua compagna. Qualsiasi cosa abbia fatto, noi tre figli non centriamo. È sua la responsabilità di tutto.» dico, sperando di essere chiara una volta per tutte. Odio dover dare spiegazioni alla gente ma, in questo caso, mi sembra il minimo che possa fare. Non ha rovinato soltanto la mia vita, a quanto pare, ma anche la vita di un giovane ragazzo e di chissà quante altre persone. Conosco Harry da poco, pochissimo tempo, ma penso che la sua storia sia difficile, e so per certo che centra mio padre, questo è sicuro. «Quindi tu non vuoi bene tuo padre? Per te, insomma, non è più nessuno?» chiede. «Assolutamente nessuno.» ammetto, con tono freddo, poi continuo: «Perché non è nessuno, un padre che quando nasci sta con altre donne. Non è nessuno un padre che ti vieta il futuro ma soprattutto, non è nessuno un padre che non ti racconta mai di quello che fa durante la giornata, dei casini che combina, e guarda scommetto quello che vuoi, che avrebbe l'ergastolo se solo si sapesse tutto ciò che ha fatto, ma che non ha mai raccontato.» concludo poi. Harry mi guarda, poi sospira: «Oh, capisco, e hai ragione. Comunque sono stato maleducato a non rispondere alla tua domanda. -dice, poi continua- Ho ventitré anni.» dice sorridendo, è una fossetta si disegna sul suo volto. Io sorrido e annuisco: «Te ne davo un po' di meno.» Lui sospira e continua: «Grazie per il complimento, piccola. Visto che andiamo d'accordo, se così possiamo dire, che ne dici di continuare a sentirci e magari fare qualcosa che potrebbe renderti felice?» Lo guardo abbastanza interrogativa, poi sussurro: «Sarebbe?» Lui sorride, poi dice: «Mantenere questo contatto che abbiamo cominciato ad avere oggi e magari scoprire di più su tuo padre e piano piano distruggerlo, che ne pensi? Pensaci, potrebbe essere la tua vendetta per tutto quello che ti ha fatto.» Valuto la situazione: sono sicura di quello che voglio fare? Mia madre sta male per colpa sua, io sono ridotta male per colpa sua, mio fratello, mia sorella, tutta la mia vita va male per colpa sua, ci ha distrutti. Ne vale la pena. Appena decido cosa fare, sospiro: è l'unica cosa giusta da fare, così guardo dentro le sue iridi verdi, dicendo il fatidico: «Okay, ci sto, Harry.»
   
 
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