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Autore: Scarlett Morgenstern    25/06/2017    4 recensioni
"Io non voglio il mondo, io voglio te".
Da questa frase di Alec ho preso l'ispirazione per scrivere una raccolta di storie sulla vita quotidiana di questa bellissima coppia. Ho visto che molti lettori della saga li notano maggiormente per la loro tragicità, io voglio mostrarli invece nella loro normalità.
Genere: Comico, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era una soleggiata domenica pomeriggio e Magnus e Alec stavano portando le ultime cose al loro appartamento: si trovava in centro città, un punto strategico, vicino all’Istituto per Alec e vicino ai negozi più chic per Magnus.

Erano passati quasi tre mesi da quando Alec aveva chiesto in modo decisamente impacciato a Magnus di andare a vivere insieme, ma era stata posta una condizione: una nuova casa, un posto totalmente nuovo che potesse significare per entrambi un nuovo inizio.

Da principio Magnus era dubbioso e allo stesso tempo emozionato: Alec era un ragazzo così metodico, lo stregone al contrario amava “vivere alla giornata”, non curandosi molto dell’avvenire; sicuramente questo atteggiamento verso la vita era dovuto al fatto che la sua vita non sarebbe effettivamente mai finita.

L’amore per Alec tuttavia aveva cancellato ogni dubbio, dunque l’idea della convivenza era stata accolta con molto entusiasmo: Magnus aveva deciso che sarebbero serviti dei mobili nuovi e quindi passò le settimane successive ad arredare e ammodernare il loft che avevano acquistato.

Alec da canto suo aveva più o meno convissuto con lo stregone fin dagli inizi della loro relazione, quindi era convinto che questo passo non avrebbe fatto altro che rafforzare la loro relazione. Inoltre era decisamente scomodo dover andare e venire dall’Istituto ogni volta che doveva prendersi un cambio di vestiti.

Insomma la cosa sarebbe stata vantaggiosa per tutti. O almeno così sembrava nella sua testa.

Tuttavia Alec aveva insistito che il trasloco avvenisse senza uso della magia, per “godersi il momento”, così sosteneva lui, con grande disappunto di Magnus, che al contrario odiava sudare nei suoi bellissimi abiti pieni di pizzo che gli prudevano ovunque.

Il piano era che i due avrebbero trasportato gli ultimi mobili con l’ausilio del furgone di Luke, ma non possedendo una patente mondana, si fecero accompagnare da Sheldon, Sonny, insomma il fidanzato nerd di Isabelle che, seppur affetto da una temporanea amnesia, non aveva dimenticato come si guidava.

Seduti sui sedili posteriori con gli scatoloni sulle ginocchia, Magnus guardò il viso contratto dall’emozione del suo fidanzato e gli poggiò una mano sulla spalla. Alec si girò e, vedendo lo sguardo fiducioso di Magnus, si rilassò visibilmente.

<< Sei emozionato? >> chiese Alec, prendendogli la mano.

<< Moltissimo, tu? >> rispose Magnus.

<< Pure io, non ho mai convissuto con qualcuno, spero di non sfigurare >> disse Alec con una risata nervosa.

Arrivati davanti alla nuova casa, Simon disse:

<< Eccoci. Avete bisogno di aiuto per scaricare? >>

<< No, grazie Simon. Ce la caviamo >> rispose Alec, che ci teneva ad occuparsi personalmente del delicato compito di maneggiare mobili, i suoi primi mobili- sicuramente non li avrebbe lasciati nelle maldestre mani di quel mondano senza addestramento fisico.

Magnus ed Alec scesero dal furgone e tolsero i mobili dal bagagliaio, quindi Simon ripartì, salutandoli con un cenno della mano.

Visto il divieto dell’uso della magia, l’operazione di trasporto di mobili dalla strada all’interno della casa prese quasi tutto il pomeriggio.

Stremati, i due si gettarono sul divano, dunque Magnus commentò:

<< Almeno per arredare lasciami usare la magia >> guardando Alec in maniera implorante. Lo stregone non era abituato a sudare, come invece Alec faceva quotidianamente durante i suoi allenamenti, quindi era nuovo all’esperienza e non particolarmente incline a continuarla.

Tuttavia perfino Alec doveva ammettere con se stesso di aver bisogno di riposo, quindi rispose con un cenno di consenso del capo.

Dalle dita di Magnus scaturirono scintillanti onde blu e, con fare soddisfatto, osservò i mobili che uno ad uno si disponevano ordinatamente nell’appartamento. Un’operazione che avrebbe richiesto l’intera serata occupò solo due minuti e lo stregone, lanciando un’occhiata al suo fidanzato disse:

<< Non era meglio così? Niente sudore, niente fatica >>

<< Ma niente soddisfazione >> rispose Alec, allungandosi per baciare Magnus

 << sono felice, davvero >> aggiunse.

<< Anch’io >> rispose Magnus.

La serata proseguì tranquillamente: i due ragazzi erano decisamente esausti per qualsiasi attività, anche per le più piacevoli, quindi crollarono sul divano abbracciati.

 

 

Alec aprì gli occhi e vide la luce fuori dalla finestra: dovevano essere circa le dieci del mattino. Il Presidente Miao stava protestando vivacemente per avere attenzioni e si arrampicò sul divano. Alec si godette lo spettacolo: il gatto stava “affettuosamente” graffiando il viso di Magnus per svegliarlo, incurante del fatto che lo stregone fosse ancora esausto dalla giornata di trasloco.

Magnus, ancora assopito, aprì gli occhi e mugugnò qualcosa di vagamente incomprensibile, ma che suonava come un “gattaccio”, e giratosi dall’altra parte riprese a dormire. Alec decise che toccava a lui occuparsi del piccolo, quindi andò in cucina e preparò la colazione per tutti; dopo una ventina di minuti fece irruzione Magnus con indosso una vestaglia viola e oro che gli arrivava alle caviglie.

<< Sempre sobrio, noto. Mi piace. >> constatò Alec.

<< Lo stile non dorme mai, tesoro. Tranne il tuo, che ovviamente è caduto in coma ai tempi del Paleolitico. >>

<< Buongiorno anche a te, amore >> rispose Alec.

Magnus gli stampò un bacio sulla guancia per tutta risposta e aggiunse:

<< Dormito bene? >>

<< Sì, ma devo scappare all’Istituto, abbiamo una faccenda da risolvere con un demone che si nasconde tra le anatre di Central Park >> disse Alec, addentando una fetta di pane tostato e passando una tazza di caffè a Magnus.

<< Oh, e Jace? Non ha quella strana ed irrazionale fobia per quelle … come le chiama? “Bestie assetate di sangue”? >>

<< Non è una fobia, è solo … ok, ne è terrorizzato. Anche per questo mi vuole con lui ad ogni costo- rispose Alec ridendo sotto i baffi- ci vediamo tra qualche ora, d’accordo? >> e con un bacio frettoloso, Alec prese la porta e uscì.

 

 

Arrivò all’Istituto in breve tempo e trovò Jace ancora in pigiama, non particolarmente ansioso di uscire, con Clary che disegnava e Isabelle che decideva cosa indossare.

<< com’è andata la prima notte, fratellone? >> esordì Isabelle

<< Non era la prima volta che dormivamo insieme, Izzy >> rispose Alec

<< Sì, ma prima uscivate solo insieme- intervenì Clary- ora CONVIVETE! Dai, racconta! >> aggiunse curiosa, chiudendo frettolosamente l’album degli schizzi, cosa che faceva solo quando l’argomento era davvero interessante.

<< Non ho alcuna intenzione di raccontarvi della mia intimità con Magnus >> rispose Alec, le cui guance si colorarono di un brillante porpora.

<< E fai bene, amico! >> esordì Jace, con una smorfia che voleva sembrare una difesa dell’orgoglio maschile dalle sorelle impiccione.

<< Dovremmo andare, abbiamo una missione. Le anatre del lago non scoveranno il demone al posto nostro >> disse Alec con fare da leader e sperando di chiudere l’argomento “Malec”.

Di fronte a questa dichiarazione Jace si tirò su improvvisamente, sbarrando gli occhi, e mal celando un terrore paralizzante che tutti ben conoscevano, disse:

<< Sì, ma tutto sommato anche a me interesserebbe sapere di ieri >> sperando così di evitare missioni nelle quali erano coinvolte le anatre- piccole bestie assetate di sangue!

<< Ah, adesso vuoi saperlo? Non starai per caso cercando di evitare qualche animaletto con le piume e che fa… QUACK. Dico bene? >> rispose Clary, ridacchiando e stuzzicando il fidanzato.

<< Assolutamente no! E per dimostrarlo, ora vado a prendere le armi! >> disse Jace, alzandosi con un’impressionante lentezza.

Jace uscendo si diresse verso il corridoio di sinistra e Clary gli urlò dietro:

<< Guarda che l’armeria è dalla parte opposta! >>

<< Lo so, bene - rispose Jace cercando di fare lo spavaldo- volevo solo fare una passeggiata >>

Isabelle seguì Jace con lo sguardo finché non lo vide scomparire, poi si girò di scatto verso il fratello maggiore e disse:

<< Ok, ora puoi dircelo: com’è stato? >>

<< Sì, dai, a noi puoi dirlo! >> disse Clary, infilando la matita tra i suoi rossi capelli.

<< Scusate? Non era per Jace, non intendo raccontare nulla >> rispose Alec, categorico, e vedendo un sorriso furbo apparire sulle labbra della sorella, aggiunse:
<< e tu non provare a chiedere qualcosa a Magnus, intesi? >>

<< Guastafeste! >> rispose Izzy, sbuffando.

<< Forza, raggiungiamo Jace in armeria, dobbiamo muoverci in fretta >> disse Alec, spingendo le due ragazze fuori dalla stanza.

Clary riprese l’album e lanciò un’occhiata di accordo con Izzy che ricambiò con un occhiolino. Ovviamente avrebbero chiesto a Magnus, una volta che Alec si fosse distratto.

Quando i tre arrivarono in armeria, trovarono Jace armato fino ai denti e già con la divisa indosso. Sembrava più preparato per una guerra, che per una semplice missione.

Clary agguantò uno spadone, Isabelle un pugnale e la frusta, sua compagna di avventure da sempre, e Alec ovviamente optò per l’arco e iniziò a marchiare le frecce con delle rune.

<< Forza, prima partiamo, prima finiamo >> disse Jace, visibilmente agitato.

<< Non preoccuparti, ti proteggo io >> rispose Clary, ammiccando al fidanzato.

Una volta pronti, i quattro uscirono dall’Istituto alla volta di Central Park.

 

 

Il parco aveva il profumo e l’aspetto di tutti i giorni: la primavera era arrivata da un po’ e i fiori erano quasi tutti sbocciati. I bambini mondani si rincorrevano, ignari del pericolo che si nascondeva nel laghetto delle anatre, e le mamme chiacchieravano allegramente le une con le altre.

<< Allora il piano è questo- disse Alec- Clary e Izzy faranno da esca al demone e si posizioneranno proprio davanti alle anatre >> mentre parlava, rivolse uno sguardo alle ragazze che fecero cenno di assenso, quindi continuò:

<< Nel frattempo io e Jace lo coglieremo alle spalle >> e qui si girò invece verso il suo parabatai.

<< Va bene tutto, basta che mi teniate lontani quegli esseri ambigui >> rispose Jace, riferendosi ovviamente a quei terribili anatroccoli del laghetto.

<< Non preoccuparti, principessa. Ci penso io >> rispose Clary, punzecchiandolo.

Le due ragazze eseguirono il loro compito: si sedettero su una panchina di fronte al laghetto, fingendo di parlare tra loro, ma con una mano sempre sulla fodera delle spade. Alec e Jace si nascosero tra i cespugli nella parte opposta alle ragazze, in attesa che il demone cercasse di uscire allo scoperto per carpire l’anima di Izzy e di Clary.

Dopo circa venti minuti si vide una scia verde sulla superficie dell’acqua: inizialmente era solo una macchia, poteva sembrare muschio a prima vista, ma dopo poco la macchia si avvicinò alla riva dove erano posizionate Izzy e Clary.

Clary diede un’occhiata al lago e subito dopo fece un cenno a Izzy. Nel frattempo i due ragazzi cominciarono a spuntare fuori dai cespugli e si avvicinarono di soppiatto alle spalle del demone, che intanto era uscito dall’acqua in un’inquietante nube verde.

Si riconoscevano delle braccia da cui spuntavano degli artigli e due puntini rossi che dovevano essere i suoi occhi.

Il piano stava procedendo alla perfezione, finché un anatroccolo improvvisamente uscì dall’acqua e si avvicinò a Jace: il ragazzo emise un urletto appena percettibile, ma abbastanza perché il demone se ne accorgesse. Questi rivolse i suoi occhi rossi verso Jace e fece per attaccarlo, ma la frusta di Izzy partì veloce e gli immobilizzò le braccia. Dall’altra parte Clary ed Alec attaccarono con un salto e staccarono al volo la testa del demone con due colpi di spada. Jace, ripresosi dallo shock per l’incontro con l’anatroccolo, corse in avanti e lo trafisse, dandogli il colpo di grazia.

<< Tutto ok? >> chiese Alec con il respiro affannoso

<< Sì, ma vi avevo detto di tenermi lontane quelle creature maledette >> borbottò Jace.

Per un attimo ci fu un imbarazzante silenzio, poi il quartetto scoppiò in una sonora risata.

 

 

Quando i quattro si separarono, Alec prese la strada per tornare a casa. Salite le scale, sentì uno strano odore dolciastro e, riflettendoci, arrivò alla conclusione che l’anziana vicina mondana stesse preparando dei biscotti.

Tirò fuori le chiavi dalla tasca e le infilò nella serratura della porta: una zaffata di polvere gialla invase Alec.

Il ragazzo, tossendo, uscì con difficoltà dalla nuvola che si era creata e urlò:
<< MAGNUS! >>

<< Ciao amore >> disse Magnus, arrivando con estrema calma

<< si può sapere cosa succede? >> chiese Alec, ancora un po’ stordito

<< beh, una vampira mi ha chiesto una pozione per cambiare colore ai capelli in base al suo umore e ho fatto … qualche esperimento >>

Un forte MIAO invase la stanza e apparve il Presidente Miao col pelo colorato di biondo platino coi pallini rosa.

“La faccia sbigottita di Alec è uno spettacolo”, pensò Magnus, che però si affrettò a dire:
<< Ovviamente lo farò ritornare normale, ma non trovi che sia molto più alla moda così? >> e con un sorriso tentò di sdrammatizzare la situazione.

Alec accennò un sorriso e salvò il povero gatto dalle grinfie di Magnus, che spesso lo usava come cavia per i propri esperimenti.

Col piccolo in braccio Alec si sdraiò sul divano, appoggiando arco e spada sporchi di terra sulla poltrona lì accanto.

Magnus tirò un urlo e disse con aria sconvolta:

<< Tesoro, questa è stoffa italiana, credi sia il caso di appoggiarci sopra le armi sporche?! >>

<< è solo una poltrona, Magnus- rispose Alec, che non era molto in vena di subìre una predica- preoccupati di come hai conciato il gatto piuttosto >> aggiunse irritato.

<< è diverso, io stavo lavorando, caro. >> replicò Magnus

<< Questo lo chiami lavorare?! >> rispose Alec, alzando davanti agli occhi di Magnus il povero gattino. Ora lo shadowhunter era visibilmente scocciato.

<< cosa vorresti dire con questo? >> disse Magnus, che cominciava ad irritarsi a sua volta.

<< Niente, lascia stare >>

<< No, ora lo dici >>

<< E va bene, vuoi che lo dica?!- urlò l’altro- io ho passato la giornata a combattere contro un demone che per poco non ci mangiava per cena, arrivo a casa e l’unica cosa che vorrei è riposare e stare con te. E invece cosa trovo? Il gatto con un discutibile pelo, la casa inondata di polvere magica che odora di biscotti e … e poi cosa diavolo hai fatto al nostro appartamento? >>

Solo in quel momento, infatti, Alec si rese conto che i mobili non erano gli stessi della mattina: la casa ora aveva uno stile molto vittoriano, con il divano e le poltrone foderate di velluto e il tavolo di legno intarsiato di decorazioni floreali. Le tende, anziché essere di stoffa grigia e blu, erano di pesante broccato rosso. Alec non osava immaginare in quali condizioni fosse la camera da letto, ma considerato il resto della casa, si aspettava come minimo un letto a baldacchino rivestito di esuberanti lenzuola: tipico di Magnus.

<< Ho pensato di cambiare un po’, l’arredamento di prima era così … lugubre >> rispose Magnus.

<< Ma … lo abbiamo scelto insieme! E perché non mi hai consultato prima di cambiare ogni cosa? >> replicò Alec, che, se fosse stato un fumetto, avrebbe avuto il fumo che usciva dalle orecchie.

<< Perché sono fatto così, Alexander, io vivo alla giornata e seguo il mio istinto, non programmo tutto al secondo come fai tu. Prova ad essere spontaneo ogni tanto, è divertente >>

<< Le decisioni vanno prese insieme, Magnus. Se siamo una coppia, e non solo due coinquilini, allora devi chiedermelo, prima di “seguire il tuo istinto” >> Alec sputò fuori le ultime quattro parole con grandissimo disprezzo.

<< Chiedertelo? Caro, ho ottocento anni e molta più esperienza di te su qualunque cosa, non devo chiederti assolutamente nulla >>

<< Adesso mi rinfacci che sei immortale? Potresti anche essere l’Angelo Raziel in persona, ma se stai con me, prendi in considerazione anche il mio parere. Se avessi voluto questo, sarei rimasto a vivere all’Istituto. >> rispose Alec, furibondo.

<< E allora perché non ci torni? >> Magnus si pentì nell’istante stesso in cui pronunciò quelle parole e, vedendo gli occhi di Alec perdere quella luce che dava loro allegria, si sentì la persona peggiore del mondo.

Alec non sapeva cosa dire e continuò a fissare Magnus incredulo.

Dopo qualche secondo disse:
<< se è questo quello che vuoi … -e iniziò a recuperare le armi che avevano dato il via all’intera discussione- prenderò il resto delle mie cose domani >>, quindi prese la porta e uscì.

Magnus voleva chiedergli subito di perdonarlo e di rimanere, ma l’orgoglio di uno stregone di ottocento anni era duro da piegare.

Quando finalmente si rese conto di ciò che stava succedendo, disse “scus …” , ma Alec aveva già sbattuto la porta d’ingresso.

Magnus si lasciò cadere sul divano, in preda allo sconforto e al rammarico: la verità, e finalmente lo ammise con se stesso, era che aveva paura, e aveva lasciato che quella paura si riversasse su Alec come un fiume in piena.

Ma non avrebbe permesso che la paura lo soffocasse, quindi alzò la cornetta del telefono e iniziò a comporre un numero.

Dopo un paio di squilli si sentì dall’altro capo:
<< Pronto? >>

<< Izzy? Sono Magnus. Mi serve aiuto >>

 

 

La pioggia cadeva leggermente sulle punte dei capelli di Alec, l’aria era fredda, quel freddo che penetra nelle ossa, o forse era solo una sensazione di Alec. Camminava col passo pesante, rimuginando sulla discussione che era appena avvenuta: non voleva essere così duro con Magnus, ma era convinto che le cose avrebbero dovuto essere messe in chiaro fin da subito. E poi lui riusciva a fargli perdere le staffe come nessun’altro. Ma, per l’Angelo, quanto lo amava … forse semplicemente non erano pronti per un passo del genere.

Arrivato di fronte all’Istituto, che ai mondani appariva solo come una chiesa abbandonata, Alec tirò un sospiro: non voleva spiegare a nessuno il motivo del suo ritorno, ma era tardi, quindi forse non avrebbe trovato né Jace né Clary né Izzy ancora svegli.

Salì i gradini dal portone d’ingresso ed entrò: il silenzio avvallava l’ipotesi che fossero già tutti andati a dormire e Alec non poteva che esserne sollevato.

Percorse la rampa di scale che portavano al secondo piano e si avviò verso la sua vecchia camera. I mobili erano ancora quelli di un tempo e, varcata la soglia, Alec si sentì di nuovo il ragazzo di prima: questa sensazione non gli piaceva.

Si sedette sul letto con le mani tra i capelli e ripensò ai momenti con Magnus e a quanto valessero in confronto ad una lite così banale.

Da un lato, la sua mano avrebbe voluto scattare verso il telefono e comporre il numero di Magnus per scusarsi, dall’altra,combatteva contro questo impulso: perché Magnus non chiamava? Perché non poteva abbandonare l’orgoglio, per una volta, e fare un passo verso di lui? Queste domande laceravano il cuore di Alec come mille spade, perché con Magnus si era sentito per la prima volta sicuro e amato e non voleva perdere tutto questo. L’amarezza e la rabbia si contendevano l’animo di Alec che, senza rendersene conto, iniziò a sentire le lacrime punzecchiargli gli occhi.

All’improvviso un pensiero attraversò la mente dello shadowhunter come un fulmine: ricordò il momento in cui, alla sua festa di compleanno, Alec aveva mostrato a Magnus i ricordi più privati e nascosti della sua vita; in quel momento il ragazzo si era sentito più che mai vicino ad una persona che amava e dalla quale veniva ricambiato, e non aveva intenzione di perdere quella sensazione.

Alec fece per alzarsi, quando improvvisamente udì una musica provenire dalla biblioteca: una musica che Alec conosceva molto bene, perché era una canzone che Magnus gli aveva dedicato dopo essere sopravvissuti alla Guerra Oscura. Le note echeggiavano profonde nel silenzio dell’Istituto e Alec ne seguì il suono: si accorse che non proveniva dalla biblioteca, o almeno non esattamente.

Alec si avvicinò alla scrivania e poggiò l’orecchio sul muro che stava dietro: la musica si fece più forte ed improvvisamente si formò un piccolo vortice blu, che si ingrandì pian piano, fino a ricoprire l’intera parete.

Alec strizzò gli occhi a causa del forte bagliore che quel vortice emanava, ma notò che stavano iniziando a formarsi delle immagini.

Inizialmente vide una stanza e un letto al centro: Alec riconobbe subito il luogo, perché era la stanza dove Magnus lo aveva curato, la loro prima interazione.

 

 

 

“Resisti, Alec” disse il riflesso di Magnus, il viso contorto per la concentrazione.

“Magnus … “ il riflesso di Alec aveva la voce flebile, debole.

“Non parlare, ci sono io” rispose Magnus.

 

Da lì la visione cambiò, Alec era impietrito dallo spettacolo che aveva di fronte.

Si formò l’immagine del vecchio ingresso di casa di Magnus e Alec di spalle di fronte alla porta: Magnus la aprì.

 

“Cosa ci fai qui?” disse Magnus

“Volevo ringraziarti per l’altro giorno”

 

La visione cambiò di nuovo e questa volta c’era un divano e i due ragazzi avvinghiati uno sopra l’altro che si baciavano appassionatamente.

 

“Aspetta un attimo- disse Magnus - forse prima dovresti riflettere su quello che stai per fare”

“Perché? C’è qualcosa che ho fatto di male?” rispose Alec

 

I due ripresero a baciarsi, la visione era confusa e già stava cambiando: Magnus stava dormendo e Alec era entrato furtivamente nella camera da letto e si era infilato sotto le coperte, svegliando sia il gatto sia Magnus.

 

“Che sta succedendo?”disse Magnus

“Niente, non riuscivo a dormire” rispose Alec

“E quindi sei uscito?”

“Ho camminato qui attorno”

“Mi sa che sei stato nel paese dei matti, altro che. Non mi hai portato niente?”

Alec si chinò e lo baciò, rispondendo:
“Solo questo”

E Magnus tirando Alec sopra di sé disse:

“Beh, visto che mi hai svegliato, facciamo in modo che ne sia valsa la pena”

 

Mentre il vortice si colorò nuovamente di blu, si sentivano delle parole sussurrate

 

Aku cinta kamu … io non voglio il mondo, io voglio te …

 

La musica nel frattempo faceva da sottofondo e Alec era senza parole: su quello schermo, scena dopo scena, parola dopo parola, si stava materializzando la storia dei due ragazzi attraverso ricordi e momenti proiettati su quel muro.

<< Scusami >>

Alec si voltò a quella parola: Magnus era proprio alle sue spalle, forse si era nascosto dietro la scala per tutto quel tempo.

<< Sei stato tu? >>chiese Alec. E poi pensò “che domanda stupida. Chi vuoi che si stato?”

<< Con un aiutino di Izzy. Ha fatto in modo che fossimo soli, così da non spiegare alcunché. >>

Le emozioni di Alec si mescolarono in maniera confusa.

<< Alec, ascoltami. Io ho vissuto per secoli, ho visto le peggiori disgrazie e le gioie più immense. Ho visto compagni di una vita e persone che amavo nascere e morire e non pensavo onestamente che avrei mi avuto nulla di più: una fugace e pallida visione di ciò che vuol dire vivere. Poi tutto è cambiato: da quando ti ho incontrato il mio cuore ha cominciato a battere davvero, forse per la prima volta.

Il tuo modo di essere, come pronunci le frasi più semplici e sincere con una leggerezza e un’onestà che raramente ho scorto in altre persone.

E i tuoi occhi.

Oh, Alec, mi perdo nei tuoi occhi: vi annego dentro e mi lascio trasportare.

Tutto ciò per farti capire che io non sono abituato a … questo. Costruirmi una vita con una persona, una vera vita, forse anche una famiglia un giorno. Ecco, tutto ciò … credevo semplicemente che mi fosse precluso. Tu mi hai dato la vita ed io non voglio perdere questo per nulla al mondo.

Tu a Valis hai voluto darmi un altro pezzo di te. Oggi voglio dartene uno io: quella parte che aveva e ha tutt’ora paura di fallire e di perdere, e questa volta, no, non mi basterebbe qualche decennio per riprendermi.

Ti amo, Alec, più di qualunque altra cosa al mondo. Ti prego, perdona la mia paura e il mio orgoglio e torna a casa … a casa nostra. >>

Alec era completamente senza parole: tutto ciò che avrebbe voluto sentire dire da Magnus era stato appena detto. Tutte le ansie e le paure, tutta la rabbia e la malinconia sparirono in un attimo.

Alec si lanciò verso Magnus, tenendolo stretto tra le sue braccia, i loro corpi vicini l’uno accanto all’altro e senza più barriere in mezzo.

<< Sarebbe un “sì”? >> chiese Magnus

<< Sempre >> rispose semplicemente Alec, stringendolo come se avesse paura di vederlo volare via.

 

 

Tornati a casa, Alec si rese conto che l’arredamento, che era stato precedentemente cambiato, era tornato come prima. Tutto tranne l’enorme letto a baldacchino rosso in camera.

<< Su due cose devo darti ragione >> disse improvvisamente Alec

<< Quali? >>

<< La prima è che l’arredamento così è decisamente deprimente- disse Alec - e la seconda … >>

<< … e la seconda? >> chiese Magnus, ridacchiando per l’ammissione del fidanzato

<< E la seconda è che questo letto è perfetto >> rispose Alec

<< è un letto vergine, sai? - disse Magnus con un sorrisetto malizioso – non ci ha fatto sesso ancora nessuno. >>

<< Allora bisognerà rimediare, non credi? >> disse Alec alzando un sopracciglio.

<< Non potrei essere più d’accordo >>

Alec prese il viso di Magnus tra le mani e lo baciò con ardore e passione, la bocca che aveva sapore di sale e whisky. Le mani di Alec arrivarono fino alla camicia di Magnus, strappandone i bottoni, e gettando lo stregone sul letto.

 

I problemi tra i due ragazzi non sarebbero di certo finiti quel giorno, tante liti e colpi di scena erano ancora dietro la porta, ma i due erano in grado di affrontarli. Ora sì.

L’amore che li univa era più forte di qualunque cosa e grazie ad esso avrebbero affrontato a breve una delle sfide più grandi della vita, una sfida per la quale perfino Magnus, potente ed immortale Sommo Stregone, ed Alec, forte e fiero shadowhunter, erano impreparati: un figlio.

 

   
 
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