Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Leatessa    26/06/2017    1 recensioni
POSTATO CAPITOLO 28
Dalla storia:
“Possibile che nella nostra famiglia, nessuno e sottolineo nessuno, sia in grado di comportarsi normalmente? Chi ha avuto questa idea? Io non intendo partecipare … non contate su di me …”.
Quelle furono le ultime parole famose di Albus Potter. Ovviamente, come giusto che fosse, prese parte all’iniziativa.
Quella domenica mattina, Rose lo buttò giù dal letto di malagrazia. Lo spinse sotto la doccia e tra una lamentela, un Merlino e un Salazar invocati a pieno Impeto riuscì a trascinarlo al villaggio.
-Lily, quindici anni di astuzia e prodigi, innamorata e senza freni darà inizio alla rivoluzione. Jim e Al aiuteranno il padre e la sua squadra di Auror nelle missioni più disperate. Il resto della combriccola sarà lì a dare una mano, l'amicizia riuscirà a tenerli tutti uniti?
La paura costringerà vecchi nemici e muovi amici a riunirsi ad uno stesso tavolo, per risolvere una serie di gialli che sconvolgeranno l'intero mondo magico!
Buona lettura...
{Capitoli:Prologo/Intro/Alla scoperta dei Black/Le disavventure di Lily&Tunia/La terrorista/Segreti di Famaglia/Le scelte sbagliate}
Genere: Avventura, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Black, Famiglia Dursley, Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: Lime | Avvertimenti: Incest, Triangolo | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'FORBIDDEN lOVE '
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
CAPITOLO QUATTRO
 
Quell'anno James non sarebbe partito per Hoqwarts. Ne era consapevole. Era consapevole, che se non si fosse dato una mossa, sarebbe arrivato tardi all’accademia Auror e quella mattina non poteva proprio permetterselo poiché iniziavano i test di ammissione. Per quanto lui fosse James Potter, non poteva e non voleva, fare una brutta figura o passare per raccomandato, così di fretta e furia di smaterializzò  a Manchester, innanzi a quella che per i prossimi tre anni sarebbe stata la sua nuova casa. Quasi.

James Potter, sicuro che Lucy avrebbe finito i lavori per il primo di settembre, nella richiesta d’iscrizione aveva sbarrato "no" alla dicitura "Lo studente desidera pernottare nel dormitorio messo a disposizione dall'accademia?". Così era costretto - causa forze maggiori - a restare a casa per un po'. Un po' tanto, si ritrovò a pensare.

Quella mattina, in una delle aule più grandi dell'accademia, James e una cinquantina di ragazzi, si trovavano a sostenere il primo test di ammissione. James sperava di essere sufficientemente preparato e fare cosi una buona impressione. Mentre cercava un posto a sedere, scrutava l'aula alla ricerca della sua fidanzata.
Lui e Tessa, si erano dati appuntamento lì, e conoscendo la sua puntualità era al quanto stupito di non vederla da nessuna parte. "Ragazzi sedetevi" un giovane mago, alto e massiccio, si dispose dietro la scrivania e con sguardo attento iniziò a scrutarli come se essere lì a giudicarli fosse per lui un’immensa seccatura.
Senza tante storie, fece chiudere la porta dell’aula, chiunque fosse arrivato in quel momento, non avrebbe avuto la possibilità di accedere all’esame. Tessa non era in quella stanza. Tessa non avrebbe sostenuto l’esame con lui. James iniziò a preoccuparsi, non era da Tessa dimenticarsi di una cosa tanto importante.

 "Oggi svolgerete la prima prova. É un test sulle vostre conoscenze. Vi sarà assegnato un punteggio da zero a trenta al quale sarà aggiunto il punteggio delle prove che svolgerete domani e dopodomani." Iniziò a spiegare il professore. "Al contrario del test di oggi, quello di domani sarà suddiviso due parti: nella prima verrete sottoposti a delle domande scritte di carattere psicologico; nella seconda avrete la disponibilità di un colloquio, con una psicomaga del San Mungo. La nostra professoressa Flemonth." Una giovane donna, sulla trentina, raggiunse il professore alla cattedra, si presentò al contrario dell'uomo e sorridendo diete un imbocca al lupo a tutti loro. "Continuando, l' ultima prova, é di carattere fisico. Sarete sottoposti ad attività motoria e come per la prima prova, vi sarà assegnato un punteggio da zero a trenta."

"Mi scusi professore!" Un giovane seduto qualche posto davanti a James, prese la parola senza chiedere il permesso al docente, con spavalderia. James, che in quanto a boria non era secondo a nessuno, trovò quel ragazzo fastidioso e irritante. Una seccatura. "La seconda prova quanti punti ci permette di ottenere?". Il professore contrariato, per un attimo soppesò se rispondere o no al quel saccente ragazzo. "Quaranta. Solo chi accumulerà un punteggio dall'ottanta in su, accederà ai corsi. É tutto chiaro?".
Dopo averli guardati un altro po', il professore agitò la bacchetta e davanti a ognuno di loro comparve il foglio del test. Trenta domande. Cinque ore di tempo.

James sperava ancora che Tessa arrivasse, sperava di vederla fuori dalla porta arrabbiata e litigiosa con il professore, che arrivasse lì gridando che si scusava per il ritardo. Niente. James si chiedeva se le fosse successo qualcosa, ma anche fosse non poteva alzarsi e mollare tutto lì. Era il suo sogno, entrare in accademia, sarebbe andato da lei dopo. Non doveva pensarci. Doveva rispondere a quelle domande e prendere il punteggio massimo. Non aveva altra scelta.

Alle tre del pomeriggio, James, innanzi alla porta di casa della sua fidanzata, aveva un brutto presentimento. E non poteva di certo sbagliarsi, era un Potter. L'elfo domestico di casa McGonagall lo fece tranquillamente entrare, come sempre. "La signorina non é in casa. Ha lasciato qualcosa per lei, tenga!".
James, diciotto anni di vita, aveva un bruttissimo presentimento. L'elfo gli aveva messo tra le mani una lettera. Ricevere una lettera, a quel modo, non era mai qualcosa di buono. Mai.
Prima di aprirla, si sedette su quella scomoda poltrona che Alberiga aveva sistemato in salone apposta per lui. Per non farlo mai sentire a suo agio in quella casa. Aprì la lettera. A James tremarono le mani.

 
Jim, non so bene cosa scrivere in questa lettera, ma so che devo scriverla. Quello che penso, quello che leggerei e ciò che penso. Sono le parole che non riesco a dirti a voce. Perciò le scrivo Amore mio.      Jim se fossi venuta a parlartene mi avresti convinto  che le mie sono solo paure e fisime dettate dalla perdita della nonna. Panico.  Mi abbracceresti e io mi lascerei cullare da te. Dal nostro amore. Ti amo. Sei il mio migliore amico. Sei tu... E proprio perché se tu, io non posso restare con te. Riesci a capirmi? James, questo giro immenso di parole, questo scriverti ti amo e non dimostrartelo, tutto questo per dirti, che se stai leggendo questa lettera vuol dire che non mi hai trovato a casa. Vuol dire che sono già partita. Che non sono più lì con te. James ... Capiscimi. Ti amo. Stare con te, in quella bolla di sapone, non mi permette di respirare. Tu che mi porti al mare, tu che mi tieni per mano davanti a mia madre, che mi sostieni. La mia vita, fino ad oggi ha girato intorno a quel“tu”. Mi capisci James?  Ti amo, mi farò sentire presto, ti dirò dove sono o finirai con il preoccuparti a morte. Non cercarmi. Ti amo.
 
La lesse tre volte. Tre. James, sul finire di quell’estate, era stato mollato. Di nuovo. Dalla donna che amava. Pensò che il tutto fosse al quanto buffo. Lui, James Potter stava in quel preciso momento vivendo la fine di una relazione. Li mancò il fiato. Si accorse di piangere. Piano. Silenzioso. Distrutto.
Tessa era una stronza, pensò con cattiveria. Mollarlo lì, in quei giorni, dove avrebbe dovuto sostenere gli esami per entrare in accademia. Cavolate. Lui era uno stronzo. Cosa non aveva capito? Quando aveva sbagliato? Perché aveva preso quella decisione senza consultarlo?

James Potter diretto verso casa, lettera in mano, cercava solo un modo per calmare i suoi nervi. Sperava proprio che Albus avesse lasciato qualche pozione calmante nella sua stanza o ansioso com'era, l'indomani non avrebbe concluso niente al test. Stronza. Col cuore in mano. Stronza.

 
***

Due McGonagall bevevano il the. Alberiga, in avanzata età, odiava prendere il the con sua zia Minerva. Era come essere una ragazzina alla presenza della sua professoressa. Quegli incontri erano per la maggior parte del tempo silenziosi. Le due donne non avevano da dirsi molto. Bevevano il loro the  e, prima del tramonto Minerva rincasava. Routine.

Sua nipote, quindici anni, credette bene che quello fosse il momento migliore per piombare in casa e rompere il silenzio. Sua nipote, piangente, gridò solo Potter prima di salire le scale e sbattere rumorosamente la porta della sua stanza.
"Tutto questa storia è una tua idea!" Minerva, che di età ne aveva molto di più di Alberiga, aveva capito da anni, cosa sua nipote stesse progettando. Non poteva esserne certa perché il caso voleva che tutto assomigliasse a una semplice casualità. Qualcosa lo era. Tessa e James erano diventati amici per caso, però e si cera un però dovette aggiungere Minerva, non era stato un caso che i due si fossero incontrati prima ancora di entrare ad Hoqwarts. Le vicende erano tante. Le prove poco. Ma lei era certa che quello che pensava avesse delle solide fondamenta. Gli avvenimenti troppo casuali, non lo erano mai realmente, si disse. "Zia di cosa mi stai parlando adesso?". Alberiga aveva sempre la sfrontatezza di cadere dalle nuvole. "Alberiga, ricordati che la probabilità che qualcosa accada è inversamente proporzionale alla sua desiderabilità *." Terminò Minerva, poggiando la tazza da the sul tavolinetto e alzandosi in piedi con l'unico intento di rientrare a casa.

Alberiga, era una donna molto intelligente, tant'è che non aveva nessuna intenzione di darle anche il minimo di soddisfazione, a sua zia. Tutto ciò era puramente casuale. Qualcuno avrebbe detto troppo, qualcuno non se ne sarebbe neanche accorto. Finì il suo the e soddisfatta contemplò il suo operato.

 
***

Albus, contento, si sdraio sul divano della sala comune. Scorpius vicino a lui, se ne stava compiaciuto spaparanzato sulla poltrona innanzi al camino. Tarquin spulciava un taccuino seduto in modo composto sul tappeto, di fronte a lui.

Quello sarebbe stato il loro ultimo anno, Albus non riusciva a credere, di essersi fatto dei buoni amici, nella casa di Salazar. Quando era stato smistato, aveva avuto un attacco di panico. Ricordava di come Molly, prefetto di serpe verde, era andata a prenderlo a meta strada tra il capello parlante e il tavolo verde-argento, rimproverando a James di fare silenzio. Pensandoci ora doveva essere stata una scena al quanto buffa. Rise.
"Ridi da solo Potter!" Nott, che sembrava sempre si stesse facendo i fatti suoi, era il classico ragazzo dall'occhio svelto. Non li sfuggiva mai nulla. "Cosa c'è scritto in quel taccuino?" Cambiò discorso Albus. In fretta. "Teorie. Devo essermi appuntato, per forza, come agire quando il nostro Hippy versa in quelle condizioni!"

Nott, conosceva Scorpius dalla nascita. Erano cugini. Non poteva essere diversamente. In quegli anni Nott aveva assistito a innumerevoli cambi d'umore del pomposo purosangue platinato ma, quello sguardo era la prima volta che lo vedeva. Stava per convincersene.
"Scorpius non sarai ancora sconvolto per Lily!" Per quale motivo suo cugino doveva essere sconvolto per la Potter? "Hippy non sarà per le curve della sorella di Al che stai messo così? Ah già é impossibile... Non ne ha, di curve!".
Nott, dovette ammettere, che quella battuta doveva cambiarla, dato che la Potter quell'estate aveva finalmente deciso di crescere. Lentamente, iniziava a dare i suoi frutti. "Guarda che é di mia sorella che stai parlando Nott! Frena la lingua o finirai nel non averne più una!". Albus, pensò Nott, s’irritava sempre se si parlava della sua sorellina. Scorpius, invece, di solito, lo appoggiava e insieme ridevano del loro migliore amico che con indifferenza li minacciava di una cattiva morte. Scorpius quella sera, stranamente, si alzò, evitando di dar loro confidenza e se ne salì in dormitorio.

"Al,cosa é successo questa estate?" Si ritrovò a chiedere, accigliato per l'atteggiamento del cugino. "Sta così da quando Astoria ha quasi ucciso Lily!" Che cosa aveva fatto sua zia? "Ah...". Tarquin Nott, raramente rimaneva senza parole. Quella sera era una di quelle volte. Wow, pensò! Salazar per quale becero motivo non era rimasto in Bretagna quell’estate?

 
***

Lily, aveva quasi finito di sistemarsi. Alice, la sua migliore amica, era in sala comune a districarsi nel caparbio compito di prefetto. Lei, malvolentieri, era nella loro stanza in compagnia delle altre tre coinquiline. Odiose.

Lily non era di certo la tipa che portava rancore. Proprio no. Escluso Malfoy, ovvio. Ma quelle tre le davano ai nervi sin dal primo anno.
Quando avevano undici anni, tutte e tre, alle sue spalle e quelle di Alice, si erano coalizzate per metterle in cattive luce davanti all'intera scuola. Lily e la sua migliore amica, avevano sopportato per un mese buono, sperando che si  stufassero in fretta e le lasciassero in pace, prima o poi. Non avvenne.

Lily che non era un’undicenne stupida ed era una Potter, con l'aiuto di James e Fred, aveva fatto passare loro la fantasia di prendersela con lei e la sua amica. Così, rancore o no, continuavano a non parlarsi. Meglio per lei, si disse.
Con le spalle girate verso quelle tre, Lily, con fatica tirava fuori dal baule, il calderone di pozioni con chiusura ermetica. Una genialata. La pozione stava riposando. Dopo innumerevoli peripezie era riusciva a finirla, quasi. Da lì a una settimana, tempo di riposo previsto, Lily avrebbe aggiunto l'ultimo ingrediente: cinque gocce di estratto di Cananga Odorata. Trovare quella pianta le aveva impegnato gli ultimi giorni di vacanza, considerando che per una buona settimana non aveva avuto il permesso di alzarsi dal letto. Una volta aggiunta la cananga, Lily avrebbe potuto affermare con certezza di essere a metà dell'opera. La pozione, avrebbe dovuto riposare altri venti giorni e poi avrebbe potuto, finalmente, analizzare i campioni di DNA.

Con sua fortuna, qualche ora di prima di lasciare il Manor, Lily era riuscita a procurarsi delle tracce di DNA di Malfoy. Ricordare come ciò era avvenuto, la imbarazzava. Fosse stata una situazione normale, non avrebbe mai e poi mai pensato di entrare nella sua stanza. Senza essere invitata. Era imbarazzante, il solo fatto di pensare che lei, Lily, gli avesse scritto una lettera di ringraziamento, per averla soccorsa. Si stava ricredendo sulla sua sanità mentale. In quell’occasione, tanto valeva approfittarne, aveva portato via dalla stanza la spazzola di Malfoy. Era a cavallo.
Lily, ringrazio per l'ennesima volta che Malfoy non si fosse accorto della scomparsa della spazzola e che non le avesse detto niente della lettera. Beh, a modo suo, si disse Lily, le aveva sorriso. Era un traguardo.

Nascose il calderone sotto il letto. Tracciò un perimetro magico di protezione come le aveva insegnato Rose e soddisfatta della situazione, si mise a letto.

 
***

Petunia Darsley, quella sera, aveva avuto un compito infame. Badare ai primini era ciò di più impiccioso che le potesse capitare. Una burla del destino. Quando si sedette vicino al camino, notò come la sala comune fosse quasi del tutto vuota. Suo cugino Albus e Nott erano gli unici rimasti in piedi. "Scorpius dove si é cacciato? Conquiste già dalle prime sere?".
Petunia amava scherzare con il cugino e i suoi amici, per quanto fossero più grandi di lei, era con loro che passava la maggior parte del suo tempo e con Rose e Sophia. Quando non era con Lily ed Alice, ovviamente. "Credo abbia dei tarli mentali!" Soffiò piano Nott, fissandola per qualche secondo di troppo. Nott le metteva soggezione. Tanta.


"Vado a dormire!" Albus si alzò, le bacio una guancia augurandole buona notte e si dileguò dalla sala comune. Erano rimasti soli. Lei e Nott. "Vuoi annoverarmi nelle tue conquiste della prima sera?".
A Petunia, Nott, faceva schifo. Era un porco. E mentre rientrava nella sua stanza, prego Salazar che non l'avesse presa di mira, altrimenti l'avrebbero spedita ad Azkaban, per omicidio premeditato. Quanto era vero che era una nata babbana. Smistata a serpeverde.

 
***


James, solo in casa, non aveva avuto il coraggio di parlarne con nessuno. Sua madre, aveva notato ci fosse qualcosa che non andava ma, convinta che il figlio fosse stressato per gli esami di ammissione, non proferì parola e prima che si facessero le nove era uscita con Harry.

James, uscì di casa, conosceva una sola persona con la quale voleva parlare. Si smaterializzò a villa conchiglia, dove Dominique alloggiava nel periodo estivo. Non voleva creare problemi ai suoi zii. Non voleva creare problemi a nessuno, si disse. Voleva solo che Nicky ascoltasse quello che aveva da dire. Che lo lasciasse sfogare, gridare, insultare quella che fino a qualche ora prima era la sua fidanzata. Tessa.

James voleva sul serio fare solo quello. James era un egoista, se ne rendeva conto ogni volta che la vita lo metteva in una situazione difficile.
Dominique, silenziosa, ascoltò James per tutto il tempo necessario. Il clima era mite e la luna luminosa nel cielo. Sua madre non si era spostata dalla finestra della cucina, sentiva i suoi occhi poggiati su di lei. Li spiava. Sua madre non sarebbe mai cambiata.

“Andrai via, Nicky?”. Dopo aver parlato allungo, James stranamente si stava rivolgendo a lei. “Sì, molto presto!”. Dominique aveva un piano ben preciso. Avrebbe raggiunto Marsiglia e lì si sarebbe concentrata sul suo lavoro. “Resta!”.
James non poteva chiederle niente del genere. Egoista com’era l’aveva fatto. Stronzo.

James era una carogna, il peggiore degli uomini, si disse. Possibile che non riuscisse a stare da solo? Possibile che avesse sempre bisogno di qualcuna per sentirsi completo e soddisfatto? “Resta!” Disse di nuovo. Egoista. Stronzo.
 
 
 

*(Arthur Bloch) teoria della probabilità.

 
 
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Leatessa