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Autore: Carme93    28/06/2017    1 recensioni
Anno 2021.
I Dodici della Profezia si preparano ad adempiere al loro destino, mentre la comunità magica piomba nel caos; ma è il tempo anche di affrontare i problemi e le discriminazioni sociali ignorate per secoli. E ancora una volta toccherà ai ragazzi far aprire gli occhi agli adulti. Ragazzi che a loro volta sono alle prese con i problemi tipici dell'adolescenza e della crescita.
Inoltre si ritroveranno a interagire anche con studenti stranieri e quindi con civiltà e realtà completamente diverse dalla loro. Questo li aiuterà a crescere, ma anche a trovare una soluzione per i loro problemi.
Questa fan fiction è la continuazione de "La maledizione del Torneo Tremaghi" e de "L'ombra del passato", la loro lettura non è obbligatoria ma consigliata.
Genere: Fluff, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Capitolo quarto
Sine culpa
 
«Eccovi» li accolse Caspar Shafiq, magiavvocato noto e qualificato.
Harry gli strinse la mano e chiese concitato: «Ci sono problemi?».
«Non proprio. È che il nuovo Stregone Capo del Wizengamot non è Edward Fawley come ci aspettavamo. Mio fratello me l’ha appena comunicato».
«E chi è?» domandò Ginny Potter con la voce incrinata.
James li osservò con attenzione, ma non disse nulla.
«Abel Hawk».
Harry s’incupì, ma Ginny, proprio come James, non comprendeva quale fosse il problema: «Che tipo di persona è?» chiese la donna.
«È un tipo tosto e tendenzialmente crudele… Ama condannare gli imputati» rispose Caspar Shafiq.
«Oh, che meraviglia» borbottò James.
«Sì, ma non è uno stupido» commentò Caspar, prevenendo la risposta di Harry. «Adesso entriamo in aula e comportiamoci come abbiamo già deciso. Mi raccomando James. E voi signori Potter, vi prego non intervenite. Me ne occupo io».
I due coniugi annuirono, ma il viso di Harry era cupo: non aveva dimenticato le sue esperienze nelle aule del Wizengamot e si odiava per non aver impedito che il figlio affrontasse la stessa cosa.
L’aula era cupa e fiocamente illuminata dalla luce delle torce appese lungo tutto il perimetro. Vi erano delle panche per gli ‘spettatori’ e mai come in quel momento capì che cosa significava che i processi erano pubblici. La sala pullulava di gente. Il flash di una macchina fotografica lo accecò per qualche secondo, mentre procedeva verso il centro. Sentì il padre borbottare odio i giornalisti.
«Tesoro, noi ci sediamo in prima fila. Stai tranquillo» mormorò Ginny.
Non si ricordava quante volte gli avessero ripetuto quella frase nelle ultime ore. Annuì con un lieve cenno del capo, accorgendosi di non riuscire a parlare. Il Wizengamot era già schierato negli scranni di fronte a lui, il più alto e centrale era occupato da un uomo dall’aspetto tozzo e corpulento. Il volto era serio, ma a James mise i brividi. I giudici indossavano una veste color prugna con una ‘W’ d’argento ricamata sul lato sinistro del petto. Erano circa una cinquantina.
«Siediti» gli sussurrò Caspar Shafiq.
James fissò per un attimo la sedia al centro della sala. Aveva i braccioli coperti di catene. Obbedì, anche perché non aveva scelta. Le catene, però, non si mossero. Suo padre l’aveva avvertito, ma vedere con i suoi occhi che non avevano intenzione di legarlo, era tutta un’altra cosa.
Lo Stregone Capo fece un cenno a un ragazzo seduto più in basso.
«Bene cominciamo» disse con voce ferma e severa.  Immediatamente calò il silenzio. Questo non aiutò James, che senti l’ansia crescere a dismisura. Non era per nulla divertente. Aveva sempre creduto che non c’era nulla di più spaventoso di sua madre o la McGranitt incavolate, ma in quel momento dovette ricredersi. Avrebbe voluto trovarsi mille miglia lontano da lì. Magari in compagnia di Benedetta. Oh, quanto gli mancava Benedetta. «Processo del 25 luglio 2021» continuò Hawk. Il ragazzo, che doveva essere lo scrivano, iniziò a scrivere. «L’imputato James Sirius Potter, residente al numero quindici di High Street, Godric’s Hollow, Somerset». L’uomo fece una pausa, poi guardando verso la sinistra dell’aula continuò: «L’accusa: i coniugi Boris e Galina Dumbcenka, rappresentati dal magiavvocato Ivan Gorgovich».
James gettò una rapida occhiata ai tre e forse per la suggestione gli sembrarono spaventosi. «Il magiavvocato difensore è Caspar Shafiq».
«James Potter è accusato di aver ucciso Vasilij Dumbcenka durante la Terza Prova del Torneo Tremaghi tenutasi a Hogwarts lo scorso trenta giugno». Un silenzio teso e pesante si diffuse nell’aula a quelle parole. D’altronde nessuno a parte James, Apolline Flamel, la Campionessa di Beauxbatons, e Dumbcenka, il Campione di Durmstrang, potevano sapere che cosa fosse successo realmente. Le teorie che erano nate subito dopo la diffusione della notizia che, ancora una volta durante il Tremaghi, era morto un ragazzo, erano disparate: alcuni credevano che l’accusa fossa un ulteriore tentativo di diffamare Harry Potter e la sua famiglia; altri, invece, che James avesse deciso di prendere una strada diversa da quella della famiglia e che volesse fare il serial killer. Questo solo per citarne alcune. Non per nulla chi ne aveva avuta la possibilità aveva fatto in modo di potersi trovare lì quella mattina. «James Sirius Potter qual è la tua versione dei fatti?» chiese il giudice.
Il ragazzo deglutì, si aspettava la domanda, ma quando ne aveva parlato con il magiavvocato non aveva immaginato che sarebbe stato così difficile parlare di fronte all’intero Wizengamot.
«I-io» iniziò incerto e con voce roca.
«Stai calmo» gli sussurrò Caspar Shafiq.
«La parte centrale del labirinto… dove si trovava la coppa… era protetta da una sfinge… quando l’ho superata mi sono scontrato con Apolline. Anche lei era appena arrivata… era molto scossa… abbiamo scambiato qualche parola, finché non si è intromesso Dumbcenka… lui era già lì. Apolline gli ha chiesto perché non avesse preso la Coppa e lui ha risposto che aveva un compito da portare a termine. Ha evocato i dissennatori, ma io sapevo evocare un patronus ed è rimasto fregato. Pensava che avrebbe potuto far passare la mia morte come un incidente… A quel punto mi attaccato, io ho usato un incantesimo scudo e la maledizione gli è rimbalzata addosso…».
Hawk lo fissava serio e sembrava aver ascoltato ogni sua parola. «Magiavvocato Gorgovich a lei la parola».
«Non ho molto da dire, signor giudice» disse l’uomo con voce melliflua. Parlava un inglese perfetto, quasi non si sentiva l’accento straniero, e si muoveva con fluidità nell’aula. «In quel labirinto c’erano solo tre ragazzi. Vasilij, Apolline Fleur Flamel e James Sirius Potter. Solo loro. Vorrei solo ricordare ai signori della corte che la signorina Flamel è imparentata con il signor Potter…».
«Obiezione!» intervenne Caspar Shafiq facendo sobbalzare James, che doveva ammetterlo era rimasto ammaliato dalla voce suadente dell’uomo.
«Obiezione respinta! Permetta al signor Gorgovich di esporre la sua versione» replicò Hawk.
Gorgovich sorrise maliziosamente. «Come dicevo… la signorina Flamel è imparentata con il signor Potter. Un’altra piccola considerazione: dobbiamo prendere in esame i dati oggettivi. Tre ragazzi da soli. Due vivi e uno morto. Signori, come possiamo sapere realmente che cosa accadde quella sera? James Potter stesso ha ammesso di essere stato lui a colpire Dumbcenka».
Un forte mormorio si levò dai giudici del Wizengamot.
«Io non ho detto questo…» mormorò terrorizzato James.
«Calmati!» lo richiamò Shafiq.
«Magiavvocato Shafiq, ora può replicare» autorizzò il giudice.
«Innanzitutto, la signorina Flamel e James Potter non hanno legami di sangue. Apolinne Flamel è una nipote acquisita di William Arthur Weasley, zio di James. Chiedo il permesso di sentire Apolline Flamel in qualità di testimone».
«Richiesta accolta. Preparate il Veritaserum» ordinò lo Stregone Capo.
James vide Apolline avvicinarsi agli scranni dei giudici, uno degli addetti gli porse un calice ed ella lo bevve. Erano settimane che non la vedeva. Vic gli aveva detto che la ragazza era arrivata in Inghilterra la sera prima. Era bellissima anche con il semplice vestitino azzurro che indossava.
«Lei è Apolline Fleur Flamel, primogenita dei coniugi Emile e Gabrielle Flamel, residente a Parigi in via Nicolas Flamel, nata il quindici febbraio 2003?».
«Sì, sono io» rispose tranquilla la ragazza.
«Prego, signor Shafiq faccia le domande che desidera alla signorina».
«Grazie, signor giudice» disse Caspar Shafiq, rivolgendo poi un lieve sorriso ad Apolline. «Hai già lasciato una dichiarazione su quanto accaduto nel labirinto agli Auror, in questo momento vorrei sapere qual è il tipo di rapporto che, in qualità anche di Campioni, avevevate instaurato tu e il signor Dumbcenka».
«Inizialmente avevamo cominciato a fare amicizia. Camilla Blanchard è stata mia compagna di Scuola per sette anni, conseguentemente ci ha subito presentato il suo fidanzato quando siamo arrivati a Hogwarts. Però presto ha iniziato a infastidirmi. Era quel tipo di ragazzo cresciuto con l’idea che fosse suo diritto comandare sui più deboli e soprattutto sulle donne. Comunque con Camilla non si comportava tanto male, anche se io e altre le abbiamo espresso il nostro parere negativo. Era un ragazzo possessivo e geloso. Nemmeno i nostri compagni potevano starle troppo vicini. Non so come facesse a sopportarlo. Ho iniziato a disprezzarlo durante la seconda prova, quando ha evocato dei troll per uccidere me e James e ha tentato di sabotare la nostra prova. Non eravamo amici. E lui era molto sadico. Durante la seconda prova ha riso mentre delle acromantule mi inseguivano!».
I membri del Wizengamot apparvero colpiti.
«Obiezione!» strillò Gorgovich.
«Obiezione accolta» disse distaccato il giudice.
«Si trattava solo di un ragazzo. Certi comportamenti sono tipici a quell'età! Un bambino che taglia la coda a una lucertola, lo definirebbe sadico? Stanno cercando di presentare il ragazzo come un mostro! Dobbiamo attenerci al problema principale. Sono qui, a nome dei miei assistiti, per assicurare l’assassino del loro unico figlio alla giustizia! Stiamo andando troppo per le lunghe! James Potter ha ucciso Vasilij Dumbcenka».
«Obiezione!» intervenne Caspar Shafiq.
«Obiezione respinta! Accolgo la richiesta implicita del magiavvocato Gorgovich di non indugiare oltre. D’altronde le indagini sono state svolte, sotto la stessa supervisione di alcuni membri del Wizengamot, nelle settimane passate. Ogni possibile interrogatorio è stato effettuato secondo la prassi» disse duramente il giudice Hawk, come a sfidare qualcuno a contraddirlo. «Le bacchette dei ragazzi coinvolti sono state esaminate con attenzione. Quanto è stato dichiarato da Flamel e Potter corrisponde a verità. James Potter ha realmente utilizzato un incantesimo scudo particolarmente potente; inoltre sono state ritrovate ben due bacchette in possesso di Vasilij Dumbcenka. Una pulita, l’altra è stata più volte utilizzata per scagliare Maledizioni Senza Perdono. Chiedo inoltre ai miei colleghi di tenere in considerazione, com’è risultato dalle indagini, che l’ammissione di James Sirius Potter al Torneo è stata voluta con l’apposito intento di causarne la morte. La mandante di Dumbcenka e della signorina Blanchard, che ha confessato agli Auror francesi di aver messo personalmente il nome di Potter nel Calice di Fuoco, è Bellatrix Selwyn. Ora, il nostro compito è stabilire se le azioni del signor Potter siano state legittima difesa o se dev’essere condannato per omicidio. In quest’ultimo caso dovete ricordare che l’imputato è minorenne». Il giudice fece una pausa e riprese: «Chi è per l’assoluzione?».
Il battito del cuore di James accelerò nel momento in cui si rese conto che erano arrivati alla fine. Era stato tutto troppo veloce, ma adesso capiva perfettamente che ogni prova e ogni accusa era stata precedentemente vagliata. Quegli uomini dall’aspetto austero avevano deciso della sua vita ancor prima di entrare in quell’aula. Sollevò gli occhi sui giudici solo quando Shafiq gli strinse la spalla e sussurrò: «Va tutto bene».
La maggior parte dei presenti aveva votato a suo favore.
«Il Wizengamot dichiara James Sirius Potter assolto da ogni accusa e condanna i coniugi Dumbcenka a pagare un risarcimento in denaro alla famiglia Potter per danni morali e fisici che loro figlio ha causato al giovane Potter. Naturalmente ogni accusa nei confronti di Vasilij Dumbcenka cade a causa della sua morte. Le azioni di Camilla Blanchard, all’epoca dei fatti già maggiorenne, saranno giudicate dal Ministero della Magia francese».
James completamente stordito dagli avvenimenti si ritrovò stretto tra le braccia dei genitori. Per la prima volta dopo settimane si sentì leggero. Si era solo difeso, non era un mostro assassino.
*
«Oh, Jamie. Sapevo cha sarebbe andato tutto bene!» strillò sua nonna, stritolandolo tra le sue braccia.
James sorrise a fatica, era ancora troppo scosso dagli ultimi avvenimenti e trovarsi ad affrontare l’intera famiglia Weasley era tutto tranne che rilassante. Sorprendentemente, però, la nonna non lo lasciò andare a farsi salutare e abbracciare dagli altri, ma lo trascinò in cucina. Quella sera, come sempre d’estate quando erano tutti presenti, avrebbero cenato fuori. Conseguentemente la cucina era deserta.
«Che succede nonna?».
La donna sospirò e lo fissò negli occhi accarezzandogli una guancia. «Tua mamma mi ha detto che hai riflettuto molto su quanto è avvenuto… cioè sì, insomma è normale… è orribile togliere la vita a un’altra persona… io ti capisco, Jamie più di quanto tu possa immaginare…».
«Nonna, che stai dicendo?».
Molly Weasley sospirò e i suoi occhi si inumidirono e per un momento il suo sguardo si fece lontano. «Vedi, James, lo sai non vi abbiamo mai raccontato ogni dettaglio della guerra perché erano tempi troppo brutti… noi non vogliamo neanche pensarci e non vorremmo mai rattristarvi con… con certe storie… Tuo padre è distrutto, lo siamo tutti… non vogliamo un’altra guerra… non vogliamo rivivere quell’orrore, non vogliamo che lo viviate voi!».
James deglutì, non riuscendo a seguire perfettamente il discorso della nonna.
«Ascoltami, bene» disse prendendogli il volto tra le mani. Il suo tocco era delicato come sempre, nonostante avesse le mani piene di calli, ma deciso. «Tu non sei un mostro. Non volevi uccidere. Sei come tuo padre, lo so. Non useresti mai una maledizione mortale. Ti sei solo difeso. Io ho ucciso, io so cosa vuol dire desiderare vedere una persona morta».
Il ragazzo sgranò gli occhi. «Tu?» sussurrò incapace di aggiungere altro. Sua nonna, sua nonna non poteva essere un’assassina.
«Fred era stato ucciso… io nella mischia finale… sto parlando della Battaglia di Hogwarts, naturalmente… ho visto tua madre, Luna e tua zia Hermione combattere contro Bellatrix Lestrange… Non ce l’ho fatta… Per un attimo ho visto anche tua madre morta… non potevo sopportare l’idea di perdere anche lei… io mi sono sostituita a loro nel duello e… l’ho uccisa… non ho provato rimorso in quel momento… ogni tanto sento un peso sul cuore al pensiero di aver tolto la vita a un altro essere umano, ma poi mi convinco che se lo meritava… ed è vero… quella donna era crudele e sadica… è stata lei a uccidere la mamma di Teddy e anche Sirius Black… ma non riesco comunque a dimenticare di aver ucciso… tu non volevi uccidere, come tuo padre che nemmeno contro Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato ha usato una maledizione mortale… nemmeno in quel caso…».
James non sapeva che cosa dire, ma poi l’abbracciò stretta. «Ti voglio bene, nonna».
Rimasero abbracciati, finché il nonno non andò a chiamarli.
«Su, Molly cara, tutti vogliamo festeggiare James stasera» disse dolcemente.
La nonna tirò su con il naso e diede le spalle a entrambi asciugandosi gli occhi. Arthur Weasley diede un buffetto al nipote e gli disse: «Raggiungi gli altri fuori, ora veniamo».
Turbato James obbedì. Appena mise piede nel cortile sul retro fu assalito da tutti i suoi cugini e non poté trattenere un sorriso, dimenticandosi per un attimo di tutte le preoccupazioni passate.
Il profumo intenso e dolce di Vic lo avvolse e si sentì bene. Fred e Dominique gli sorridevano e davano pacche sulle spalle. Lily gli si appese letteralmente al collo e tutti gli altri non lo mollarono neanche per un secondo.
La nonna aveva cucinato tutti i suoi piatti preferiti e James mangiò come non faceva da giorni.
Purtroppo, però, nonostante la felicità per la sua assoluzione, gli adulti erano molto tesi e discutevano degli ultimi avvenimenti tentando di non farsi sentire da loro ragazzi.
«I miei temono di perdere il lavoro da un momento all’altro» comunicò Dominique. «Ho origliato una loro conversazione l’altra sera».
«Ma non è questo il problema più grave» replicò Vic, che terminata la cena aveva preferito sedersi con loro nel giardino, mentre i grandi si erano spostati in salotto. Teneva il piccolo Remus tra le braccia. Il bimbo aveva a malapena un mese e mezzo, ma era evidente che non aveva ereditato la capacità di mutare aspetto del padre. Louis si era accucciato vicino alla sorella maggiore e condivideva con lei la stessa coperta. «I folletti potrebbero diventare pericolosi».
«Perché non parliamo di qualcosa di più allegro?» propose James, per quel giorno era saturo di negatività.
«Hai ragione» mormorò Vic, accarezzando la testa del fratellino.
«Beh allora è il momento degli aggiornamenti» propose Lucy, che presto avrebbe compiuto quattordici anni. Fin da quando erano piccoli i cugini Potter-Weasley si raccontavano quasi tutto. Naturalmente c’erano alcuni segreti che solo i più intimi potevano sapere. Per esempio Rose e Albus o Lily e Hugo oppure Roxi e Lucy, per fare qualche esempio.
«Vuoi cominciare tu, visto che l’hai proposto?» chiese Fred con la schiena appoggiata a un albero. James per un attimo fu colto da un senso di nostalgia, che gli strinse lo stomaco: stavano crescendo. E quando sarebbero stati troppo grandi? Avrebbero preso strade diverse e si sarebbero allontanati per sempre? Ci sarebbero state più quelle sere d’estate in cui si raccontavano le cose che non volevano che gli adulti sapessero?
«A differenza vostra, i miei mi hanno scaricato dai nonni fin dai primi giorni di vacanza» iniziò Lucy. «Sono oberati di lavoro, quindi mi hanno lasciato abbastanza in pace… a parte il consueto sclero per i miei voti… comunque ho passato molto tempo con i nonni… soprattutto con la nonna… ho scoperto che mi piace tantissimo aiutarla in cucina… cioè lo facevamo anche da piccoli, no? Ma era un gioco… insomma mi piacerebbe diventare una cuoca da grande e magari avere un ristorante tutto mio…».
Fred e Dominique risero, ma furono gli unici.
«La torta l’hai fatta tu, giusto? L’ha detto nonna» commentò, invece, Albus. «Era molto buona».
«Ne ho parlato con la nonna di questa cosa e lei ne è entusiasta, ma papà e mamma non ne vorranno sapere… Quando la nonna ha detto che ho fatto io la torta, neanche l’hanno ascoltata… erano troppo presi dai loro problemi…» borbottò Lucy.
«Noi ti sosterremo, tranquilla» disse Vic con il suo sorriso più rassicurante. «Anche questi due cretini che ridono! Voi non volete dirci nulla?».
Fred tornò serio di botta e disse: «Ho una paura matta di essere bocciato di nuovo al G.U.F.O. di Erbologia e se non lo supero non potrò mai entrare nell’Accademia per pozionisti».
«I risultati dovrebbero arrivare a breve… ti darò una mano con il programma del sesto anno» promise Dominique.
«Tu non sei preoccupata per i M.A.G.O.?» chiese Albus.
«Un poco» ammise la diciottenne. «Ma credo di aver fatto un buon lavoro agli esami… Però mi mancherà Hogwarts… Sarà strano non prendere il treno con voi il primo settembre».
«Secondo voi Molly tornerà a casa?» chiese Lucy, pensando alla sorella più grande.
«Perché dovrebbe?» replicò Dominique. «A me non dispiacerebbe andare a vivere con Matthew. Lei e Arion hanno una bella villa… Pensavamo di organizzare una festa lì per festeggiare i M.A.G.O.».
«Veniamo anche noi, vero?» domandò Rose.
Anche lei era cresciuta, notò James. Era molto più alta rispetto all’anno precedente e aveva iniziato a truccarsi. Chiedeva addirittura consigli a Dominique.
«Niente bambini!».
«Ho quindici anni!» ribatté Rose, risentita.
«Quando arriva zio Charlie?» chiese Lily.
«Non lo so. Ho sentito i nonni parlarne una sera. Pensavano dormissi… Pare che zia Jane abbia troppo paura di tornare adesso in Inghilterra e vorrebbe spostare Fabi e i gemelli di Scuola» replicò Lucy. La notizia sconvolse tutti i ragazzi. Fabiana, Gideon e Arthur erano i cugini ‘rumeni’, prima che iniziassero a frequentare Hogwarts li vedevano sì e no un paio di volte l’anno, ma alla fine ci si erano affezionati.
«È un gran bel problema… non si può nemmeno dire che zia Jane abbia torto» borbottò Vic. «Parlerò a mio padre… forse lui sa qualcosa in più…».
«Ma voi quest’estate non andrete in Francia?» domandò Albus.
«No, io e Teddy non possiamo muoverci con il bambino. Mamma e papà hanno troppi problemi a lavoro. Apolline è già a Londra e ha deciso di continuare qui gli studi e presto Valentin vorrà tornare per incontrare i suoi compagni di Scuola. Così verranno anche i nonni. Zio Emile non sembrava molto felice della cosa, quindi non so che faranno lui e zia Gabrielle» spiegò Vic.
«Hugo e Roxi, voi non dite nulla?» li provocò Rose.
Roxi aprì la bocca, ma poi la richiuse. Non poteva raccontare dei writers a tutti i suoi cugini. Vic l’avrebbe rimproverata per essere uscita di notte da sola, senza permesso e per aver avvicinato ragazzi più grandi di lei. Quello era il genere di cose che avrebbe confidato solo a Frank, il suo migliore amico.
«Io ho paura per il terzo anno» iniziò Hugo.
«Non iniziare!» lo interruppe Rose.
«Dai Rose, lascia che Hugo ci dica quello che vuole».
«Il punto è che non lo sopporto, fa il leccapiedi con la mamma! Negalo, se ne hai il coraggio!» sbottò Rose.
Hugo chinò il capo e non rispose.
*
«La smettete di fissare quelle buste e le aprite?» sbottò Lily. Sia James sia Fred la guardarono malissimo.
Quella mattina la cucina era quasi deserta, o almeno per i loro standard. A parte i nonni, degli adulti c’erano solo Ginny, che faceva colazione tranquillamente ignorando i battibecchi tra figli e nipoti. C’era troppo abituata. Vic e Teddy erano a casa loro e forse li avrebbero raggiunti per pranzo; Louis era in salotto, sdraiato sul divano a leggere e sgranocchiare biscotti; Hugo, Roxi e Lucy ancora dormivano.
«Dai Lily, lascialo in pace» mormorò Albus in aiuto del fratello maggiore. Alastor, trasferitosi con loro alla Tana, annuì solidale.
«Cretinate, non ha coraggio» sbuffò Lily.
«Ma perché tu non dormi?» ribatté Fred.
Dominique aveva aperto la sua busta con apparente tranquillità, ma si era rifiutata di dire loro alcunché finché non avessero letto i loro risultati.
«Mamma» borbottò James. «Se dovessi essere stato bocciato in tutte le materie… tu…?».
«Ti ucciderei» fu la replica di Ginny Potter, intenta a sorseggiare il suo thè e a leggere La Gazzetta del Profeta.
«Fifone, fifone, fifone…» iniziò a strillare Lily. James la fulminò con lo sguardo. Sua sorella amava dormire fino a tardi d’estate, si era alzata solo perché aveva sentito che erano arrivati i G.U.F.O. e quindi per tormentarlo.
«E dai» li esortò Dominique. «Datevi una mossa!».
«E va bene» sbottò Fred. Stracciò la busta e ne tirò fuori la lettera. Lesse il risultato e poi strillò: «Evvai! Ho preso O. Adesso però devi mantenere la promessa e aiutarmi, così potrò dare il M.A.G.O. in Erbologia a fine anno!». I presenti si complimentarono con lui, che scappò immediatamente al piano superiore per scrivere alla sua ragazza.
«Manchi solo tu».
James ringhiò all’ennesima provocazione della sorellina. «Un’altra parola e ti strappo la lingua».
«Mamma, hai sentito James?» si lamentò Lily. Si vedeva che aveva dormito poco, quel genere di tecniche funzionavano solo con loro padre.
«Non sono ancora diventata sorda, Lily» replicò indifferente Ginny. Questa volta la donna, però, alzò il capo dal giornale e tese la mano verso James. «Vuoi che la leggo io quella lettera?».
«Così mi uccidi direttamente?».
«Così ti uccido direttamente» confermò Ginny, prendendo la busta.
«Senti mamma…» iniziò James.
«Non potresti aspettare che legga i voti prima di giustificarti?».
«Hai detto che mi uccidi direttamente» borbottò il ragazzo.
«Sì, ma l’ultimo desiderio si deve a tutti» ribatté Ginny aprendo finalmente la busta. Per un attimo percepì gli occhi di tutti puntati su di lei, non so quelli dei ragazzi ma anche quelli dei suoi genitori. Nonno apprensivi, chissà se un giorno sarebbe stata anche lei così. Si schiarì la voce e lesse:
«GIUDIZIO UNICO PER FATTUCCHIERI ORDINARI.
James Sirius Potter ha conseguito:
Trasfigurazione           O
Incantesimi     E
Storia della Magia      S
Pozioni            E
Erbologia        O
Astronomia     D
Difesa contro le Arti Oscure  E
Babbanologia  E
Cura delle Creature Magiche O
Divinazione    T
Penso che per questa volta non ti ucciderò. Rimandiamo ai M.A.G.O.» commentò Ginny con un ampio sorriso.
James urlò: «Evviva! Posso ancora entrare all’Accademia Auror! Ce l’ho fatta!».
«Che palle, e io che speravo di vedere mamma torturarti… me ne torno a letto…».
«Non usare certe parole, Lily!» la richiamò Ginny, ma la ragazzina stava già correndo al piano di sopra.
«Ora tocca a te!» disse James a Dominique sorridendo. La ragazza, dopo essersi complimentata, decisamente la compagnia di Matthew aveva fatto miracoli su di lei, gli porse la sua pergamena.
MAGIE AVANZATE GRADO OTTIMALE.
Dominique Gabrielle Weasley ha conseguito:
Trasfigurazione           E
Incantesimi     E
Pozioni            E
Erbologia        O
Astronomia     O
Difesa contro le Arti Oscure  E
Aritmanzia      E
Antiche Rune E
«Cavoli, sei stata bravissima» fischiò ammirato James.
«Grazie, ora vado da Matthew. Ci vediamo stasera».
«Mamma» chiamò James, dopo essersi calmato un poco. «Te la saresti presa davvero tanto se fossi stato bocciato?». Fece gli occhi da cucciolo bastonato, una volta gli venivano molto bene.
«Non stavo scherzando prima».
James alzò gli occhi al cielo e poi le diede un bacio sulla guancia.
*
«Ma tu stai sempre chiuso in camera a leggere?» chiese Jack al suo fratellastro Nathan. Non gli piaceva quella parola: fratellastro; ma non si sentiva pronto a parlare di fratelli. In fondo aveva la paura che anche quella vita gli sarebbe stata strappata via da un momento all’altro, perché qualcun altro l’aveva deciso.
Il ragazzino sollevò gli occhi su di lui, palesemente sorpreso. «Che altro dovrei fare?» chiese incerto.
Jack si strinse nelle spalle. «Boh… i tuoi fratelli stanno tutto il giorno in giardino… perché non giochi con loro? Ti senti troppo grande?».
«No, ma loro fanno giochi da maghi».
«E quindi?».
«Io non sono un mago. Non posso fare giochi da maghi. Ora scusa, devo finire questo romanzo. La professoressa di inglese mi ha segnato una relazione da fare per le vacanze».
Jack si accigliò e lasciò la stanza chiedendosi chi gliel’aveva fatto fare di impicciarsi. Insomma che gli interessava a lui? La verità è che pensava che Sylvester fosse un’ipocrita, cui piaceva mettersi in bella mostra. E quando si fissava con qualcosa, era difficile distrarlo! Quante volte ci aveva provato il suo migliore amico, Andy! Lui, però, era troppo buonista, cercava sempre la parte migliore delle persone. Nell’ultima lettera gli aveva consigliato di non essere prevenuto nei confronti della nuova famiglia, ma se era riuscito a farsi piacere tutti i ragazzi non poteva dire altrettanto di Sylvester e Vivienne, sua madre.
Entrò nello studio dell’uomo senza bussare e gli gettò una pergamena sul foglio su cui stava scrivendo. Anche questa volta non si arrabbiò, infastidendolo. Con chi credeva di avere a che fare: un bambino difficile? Si sbagliava di grosso!
«Buongiorno anche a te, Jack! Cos’è questa?» disse indicando la pergamena. 
Il ragazzo strinse i denti, si sentiva tanto bravo perché riusciva a rimproverarlo indirettamente? «Sì, buongiorno» bofonchiò. «I miei G.U.F.O., ho pensato che volessi vederli. Ora ti devi occupare di me, no? Ma se sei quel tipo di persona che vuole solo la perfezione dai figli, beh ti avverto in principio: lì non ci sono solo E. E comunque la magia non è tutto! Sei un bell’ipocrita a emarginare Nathan solo perché è un magonò».
«Non ti permettere» sbottò Sylvester. Per la prima volta sembrava realmente arrabbiato. «Io voglio bene a Nathan come a tutti i miei figli! Indipendentemente dalla magia! Cerco sempre di dargli il massimo proprio come ai suoi fratelli! Frequenta una delle migliori scuole di Londra!».
«Gran bello sforzo! Solo perché deve rispondere a determinati standard! Vi conosco a voi Purosangue! Ma poi sta da solo e dice di non poter fare cose da maghi!» sputò Jack, non sapeva perché ma era contento di farlo arrabbiare.
Sylvester inspirò. «Non ho intenzione di discutere con te» sibilò, lanciandogli la pergamena. «Non sono affari tuoi come cresco i miei figli. Ti ho accolto qui e sono pronto a trattarti come un figlio, ma se c’è una cosa che non tollero, è la mancanza di rispetto! Non mi interessa quante E tu abbia preso o quante T, se ti fermassi un attimo e provassi a conoscere le persone che hai attorno lo sapresti!». Si risedette e riprese a scrivere, ignorando la sua presenza, così Jack lasciò lo studio. Non capiva perché, ma non si sentiva per nulla felice di averlo fatto arrabbiare.
Si sedette in giardino, nascosto da tutto e da tutti da un albero imponente. Voleva andarsene, era stata una pessima idea. Avrebbe trascorso il resto delle vacanze da Andy. I signori Archer avrebbero trovato un posto anche per lui. Non seppe quanto tempo rimase lì con gli occhi chiusi, tentando di calmarsi. Erano anni che non gli accadeva una cosa del genere. Aveva sbagliato tutto. Perché si era messo con quelli del Ministero? Non avrebbe dovuto lasciarsi prendere!
«Io e te dobbiamo parlare».
Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò davanti sua madre. Non si erano mai rivolti la parola da quando era arrivato alla villa. Vivienne Rosier in Spencer-Moon era una bella donna, nonostante l’età e le gravidanze, nessuno avrebbe potuto metterlo in dubbio. Suo padre, dopotutto, aveva buon gusto. Almeno in fatto di donne.
«Sul serio?» replicò sarcastico. Le poche volte che l’aveva incrociata nella villa, perché trascorreva la maggior parte della giornata fuori, non aveva visto in lei nulla di materno. Anche gli altri suoi figli non si rivolgevano quasi mai a lei, ma sempre a Sylvester. Questo gli aveva fatto pensare che alle volte anche quando c’è un genitore, non significa necessariamente che sia presente. Suo padre era quello che era, ma quando era in casa ci parlava con lui. Certo, i perbenisti avrebbe trovato diseducative le loro conversazioni, ma almeno parlavano.
«Se ti ho abbandonato sedici anni fa, l’ho fatto consapevolmente. Io sono una Rosier non posso permettermi un figlio fuori dal matrimonio».
«Ma io ci sono, sono qui, esisto» replicò Jack con cruda ovvietà.
 «Sì, lo so» disse con una smorfia di disgusto Vivienne. «Non grazie a me comunque. È stato Sylvester a dirmi di non abortire… quell’uomo è troppo buono, non volevo perderlo… ho imparato a volergli bene, perché è l’unico che mi abbia dimostrato vero affetto da quando sono nata… non mi avrebbe più rivolto la parola se avesse saputo che avevo abortito, così ho deciso di consegnarti a tuo padre. Gli ho dato anche dei soldi all’inizio, ma credo che lui se li sia giocati tutti… Gli ho fatto giurare di non rivelare mai a nessuno che ero io tua madre, in caso contrario avrebbe dovuto affrontare l’ira dei Rosier e ti assicuro che non sarebbe stato divertente e lui lo sapeva…».
«Hai intenzione di rendermi la vita impossibile… cruciarmi o robe simili? Perché sappi che mi so difendere!».
La donna sbuffò. «Allora sei stupido! Non ti farò un bel niente… La mia famiglia ha ben altri problemi da affrontare… Mio fratello Thomas sta facendo un disastro dietro l’altro… ha dimenticato gli insegnamenti di nostra madre dopo l’uccisione di nostro padre… tenere un profilo basso… E lui che ha fatto? È diventato il braccio destro di Bellatrix Selwyn… Tutto ciò si ripercuoterà sui Rosier. Lui è l’unico maschio e ha coinvolto anche il figlio Evan… anche la nostra famiglia si estinguerà… la mia unica ancora di salvezza ormai è Sylvester… la mia sola famiglia… Non credo che riuscirò mai a trattarti come un figlio, non sono un granché come madre come avrai notato… ma questo posto è abbastanza grande per tutti… quindi puoi stare benissimo qui, al massimo mi sentirò meno in colpa… perché ho anche io una coscienza, anche se sopita…».
Jack era troppo sorpreso per replicare e continuò a fissarla.
«Sylvester può darti tanto, non lo allontanare da te… è un brav’uomo… può aiutarti più di quanto potrei mai fare io…».
«E Nathan?» riuscì a chiedere, incapace di accettare di aver sbagliato così tanto.
«Nathan?» ribatté sorpresa la donna.
«È un magonò. E lo emarginate per questo» accusò.
«Non capisco che cosa ti interessi… comunque noi non emarginiamo nessuno…».
«Da quando sono arrivato, l’ho sempre visto in camera sua a studiare o a leggere. In più non parla quasi mai quando siamo tutti insieme…».
«Voi Tassorosso siete strani… un po’ come i Grifondoro… questa mania di preoccuparvi per gli altri…» borbottò la donna. «Comunque è timido. Uno di quei ragazzi che ascolta più che parlare… anche io faccio fatica a capirlo ti giuro… per fortuna se ne occupa Sylvester… e no, non viene emarginato. Frequenta scuole babbane e se fosse un po’ più socievole avrebbe anche amici babbani, non li impediremmo di portarli qui… anzi non l’abbiamo fatto… un paio di volte Sylvester ha insistito che invitasse i suoi compagni il giorno del suo compleanno… è lui a isolarsi… Li abbiamo comprato un sacco di aggeggi babbani… non mi chiedere quali perché non ci capisco nulla… e ti assicuro che Sylvester è un padre molto presente… sono io quella assente, come avrai capito… Non ci hai perso un granché…».
La donna lo piantò lì veloce com’era venuta. Si sentiva infinitamente stupido e ancora una volta avrebbe dovuto ammettere che Andy aveva avuto ragione e lui torto. Si sollevò da terra e ritornò su suoi passi. Fece a malapena caso alle gemelle che sfrecciavano sulle scale e raggiunse lo studio di Sylvester. Non bussò neanche stavolta, ma attese in silenzio che l’uomo alzasse gli occhi su di lui, poi disse semplicemente: «Mi sono comportato da stronzo, scusa».
Sylvester sospirò e annuì: «Andiamo a recuperare i bambini, è quasi ora di cena. Più tardi se ti va, potrai farmi vedere i tuoi G.U.F.O. Non mi aspetto tutte E, ma sono sicuro che sei stato bravo… sei un ragazzo determinato e per diventare Auror bisogna impegnarsi molto…».
Jack non scostò il braccio con cui l’uomo gli circondò le spalle e fece un lieve sorriso.
*
«La puoi smettere di fare quella faccia?» sibilò Lauren Wilson fissando la sorella minore.
Virginia sbuffò. «Questa è la mia faccia».
«Sei infantile! E poi lo dici a me!».
«Forse perché sei infantile!».
Lauren stava per ribattere malamente, ma quando vide il padre appoggiato allo stipite della porta che le fissava si bloccò. Virginia notando il suo sguardo si voltò.
«Lauren, per favore, ci lasci soli per qualche minuto?».
«Come vuoi… tanto stavo per strozzarla…» borbottò la ragazza, scendendo al piano di sotto.
Virginia evitò gli occhi del padre.
«Perché litigavate?».
«Stavo studiando e lei mi ha disturbato… come sempre…».
«Era venuta a chiamarti… i nostri ospiti stanno per arrivare…».
«Nostri? Sono i tuoi ospiti» replicò Virginia contrariata.
Adrian Wilson sbuffò. «Sul serio, è più facile avere a che fare con gli Allievi dell’Accademia che con voi».
«Mi dispiace, se vuoi mi ci inscrivo così imparo un po’ di disciplina» sbottò sarcastica Virginia.
Adrian la fissò sorpreso e Virginia abbassò lo sguardo: non era da lei parlare in quel modo. «Scusa» mormorò.
«Virginia, ascoltami bene. Tu e Lauren siete le persone più importanti della mia vita. Il fatto che ci sia un’altra donna, non cambierà nulla. Te lo giuro».
Virginia si lasciò abbracciare, ma non era per nulla più tranquilla.
«Ho paura» ammise.
«Di che cosa?».
«Che tutto si ripeta… che questa nuova donna sia come il compagno di mamma e i suoi figli… e poi dovrò fare i salti mortali per fare i modo che tu non voglia più bene a loro…». Virginia scoppiò i lacrime.
«Non succederà. Te lo prometto. Ti fidi di me?».
«Sì» singhiozzò Virginia. Adrian la tenne stretta a sé e le accarezzò la testa. In quel momento sentirono suonare il campanello, seguito da delle voci dopo che Lauren aprì. Suo padre, però, non sciolse l’abbraccio. La ragazza comprese che non l’avrebbe fatto e che toccava a lei. «Vai» sussurrò divincolandosi.
«Sicura?».
«Sì».
«Allora sciacquati il viso e quando te la senti, raggiungici».
«Grazie» sussurrò. Adrian le diede un bacio sulla fronte.
Virginia sedette qualche minuto sul letto e tentò di tranquillizzarsi. Non dovevano per forza essere cattive persone… suo padre non sarebbe mai uscito con una persona antipatica… Inspirò e decise di andare in bagno, qui tentò di far sparire il rossore dagli occhi. Quando finalmente scese in cucina, non era sicura di esserci riuscita, ma non poteva chiudersi tutta la sera in bagno. Doveva farlo per suo padre.
«Ciao» sussurrò. Erano tutti seduti sul divano e le poltrone. Riconobbe immediatamente la ragazza, seduta al fianco della donna. La donna di suo padre.
«Virginia, ti presento Selene» disse suo padre con un caldo sorriso e lei comprese che era rivolto a entrambe.
«Piacere» disse porgendole la mano.
«Credo che tu conosca già mia figlia Martha» disse gentilmente Selene.
«Sì». Si avvicinò alla ragazza e si baciarono sulle guance. Condividevano il Dormitorio da quattro anni, non poteva non conoscerla. La sua presenza, però, riuscì a tranquillizzarla: Martha era una ragazza calma e gentile. Non erano mai state molto amiche, ma principalmente perché entrambe tendevano a isolarsi. Il problema era che non era molto chiaro il perché il Cappello avesse smistato Martha a Corvonero. No, non era stupida, ma sembrava molto più una Tassorosso.
«Lui è Jeremy» aggiunse Selene.
Jeremy era un bimbo che non dimostrava più di otto anni, Virginia gli sorrise sinceramente. Lo stesso sorriso che poi rivolse al padre: forse non sarebbe stato così male.
 
   
 
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