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Autore: Pawa    28/06/2017    10 recensioni
Il Piombo Ambrato si manifesta di nuovo e inspiegabilmente e Trafalgar Law si trova impossibilitato a utilizzare il suo Frutto del Diavolo.
Costretto dalle circostanze a recarsi su un arcipelago dove divampa un'epidemia dai sintomi più disparati e si verificano omicidi insensati, con l'aiuto e il sostegno della sua ciurma, dovrà trovare una cura per gli isolani e una per se stesso.
Il Piombo Ambrato, però, è più rapido e devastante che mai...
(Dal capitolo I)
Sangue.
Centilitri e centilitri di sangue, misti a sostanze più pastose, che poteva tranquillamente riconoscere come membrane cellulari e carne umana.
"(...)Pen, che diavolo succede?!” Tutti e diciannove i restanti Hearts li avevano raggiunti, ma non li aveva degnati d’attenzione..."
(Dal capitolo II)
“Trafalgar Law, finalmente.” Una voce profonda e fin troppo famigliare gli era giunta dall'imbarcazione vicino la sua.
“Cazzo… ma perché la Marina?”
Genere: Drammatico, Science-fiction, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bepo, Penguin, Pirati Heart, Shachi, Trafalgar Law
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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°° Il Mostro Bianco °°


- Capitolo II -



     Un respiro tremante si era udito dopo minuti di incredulo e straziante silenzio, che ogni singolo Pirata del Cuore aveva passato in apnea.
Pinguino, poteva dire Law, era stato colui che l’aveva emesso ed il primo, dunque, che aveva fortunatamente rinunciato ad asfissiare.
 
Gli occhi di tutti erano tremanti e vitrei di paura.
Paura non per sé, per la propria sorte od incolumità, ma per quelle della persona a cui ognuno di loro doveva l’incredibile ed emozionante vita che conduceva ed il fatto stesso di esistere ancora.
Trafalgar Law li aveva reclutati dopo aver restituito loro la speranza e la libertà, le quali chi per il Governo, chi per i propri famigliari, chi per le ingiustizie generali o l’ignoranza popolare erano state sommerse da un oscuro e soffocante mare di disperazione e rassegnazione, popolato da creature infide e spregevoli.
Grazie a lui, invece, erano tornati in superficie ed avevano respirato l’aria della vita.
 
Quello stesso particolare ossigeno, per la prima volta da quando erano nei Pirati Hearts, veniva loro meno.
 
Trafalgar stava guardando i suoi nakama.
Si sentiva affranto e non sapeva cosa lo tormentasse maggiormente.
Sicuramente era scioccato dal ritorno della malattia che, prima di una lunga serie di cause e protagonisti, gli aveva rovinato la vita.
Era confuso su come fosse possibile che l’Ope Ope avesse fallito ed era altresì dispiaciuto per non aver sconfitto ciò per cui Corazon aveva sacrificato se stesso.
Inoltre non sopportava rivedere quelle espressioni sui volti dei suoi amici.
Erano terrorizzati ed impietriti ed era a causa sua.
 
“Ragazzi…” aveva schiarito la voce nuovamente roca e quasi gracchiante, socchiudendo gli occhi per l’irritazione alla sua povera faringe “Non ho idea del perché sia tornato, ma è qualcosa che ho già affrontato.” Aveva preso dei lunghi respiri. Tutto il tronco gli doleva e la claustrofobia, anche se più lieve, non l’aveva abbandonato.
“Posso curarlo definitivamente questa volta.” Alcuni avevano ripreso a sbattere le palpebre con regolarità alle sue parole, come se riconfortati, e Law si era appuntato mentalmente di studiare le loro capacità fisiologiche, in particolare quelle oculari, che parevano permettere loro di evitare la lubrificazione degli occhi per periodi drammaticamente lunghi.
“D’altronde sono un dottore adesso ed ho voi che mi aiutate, vero?”
 
Certo, era ovvio che l’avrebbero aiutato!
Il loro Captain sarebbe tornato a sgridarli e poi fare il cretino con loro nel giro di qualche giorno.
 
Come Law sperava, quel velato incitamento per affrontare il nuovo dramma che li coinvolgeva aveva ridestato i suoi compagni, che ora lo fissavano con determinazione.
 
“Dicci come dobbiamo agire, Captain. Faremo di tutto, qualsiasi cosa che ti possa aiutare!”
Aveva sorriso stancamente.
Non era sicuro nemmeno lui stesso di cosa fosse meglio fare, in che ordine ed in che modo, ma i suoi nakama erano definitivamente nel loro stato di mamme chioccia, il che significava che non sarebbero stati contenti finché non li avesse sfruttati per ogni più piccolo compito.
Aveva fatto tra sé e sé, perciò, un riepilogo delle procedure mediche standard che si applicano nei casi di malattie degenerative o terminali, contemporaneamente alla lista dei bisogni primari di cui necessitava e che, nel suo stato di convalescenza, non era in grado di soddisfare autonomamente.
 
“E che non ti salti in mente di non approfittare di noi solo per il tuo stupido orgoglio!”
 
“Inoltre vedi di dirci tutto, ma proprio tutto ciò che aiuterebbe un altro paziente nelle tue condizioni. Guarda che ti conosciamo, lo sappiamo che quando si tratta di te dimentichi casualmente alcuni fattori non trascurabili normalmente.”
 
L’ultimo commento di un suo compagno l’aveva convinto ad arricchire la lista dei suoi fabbisogni aggiungendo, tra le indicazioni, frivolezze come mangiare salutarmente e dormire minimo otto ore sfruttando, se necessario, alcuni dei suoi prodotti omeopatici.
Subito, però, aveva arricciato il naso.
Non poteva stilare un elenco normale dei fattori di cui esigeva, perché i sintomi e le conseguenze di cui era vittima erano tutto fuorché comuni.
Aveva, quindi, atteso ancora qualche attimo per rettificare sia la propria terapia sia il proprio sostentamento rigenerativo, durante i quali i suoi pirati l’avevano fissato sempre più malamente, intimandogli con un gioco di sguardi di non essere generico e superficiale solo perché stavolta era lui a dover essere curato.
 
“Nonostante ciò che vi ho appena detto,” aveva finalmente parlato, sentendo pulsare la propria giugulare al passaggio dell’aria in uscita “penso sia abbastanza complesso il procedimento che dobbiamo eseguire. Voglio principalmente due cose: guarire e capire perché non l’abbia fatto definitivamente già tredici anni fa-…” Alcuni colpi di tosse avevano troncato bruscamente il suo discorso e, onde evitare il disagio nel suo capitano per non essere in grado di sproloquiare come amava tanto fare, Shachi era intervenuto, con un misto di recitata e sincera constatazione.
“Insomma, dobbiamo curarti con tutte le precauzioni, che sarà meglio per te ci dirai per filo e per segno o sarò io ad ucciderti ed indagare sul ritorno improvviso del Piombo Ambrato. Potrebbe essere un effetto collaterale dell’Ope Ope No Mi?”
 
“Intendi, che so, che abbia una scadenza la cura del Frutto?”
 
“Più o meno, Uni, ma sto solo ipotizzando.”
 
“Da quel che ho letto, è il Frutto del Diavolo definitivo anche per il fatto che dopo la morte del suo utente gli effetti non svaniscono.” Aveva aggiunto Law, ripresosi. “Comunque, qualcosa dev’essere successo. Magari hai ragione tu.”
 
“Captain, ma sei proprio sicuro che si tratti del Piombo D’Ambra?” Ikkaku  si era seduta all’altezza del guanciale e gli aveva stretto una mano con le proprie.
 
Law aveva poggiato lo sguardo sulle loro mani, sentendosi come cadere nel vuoto nell’accorgersi che la sua carnagione, nel giro di poche ore, era divenuta più chiara di quella della sua amica.
Simultaneamente si era nuovamente concentrato, suo malgrado, su ciò che stava accadendo al suo organismo.

E sentiva tutto.

I reticoli marmorei di cellule morte avvelenate, che perdevano colorito come è degno che faccia qualcosa privo di vita, gli impulsi nervosi ingorgarsi e collidere, i decadimenti di tessuti, nervi e funzioni e l’auto eliminazione di cellule vive, vitamine e minerali da parte delle difese immunitarie, che già iniziavano a non riconoscersi a vicenda e quindi ad attaccarsi, causandogli un aumento vertiginoso della temperatura.
Quest’ultima avrebbe presto alterato ed inviperito il sistema circolatorio ed i sistemi di controllo che, momentaneamente, resistevano all’immunitaria guerra civile. 
L’approvvigionamento di sangue, sballato dalla febbre, sarebbe stato causa della malnutrizione degli organi i quali, dunque, sarebbero stati indeboliti e maggiormente esposti all’avvelenamento.
Stava pian piano diventando un pallido, pallidissimo cadavere dal cuore ancora funzionante.
 
I suoi occhi azzurri si erano incupiti e mal si addicevano al ghigno che le aveva rivolto.
“Non pensavo mi reputassi un dottore così mediocre… Dubiti delle mie diagnosi?”

Le guance di lei si erano imporporate per l’imbarazzo, cascando nell’ironia del suo capitano.
 
“Assolutamente no! Sei un genio, non ti sbagli mai, ma… per una volta sarebbe stato meglio che non fossi così brillante.”
 
Alcuni Hearts avevano mostrato un sorriso rabbuiato.
Ikkaku era sempre così ingenua quando parlava con Law e non capiva mai il suo sarcasmo, tantomeno la sua ironia, suscitando il divertimento dell’intero equipaggio ai loro battibecchi, ma stavolta era riuscita ad esprimere un pensiero serio, coerente e soprattutto condiviso da tutti.
 
“Anche se non fossi stato un medico l’avrei riconosciuta. Non ci sono molti malanni che hanno questi effetti.”
 
Bepo aveva abbassato le orecchie e subito aveva preso a scusarsi con il suo capitano, prima di chiedergli di spiegare a tutti il modus operandi del Piombo Ambrato.
 
Law non aveva fatto altro che esprimere e descrivere ciò che percepiva distintamente al suo interno nel modo più esauriente possibile, per permettere ad ognuno di analizzare e studiare il morbo, nonostante desiderasse poter starsene zitto e dar tregua alla sua faringe in fiamme.
 
“Quindi, in sostanza…le chiazze bianche non sono altro che i reticoli di cellule morte perduranti che, in quanto tali, perdono totalmente la melanina? Ed il fatto che si esprimano in macchie è dovuto a quando un gruppo di quei bacilli velenosi ha voglia di svegliarsi dallo stato inibitorio, indipendentemente dagli altri?”

“Sì, Pen. Oltre al fatto che i bacilli si trovano principalmente nelle zone con cui si è stati per più tempo in contatto con il prodotto d’esportazione ambrata. Poi il contagio del resto del corpo avviene gradualmente.”

“Nel tuo caso, Captain, è lo stomaco il punto cruciale? È un po’ insolito il contatto diretto con quell’organo.”

Law aveva ridacchiato con enorme sforzo.
“Mia madre aveva tutto un set di piatti, bicchieri e posate di Piombo Ambrato. Pure il frigorifero. Probabilmente, a forza di sfruttare quella roba per mangiare, ho avvelenato il cibo e, di conseguenza, lo stomaco.”
 
Ancora una volta la cabina era immersa nel silenzio.
 
Era quasi ridicolo il modo in cui gli abitanti di Flevance erano stati esposti al mortale morbo.
Praticamente si erano suicidati e si erano pure impegnati per farlo, costruendo qualsiasi cosa con quel dannato metallo.
Ovviamente la ridicolezza era rasentata dalla pietà.
Nessuno aveva la minima idea di cosa facesse il Piombo speciale che avevano rinvenuto nelle loro terre.
 
“Ah, un’altra cosa” Law aveva richiamato l’attenzione dei presenti. “Sta merda ha una particolarità: alterna momenti di crisi e di stallo, seppur sofferto dai permanenti sintomi.”
 
Jean Bart e molti altri avevano strabuzzato gli occhi.
“Cioè, ci sono dei momenti in cui stai bene?”
 
“Non esattamente. Adesso, come quando ho lasciato la tavola ieri sera, sono nella fase di stallo. In pratica il processo di deterioramento dell’organismo prosegue, ma molto attenuato o a rilento e perciò, finché non perderò ogni funzione nella fase terminale della malat-”
 
“Nel caso improbabile in cui perderesti ogni funzione.” Lo avevano  corretto quasi contemporaneamente tutti e venti gli Hearts.
 
“…Sì, dicevo… che in questa fase posso agire normalmente e fare quel che voglio, seppur risenta dei dolori e dall’affaticamento, ma non sono soggetto ai sintomi principali dei momenti culminanti, anche se il tutto avviene contemporaneamente alla degenerazione interna.”
 
“E questi culmini hai detto che sono emicrania, claustrofobia o senso di soffocamento, le crisi epilettiche, quelle di panico, la nausea e disturbi emotivi o psichiatrici.”
“Aha, ma se i miei bacilli agiranno ugualmente a tredici anni fa, non dovrei impazzire, perché il mio cervello è stata l’ultima parte ad essere avvelenata-!”
Aveva parlato troppo e questa volta la tosse l’aveva letteralmente sorpreso, impedendogli di coprirsi la bocca, come da educazione.
Dunque aveva macchiato le lenzuola celesti del suo letto con sangue e grumi dalla discutibile formazione.
Bepo e Ikkaku l’avevano afferrato per le spalle, impedendogli di arricciarsi su se stesso durante gli spasmi, rischiando l’occlusione delle vie respiratorie.
Mentre si passava il dorso della mano destra sulle labbra, macchiandolo di vermiglio e mormorava delle scuse, alcuni dei suoi compagni si erano attivati per rimuovere gli ammassi rossicci di carne dalle coperte.

“Comunque,” aveva poi ripreso, nascondendo il disagio provato per aver costretto ancora una volta i suoi compagni a soccorrerlo “abbiamo chiacchierato fin troppo. È impossibile prevedere quando sarò colto da un attacco di crisi, quindi direi di procedere subito con l’intervento.”
“Intervento?”
“Sì, pensavo di farmi operare da voi allo stomaco. Innanzitutto voglio sapere qual è il suo stato attualmente. Nel caso in cui non sia già totalmente contaminato potreste esportarmi la parte morta, onde evitare lo stesso destino al resto dell’organo.” Si era fermato qualche istante per riprendere fiato, che ancora faticava a immettere per il malessere claustrofobico e dar tempo ad ognuno di seguire il filo logico del discorso.
“Se invece mi ha già abbandonato, con la Room ve lo farei esportare del tutto e poi in qualche modo penseremo a curarlo tutti insieme. Ovviamente trattarlo esternamente al mio corpo sarebbe molto più comodo ed agevole.
In ogni caso preparate un bel po’ di flebo. Non penso potrò nutrirmi normalmente per diverso tempo.”
 
“Ma anche utilizzando la room come faremo noi ad esportarti lo stomaco? Sei tu l’unico che potrebbe fare una cosa del genere senza intervenire chirurgicamente.”
 
“Considerando il significato intrinseco del mio potere ho la facoltà di controllare e decidere ogni cosa nella mia Room. Perciò, se voglio che qualcuno sia in grado di tagliare una persona senza ucciderla o farla sanguinare, almeno teoricamente, dovrebbe verificarsi così.”
“Ci hai mai provato prima? Mi sembra rischioso.”

“Bé, Ikkaku, un rischio per un altro. Io ci provo, mal che vada dovremo curarmi l’organo con iniezioni, pastiglie e flebo e dunque tutte le restrizioni dovute all’inserimento dello stomaco in un organismo ancora vivente.”
 
“Va bene, fa del tuo meglio…” non gli era parsa troppo convinta, ma almeno si era rassegnata al suo piano.
 
Mentre alcuni Hearts annuivano ed un paio di loro si appuntava e discuteva del materiale occorrente per la preservazione ed il trattamento dello stomaco, Penguin si era fatto avanti richiamando l’attenzione generale e di Law in particolare.
 
“L’infermeria è pronta. Possiamo iniziare subito, se vuoi.”
Trafalgar si era limitato a mugugnare in segno di consenso, per poi ordinare l’inizio della sterilizzazione del personale e di se stesso.
 
Adesso era nuovamente in grado di muoversi, anche se barcollante e con solo l’aiuto di Bepo aveva raggiunto quasi autonomamente l’anticamera del suo laboratorio, mentre il resto della ciurma si accingeva, già, a vestire i panni chirurgici e radunare gli attrezzi utili a quel tipo di operazione.
 
“Captain, sei pronto?” Jean Bart era entrato spingendo la barella.
Aveva aiutato Law a stendersi, avvolto solo dalla camicia ospedaliera, dopodiché aveva ripercorso la strada appena fatta camminando all’indietro ed aprendo i portoni per la sala operatoria spingendoli con la schiena.
 
Raggiunto il centro della stanza, il lettino mobile era stato circondato dai pirati che più avevano dimestichezza nell’ambito medico ed avevano fatto allontanare l’ex capitano.
 
Law aveva sentito due flebo essergli inserite nel braccio destro e una nel sinistro e solo per dimestichezza ed abitudine, non per reale attenzione, aveva riconosciuto essere integratori per le proprie cellule più deboli, stabilizzatori della circolazione ed una soluzione cicatrizzante, che presto avrebbe agito laddove i reticoli ambrati stavano deteriorando il tessuto ad essi attorno.
 
“Law, vuoi l’anestesia?” La voce di Penguin gli era risultata soffusa dalla mascherina con disegnato il ghigno di un vampiro che portava e per la cuffia che invece ricopriva le proprie orecchie.
 
“No, preferisco avvertire ogni passaggio e in ogni caso non mi sventrerete, per vostro dispiacere. Attiverò subito una prima Room per aprirmi la parte superiore dell’addome.”
 
“Ed io che già pregustavo il tuo smembramento…” il tono fintamente drammatico di qualcuno lo aveva fatto sorridere e, poi, notando la mascherina con la bocca putrefatta di uno zombie che quel compagno indossava, aveva preso a sghignazzare.
 
Il loro set medico non era propriamente consono per mettere a proprio agio i pazienti.
Anche se, colui che più di tutti avrebbe dovuto far morire di crepacuore la persona in cura, il Chirurgo della Morte, sulla propria  mascherina aveva disegnata la bocca di Bepo, mentre questi gridava il suo solito “Aye aye!”.
 
Intanto i nakama nella camera avevano tutti preso posizione.
Shachi, aveva notato, sarebbe stato colui che l’avrebbe operato e Penguin era il capo infermiere e dunque l’aiutante del provvisorio chirurgo.
Clione era prossimo al monitor riportante i suoi valori e stava dando gli okay a Uni circa la sua frequenza cardiaca, la pressione e via discorrendo, per dare inizio all’operazione.
Ikkaku aveva finito di sistemare gli attrezzi nel vassoio sul tavolino con le ruote e gli aveva rivolto uno sguardo carico d’ansia.
Lui aveva ammorbidito il proprio.
 
“Captain, iniziamo”
Room” la bolla azzurra semitrasparente aveva inglobato la sala ed ogni cosa al suo interno era sotto il controllo di Law.
Ora doveva solo far sì che parte del controllo passasse ai suoi dottori.
Non era un’abilità che era solito usare, essendo che l’Ope Ope lo sfruttava principalmente in battaglia e rarissimamente le sue doti mediche sovrumane non erano state sufficienti per curare qualcuno, quindi la novità della ripartizione del controllo nella room era qualcosa che lo impegnava sia fisicamente sia psicologicamente.
D’altra parte non aveva voglia di ritrovarsi una cicatrice sul tronco, abbastanza grande da esportare eventualmente lo stomaco.
Quest’ultimo, poi, non poteva andare da nessuna parte se non concedeva la manipolazione a Shachi.
 
Aveva chiuso gli occhi in concentrazione ed udito il cardiofrequenzimetro aumentare il ritmo sonoro, contemporaneamente a Clione che informava ad alta voce i presenti dei nuovi e crescenti valori.
 
“È già abbastanza affaticato, non è meglio procedere come di norma? L’Ope Ope prosciuga le energie.”
 
“Aspetta ancora un po’, Clione e continua a tener d’occhio quella scatola casinista. Sono certo che ci riuscirà. E poi, se gli roviniamo il corpo con qualche cicatrice, Ikkaku ci vende alla Marina nel migliori dei casi.”
“Oh, Pen, come sei innocente. Ti ricordo che sono io a gestire i bisturi. Non ve la cavereste con la prigionia del Governo.”
 
Avevano ridacchiato finché Clione aveva gridato un ultimo valore.
 
“È stabile!”
All’unisono Law aveva riaperto gli occhi e si era rivolto a Shachi.
“Divertiti…”
 
Il rosso si era sentito improvvisamente straripante di un potere immenso, che in un primo momento, istintivamente, aveva associato all’onnipotenza di un dio.
Infatti, gli sembrava di poter fare ogni cosa ed effettivamente, così era.
Aveva impiegato quasi un minuto intero per ristabilirsi e ricordarsi che, per quanto il suo capitano fosse grandioso, non era un dio e quello che percepiva era “solo” il potere di uno dei Frutti del Diavolo più potenti.
Allo stesso tempo si era reso conto di quanto tutto quel potere gli gravasse sul petto e la cervicale e presto era stato colto da un affanno, aggravato dalla mascherina medica con una bocca cucita e sanguinante che filtrava e diminuiva l’aria inspirata.
Le gambe gli tremavano, forti fitte alla testa lo stavano torturando e la vista cominciava ad appannarsi.
 
“Scusami, proverò a darti un quarto della manipolazione”
 
Law aveva chiuso nuovamente le palpebre, prossimo a riequilibrare la partizione.
 
Shachi aveva avuto giusto il tempo di elogiare interiormente il suo capitano per essere in grado, fin da bambino, di sopportare il doppio del potere che aveva appena sperimentato personalmente prima che questo andasse via via diminuendo.
 
“Va meglio?” Aveva chiesto Trafalgar dopo alcuni secondi.
 
Facendo un rapido checkup di se stesso, contemporaneamente a quello che gli stava facendo Penguin per precauzione, aveva annuito.
 
“Possiamo iniziare.”
 
Trafalgar Law aveva cercato di rilassarsi il più possibile nonostante avesse attivo l’Ope Ope No Mi.
 
Qualcuno gli aveva aperto la camicia e, dagli sguardi dei suoi compagni, aveva capito che la prima di tante imminenti macchie bianche gli era comparsa proprio all’altezza dello stomaco.
Questo non presagiva un buono stato del suo organo, ma aveva ancora qualche speranza.
 
Shachi aveva preso il primo dei bisturi che Ikkaku gli porgeva e stava tagliando la morbida carne del loro capitano.
 
“Divaricatore” Penguin aveva immediatamente inserito due di essi a incisione completata di modo che lo stomaco, in tutta la sua interezza, fosse visibile e venisse filmato dall’addetto alle riprese delle operazioni.
 
“Porca puttana…”
 
Ancora una volta lo sbigottimento, nonché lo straniamento  surclassavano ogni altra emozione dei Pirati del Cuore.
 
Il loro capitano aveva facilmente dedotto che il suo stomaco doveva essere in uno stato deplorevole.
 
“Hey, attivate il monitor sul soffitto. Voglio vederlo.”
“Law, non parlare, che mi scombussoli gli organi addominali.”
Nonostante il rimprovero del rosso avevano fatto quanto aveva richiesto.
 
Non che si aspettasse di vedere un epitelio perfetto, dalla tonaca mucosa di un invidiabile rosso rosato, con ghiandole cardiali e ghiandole gastriche nelle rispettive fossette, funzionanti ed immacolate, ma constatare che, non solo almeno la metà della superficie esterna dello stomaco era bianca, ma neppure la sua forma a sacchetto allungato e schiacciato era riconoscibile era abbastanza agghiacciante.
A prima vista, dopo l’apertura dell’organo, si poteva ipotizzare che Law avesse vomitato e cannibalizzato più del quindici per cento dell’interno dello stomaco, nella maniera che il giovane chirurgo aveva precedentemente esposto alla ciurma: le prime cellule si avvelenavano, morivano sbiancando, formavano reticoli riconosciuti come nemici e quindi attaccati dai linfociti ed, in seguito, dai succhi gastrici.
Inoltre sopprimevano sul nascere le altre cellule.
 
Questo aveva causato un afflosciamento delle pareti gastriche della tonaca interna, nonché l’esposizione agli acidi corrosivi di quelle più esterne della sottomucosa generando, quindi, una sorta di soffocamento, l’irritazione e l’auto – digestione progressiva.
 
Con l’ingerimento dell’intruglio contro al vomito era riuscito a placare la secrezione delle sostanze corrosive, che altrimenti avrebbero proseguito col processo di scioglimento delle restanti due tonache e mezzo.
 
In sostanza, si era ritrovato a pensare Shachi, scostando alcune fibre maciullate, quello stomaco aveva, ora, l’aspetto di una pallina di spugna deforme, bianca e rossiccia e rosicchiata dalle tarme.
 
“Ikka, la curette”
 
Appena lei gli aveva passato quel particolare cucchiaino chirurgico, Shachi si era apprestato a raschiare e prelevare le cellule apparentemente sane dell’organo sottoposto all’intervento.
 
“Vuoi capire se effettivamente non sono malate?” Penguin, come sempre, aveva capito il ragionamento silenzioso del compare.
 
“Se nel giro di una notte è andata a farsi fottere quasi tutta la tonaca mucosa e parte della sottomucosa, temo che queste siano prossime a manifestare pallidezza…”
 
Il pinguino aveva annuito, rimuginando fra sé.
“White, portami becker, vetrini e colorante sintetico, procederemo immediatamente.”
L’Heart dai capelli grigio elettrico si era messo sugli attenti ed era poi andato a recuperare il materiale richiesto con repentinità.

“E voi!” aveva proseguito Penguin, interpellando i compagni che, rimasti fuori dalla sala, assistevano all’operazione da dietro una grande vetrata.
“Allestite il laboratorio del capitano per l’analisi dei tessuti.”
Stavano già per allontanarsi ed obbedirgli, quando il ragazzo li aveva richiamati “Ah, mi raccomando: tutti i suoi cadaveri li mettete, se possibile, isolati ermeticamente o li buttate in mare se non potete rimediare altrimenti”
 
“Cosa? No!”
“Captain, non devi parlare mentre ho un bisturi ed una curette dentro di te”

Penguin aveva proseguito, ignorando le lamentele e le suppliche di Law, che non voleva perdere i suoi amati esperimenti e Shachi, che lo sgridava ad ogni parola che pronunciava.
“Analizzare una malattia che di fatto non è mai stata trattata prima è già difficile in sé, figuriamoci se l’ambiente dove deve avvenire lo studio è contaminato da una quindicina di morti che, tra l’altro, non sappiamo neanche chi sono.”
“Ho dato a tutti un nome”
Ci aveva tenuto a sottolineare Law, facendo definitivamente esasperare il rosso chirurgo temporaneo, mentre White tornava in tempo record con tutto il materiale richiestogli.
 
“Uni, per favore, sedalo.”
Finalmente Trafalgar aveva rinunciato a controbattere Penguin, solo per trovarsi a discutere con Shachi.
“No, voglio seguire l’operazione!”
“Guarda, che ti sopprimo direttamente se dici anche solo un’altra parola.”
Okay che stavano usando la room, ma tagliuzzargli le budella perché, a differenza del solito, non stava zitto un attimo, non era per nulla conveniente.
 
“Hoy, hoy, sono io il capitano e non mi faccio dare ordini! E poi… devo tenere attiva la Room… . Ah, tu Pen… lascia stare… lascia i miei cada…ver…i”

Un sospiro di sollievo aveva lasciato le labbra di ognuno una volta constatato che il pentotal iniettatogli a tradimento aveva avuto effetto immediato ed il loro pedante capitano era finalmente buono e tranquillo, anche se non nel mondo dei sogni, dove una persona normale finirebbe dopo un’iniezione del genere.
 
“A qualcosa è servito l’effetto collaterale dell’Ope Ope” Shachi aveva sorriso, di questo Law ne era sicuro, anche non potendo vedere attraverso la maschera.
 
Anzi, a dirla tutta, faceva fatica a mettere a fuoco e non sentiva più mezzo muscolo, neanche il dolore allo stomaco, ma era perfettamente cosciente.

Anche per questo, aveva potuto capire cosa intendesse il suo compare.
 
Il suo Frutto del Diavolo consumava energia, ciò significava che aumentava il metabolismo e, dunque, qualsiasi anestesia, se invariata nelle dosi standard per il suo organismo, l’avrebbe semplicemente semiparalizzato o placato, senza addormentarlo, perché rapidamente dissolta dall’alta reattività del suo sistema.
 
In altre parole poteva tenere attiva la Room, ma gli era impossibile parlare, muoversi ed essere partecipe all’operazione in altri modi che non fosse il ruolo del paziente.
 
Si era ritrovato a sbuffare tra sé, poiché impossibilitato fisicamente, mentre leggermente irritato aveva udito Penguin rivolgersi a Shachi.
 
“Ad ogni modo non sappiamo se di fatto l’avvelenamento sia avvenuto tutto in queste poche ore. Certamente stanotte Law è stato sorpreso da un “culmine”, che ha velocizzato l’aggravarsi dello stomaco, ma potrebbe non coincidere con l’esordio dell’attivarsi dei bacilli.”
“Anche questo è vero… beh, dovremmo scoprirlo analizzandogli lo stomaco.”
“Tutto?” Pen si era voltato a fissarlo, abbandonando per un attimo la preparazione dei vetrini per il microscopio che stava facendo con White Fox.
 
“Sì, l’esporto.”
 
Automaticamente e sensatamente Ikkaku gli aveva allungato il morcellatore.
Leggermente sorpreso il rosso l’aveva guardata con un sopracciglio alzato.
 
“Meglio se lo esporti in masse e non come blocco. Usare la room significa che il ciclo dell’organo continua normalmente, no? Quindi se lasci la parte per ora sana a contatto con quella già deceduta, il contagio o la soppressione, più precisamente, continuerà a verificarsi.”
 
“Mh… Ikka… agione…mhhh”
 
“Eh?”
 
Ikkaku si era messa a ridere, lasciando il morcellatore nelle mani del compagno, che insieme agli altri presenti osservava con dubbiosità il loro comandante.
 
“Penso che il capitano abbia detto che ho ragione. È così, Law?”
“Mh…”
 
Strabuzzando gli occhi, divertito dal mugugno di Trafalgar, Shachi aveva proceduto con l’esportazione. 
 
Persa completamente la concezione del tempo, Law non aveva saputo dire quanto fosse durato il procedimento, ma, si era reso conto, quando ormai la stanchezza ed il dolore stavano tornando a farsi sentire, il rosso si era finalmente raddrizzato, stiracchiandosi dopo aver passato gli attrezzi chirurgici alla loro fanciulla.
 
“Captain, abbiamo finito.”
Ancora con la bocca impastata e la lingua che gli pareva gonfia e incapace di elaborare il linguaggio si era sforzato di avere un’ultima conferma.
 
“…C-chiuso?”
Ora poteva vedere il sorriso di Shachi, che si era appena tolto i guanti e la mascherina che, ad eccezione per gli Heart Pirates, era di cattivo gusto.
 
“Sì, ti ho richiuso e grazie a te non avrai nemmeno cicatrici.”
 
Gli era bastata la prima parte della frase per far crollare, finalmente, la mano che per tutta l’operazione aveva tenuto leggermente sollevata con enorme fatica, per mantenere la Room.
Come essa aveva toccato il lettino medico, Law aveva chiuso gli occhi e si era concesso un meritato riposo.
 
***
 
      Con sua enorme sorpresa si era risvegliato all’alba del giorno seguente, nella sua stanza.
 
Era ancora stupefatto e quasi commosso dall’aver dormito circa diciotto ore, ovvero più di quanto facesse in due mesi, quando gli si erano avvicinati tre dei suoi uomini.
 
“Captain!” Avevano urlato all’unisono, rossi in volto dall’emozione.
 
Seppur quel grido fosse stato giusto sufficiente per raggiungere e disperdersi nel corridoio che portava alla sua cabina, dopo pochi secondi l’intera ciurma si era fiondata nella sua stanza, sfondando la metallica porta ermetica.
 
“Captain!!”
 
Gli avevano circondato il letto e facevano a turni per chiedergli come stesse e per coccolarlo.
 
“Ragazzi, un po’ di contegno, non sono mica morto.” Soffocato dall’abbraccio di Jean, cercava una via di fuga dall’ennesima sceneggiata amorosa ed esagerata della sua ciurma di (meravigliosi) idioti sentimentali.
“Appunto perché non sei morto siamo felici!”
 
Calmatisi dopo diversi altri minuti, avevano fissato intensamente il loro capitano.
Lui aveva ricambiato lo sguardo.
 
“Allora,” aveva incominciato, mettendosi a sedere sul materasso e sentendo delle fitte dove ci sarebbe dovuto essere il suo stomaco “novità?”
Penguin e White Fox si erano fatti avanti.
 
“Abbiamo analizzato sostanzialmente tre tipi di cellule: quelle morte, quelle attorno alle decedute e quelle più lontane dalle zone evidentemente contaminate.”Aveva iniziato il primo.
“Le cellule avvelenate, che abbiamo siglato come P.A si dividono a loro volta in due classi: le P.A.I e le P.A.F.”
“In altre parole Piombo Ambrato Inizio e Piombo Ambrato Fine.” Aveva specificato il secondo.
“Abbiamo scoperto, infatti, che anche se tutte le cellule bianche sembrano e tu le senti completamente morte, alcune possono presentare ancora qualche funzione. Certo, è una questione di tempo prima che diventino del secondo tipo, ma ci stiamo ingegnando per trovare un metodo che le tenga in vita il più a lungo possibile.”
“Contemporaneamente stiamo studiando quelle che attorniano le macchie.” Aveva ripreso il pinguino.
“Diciamo, che sono tutte il procinto di fare qualcosa e quindi, anche qua, le abbiamo distinte: quelle che stanno per soffocare a causa delle P.A, le S.P.A e quelle che si stanno contagiando, le C.P.A.”
“Quindi si può dire che sto morendo in due modi diversi? Figo.”
Aveva visto Pen e gli altri sobbalzare alla pronuncia del verbo “morire” al gerundio presente.
 
“Ti salveremo.” Si era sentito provenire da più parti della cabina.
 
Law aveva ghignato.
 
“Lo so, stavo scherzando. Andate avanti.”
 
“Dicevo, in questo caso gli obiettivi sono tre: trovare il modo di evitare il contagio o bloccarlo, permettere la scissione o evitare il soffocamento e curare le C.P.A. Se dovessimo riuscire a trovare un rimedio per le cellule in via di avvelenamento, teoricamente, aumentando le dosi o le concentrazioni dovremmo poter curare anche le P.A.I.
Le P.A.F, considerando la loro resistenza e ciò che fanno ai tessuti che le ospita, immagino dovremo asportarle per permettere alle nuove cellule di sostituirle.”
 
“Infine le cellule stomacali che si trovavano il più lontano dalle zone contagiate le abbiamo confrontate con altre cellule che ti abbiamo prelevato dalla cute della testa, mentre dormivi.” Aveva spiegato White Fox.
 
“Capisco… la parte che più e per prima è stata avvelenata con l’ultima ad essere colpita.”
“Esatto capitano e possiamo dirti che avevi ragione tu… anche se non c’è da essere felici.”
 
“A proposito di cosa?”
 
“Macroscopicamente le cellule dello stomaco sono sanissime, ma analizzandole abbiamo trovato i bacilli del Piombo Ambrato. E, a parte che sono bruttissimi. Davvero, non ho mai visto una malattia con particelle più ripugnanti, comunque… questo significa che dobbiamo darci una mossa a trovare la cura per le C.P.A. Inoltre pensavamo ad un modo per mantenere l’inibizione. Insomma, sarebbe comodo poter “controllare” anche in minima parte l’attivarsi dei gruppi di batteri, future macchie bianche. Tornando al confronto, quello che volevo dirti all’inizio è che la tua teoria per la quale gruppi di bacilli si trovano solo nelle zone di maggior contatto con i materiali ambrati è fondata. Nelle cellule del cuoio capelluto non abbiamo rilevato il Piombo Ambrato. In poche parole l’intero organismo non è contagiato. Solo una volta che i vari gruppi di bacilli si attivano contaminano gradualmente tutte le zone vicine, fino al completo avvelenamento del corpo.”
 
Law era rimasto in silenzio, riflettendo sulle nuove informazioni che, si era ritrovato a pensare, avrebbe voluto fossero state conosciute pure da suo padre, tanti anni fa.
 
“Ci sono stati peggioramenti?” Aveva chiesto dopo alcuni attimi.
 
“Praticamente abbiamo fatto uno spezzatino del tuo stomaco quindi, tenendo le avvelenate lontano dal resto, per ora non dovresti più cannibalizzarti. Anche se ti è comparsa una nuova macchia… non so se l’hai già vista.”
 
“No, dov’è?”
“Mano destra.” Aveva portato automaticamente lo sguardo alla mano indicatagli, notando solo allora la nuova chiazza candida sul dorso, che sbiadiva in modo osceno il suo tatuaggio.
 
“Però, è grande per essere appena comparsa.” Con finta ironia nella voce, stava fissando la sua mano, prima il dorso, poi il palmo e viceversa, come a volersi assicurare che quella maledetta, enorme macchia non trapassasse dall’altra parte.
 
“Abbiamo già controllato pure quelle cellule. Stessi sintomi e tipologie dello stomaco. Possiamo dire che il processo è uguale per ogni parte dell’organismo.”
 
“Okay… allora potete anche andare, ragazzi. Io vi raggiungo tra un po’ sul ponte. Siamo emersi, vero? Dove siamo?”
Per qualche motivo i suoi uomini si erano agitati a quella domanda.
 
“Beh, sì, sì, siamo emersi, ma è meglio se stai a letto.” Si era velocizzato a dire qualcuno per poi affrettarsi, come tutti gli altri, verso lo spazio vuoto lasciato dalla porta sfondata, che giaceva orizzontale sul pavimento della camera.

“Fermi lì.”
 
Ovviamente avevano ubbidito per abitudine e rispetto, più che per concordia e se ne stavano pentendo.
 
“Cosa mi state nascondendo?”
 
“Perché dovremmo nasconderti qualcosa, Captain?”
“Perché vi ho chiesto dove siamo.”
“Ah, vuoi le coordinate? Non è mica un segreto, te le diciamo.”
 
Ma Law, anche dopo averle sapute, aveva storto il naso e questo, lo sapevano, non auspicava nulla di buono.
Non rinunciava ad indagare.
 
“Se siamo in mezzo al nulla più totale, perché non posso uscire a prendere una boccata d’aria? Finché riesco a muovermi ci terrei a farlo. Inoltre, l’aria di mare fa bene, mentre qua dentro è viziata. Potete pure scortarmi se temete che possa crollare.”
 
Shachi aveva abbassato lo sguardo e con le mani dietro la schiena aveva dato un calcetto all’aria.
Era a disagio e faceva schifo a nasconderlo.
“Cosa c’è, Sha?”
L’interpellato era sobbalzato, facendo saltare un paio di volte i propri occhiali da sole sul setto nasale.
 
“Eh, io? Niente, niente…”
 
Law si era ritrovato a sbuffare.
Per essere dei pirati mentivano davvero male i suoi ragazzi.
 
“Okay, ultima domanda: se siamo in mezzo al nulla, perché siete tutti armati?”
 
Ed ecco ciò che li aveva pietrificati.
 
Che fosse per pigrizia, ingenuità o perché semplicemente si sentivano a casa e quindi al sicuro, nessun Hearts girava armato sul sottomarino, a meno che fosse in procinto di uscire o fosse stata rilevata dai sonar una nave od un'isola.
 
Qualunque cosa volevano nascondergli, per la fretta e l’euforia di venire a salutarlo, era stata smascherata dalle armi dimenticate alla cinta o dove le tenevano per trasportarle.
 
“Scusa, scusa, Captain!” Bepo, a quanto pare, aveva ceduto.
“Noi volevamo solo proteggerti.”
 
Mentre frettolosamente indossava un paio di jeans dai bordi risvoltati ed una maglietta bianca che portava il loro Jolly Roger seguito da una striscia maculata, si dirigeva, con l’equipaggio al seguito, sul loro ponte principale.
 
“Trafalgar Law, finalmente.” Una voce profonda e fin troppo famigliare gli era giunta dall’imbarcazione vicino la sua.
“Cazzo… ma perché la Marina?”
 
 
°°FINE CAPITOLO°°
 

 
Dan dan daaaaaaaaan!
Perché la Marina?
Perché stava aspettando Law, tutta tranquilla, senza attaccare?
Di chi è la voce xD ?
Fidatevi, c’è un perché a tutto ciò e potrebbe pure avere a che fare col Piombo Ambrato… o forse no.
No, dai, ha senso.
Vi giuro :’D
Spero che questo capitolo non abbia annoiato, perché c’è davvero tanta teoria e poca azione, ma essendo una malattia, la coprotagonista della storia, non posso fare a meno di aggiungere parti come queste: dallo sfondo scientifico e molto descrittive. Mi auguro non pallose o ripetitive :C
Ho cercato pure di rendere ogni sintomo, ogni intervento e scoperta, nelle loro descrizioni, il più realistici e veritieri possibili.
Spero di esserci riuscita, è difficile inventare una malattia e la sua cura x’D
(d’altronde Oda si è limitato a farci vedere Law morente, non ha dato nessun basamento medico).
 
Okay, cercherò di aggiornare il prima possibile, perché non sopporto l’idea che come ultimo capitolo pubblicato ci stia sto scempio rompimaroni.
 
Vi prego di dirmi cosa ne pensate, poiché, se li trovate troppo pesanti, cercherò di rendere questi interventi a sfondo medico più “soft”.
Ma, come prima accennato, non posso eliminarli xD
 
A presto, dunque!
Baci,
Pawa
   
 
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