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Autore: Martybido    29/06/2017    0 recensioni
"Hai paura?"
"No."
Un sorriso gli incurvò le labbra.
"Temevo l'avresti detto."
Madison è un ragazza di 16 anni, pronta ad iniziare il suo terzo anno ad Hogwarts, insieme ai suoi più cari amici, Matthew e Francine. Tuttavia, un incubo ricorrente ed una serie di strani comportamenti della sua famiglia, le fanno sorgere il dubbio che il prossimo non sarà un anno come gli altri. Il sospetto lascerà spazio alla certezza quando il Calice di Fuoco la designerà campionessa e scoprirà la verità sulla morte di suo nonno.
La ragazza si ritroverà a scontrarsi con un destino scomodo e solo una delicata alleanza, con la persona che meno si aspettava, sembra essere l'unica via per affrontarlo.
Genere: Fantasy, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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LA TEMPESTA


“Qualcuno mi puoi spiegare, ancora una volta, perché siamo qui?”

Era una calda mattina del 4 luglio. Fuori dalla finestra, il sole colpiva implacabile, friggendo tutto ciò su cui si posavo i suoi raggi bollenti; l’erba era secca, bruciata e ben poco di verde era rimasto per le strade e dall’asfalto si levava una calura ondeggiante.
Francine era distesa sopra al mio letto, palleggiando distrattamente per aria un cuscino, in attesa di una risposta.
“Perché, Francine, oggi esco con Zachary” le risposi in piedi davanti all’armadio, mentre adagiavo diversi vestiti sopra la mia figura e mi guardavo riflessa nello specchio.
“E cosa centriamo noi in tutto questo?” continuò con voce monotona.
“Oltre che come sostegno morale, io sono qui perché devo andare al Ghirigoro in cerca di alcuni volumi interessanti e all’Emporio del Gufo per comperare del cibo per Piuma” rispose pazientemente Matthew, seduto sopra alla mia sedia, intento a sfogliare Picnic col Vampiro  “Te, invece, sei qua perché non volevi disinfestare il giardino dagli gnomi, come tua madre ti aveva chiesto di fare dieci giorni fa, e ti sei inventata la scusa di dover andare in Farmacia a fare scorta di alcuni ingredienti di pozioni.” La vena di rimprovero nella sua voce non molto velata.
“Uff hai ragione…” ammise Francine e si lasciò cadere il cuscino sopra la faccia con fare rassegnato.
Alla fine avevo accettato di uscire con Zachary, come consigliato da Matt. Qualche giorno dopo il mio compleanno, decisi che era arrivato il momento di replicare alla sua missiva e stabilii l’incontro per la mattina del 4 luglio a Diagon Alley. Era un modo per conoscerlo meglio e capire come sarebbero andate le cose.
“Ma proprio il 4 luglio dovevi scegliere? Fa un caldo infernale!”
Mi girai a guardare la mia amica con aria infastidita.
“E chi lo sapeva che avrebbe fatto così caldo? Se l’avessi saputo avrei rimandato. E non ti azzardare a dire che sono ancora in tempo!” la precedetti puntandole contro un dito con fare minaccioso. Le parole le rimasero in gola mentre richiudeva la bocca con un sospiro. “Lo sai meglio di me che questo è l’unico modo per chiarire la situazione. Pure io odio il caldo. Mi fa sudare, i vestiti mi si appiccicano alla pelle e nessun trucco riesce a restare al suo posto per più di dieci minuti” dissi sconsolata nel mentre che mi avvicinavo allo specchio per controllare meglio il viso.
“Secondo me, dovresti indossare l’abito a fiori che ti hanno regalato per il compleanno e le scarpe basse. Sarai comoda e il più fresca possibile. Per il trucco non sarà un problema, non ti trucchi mai, quindi puoi farne a meno pure ora” Francine si era messa seduta e stava accarezzando Honey acciambellato sul letto. Di sicuro pensava che non aveva senso insistere sull’argomento.
Contemplai il vestito, appoggiandolo sopra di me. Effettivamente aveva ragione, non mi si sarebbe attaccato addosso ed era così leggero da lasciar traspirare l’aria.
“Mi hai convinta! Matthew…” esclamai decisa, girando sui tacchi e indicando la porta.
“Sissignora, vado giù con tuo padre, mi farò mostrare qualche aggeggio babbano” e lasciò la stanza contento come un bambino.
“Davvero andrai in Farmacia a fare scorta? Io ho finito il fegato di ratto…” pensai, dopo un po', infilandomi l’abito nuovo.
“Ma ti pare? Quel posto puzza di chimico e di marcio!” rispose disgustata. “No, andrò da Broomstix e da Accessori di Qualità per il Quidditch. Avremmo tutto il tempo di riempire le scorte prima di tornare a scuola.”
“Secondo te, tra quanto arriverà la lettera?” domandai, aggiustandomi una collanina che si abbinava al vestito. Conoscevo la mia media e sapevo di essere stata ammessa al terzo anno, ma ero impaziente di vedere l’elenco delle materie facoltative da scegliere e i nuovi libri di testo. Non ero una secchiona come Matthew, però mi piaceva andare bene a scuola.
“Mmm, non lo so…credo la settimana prossima. Hai già iniziato a fare i compiti?”
Francine si era alzata e mi stava ispezionando con fare certosino.
“Ho letto solo il capitolo di Incantesimi. Devo iniziare a darmi da fare.”
Mi diede una sistemata alla gonna e disse “Ecco qua, per me sei perfetta! E…visto che dovrai uscire con un Prefetto-Perfetto… direi che è fantastico!”
Mi scappò una sana risata.
“Dai, andiamo giù e sentiamo che ne pensano gli altri.”
“Fermatevi, tutte e due! Mi dite che state complottando?”
Ero appena arrivata a metà del corridoio quando venni placcata da mia sorella che mi guardava sospettosamente.
“Niente, dobbiamo andare a fare spese per la scuola” risposi angelicamente.
“Sì, come no” un ghigno malizioso le attraverso la faccia. “Quindi mi stai dicendo che non ti sei preparata in vista di un appuntamento con un ragazzo, dico bene?”
Sfortunatamente passai dieci secondi di orologio ad elaborare una scusa, senza riuscirci, e non appena abbassai gli occhi con aria colpevole, Vicky si illuminò raggiante.
“Dai, entrate dentro, che ti do un’occhiata!”
Entrammo rassegnate. Victoria si mise a girarmi in torno, un dito le tamburellava il mento e i suoi occhi mi passavano ai raggi x.
“Devo dire che avete fatto un buon lavoro: il vestito è semplice, ma carino, la collana dà quel tocco di eleganza e le scarpe sono sportive. Un mix giusto” approvò, annuendo. Lentamente mi guardò negli occhi, un cipiglio allusivo le si fece strada “Giusto, sì, ma bisogna vedere che tipo di appunto sarà, per non correre il rischio di essere fuori luogo.”
Che impicciona! Non può semplicemente lasciarmi andare?
“È solo un primo appuntamento. Anzi, una normalissima uscita. Nulla di galante o di formale” esclamai reticente.
“Bene, allora questo è il look giusto!” replicò soddisfatta. Poi corse verso il suo beauty-case ed estrasse una piccola forcina a forma di cuore. “Ecco, così ti leghi i ciuffi della frangetta dietro alla testa” e la sistemò sul capo.
Francine, che era rimasta tutto il tempo a giocherellare con la sua lunga treccia domandò se potessimo andare. Victoria ci diede il via libera e così scendemmo in salotto.
Papà e Matthew erano intenti a fissare il climatizzatore attaccato alla parete che, visto il caldo afoso di questi giorni, lavorava ormai a pieno regime.
“Adesso, se premi questo pulsante”, ne seguì un click, “il bocchettone da cui esce l’aria inizia a sposarsi, vedi?”
Matthew fissava a bocca aperta il climatizzatore.
“Sì, lo vedo. Sale e scende da solo, facendo muovere l’aria.”
Mio papà lo guardò orgoglioso. A quanto sembrava, aveva preso molto sul serio il suo ruolo di insegnante improvvisato.
“Esatto. Se premi ancora il bottone grande, vedrai che si spegnerà.”
Click. “È vero, l’ho spento!” gioì entusiasta il ragazzo.
“Ah ah ah, bravo Matthew, impari in fretta!” gli assestò qualche pacca di incoraggiamento sulla schiena. “La prossima volta potremmo passare a cose più complesse del semplice premere un pulsante, come la caffettiera elettrica” promise, strizzandogli l'occhio con fare complice.
Matt arrossì, imbarazzato “Sì, signor Evans, mi piacerebbe molto.”
“Ehm ehm”, mi schiarii la voce per annunciare il mio arrivo, “noi siamo pronti e vista l’ora dobbiamo andare.”
Francine stava combattendo una lotta interiore per evitare di scoppiare a ridere senza ritegno, ma gli occhi scintillanti fissi su Matt tradivano la scarsa volontà di reprimere l’impulso. L’amico se ne accorse all’istante e si affrettò a riacquistare l’aria composta e pacata di sempre.
“Tesoro, ma sei bellissima! Fatti vedere bene” si complimentò mio padre, facendomi fare una piroetta sul posto. Una volta che ebbe finito, si rivolse a tutti e tre “Dove andrete di bello?”
“Mah in giro… Ghirigiro, Farmacia, Broomstix... il solito insomma. Probabilmente pranzeremo fuori, quindi non apparecchiate per me” risposti evasivamente.
Ovviamente i miei genitori non sapevano nulla della mia uscita con Zachary. Finché non ci fosse stato veramente qualcosa da raccontare non aveva senso renderli partecipi.
“Ottimo, forza, tutti in macchina!” e si diresse a prendere le chiavi appese vicino alla porta.
Lo guardai perplessa.
“Scusa, papà, ma non andiamo con la Polvere Volante?” chiesi indicando il camino.
“No, meglio di no. Preferisco accompagnarvi io, tanto devo recarmi a Shaftsbury Avenue in ogni caso per una commissione di lavoro. Poi per tornare potete prendere i mezzi pubblici, senza che vi infilate in qualche camino.”
Nonostante la risposta sembrasse sincera, conoscevo troppo bene mio padre: non mi era sfuggito il modo in cui aveva distolto lo sguardo prima di parlare. Come avevo fatto caso pure al fatto che mia madre rimaneva sempre più spesso al lavoro, andando in ufficio anche di sabato.
I miei amici mi stavano guardando incuriositi. Decisi di condividere con loro le mie preoccupazioni una volta giunti a Diagon Alley
“Va bene, andiamo allora” acconsentii e ci dirigemmo alla macchina.

Diagon Alley era un rione interamente magico nel cuore di Londra. Oltre che per Metropolvere e Smaterializzazione, ci si poteva accedere da un vecchio pub, Il Paiolo Magico, situato nel pieno quartiere di Soho. Per evitare che qualche Babbano decidesse di esplorare il locale, il Ministero lo avevo dotato di un incantesimo di Disillusione, in questo modo qualsiasi persona senza sangue magico si fosse fermata all’ingresso, avrebbe visto una vecchia costruzione, chiusa, caduta in disuso, e semmai gli fosse passato per la testa di lamentarsi con il Sindaco affinché un tale orrore venisse abbattuto, improvvisamente si ricordava di dover fare qualcosa di molto importante da non poter essere rimando, tanto da archiviare l'intera faccenda.
Non che alla vista di un mago il pub apparisse molto diversamente: la costruzione era in stile vittoriano, di legno e pietra scura, l’insegna di un calderone fumante cigolava sopra all’ingresso. Il gestore era Tom, un signore molto allegro, abituato ad incontrare ed ospitare nelle camere ai piani superiori i più diversi avventori. Per accedere a Diagon Alley, bastava superare l’intera sala, destreggiandosi tra gli innumerevoli tavoli, tutti di forma e dimensioni diversi; si arrivava al piccolo giardino del retro, dove il locandiere accatastava le cose inutilizzate, e battendo con la bacchetta, secondo un certo ordine, sui mattoni dell’unica parete presente, si apriva un arco che immetteva nella via principale affiancata dai negozi.
Ed era proprio in quel posto che io ed i miei amici eravamo appena giunti.
“Dove vi siete dati appuntamento?” si informò Matthew guardandosi in giro.
“Davanti Olivander” risposi nervosamente seguendo lo sguardo di Matt che si perdeva nella folla.
“Scusa ma te lo devo chiedere Maddy: da quando non possiamo andare a Diagon Alley da soli?” Francine era molto perspicace, nonostante il suo lato esuberante e goliardico.
La guardai negli occhi.
“Ne parliamo dopo, sono successe alcune cose strane, in questi giorni.”
Tra i quali il Mantello e il mio incubo ricorrente che si era fatto più tenebroso.
Ci lanciammo uno sguardo di intesa tutti e tre. Il nostro legame di amicizia era talmente forte che in alcuni istanti capivamo al volo i rispettivi pensieri, senza il bisogno di esternarli.
“Bene, allora siamo arrivati al punto di svolta!” Francine mi sorrise allegramente e mi diede una pacca sulla spalla “Forza leonessa, sii audace, fiera e coraggiosa, proprio come una vera Grifondoro! Sbranali tutti!”
Ascoltando la frase di incoraggiamento che era solita usare con me, colsi il coraggio a due mani e decisi di andare.
“Maddy, ci troviamo al Paiolo Magico quando hai finito” Matt mi salutò con la mano.
Feci un respiro profondo.
Andiamo e vediamo che succederà.

L’appuntamento era alle 10:15 davanti ad Olivander, il più grande venditore di bacchette del Regno Unito. Ero in ritardo di cinque minuti quando giunsi all’entrata del negozio, ma anche Zachary non era ancora arrivato. Scrutai la folla errante, cercandolo, il che risultava molto difficile visto l’enorme quantità di gente che stava affollando Main Street. Maghi e streghe con tuniche colorate e cappelli appariscenti si mescolavano fra di loro, neppure il caldo li aveva scoraggiati dal fare shopping, andare in banca o gustarsi una bevenda in compagnia. Ovviamente per loro il problema del caldo era relativo, bastava un incantesimo Frescafrescura per trovare refrigerio.
“Ehi, ciao Madison.”
Una voce maschile alla mia destra attirò la mia attenzione.
Zachary era arrivato, i capelli corvini ordinati, polo blu elettrico, pantaloni bianchi fino al ginocchio e scarpe basse.
“Ciao, Zachary.”
All’improvviso tutta la storia della leonessa mi sembrò una stupidaggine colossale e non riuscii a dire null’altro.
Lui dovette accorgersene perché subito interruppe quel silenzio.
“Scusa, ho fatto un po’ tardi, sai la Metropolvere era intasata a causa del traffico ed ora me ne spiego la ragione” sorrise accennando alla folla che ci passava accanto.
Colsi la battuta e mi sciolsi un po’.
“Già, anche io ho fatto tardi, ma sono arrivata attraverso l’entrata Babbana. Mi ha accompagnato mio padre, visto che passava per Soho.”
Mi dispensò un altro sorriso, ma questa volta era di gratitudine per aver rotto il ghiaccio.
“Dove vogliamo andare?”, chiese educatamente, “Vuoi vedere qualche negozio in particolare?”
Ci pensai su un istante.
“Vorrei passare al Serraglio Stregato a prenderei dei Biscottini Felini per il mio gatto, ne va pazzo.”
“E Serraglio Stregato sia” Approvò Zachary.

Il Serraglio Stregato il negozio di animali magici e, per me, il più interessante dell’intera Diagon Alley. Si poteva trovare qualsiasi tipo di animale: topi salterini, che giocavano a saltare la corda usando la propria coda, rospi viola, gatti di ogni genere, lumache velenose e pure un coniglio bianco che si divertiva a trasformarsi in un cilindro. L’intero locale era piuttosto angusto e rumoroso per via delle gabbie che arrivavano fino al soffitto e dei loro occupanti chiassosi.
La tappa successiva fu la libreria Il Ghirigoro. Passando davanti alle vetrine ci fermammo istintivamente per controllare se fossero arrivati nuovi libri. Appena ce ne accorgemmo ridemmo per la medesima abitudine. Il negozio era suddiviso in due piani, tutti riempiti di scaffali e pile di volumi pericolanti. Era il paradiso di ogni lettore: libri grossi come lastroni di pietra o piccoli come un francobollo, pieni di simboli strani ed indecifrabili oppure con le pagine completamente vuote, foderati in pelle o in seta. Un poster campeggiava vicino all’ingresso e sponsorizzata il nuovo volume Il Libro Invisibile sull’Invisibilità. Dato che entrambi eravamo curiosi di vederlo, Zachary domandò al commesso se si potevamo consultarne una copia.
“Purtroppo non riusciamo a trovare neanche un singolo volume! Ce ne hanno consegnato un’intera cassa e una volta aperta non siamo riusciti a trovare i libri invisibili” rispose amareggiato il dipendente. “E si che li abbiamo pagati diversi Galeoni. Mi sa che non è stato un buon affare.”
Non vidi i miei amici in nessun negozio, ma la cosa non mi dispiacque, ero in buona compagnia.
Abbastanza provati dal caldo afoso che imperversava e data l’ora di pranzo, decidemmo di dirigerci alla Gelateria di Florian Fortebraccio. Il posto era piuttosto affollato, a quanto pareva molti avevano avuto la nostra idea, tuttavia riuscimmo a trovare un tavolino per noi.
“Finalmente, non ce la facevo più” sbuffai stancamente, passandomi una mano sulla fronte.
“Hai ragione, in questi giorni il caldo si è fatto più intenso. Ho sentito che non raggiungevamo queste temperature da quasi quindici anni” concordò Zachary.
“Meglio prendere qualcosa di fresco che ci tiri su” dissi allegramente.
Ordinammo due coppe gelato: io una esplosione di frutta (la frutta esplodeva veramente una volta in bocca) e Zachary un assortimento di creme varie.
Dopo averne mangiato qualche boccone, iniziammo a parlare inevitabilmente di Hogwarts.
“I risultati dei miei GUFO dovrebbero arrivare a breve, questioni di giorni. Se avrò ottenuto un Eccezionale in Antiche Rune farò richiesta alla professoressa Babbling di diventare il suo assistente” mi spiegò con tono professionale. “Certo, dovrò conciliare questo nuovo impegno, con lo studio, il lavoro di Prefetto e qualche club che ancora non ho scelto.”
“Che lavoro vorresti fare?” chiesi curiosa e una piccola parte di me sperò che non fosse il Ministro.
“Mi piacerebbe lavorare nel settore di mio padre: Ufficio di Cooperazione Magica Internazionale, settore Commercio Internazionale. Sarà molto difficile però… al tirocinio accettano solo studenti con MAGO in Storia della Magia, Antiche Rune, Aritmanzia, Pozioni ed Incantesimi.”
Il suo sguardo si rabbuiò leggermente e si chiuse in un silenzio riflessivo.
“Sei un ragazzo sveglio, hai ottimi voti, sono sicura che ce la farai” gli sorrisi incoraggiante e lui contraccambiò.  
Volle sapere delle mie aspirazioni, la materia che preferivo e quella in cui riuscivo meno. L’ultima domanda era facile: l’insegnamento in cui eccellevo di meno era Pozioni, non tanto a causa mia, ma per colpa del professore. Il professor Piton, alto, magro e con una cortina di uniti capelli neri, era in grado di mettere in soggezione tutti gli alunni con i suoi modi superbi e freddi, in più essendo, essendo responsabile della Casa di Serpeverde, non perdeva occasione per premiare gli studenti che vi appartenevano, divertendosi a togliere punti alle Case restanti. Soprattutto a Grifondoro.
D’altro canto adoravo Difesa Contro le Arti Oscure. Il professor Lupin era un vecchio amico di famiglia, aveva frequentato Hogwarts insieme a mia madre, con il suo animo gentile e ben disposto riusciva a far apprendere una materia così complicata in modo divertente ed inusuale, diversa dalla classica lezione frontale. Pure Trasfigurazione mi interessava, ma la professoressa McGranitt non indorava la pillola: la Trasfigurazione era pericolosa e doveva essere affrontata seriamente e professionalmente. Lei era la rappresentante della mia Casa, ma, a differenza di Piton, non faceva preferenze e non esisteva togliere punti ai Grifondoro se lo riteneva opportuno.
Per quanto riguardava le mie aspirazioni, la faccenda era complicata. Non avevo un’idea precisa di cosa volessi diventare, ero ancora aperta a tutte le opportunità che si potevano presentare, ma dentro di me cominciavo ad accarezzare l’idea di diventare un Auror. Gli Auror erano un corpo speciale di maghi scelti del Ministero, il loro compito consisteva nel dare la caccia e catturare i maghi oscuri, seguaci di Grindelwald: i Mangiamorte. Nonostante fossero passati quasi vent’anni anni dalla caduta del Signore Oscuro, molti maghi gli rimanevano fedeli, confidando in un suo ritorno. La maggior parte dei Mangiamorte furono spediti ad Azkaban nel giro di pochi anni, alcuni si nascosero o fuggirono all’estero, questo destino era riservato per lo più a famiglie Purosangue di rango minore. Le Casate più antiche e ricche che ebbero un importante ruolo decisionale e logistico durante gli Anni Bui, trovarono la salvezza dichiarando di essere sotto la Maledizione Imperius e di non eseguire gli ordini per loro volere, ottenendo così una seconda possibilità. Come ripeteva sempre mia nonna: dovevano la loro libertà solo alle loro amicizie strette con membri molto influenti del Ministero.
I Mangiamorte erano una setta molto chiusa e consentivano l’ingresso solo a persone Purosangue da tante generazioni, ciò per prevenire l’ingresso di eventuali spie Auror. Una volta ucciso e torturato un numero sufficiente di Babbani, si veniva marchiati nell’ avanbraccio sinistro con il Marchio Nero, il simbolo di Grindewald: un teschio con un serpente attorcigliato che gli esce dalla bocca. Il Marchio Nero serviva al Mago Oscuro per contattare i suoi seguaci, ovunque fossero, bastava che toccasse il suo simbolo affinché quello di tutti cominciasse a bruciare, facendosi più nero e definito. Dopo aver svolto il compito che gli veniva assegnato, i Mangiamorte proiettavano il Marchio Nero nel cielo, ad indicare che la morte aveva appena trovato un’altra vittima. Anche uccidere i Nati Babbani e i Mezzosangue era motivo di stima, essendo considerati traditori del loro sangue.
Oggigiorno essere Auror non era pericoloso come allora, ma di sicuro non poteva considerarsi un lavoro indenne da rischi.

Finito il gelato, riprendemmo la passeggiata, fino ad arrivare da Wiseacre Equipaggiamento Magico. Il negozio vendeva tutti gli oggetti magici inventati fino ad allora. La vetrina era affollata da visitatori incuriositi che fissavano i vari strumenti a bocca aperta additandoli.
La mia attenzione fu attirata da un oggetto piccolo, simile ad una trottola, ma tutta di vetro, che stava girando all’impazzata e sibilava sonoramente. Avvicinai la faccia alla vetrina e domandai “Zach, sai cos’è?”
Il ragazzo si fece più vicino per vedere meglio, ma la voce maschile che mi rispose non fu la sua.
“È uno Spioscopio tascabile.”
Mi alzai, curiosa di vedere chi stesse parlando. L’interlocutore era un ragazzo alto, slanciato, aperto di spalle, capelli biondo scuro, pelle candida e freddi occhi grigi. Il suo viso non mi era nuovo, ma non riuscivo a ricordare chi fosse.
“Un Detector Oscuro che dovrebbe rivelare quando qualcuno nelle vicinanze ha cattive intenzioni.” Proseguì con il tono lento e distaccato di prima, fissandomi con aria superiore. “Ma da come gira impazzito, direi che è rotto.”
“Ciao, Gherin” anche Zachary si era voltato e lo stava osservando con una fredda espressione.
“Cohen” salutò il ragazzo rivolgendo lo sguardo verso Zach “Stiamo facendo shopping?” e un ghigno obliquo gli attraverso il viso, quasi sarcastico.
“Pressappoco” rispose lapidario. “Te, invece? Come mai sei qui?”
“Pressappoco per il tuo motivo, diciamo così. Adesso devo andare, buona passeggiata, Cohen” e prima di incamminarsi mi lanciò un’ultima rapida occhiata.
Il forestiero era ormai sparito tra la folla, ma Zach continuava a guardare fisso nella sua direzione.
“È un tuo amico?” domandai incerta.
Finalmente si decise a volgere l’attenzione su di me.
“No, siamo solo compagni di classe.”
Dalla risposta secca, capii al volo che non ne voleva più parlare.
Evidentemente si accorse di essere stato troppo brusco perché mi regalò un altro dei suoi sorrisi cordiali e disse “Forza, continuiamo il giro.”

Erano quasi le 17 quando decidemmo di salutarci.
“Eccoci qua” disse.
Eravamo in piedi, uno di fronte all’altra.
Il ragazzo prese di nuovo la parola.
“Maddy, non te l’ho detto prima, ma stai molto bene vestita così. Sei veramente carina.”
Subito sentii le guance farsi più rosse e non riuscì più a reggere il suo sguardo.
“Grazie, sei gentile, Zach” biascicai fissando un punto imprecisato della sua polo.
All’improvviso ci fu un movimento inaspettato. Allungò il braccio e mi prese delicatamente la mano. Istintivamente tornai a fissarlo, stupita. I miei occhi azzurro-grigio incontrarono i suoi nocciola e sostennero lo sguardo.
“Sai, prima di trovare il coraggio di parlarti, quel giorno in Biblioteca, ho passato diverso tempo ad osservarti, senza mai decidermi di fare la prima mossa. Ora me ne pento amaramente. Il tempo che abbiamo passato assieme ad Hogwarts lo scorso anno è stato poco, così mi piacerebbe rimediare e iniziare a frequentarci più spesso, se sei d’accordo.”
Il modo in cui lo disse, senza tradire nessuna insicurezza, mi fece capire che si era preparato il discorso prima del nostro incontro.
Stava aspettando una risposta.
“Zach, quel poco tempo trascorso insieme è stato piacevole anche per me, ma non mi sento di impegnarmi in qualcosa di più. Insomma…non ci conosciamo così bene…” cercai di essere diplomatica come lo era stato lui, ma mentre parlavo mi resi conto che l’effetto non era lo stesso.
Il ragazzo annuì, comprensivo.
“Certo, non ti sto chiedendo niente di impegnativo. Pensaci, va bene? Approfitta di queste settimane prima dell’inizio della scuola per riflettere. Una volta tornati ad Hogwarts avremmo modo di passare molto tempo insieme e vorrei che le cose fossero già definite tra noi due.”
“Lo farò” promisi. “Grazie della bella giornata, sono stata bene.”
Si avvicinò e mi scocco un bacio sulla guancia.
“Anche io, Madison.”

“Eccola la nostra leonessa, tornata vincitrice!”
Francine accolse così il mio arrivo al Paiolo Magico. Lei e Matthew erano pieni di buste e stavano bevendo qualcosa che avevano ordinato.
“Vuoi l’Acquaviola di Francine o la mia Lemonsoda?” offrì Matt.
“Lemonsoda?” domandai divertita mentre prendevo posto nel loro tavolo.
“Si, dato che Tom serve anche bevande Babbane ho deciso si assaggiare questa. Non è male”, rispose facendo schioccare la bocca in segno di approvazione.
“Prenderò un po' di Acquaviola.”
“Allora, non farti pregare: sputa il rospo!” esclamò Francine mentre mi passava il bicchiere.
Bevetti un sorso e raccontai la giornata.
“Non è andata male. Abbiamo passato delle ore rilassanti, caldo a parte. Abbiamo visitato qualche negozio e pranzato da Florian Fortebraccio.
Il viso lentigginoso di Matthew si fece avanti con un sorriso malizioso “Tutti qui? Non è successo niente?”
“Solo che vorrebbe qualcosa di più, una volta tornati ad Hogwarts” lo dissi con una mezza smorfia poco convinta. “Ho detto che ci devo pensare perché non voglio nulla di serio.”
Francine svuoto in sorso il resto della bibita. “Non c’è molto da pensare: o ti piace o non ti piace.”
“Grazie, Sherlock” la schernì “Ma non è così semplice. È un bravo ragazzo, preferisco conoscerlo di più prima di sbilanciarmi.”
Rimanemmo tutti e tre in silenzio, pensierosi.
“Comunque, prima di andare a casa, vorrei parlarvi di una cosa strana che mi sta capitando.” Enunciai dopo un minuto.
I miei amici mi guardarono concentrati.
“Ha a che fare con il passaggio di tuo padre?” si informo Matthew.
“Non lo so con certezza, ma credo che le due cose possano essere collegate.”
Fu così che gli raccontai dell’incubo misterioso che da due anni tormentava le mie notti, di come questo si fosse evoluto una volta ricevuto il Mantello di nonno Edgar e del lavoro supplementare che teneva sempre di più impegnata mia madre al Ministero.
La prima a commentare tutte le informazioni fu Francine.
“I Mantelli invisibili non sono rari, anche Wiseacre li vende. Certo, costano 50 Galeoni, ma forse tuo nonno ha potuto permetterselo in gioventù.”
“Quei mantelli sono giocattoli, roba da quattro soldi per spennare i creduloni. Non ti rendono invisibile per davvero, hanno un Incantesimo di Disillusione o una Fattura Abbacinante oppure sono intessuti di lana da Camuflone, dopo qualche anno l’incantesimo tende a sbiadire fino a consumarsi completamente e il tessuto diventa grigio” la corresse lui, aggrottando la fronte concentrato. “Qua stiamo parlando di un mantello che per ha conservato la capacità di rendere invisibili le persone, per arco di tempo indefinito. È magia complessa. Molto complessa. Non ne avevo mai sentito parlare prima d’ora.”
La faccenda stava prendendo una piega che non mi piaceva.
“Veramente non ho ancora provato il mantello… non so se è ancora in grado di rendere invisibile” provai a ridimensionare la cosa.
I verdi occhi di Matt mandarono un bagliore infervorato.
“L’unica cosa per capirlo è provarlo. Questa sera te lo metti e vedi che succede”. Vedendo la mia espressione preoccupata si affrettò a rassicurami “Stai tranquilla, non ti capiterà niente di strano. Se è un mantello giocattolo, solo alcune parti di te non saranno visibili. Se è vero, basterà che te lo tolga per apparire di nuovo. Non avrai nessun effetto collaterale.”
“Va bene. Vi manderò Hermes per farvi sapere” annuì.
“Perché non ce lo hai detto prima di questo mantello? Perché non ne hai parlato alla festa di compleanno?” il tono di Francine era triste, quasi fosse delusa per essere stata esclusa.
“Ero spaventata. Non sapevo cosa significasse. Volevo solo del tempo per rimettere ordine nelle mie idee” presi le mani di entrambi tra le mie “Non volevo escludervi. Ne abbiamo passate tante insieme e l’istinto mi dice che ne passeremo molte altre ancora” sorrisi. Gli volevo davvero bene.
Matthew riprese la parola.
“Per il comportamento strano di tua madre e tuo padre, l’unica cosa è stare all’erta. Non mi è sfuggito che la Gazzetta del Profeta ultimamente riporta casi di incarcerazione ad Azkaban sempre più spesso. I miei genitori non mi dicono nulla di particolare di ciò che succede nei loro uffici, al Ministero” ci guardò una ad una “Francy, prova a sentire se tuo padre fa menzione di attacchi contro i Babbani, anche se non diretti, tipo manomettere oggetti di uso comune che feriscano gravemente i malcapitati.”
“D’accordo.”
“Maddy, prova il mantello e controlla altri comportamenti sospetti.”
Annuì silenziosa.
“Io farò lo stesso e controllerò quotidianamente il giornale.”
Fu con questo discorso serio, carico di presagi, che ci salutammo diretti ognuno a casa propria.

Come era prevedibile, mamma non era ancora arrivata quando varcai l'ingresso di casa.
Victoria e papà erano dietro ai fornelli, intenti a la preparare la cena.
“Madison, la cena è quasi pronta.”
“Ok, papà, salgo un attimo a cambiarmi e arrivo.”
Non vedevo l’ora di provare il Mantello e chiudere la faccenda.
Il Mantello giocava dentro al baule di scuola, nascosto sotto a qualche pergamena. Lo raccolsi ed ebbi la medesima sensazione di quando lo toccai la prima volta: aria liquida. Il che è strano a dirsi, non potendo toccare l’aria, ma la consistenza leggera e liscia la richiamava alla mente.
Mi posizionai davanti allo specchio. I miei occhi azzurro-grigi esprimevano tutta la determinazione che avevo in corpo.
Avanti, allora. Uno, due e tre.
Alla fine del conteggio me lo gettai sulle spalle e rimasi sbigottita. Riflesso sullo specchio c’era la mia testa che, apparentemente, galleggiava nel vuoto.
Repentinamente, senza pensare a nulla, tirai su il cappuccio sopra alla nuca. Adesso ero sparita del tutto.
“Accidenti…” boccheggiai stralunata.
Quasi mi prese un colpo quando la voce di mio padre risuonò su per le scale, fino in camera mia.
“Maddy, è pronto, vieni a tavola!”
“S-sì, papà…arrivò!” urlai in risposta.
Avevo cercato di togliermi il Mantello talmente di scatto, per paura che qualcuno mi vedesse, o meglio non mi vedesse, che rimasi aggrovigliata. Dopo una breve lotta, ebbi la meglio e lo riposi al sicuro nel baule.
Vista l’ora e per non far insospettire nessuno, decisi di scrivere dopo cena ai miei amici per comunicare la strabiliante notizia.
 La cena passò tranquilla. Mentre mio padre era intento a prendere l’arrosto, Victoria mi aveva sussurrato all’orecchio di passare poi in camera sua per sapere com’era andata l’appuntamento.
Alla fine mia madre arrivò giusto in tempo per il contorno.
“Mi dispiacere tanto per non essere arrivata prima, ma avevo tanto di quel lavoro da sbrigare in ufficio” si scusò, mentre si toglieva la fuliggine dal vestito.
“Che cosa ti ha trattenuto?” domandò Vicky.
“Ah le solite cose, impiegati svogliati, buontemponi che si divertono ad incantare gli idranti, qualche disputa per un tappeto volante non a norma. Nulla di interessante” rispose sedendosi a tavola, servendosi dell’arrosto ormai diventato freddo, e provvide a scaldare con un getto di aria calda dalla bacchetta.
Chissà perché in quei giorni la frase ‘nulla di interessante’ sembra tutto fuorché non interessante.
Appena arrivai in camera mia, spalancai immediatamente la finestra per chiamare Hermes, appollaiato sull’albero del giardino, e fu una fortuna visto che una pallina piumata si precipitò a tutta velocità dentro la stanza. Era Piuma, e quella che reggeva tra le zampe era una lettera di Matthew.

Maddy,
appena sono arrivato a casa mia madre mi ha raccomandato di non usare nessun mezzo di trasporto magico. Non è stata molto loquace, ma ha detto che è per precauzione per alcuni disfunzioni dovuti al servizio. Mi raccomando, finché non ne sapremo di più, non usare Metropolvere e Passaporte che non siano state autorizzate prima da tua madre e non viaggiare da sola.
Teniamoci aggiornati.
Matthew

Fissai il foglietto, assorbendo l’impatto di quelle poche frasi. Sua madre era la responsabile dell’Ufficio del Trasporto Magico, non avrebbe dato un falso allarme a suo figlio.
Non c’era un minuto da perdere. Non potevano essere tutte strane coincidenze.
Raccolsi un pezzo di pergamena, lo strappai in due, e scrissi due brevi messaggi identici: ‘Ho provato il Mantello. Funziona alla perfezione. Non ci sono buchi o scuciture.’ In quello per Matt aggiunsi se poteva informarsi meglio informarsi meglio sulla natura del Mantello dell’Invisibilità.
Attaccai le missive ad Hermes e Piuma, che nel frattempo mi aveva aspettato senza fare rumore, e li guardai volare lontano.
Poco dopo, mi buttai a pancia all’aria sul letto, le braccia distese.
Uff, che sta succedendo?
Quasi come se Honey mi avesse letto nel pensiero, si avvicinò facendo le fusa e strusciò il musetto sul mio viso. Rimasi a coccolarlo qualche minuto, giovando dell’effetto rilassante che il suo pelo morbido mi dava.
“Dai, vecchio mio, vado a farmi un bagno per togliermi di dosso le ultime preoccupazioni” lo informai dandogli un buffetto sulla testa.
Uscita in corridoio vidi la camera di Vicky, vuota, di sicuro era andata dai suoi amici, e notai il famigliare bagliore provenire dal fondo delle scale, segno che il caminetto era accesso.
Mi bloccai di colpo.
Cosa…il caminetto è acceso?
In una frazione di secondo capii che qualcosa non andava. Chi accendeva il camino in piena estate? Se vivevi in una famiglia di maghi, questo poteva significare una cosa sola: avevamo visite. Dovevo scendere a controllare, se questo qualcuno era disposto ad utilizzare la Polvere Volante nonostante il disservizio di cui parlava la signora Leary, doveva avere un buon motivo.
Depositai il pigiama e il mio cambio in bagno, facendo attenzione a non fare rumore. Vagliai l’ipotesi di ricorrere al Mantello per spiare in tranquillità, ma scartai subito l’idea. Checchè ne dicesse Matthew, non mi fidavo di un potere talmente grande, preferivo conducesse qualche indagine approfondita prima.
Con nient’altro che la mia paura di essere scoperta e una grande forza di volontà di scoprire cosa c’era sotto a tutto ciò, cominciai a scende le scale, il cuore che mi rimbalzava nel petto.
“È così, Mary! I segnali ci sono tutti: il caldo anomalo, gli strani incidenti minimizzati, le famiglie che preferiscono emigrare, tutti questi arresti... Solo uno sciocco non se ne renderebbe conto. Non sono venuta fin qui, infrangendo il coprifuoco della Metropolvere, solo per delle astratte congetture!”
“Non lo so, Patty… oggi sono stato in centro per accompagnare Madison a Diagon Alley e non ho visto nulla di strano…”
“Non c’è da stupirsi! I Babbani sono sempre gli ultimi a capire cosa sta succedendo! Abbiamo intere squadre di Obliviatori che se ne assicurano. Mary, pure te hai detto che il tuo ufficio è sommerso di lavoro e sappiamo tutti e tre che i tappeti volanti importati di contrabbando c'entrano ben poco!”
“Shhh abbassa la voce, mamma, Madison è in camera sua, non voglio che ti senta.”
Ci fu una pausa.
“Sì, attualmente gli Auror stanno lavorando il doppio del normale e i casi per uso improprio della magia crescono proporzionalmente. Ma è già successo in passato, sono focolai destinati a spegnersi...”
“Quando è già successo, Mary?! Quando?! Non lasciare che la tua paura ti renda cieca!”
“Su, su, Patty, manteniamo tutti la calma d’accordo? Mary ha ragione, ci sono stati diversi episodi isolati. Basta chiedere a Donald Parcker e ti confermerà che molti maghi fanno scherzi ai Babbani. Sono goliardie, di cattivo gusto, certo, ma nulla di preoccupante.”
“Non sto parlando di stupidi scherzi fatti da maghi perditempo! Sto parlando di attentati veri e propri camuffati da burle! Sto parlando di decine di persone condannate dal Wizengamot intero a marcire ad Azkaban! Nessuno finisce ad Azakban per aver stregato un tostapane affinché insegua il proprietario!”
Nessuno parlò per qualche momento.
“Lo sapete bene, tutti e due. Mi sto riferendo agli eventi di sedici anni fa, di quando si sparse la voce che era nata la secondogenita Evans. L’eterna lotta del bene contro il male giunse ad un punto di svolta cruciale, in nome di quella piccina che non poteva comprendere il peso dell’eredità che le gravava sulle fragili spalle. Tutto si concluse come ben sappiamo… grazie al sacrificio di mio marito… Ma adesso è diverso, Madison è grande, non le si può tenere nascosto tutto senza che se ne accorga e le voci di un’ombra oscura che si aggira nei Paesi dell’Est Europa, non è da sottovalutare. Proteggetela finché potete, ma non lasciate che la vostra preoccupazione di genitori vi ottenebri il raziocinio. Qualcosa si sta muovendo e quando arriverà porterà con sé la tempesta.”
Un crepitio del fuoco rivelò che la visitatrice aveva lasciato la casa.
Mi accorsi solo in quell’istante che stavo trattenendo il fiato. Inspirai e espirai, rimanendo seduta per terra con la schiena appoggiata al muro, aspettando che le mani smettessero di tremare.
   
 
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