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Autore: arowen47    12/06/2009    1 recensioni
Se la vita ti togliesse tutto, se ti togliesse l'unica fonte di sostegno della tua vita, riusciresti a creare un nuovo mondo tutto per te lontano dalla tua vita precedente? Abbandoneresti tutto? Ricominceresti tutto da capo. Spero vi piaccia! Commentate
Genere: Romantico, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusate il ritardo... ma avevo perso un po' l'ispirazione... spero mi perdoniate con qesto capitolo!! un bacio!!

 

 

 

When I met you…

 

 

Quando il treno si fermò ormai era sera.

Scesi, un po’ in certa sui miei passi, non sapevo bene dove mi trovassi e dove sarei dovuta andare. Mi guardai in giro un po’ persa. Era sera, non conoscevo nessuno e per di più non conoscevo il posto. Mi sentii una sciocca, non dovevo andarmene così da casa mia. Mi venne in mente il viso di mia madre e quello di… una rabbia furente si fece breccia nel mio cuore. Avevo preso la decisione giusta. Raccolsi le mie valige e trovato il coraggio per chiedere informazioni mi accorsi di essere rimasta completamente sola.

“Dio questo si che è culo…”
Cercai nel buio qualcuno che potesse aiutarmi, ma niente. Ero rimasta sola, intorno a me c’era silenzio e un buio inquietante, rotto solo da alcuni lampioni. Un brivido freddo mi percorse la schiena. Avevo paura, non mi piaceva per niente quel posto. Sentii un fruscio dietro di me. Rimasi immobile, volevo correre, dovevo correre! Ma i miei muscoli erano immobili, inermi. Sentivo piccole gocciole di sudore imperlare la mia fronte. Il respiro si faceva sempre più corto, sentivo il mio cuore accelerare, sarebbe scoppiato dentro la mia cassa toracica e io non avrei potuto fare niente per impedirlo. Sentii una mano fredda sulla mia spalla.

Urlai fino a sentire la mia gola secca, il cuore mi batteva forte in petto, così forte da farmi male e all’improvviso fui avvolta dalle tenebre.

 

“Riki… Riki… RIKIIIIIIIIIIIIIIII??”

Mia nonna continuava a ripetere il mio nome da almeno dieci minuti, ma non mi importava, non mi importava più di niente.

Francesca mi aveva lasciato e l’ultima cosa che mi interessava in quel momento erano i problemi di mia nonna, ne avevo già abbastanza dei miei.

Mi rigirai nel letto, la radio a tutto volume intonava le note di “Give me what I want” e tutta la mia stanza era immersa nell’oscurità.

Era bello starmene da solo al buio, era una bella sensazione che donava un po’ di pace al mio cuore tormentato.

Stavamo insieme da due anni e così, di punto in bianco, mi aveva detto addio.

 

“Senti Riki devo parlarti è importante…”
“Dimmi Fre… va tutto bene?”

“Riki… senti diciamo le cose come stanno… non ti amo più…”

 

Rievocare quei momenti mi fece star male. Ero distrutto, completamente svuotato di ogni emozione, sentivo solo del vuoto vicino a dove una volta c’era il mio cuore.

Sentii bussare alla porta. Mi girai appena per vedere mia nonna entrare nella mia camera e sedersi accanto a me sul mio letto.

“Senti, lo so che non è il momento… lo capisco…”

Lo capisci?? Ma mi prendi in giro? Hai ormai quasi settant’anni e ti atteggi da ventenne… Dio, a volte non vorrei averti intorno… non capisci come mi sento e mai lo potrai capire… lei era la ragazza della mia vita, era la mia vita e ora non c’è più, era diventata la vita di un altro ragazzo, come puoi capirlo nonna?

“Anche io ci sono passata alla tua età… vedrai che poi ne troverai un’altra!”
No… no… questo non avresti dovuto dirlo nonna…

Ero arrabbiato, furioso, come poteva solo pensare che avrei avuto un’altra? Come poteva solo dire… mi alzai dal letto e uscii velocemente dalla stanza sbattendo la porta dietro di me. Sentii mia nonna uscire poco dopo. Anche se era vecchia era veloce e agile.

“Non volevo ferirti Riccardo… è solo che non so cosa dire per tirarti su il morale…”
“ALLORA PUOI ANCHE CHIUDERE IL BECCO!”

Gridai contro quella donna che mi aveva cresciuto sostituendo i miei genitori che erano sempre in giro per il mondo. Dopo la morte del nonno ci eravamo aiutati a vicenda e ora la incolpavo per una cosa in cui lei non c’entrava nulla.

La vidi rabbuiarsi, era triste, si sentiva in colpa, non potevo sopportare di vederla così.

La raggiunsi e l’abbracciai.

“Nonna, mi dispiace, non è colpa tua, va tutto bene… un giorno forse mi passerà… forse…”
“Non fa niente, va bene così…”
Mi staccai da lei e la guardai.

Assomigliava così tanto a mia madre. Gli stessi occhi, lo stesso viso, così dolce e sincero.

“Clara di cosa avevi bisogno prima?”
“Clara? È da tantissimo tempo che non mi chiamavi più così… comunque oggi ha chiamato Federico, sai il figlio di quella famiglia a cui affitto la casa sul lungomare durante l’estate…”
“Sì, si mi ricordo… che voleva?”
“Mi ha detto di preparare la casa perché questa sera sarebbe arrivata col treno una sua amica che si sarebbe fermata qui per un po’ di tempo… Giulia, sì si chiama Giulia… il suo treno dovrebbe arrivare tra poco… ti dispiacerebbe andarla a prendere? Non è mai venuta qui e non conosce nessuno…”
“Certo va bene… ma come la riconosco?”
“Facile… in stazione ci sarà poca gente… è una ragazza di sedici anni e avrà lo sguardo smarrito… vedi di fare bene gli onori di casa!”
“Va bene nonna…”

Uscii di casa e salii sulla mia punto nera. Era un po’ malandata, ma funzionava ancora e per adesso non mi aveva mai lasciato a piedi.

Arrivai velocemente in stazione, il treno doveva essere già arrivato. Guardai l’ora, erano le dieci di sera, era un po’ tardi e iniziava a far freschino. Mi strinsi nel mio giubbotto di pelle e mi avviai.

Quando entrai in stazione notai che era deserta. Mi sorse il dubbio che se ne fosse già andata, magari aveva chiesto indicazioni o aveva preso un taxi, ma mentre mi stavo incamminando verso la mia auto, notai un’ombra vicino a una panchina.

Mi avvicinai senza fare rumore. Era una ragazza, all’incirca sedici anni.

Capelli neri leggermente mossi, era alta più o meno un metro e sessanta, e un leggero vestito nero le cadeva dolcemente su quel corpo formoso. Sembrava turbata, dal vestito sembrava che fosse appena stata a un funerale. Mi guardai intorno, non c’era nessun altro, doveva essere lei. Mi avvicinai piano, non volevo spaventarla. Non sapevo che fare. Misi una mano sulla sua spalla. Lanciò un urlo terrorizzata e poi la sentii cadere lentamente tra le mie braccia.

“Alla faccia degli onori di casa… caspita… devo averle fatto davvero paura!”
La portai in macchina e caricate le valige ci dirigemmo verso casa di mia nonna.

 

  
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