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Autore: Ayr    03/07/2017    4 recensioni
Mi hanno accusato di tradimento, ma sono solo una vittima innocente degli eventi, incastrata da qualcuno più furbo e spietato di me, che non ha avuto rimorsi nel coinvolgermi in tutto questo e nel far ricadere la colpa sul mio capo, su cui, ora, pende la lapidaria sentenza: verrò destituito dal mio incarico e cacciato da quella che fino a quel momento era stata la mia casa.
Verrò umiliato, un’ultima volta, la più terribile: mi verrà strappato tutto ciò che fino ad ora ho posseduto ed il mio unico compagno di una vita verrà distrutto. Una parte di me morirà inevitabilmente con lui, quando il Sigillo verrà spezzato e rimarrò spezzato anche io.
Non voglio essere ricordato in questo modo, non se ho anche la più remota possibilità di raccontare come siano veramente andate le cose, e di dimostrare la mia innocenza.
Narrerò la mia storia e lascerò che siano i posteri a giudicarla, nella speranza che qualcuno riesca a vedere come io sia stato solo una vittima ingenua di un enorme inganno ben architettato.
[La storia partecipa al contest indetto da E.Comper sul forum di EFP: ‘The Dragon’s Riders Contest!’]
[Steampunk fantasy (o almeno ci provo)]
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VIII

Arandil soffocò un grido di sorpresa: Adam, l’inappuntabile, eccelso e glorificato Dragoron che veniva portato come vessillo di onore, lealtà e onestà, in realtà era un traditore! La scoperta era troppo assurda e inverosimile per essere reale e veritiera, l’elfo non riusciva a capacitarsene e temette di star sognando: Adam sarebbe stato davvero disposto a svelare quei segreti preziosissimi? In cambio di cosa?
«Non appena avrò i miei cuori di drago e ritorneremo dalle Kal Schelas, ti farò assistere alla creazione dei draghi, così tu stesso potrai avere il tuo esercito personale, marciare alla volta del Dente Spezzato e riconquistare il tuo nome e il tuo onore!»
L’elfo non riusciva a credere alle proprie orecchie: oltre che tradire il proprio Ordine voleva anche usare le proprie conoscenze per scopi personali, magari per sovvertire l’ordine e diventare il nuovo imperatore!
I Dragoron prestavano un giuramento proprio per evitare che la loro evidente potenza diventasse un mezzo per soddisfare i propri interessi e le proprie brame, per piegare altri al proprio volere e diventare dei sovrani incontrastati. Erano un Ordine al servizio della comunità, senza scopi di potenza o dominio; chiunque avesse mostrato segnali che andavano contro questo cardine veniva immediatamente destituito dal suo incarico.
Adam aveva recitato bene in quegli anni, indossando la maschera del Dragoron perfetto e sottomesso ai principi per i quali aveva giurato, tramando in segreto per sovvertirli completamente, per abbindolare ed ingannare il Capitolo e farsi donare quelle preziose informazioni che avrebbe usato contro di loro!
Questa volta Arandil non riuscì a reprimere un singulto di sorpresa e fece scoprire il suo nascondiglio, Krugar e Adam si voltarono nella sua direzione e lo trovarono accucciato dietro lo schienale del divano, come un ratto acquattato nell’ombra.
«Guarda un po’ chi c’è!» esclamò l’orco alzandosi lentamente e facendo scricchiolare e sbuffare le giunture della gamba meccanica, «Cosa ci fa qui un elfo? Appostato dietro al divano? Sta forse spiando?»
Arandil retrocedette verso la porta tenendo gli occhi puntati sui due: anche Adam si era solo alzato in piedi, ma l’orco aveva preso in mano una pistola, adagiata sulla scrivania; era una di quelle che portava Adam, con la canna d’argento e il manico in ciliegio, intarsiato a motivi floreali.
«Sai cosa succede alle spie?» domandò.
L’elfo cercò affannosamente la maniglia della porta, nella speranza di poter fuggire, ben sapendo che oltre ci sarebbe stata l’intera ciurma di Krugar ad attenderlo. Ma sarebbe stato più semplice sgusciare tra le loro gambe che affrontare il capitano: i primi sarebbero stati colti di sorpresa ed erano più stupidi dell’orco; Krugar, invece, era a pochi passi da lui, molto più intelligente, furibondo e con una pistola carica tra le mani.
«Lo scoprirai quando le raggiungerai!» esclamò, facendo partire il colpo. Il proiettile sfiorò le dita di Arandil ma non lo ferì, facendo, invece saltare la maniglia della porta. L’unico modo per aprirla sarebbe stato buttandocisi contro, ma si trattava di una pesante porta in mogano, infissa con cerniere di ferro, e l’elfo non era abbastanza forte o prestante.

Arandil si buttò di lato e cozzò contro una rastrelliera, spade e fioretti franarono su di lui producendo un suono stridente; ne approfittò per armarsi, sebbene una spada potesse poco contro una pistola.
Ma l’orco aveva gettato via l’arma da fuoco e si era procurato un lungo spadone a due mani, un’arma dall’aria pesante e letale ma che l’orco riusciva a reggere con una sola mano: Fernecar. Era un’arma portentosa, lunga quasi quanto una gamba di Arandil, la lama era curva come quella di una scimitarra e seghettata, alla maniera degli orchi; l’elsa aveva una guardia semplice, senza alcuna decorazione, così come il manico d’osso rivestito di cuoio. Era un’arma totalmente priva di fronzoli ma dall’aria letale.
L’elfo, personalmente, la trovava piuttosto rozza, ma non avrebbe mai voluto sentire il bacio freddo di quel metallo cupo e opaco con cui era stata forgiata, che sembrava assorbire la luce, rendendola ancora più minacciosa e tetra.

«Ho sempre detestato le spie» sputò, puntando la lama contro il petto dell’elfo, che si alzava e si abbassava freneticamente.
Con un grido inarticolato l’orco si gettò contro Arandil, ma l’altro riuscì a sfuggirli agilmente. Era nettamente più minuto e veloce di lui, e sebbene l’orco si muovesse con sicurezza e celerità, non era altrettanto scattante. Krugar emise un ringhio basso di frustrazione.
«Ti schiaccerò, mosca molesta» promise, tornando alla carica.

Arandil parò il fendente, ma la forza era tale che si ritrovò compresso dal peso della muscolatura dell’altro. Nel frattempo Adam era rimasto impalato nel mezzo della sala, senza sapere cosa fare: da un lato, se avesse aiutato l’orco, avrebbe confermato i sospetti di Arandil; ma se dall’altro avesse aiutato l’elfo, avrebbe fatto saltare il proprio piano e la propria copertura.
«Fa qualcosa!» sbraitò l’orco all’indirizzo dell’umano. Perché se ne stava immobile come uno stoccafisso messo a seccare e non lo aiutava? In fondo, per quanto anche quella pulce fosse un Dragoron, Adam aveva tradito il suo Ordine e non gli sarebbe cambiato nulla eliminare uno dei suoi membri.
L’uomo prese un fioretto che si trovava su una rastrelliera vicina e assunse la posizione di guardia: avrebbe potuto fingere di dare una mano all’orco, sena fare realmente nulla; avrebbe finto qualche stoccata assolutamente innocua ma spettacolare e poi lasciarsi ferire dall’elfo. In questo modo avrebbe avuto la scusa per non essere riuscito a dare una mano a nessuno dei due, sebbene avrebbe fatto la figura dell’inetto con entrambi.

Arandil sentiva i muscoli delle braccia dolergli, stavano per cedere e la sua testa, ben presto, sarebbe stata aperta a metà come un cocomero maturo. Non ci teneva particolarmente a fare la fine di un cocomero.
Contro di lui sentì, improvvisamente, lo spigolo della scrivania nella schiena: erano retrocessi fino a raggiungere di nuovo quel punto. La solidità e la durezza del mobile, avrebbero potuto essere la sua salvezza.
Si rifugiò sotto la scrivania e l’orco, a causa dello slancio provocato dalla tensione, andò a schiantarsi contro il ripiano, spargendo fogli e mappe per la stanza. La spada andò a incastrarsi profondamente nel legno, diventando inutilizzabile.
«Figlio di una cagna merdosa!» imprecò l’orco cercando freneticamente qualcosa per finirlo, «Ti concerò al punto che stenterai a riconoscere te stesso!»
L’elfo si era rialzato, con un occhio puntato su Adam, ancora indeciso su come agire, e uno su Krugar, che aveva recuperato una nuova spada, dall’aspetto meno minaccioso, ma ugualmente mortifero.

Adam attaccò e l’elfo riuscì a parare per un soffio il suo assalto, in realtà sembrava quasi che l’altro gli avesse dato appositamente la possibilità di contrastarlo. Il Dragoron si era sempre distinto nella scherma, era lo spadaccino migliore, che superava in bravura persino alcuni maestri. Era da sempre rimasto imbattuto nei tornei, sia che gareggiasse contro i suoi compagni, sia contro allievi più grandi.
Un nuovo affondo, e anche questo venne parato con facilità. Dall’altro capo della stanza arrivò la carica di Krugar, ma Arandil, con una mossa fulminea, schivò l’attacco e si portò alle spalle di Adam, minacciandolo con la lama puntata contro la sua gola.
«Fai un passo falso e lo uccido» sibilò. L’orco non parve essere spaventato dalla minaccia.
«Prego» rise, «Sai quanto possa interessarmi di quell’umano.»
Adam, per tutta risposta, tirò un calcio allo stinco dell’elfo che si piegò su sé stesso prima che la spada di Krugar tagliasse l’aria dove fino all’attimo precedente stava la sua testa.

Arandil scattò, parò un nuovo fendete di Adam e schivò un tentativo di affondò di Krugar, con un balzo si allontanò dai due, incespicò nella poltrona e si ritrovò riverso sul pavimento mentre sopra di lui fischiava l’aria lacerata da un pugnale di Adam, che andò a conficcarsi nello stipite.
Schiena a terra parò un colpo dell’orco e rotolò su un fianco per sfuggire ad un altro pugnale lanciato da Adam che atterrò a pochi passi dal polpaccio dell’elfo.
Arandil ne approfittò, afferrò il pugnale e lo scagliò indietro mentre Krugar incombeva su di lui. Un grido di dolore, e una parata che fece stridere le due lame. L’elfo si trovava ad un soffio dal volto sfigurato dalla rabbia di Krugar: gli occhi grigi erano iniettati di sangue e la bocca era distorta in un ghigno malefico che metteva in mostra i denti aguzzi.
«Muori bastardo!» sibilò.

«Non questa volta» replicò l’elfo e sferrò un calcio ai genitali dell’orco. In realtà aveva puntato all’addome, ma anche quel colpo sortì l’effetto voluto: l’orco si piegò in due e si afferrò la parte lesa, uggiolando di dolore. Arandil tirò un sospiro di sollievo, ma si era dimenticato dell’altro: Adam piombò alle sue spalle con un fendente laterale, che l’elfo riuscì a parare all’ultimo. Il braccio sinistro dell’umano era ferito: all’altezza della spalla, dove il pugnale l’aveva colpito, la camicia era lacera e sporca di sangue.
Il Dragoron era stato costretto a usare la mano destra, la sua mano meno forte dal momento che era mancino, e i suoi colpi erano meno poderosi e precisi, sebbene ugualmente letali.

«Lascialo a me!» ringhiò Krugar, ripresosi, almeno in parte, dal dolore lancinante, «Voglio strappargli le palle e fargliele ingoiare!»
Adam si fece da parte, lasciando campo libero a Krugar e alla sua furia. Arandil gli aveva facilitato notevolmente il compito: umiliare e far arrabbiare l’orco non era stata una mossa molto assennata, ma quantomeno gli aveva fornito il pretesto per interrompere la sua farsa.
Il pirata attaccò, accecato dalla sete di vendetta: infilò una serie di poderosi fendenti che l’elfo riuscì a parare per miracolo, i colpi dell’orco si erano fatti serrati e forti, segno che voleva concludere quello scontro.
Arandil si inciampò nelle spade che aveva fatto cadere a terra e la lama dell’orco squarciò la pelle del petto e ne morse la carne. L’elfo urlò di dolore, un bruciore indicibile si irradiò dalla ferita. Arandil rotolò via da un nuovo fendente dell’orco, lasciando dietro di sé una scia cremisi. Con un balzò si rimise in piedi, ma le carni lesionate gridarono di dolore.

Doveva trovare un modo per fuggire da quella stanza, e pensò che la mole di Krugar potesse essergli d’aiuto.
Continuando a parare gli attacchi dell’altro con sempre maggiore difficoltà, riuscì a condurlo fino alla porta. Krugar era accecato dalla furia e badava solo a menare quanti più colpi possibile, senza più fare caso alla direzione e alla precisione. Arandil sfuggì all’ennesimo assalto dell’altro, sgusciò da sotto le sue braccia e riuscì a parare un fendente al volo. Ora l’orco si trovava esattamente dove l’elfo desiderava.
Arandil si abbassò sulle ginocchia con una mossa fulminea, ruotò su sé stesso e spazzò il pavimento sotto i piedi di Krugar, facendogli perdere l’appoggio. Questi barcollò e perse l’equilibrio, franando contro la porta che cedette in un tripudio di schegge. Arandil arrancò tra i resti, la vista offuscata dal dolore per la ferita: non era una lacerazione profonda ma aveva perso molto sangue. Doveva fuggire da lì al più presto. Scavalcò l’orco che si dimenava come un forsennato per liberarsi dalle macerie e si fiondò sul ponte.

«Prendetelo!» sbraitò alla sua ciurma, rimasta imbambolata, «Uccidetelo!»
I pirati scattarono e si gettarono contro l’elfo che sgusciava agilmente tra loro. Gli uomini provarono ad assalirlo tutti assieme, ma finirono per scontrarsi e intralciarsi.
«Che branco di deficienti!» esclamò Krugar, rialzandosi in piedi, «Hanno la merda al posto del cervello. LA MERDA!»

L’orco appoggiò con un ringhio, la gamba meccanica sopra un barile, stesa e puntata contro l’elfo, che nel frattempo aveva raggiunto il parapetto con l’intenzione di buttarsi nel mare e sfuggire ai pirati.
Se fosse fuggito a piedi avrebbero potuto raggiungerlo, ma in acqua era più difficile che lo inseguissero. Da lì avrebbe potuto recuperare Krupfer e fuggire, operazione che sarebbe risultata alquanto complicata se nel frattempo fosse stato impegnato anche a seminare i propri inseguitori. Ciò che ignorava, però, era il segreto della gamba meccanica di Krugar, e che fosse nel mirino della stessa.

Prodigio della tecnologia più avanzata, quella gamba non era solo un arto, ma anche un’arma: premendo una levetta nascosta sul retro del ginocchio, l’orco azionò un meccanismo che aprì la bocca del fucile che costituiva la gamba stessa. Mentre Arandil si appestava a saltare, l’orco fece fuoco e un proiettile fischiò fuori dalla punta metallica della gamba e attraversò l’aria per poi colpire l’elfo nel momento stesso del salto.
L’elegante movimento del cavaliere venne brutalmente troncato dal proiettile, che lacerò la pelle della caviglia in uno spruzzo vermiglio, tramutando il tuffo in un disarticolato e sgraziato tonfo nell’acqua.

Krugar abbassò la gamba e si avvicinò al parapetto: dell’elfo non c’era più traccia se non una pozza rossa che andava diluendosi.
«Uno scocciatore in meno» borbottò Krugar. Il proiettile doveva avergli reciso qualche legamento importante, rallentandolo di parecchio, se non addirittura facendolo desistere completamente dal suo proposito: era difficile dare la caccia ad un pirata quando non si riusciva a camminare e stare saldi sulle proprie gambe.

L’orco si esibì in uno dei suoi sorrisi grotteschi e poco amichevoli: doveva aver definitivamente eliminato il problema di quel Dragoron molesto.

   
 
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