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Autore: Red_Coat    04/07/2017    2 recensioni
Genesis.
La mia vita, per te.
Infinita rapsodia d'amore
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DAL TESTO:
Un bagliore accecante invase la grotta, ed io capì che l'avevo raggiunta appena in tempo. Alzai gli occhi, e vidi uno splendido angelo con una sola ala, immensa, nera e maestosa, planare dolcemente su una roccia. Rimasi incantata, con gli occhi pieni di lacrime, a fissare la sua sagoma, fino a che non mi accorsi che i suoi occhi verdi come l'acqua di un oceano di dolore e speranza seguitavano a fissarmi, sorpresi e tristi.
Fissavano me, me sola, ed in quel momento mi sentii morire dal sollievo e dalla gioia
" Genesis! " mormorai, poi ripetei il suo nome correndogli incontro
C'incontrammo, ci abbracciammo. Mi baciò.
Ed io, per la prima volta dopo tanto tempo, piansi stretta a lui.
Genere: Avventura, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genesis Rhapsodos, Nuovo personaggio, Un po' tutti, Vincent Valentine, Zack Fair
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo XVII


/// Flashback ///
 
Midgar, settore 8.
Viale Loveless, zona del Teatro.
Ore 22.10
 
Era una sera pacifica, quella che stava apprestandosi a trascorrere nella immensa città di ferro made in Shinra.
Un cielo opaco in cui le stelle faticavano a brillare stanziava cupo sulle strade illuminate dalla luce dei lampioni e degli enormi fari degli otto reattori, e affollate di una vastità enorme di persone che camminavano freneticamente in ogni direzione, come tante piccole formiche pronte ad essere calpestate dalla prima tempesta senza cuore.
Il loro chiacchiericcio riempiva l’aria, e con esso il frastuono del traffico, le note stonate dei clacson e, molto in lontananza la nota melanconica di un violino proveniente dall’interno del teatro nel quale andava in scena l’ennesima replica dello spettacolo più replicato della città.
Loveless era quasi finito, Midgar era in fermento, e sul tetto del piccolo edificio di cemento una figura alata e scura se ne stava appollaiata ad osservare ogni cosa, scrutando assente ma attento i volti anonimi della gente che andava e veniva, ignara della sua presenza.
L’angelo della vendetta.
Il nuovo terrore della Shinra stava per nascere proprio lì, a pochi metri da essa, senza che nessuno ne avesse ancora neanche la più lontana idea.



In silenzio il first class Genesis Rhapsodos osservava con sguardo atono il via vai della folla che riempiva viale Loveless, quella strada che tante volte aveva percorso da solo e assieme ai suoi più cari amici, gli unici due che poteva con certezza affermare di avere.
Invisibile nell’ombra, con la sua ala nera chiusa sul lato destro della schiena e il vuoto nella mente e nel cuore.
Si trovava in cima al tetto del teatro, proprio sopra l’insegna del suo spettacolo preferito, Loveless, ma era talmente tanto nascosto dalla luce accecante che emanava il cartellone da risultare impercettibile ad un occhio poco attento.
Anche se era ormai avvezzo a mascherare i suoi veri sentimenti di fronte al pubblico, stavolta il suo viso era bagnato di lacrime, Loveless giaceva abbandonato accanto ai suoi piedi e l’unica cosa che non era mutata era il suo sguardo scuro e grave.
Seduto sull’orlo in mattoni e cemento del tetto dell’edificio, i suoi occhi color Mako, profondi e rabbiosi, osservavano le persone entrare ed uscire dalle case, camminare, ridere, litigare … vivere.
Mentre lui invece … lui non sapeva più che pensare, ne cosa farne del fiato che consumava ardente nel suo petto.
Hollander non gli aveva voluto dire cosa gli stava accadendo, perché negli ultimi tempi si era sentito così stanco, spossato, quasi allo stremo fisico e mentale, né perché la sua ferita, quella banalissima stramaledetta ferita si fosse riaperta così all’improvviso facendogli rischiare una morte così facile, così ordinaria per lui, un first class praticamente quasi invincibile.
Ma soprattutto … cosa ci facesse ora quell’ala nera, sulla sua schiena.
L’aveva scoperta quasi per caso, fortunatamente mentre era da solo in sala di simulazione a sfogare quella rabbia sempre più crescente e strana. Aveva portato il suo corpo ad un livello così alto di adrenalina, e il processo biochimico innestato probabilmente aveva innescato quella metamorfosi.
Assurda.
Inquietante.
Terrificante.
Sconvolgente.

Strana.
Aveva fissato sconvolto il suo riflesso nel vetro della porta pressurizzata, e non ci aveva capito più niente, solo … che non poteva più rimanere lì, fino a che non avrebbe capito come farla scomparire, se mai fosse stato possibile.
Questo, solo questo aveva pensato. Avrebbe voluto urlare, sfogarsi, fare qualcosa, qualunque cosa, e invece pensò … solo a scappare, via, lontano da lì prima che qualcuno avesse potuto vederlo.
E sconvolto si era presentato da Hollander, che aveva fatto di tutto per minimizzare, balbettando e continuando a ripetere che lui comunque non avrebbe potuto più aiutarlo, perché quel bastardo del Professor Hojo lo aveva fatto licenziare.
Allora aveva iniziato a capire. Che a nulla sarebbero valse le minacce, le armi e la forza … quello schifoso essere … era lui il responsabile di questo, e se lo avesse spaventato prima di riuscire a comprendere di più probabilmente avrebbe finito per perdere anche l’ultima speranza di farlo.
Così aveva fatto finta di andarsene, si era nascosto e aveva atteso che lo scienziato sparisse per frugare tra i documenti e trovare ciò che stava cercando. La prova.
Anzi, le prove.
Decine, centinaia di strane carte, studi biologici sui geni e test del DNA.
E su alcune di esse, il suo nome.
Il suo … il suo vero nome.
Project … G.
Non Genesis, al diavolo anche Rhapsodos e tutta l’umanità che aveva creduto di possedere.
Solo … G.
Un esperimento mal riuscito.
Un mostro … difettoso, creato per riuscire ad eguagliare il risultato dell’esperimento perfetto del professor Hojo, il progetto S.
S come … Sephiroth.
Le sue mani … aveva cominciato a tremare talmente tanto da non riuscire a trovare neppure la forza di reggere quei miseri fogli, di restare in piedi.
E con un colpo stanco d’ala era scomparso assieme a tutta la documentazione, alla ricerca di un posto sicuro dove restare da solo … e pensare.
Ci aveva messo un po’, prima di riuscire a farlo. E adesso …
Chiuse gli occhi lucidi a calde lacrime di rabbia, angosciato, stringendo i pugni e cercando di dominare il fiume in piena di quei sentimenti, distruttivi e roventi dentro di lui come la lava di un vulcano dormiente per tanto tempo, e ora infine esploso in tutta la sua devastante forza.
Project G. Genesis … l’inizio di una produzione di massa di armi viventi con le capacità di Jenova, un mostro caduto dal cielo più di 2.000 anni fa.
Le cellule di quell’abominio erano state usate per creare lui, Angeal e Sephiroth, in due diversi esperimenti quasi gemelli.
Lui, Angeal … Sephiroth.
Tre fratelli. Tre amici accomunati da uno stesso, orribile destino.
Non aveva potuto fare a meno di pensare a Loveless, di rileggerlo, con le lacrime agli occhi quasi mentre gli sembrava che quelle parole mai del tutto comprese ora parlassero di lui e del suo beffardo, schifoso destino.
Intanto le ore erano passate, e Angeal lo aveva chiamato più volte al telefono fino a che, fingendo almeno con la voce come abilmente sapeva fare lui, gli aveva detto di star bene e di essere uscito un po’ in città, perché aveva bisogno di stare un po’ da solo, ringraziandolo per la comprensione che fu pronto a dimostrargli.
Ne avrebbe dovuta avere molta, molta di più di quella che aveva sempre dimostrato di possedere fino ad oggi, pensò andando indietro con la mente a quella telefonata avvenuta ormai ore fa.
Se lui era figlio di un mostro, allora anche Sephiroth ed Angeal lo erano.
Non erano … non era umani. Né lui, né Angeal, né tantomeno Sephiroth, ch’era il risultato di tutti gli esperimenti condotti su di loro, il mostro perfetto, un esemplare sano, invincibile e ibrido di soldato Jenova.
E se erano nati da un progetto, da una provetta con dentro un campione umano creato in laboratorio, allora sua madre … e suo padre …
Rhapsodos.

Non era … più nulla.
Nulla.
Quel cognome non era la sua identità, le sue vere radici, le sue origini.
I ricordi di lui ed Angeal bambini, mentre giocavano nelle terre di quelli che credeva i suoi veri genitori … ora avevano un altro più disgustoso e orribile, straziante significato.
Li avevano fatti nascere come esperimenti, e poi per tenerli lontani da occhi indiscreti fino a che sarebbero stati in grado di diventare SOLDIER li avevano allontanati, affidando a Gillian Hewley che aveva prestato il suo grembo all’inseminazione di uno dei due campioni il compito di osservare la loro crescita, e di proteggerli.
Come esperimenti, e non come bambini.
Gillian … Hewley …
La madre biologica di Angeal. Quella che aveva cresciuto nella menzogna e nell’illusione di un sogno, di un onore e di una famiglia vera quel bambino innocente ch’era stato … Angeal.
E lui? Lui, Rhapsodos?
Semplicemente, nulla di quello che aveva vissuto gli era mai appartenuto davvero. I suoi … parenti, le persone a lui più vicine, di cui aveva sempre creduto di potersi fidare e su cui aveva sempre contato …
Erano state solo persone …
Altre persone a cui … lui … lui aveva voluto … bene.
Bene …
Un bene incondizionato ed ingenuo cresciuto sempre di più nonostante le poche attenzioni ricevute da quell’uomo che lui era orgoglioso di poter chiamare padre, e alimentato dai gesti di affetto di quella donna che era scopriva essere solo l’ennesima donatrice di ovulo, un grembo disposto ad accoglierlo per farlo nascere e nulla più.
Quelle … quelle persone …
Quegli esseri!
Lo avevano tradito …
Si, lo avevano ingannato, dandogli da mangiare solo per dovere, accudendolo in cambio di un sostanziale aiuto economico che garantisse loro un futuro per la loro misera azienda di confettura in scatola, trattandolo in segreto come merce di scambio del più basso ordine e nel frattempo per far sì che non se ne accorgesse e continuasse a crescere come il bravo ragazzo che in fondo era diventato infarcendolo di regali, gesti carini e pieni di un amore fasullo, melenso, avvelenato, marcio e disgustoso!
Disgustoso come tutto ciò che aveva scoperto solo ora, per caso e così, all’improvviso, gli girava intorno, a cominciare dalla più misera di quelle stramaledette costruzioni di cemento fatiscenti e vuote.
La Shinra.
La Shinra li aveva creati, li aveva fatti nascere, li aveva affidati a dei genitori adottivi perché li crescessero sotto la supervisione di una scienziata in incognito e li crescessero inculcando nel loro cuore il sogno di essere uguali a Sephiroth, pur sapendo quanto in realtà questo fosse impossibile.
Perché Sephiroth era l’esperimento perfetto, quello riuscito, e loro erano solo due scarti di laboratorio che comunque avrebbero dovuto servire la compagnia che da sempre, da ancor prima della loro nascita aveva programmato e stretto in mano ogni singola, fottuta riga del loro cammino.
Quando non era che un bambino, assieme ad Angeal aveva sognato di diventare un SOLDIER si, per difendere la giustizia, combattere e perché no anche divertirsi un po’.
Ma … aveva sempre fatto ciò per cui la maledetta Shinra lo aveva … creato. Costruito a tavolino.
E solo adesso, finalmente e per fortuna, si ritrovava a capirlo.
Gli esseri umani nascono, i first class … no.
Tutte quelle storie di Angeal sull’onore, sui sogni.
In un attimo si reso conto che … anche Angeal stava vivendo un’illusione.
L’illusione di essere un uomo.
Sorrise amaro e disgustato, guardando la sagoma del quartier generale, mentre le ultime lacrime di una rabbia talmente grande da essere scambiata per dolore scivolavano bollenti sulle sue guance pallide, e per la prima volta si ritrovò a comprendere appieno nella sua cocente e cinica interezza tutta la disgustosa verità.
Angeal Hewley, Genesis Rhapsodos, Sephiroth.
I First Class.
Un’elite di … cani della Shinra, tenuti al guinzaglio e bendati senza che neanche se ne fossero accorti.
I piccoli segugi azzanna nemici del Presidente.
Una rabbia torva, profonda s’impadronì di lui, e mentre con gesto di stizza incontrollata si passò una mano sugli occhi per asciugarsi quelle lacrime ormai inutili s’alzò, prese di nuovo tra le mani l’amato poema e spiegò nella sua totale interezza la sua immensa ala nera nell’oscurità opaca del vicolo affollato di turisti e cittadini.
Rimase così, a fissare con sguardo infuocato la sagoma dell’HQ della Shinra inc. che dominava su tutto il paesaggio, quasi a ricordare ciò che adesso aveva infine saputo, che nulla in quella città sfuggiva al suo controllo, o fluiva senza che i vertici che se ne stavano sotto la cupola a sorseggiare champagne nei loro alloggi di lusso lo volessero o sapessero.
Niente, neppure la morte o la malattia.
Era tutto programmato da quei disgustosi esseri che di umano avevano ormai solo l’aspetto.
Se la ripeté quella verità, fino a che in essa e nella rabbia, nel disgusto e nella sete di vendetta e giustizia che raggiunsero il colmo in lui non trovò la forza di reagire, tornando ad ergersi altero sul proprio destino.
Fissò rabbioso un’ultima volta la cima dell’edificio d’acciaio, il quadrangolo rosso sangue illuminato a giorno dai potenti fari appositamente collocati lì per quel lavoro.
E un ghigno prese a dipingersi sempre più determinato e beffardo sulle sue labbra sottili.
“Adesso basta.” pensò, stringendo i pugni.
“La festa è finita. È ora che quei dannati bastardi bugiardi sappiano che non mi terranno più al guinzaglio, mai più, come hanno fatto nel corso di tutti questi anni!
Adesso …
E’ ora che quel mostro che hanno creato gli si ribelli contro, ricerchi vendetta sui loro cadaveri sanguinanti per la sua innocenza e umanità perduta o anzi mai trovata, e soprattutto … è ora che anche Angeal e Sephiroth sappiano la verità.
Tutta … la stramaledetta verità.
Adesso …
E’ l’ora che la guerra delle bestie inizi, adesso. ”
Restò ancora per qualche istante a fissare la città in fermento, chiedendosi come avrebbe fatto a dire quel “basta”, con quale scusa e soprattutto quando avrebbe potuto finalmente ribellarsi, per quanto ancora avrebbe dovuto far finta di niente e sopportare di essere uno dei leccapiedi preferiti del Presidente.
“L’occasione arriverà presto.” si disse infine, fiducioso e pregando la sua amata Dea che fosse davvero così, che avesse la forza di aspettare e soprattutto di fare tutto ciò che aveva in mente, di vendicare ogni singola anima in pena per colpa delle bugie di quei farabutti per poter infine tornare al Pianeta almeno con il cuore e l’anima in pace.
Non prima di averli visti strisciare nella polvere chiedendo perdono.
Quindi con un colpo deciso d’ala spiccò il volo verso il suo domani, ch’era davvero arido di promesse per lui e per tutti i mostri come lui credeva di essere, e lasciando dietro di sé un turbinio rapido, leggero e inarrestabile di piume nere.
 
\\\
 
-Genesis.-
 
Il rosso si voltò verso la voce dell’amico che lo aveva chiamato, nel bel mezzo dell’affollato corridoio del piano SOLDIER.
Facendo finta di nulla incrociò lo sguardo di Angeal, ignaro di tutto e preoccupato più che mai per quella sua improvvisa assenza, soprattutto dopo l’incidente dell’altro giorno.
 
-Stai bene?- gli chiese infatti.
 
Sorrise, annuendo e stupendosi egli stesso della calma che riuscì a provare e dimostrare, credibile perfino agli occhi del sempre scettico Angeal Hewley.
Ora che sapeva la verità, provava tanta compassione, dolore e tenerezza per lui, senza riuscire a trattenersi dal farlo. In fin dei conti, Angeal era rimasto quel bambino ingenuo che in mezzo ai cambi di Banora apple sognava e credeva con lui in un futuro migliore, senza ingiustizie e senza guerre.
Era quello il motivo per cui combatteva, ma … ciò che non sapeva, era che fino a che la Shinra avrebbe continuato a signoreggiare con la sua avidità non ci sarebbe stata pace, in quel mondo maltrattato e affamato.
Lui … era in buona fede, ma si trovava dalla parte sbagliata del fronte.
 
-Mai stato meglio.- gli rispose comunque, annuendo e tacendo.
 
Hewley tuttavia, non si lasciò sfuggire quell’ennesimo repentino cambio di umore.
Quella calma … sembrava la quiete prima della tempesta.
Lo faceva sembrare come se gli avessero dato una botta in testa, e in più era troppo sicuro di sé.
Cosa stava architettando?

-Sei sicuro?- tornò a chiedere, incalzandolo.
 
Genesis rimase in silenzio per qualche istante a guardarlo, pensieroso, poi annuì tornando a fingere.
“Non farmi altre domande, Angeal. Non ancora …”
 
-Si, te l’ho detto. Sto bene.- rispose -Avevo solo bisogno di un po’ di arte per calmare il mal di testa.- ammiccò, certo che avrebbe colto il riferimento e bevuto la scusa come fosse il più buono dei bicchieri d’acqua.
 
Accadde.
Esattamente come aveva previsto.
 
-Bene, allora …- annuì contento e sollevato il moro-Lazard ti sta aspettando, ha detto che ha un incarico per te.- lo informò, aggiungendo quindi in tono meno formale -Dovremmo dividerci a quanto pare, al momento sei l’unico disponibile.-
-E il nostro grande eroe?- rispose allora il rosso, continuando ad utilizzare quel tono sarcastico che lo aveva sempre caratterizzato e recitando alla perfezione la parte del solito Genesis Rhapsodos, il first class indomabile e poetico che tutti avevano imparato ad apprezzare e ammirare.
 
Già, pensò tuttavia, Sephiroth …
Non era più poi così tanto sicuro di non poter riuscire a provare compassione anche per lui, che dei tre forse era stato sì il più perfetto, ma anche il più sfortunato.
Angeal sorrise e scosse il capo.
 
-Sephiroth è impegnato con l’addestramento delle nuove reclute, come me.- replicò -Per il momento …- fece per aggiungere, ma per Genesis non ce ne fu bisogno.
-Sono il solito rimpiazzo …- commentò amaro con disapprovazione, annuendo e increspando le labbra in una smorfia di disprezzo stavolta senza provare neanche a mascherarlo.

Angeal gli rivolse uno sguardo ammonitore.
 
-Faresti bene a non parlare così davanti a Lazard.- lo rimproverò.
 
A quel punto però il rosso gli voltò le spalle, iniziando deciso a camminare verso l’ascensore, il viso basso e un’espressione delusa e rabbiosa in volto.
 
-Per quello che conta, ormai.- mormorò amareggiato.
-Genesis!- lo raggiunse l’altro, ponendoglisi di fronte e incrociando le braccia mentre lo fissava con l’ennesimo sguardo ammonitore.
-Lascia stare Angeal, ho capito.- tagliò corto lui, sventolando in aria una mano e sfoderando un sorriso sardonico -Vado subito.- concluse, distaccandosi definitivamente da lui e abbandonandolo lì, probabilmente per l’ultima volta da SOLDIER.
 
Quanto avrebbe voluto mandare al diavolo tutto e tutti, liberare la sua potenza da first class e far vedere una volta tanto alla Shinra di cosa era davvero capace Genesis Rhapsodos, se ancora poteva permettersi il lusso di utilizzare per sé quel nome, radendo al suolo il loro impero!
Trattenne un pugno infuocato mentre da solo in ascensore attendeva di arrivare a destinazione.
Provava disgusto perfino per sé stesso, ma non era facendola finita che avrebbe risolto la questione.
No, adesso c’erano cose molto più importanti a cui pensare.
Ad esempio doveva cercare di fermare il degrado che aveva cominciato a mangiarsi il suo corpo, sgretolandolo fin dalla più piccola cellula come una brutta malattia a cui non esisteva per il momento rimedio.
E poi, anche Angeal e Sephiroth avrebbero dovuto sapere.
Tutti avevano il diritto di sapere quale sorta di mostri la Shinra aveva prodotto.
Si, c’era molto da fare e non poteva arrendersi, perché solo lui conosceva la verità, fino ad oggi.
Ora … era arrivato il momento di dirla, urlarla al mondo intero.
E spezzare le catene che lo legavano ai padroni divorandoli come solo un mostro ben addestrato alla guerra sapeva fare.
 
(Continua …)
 
 
   
 
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