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Autore: bluemermaid1999    05/07/2017    1 recensioni
L'Istituto è quello di sempre: statuario e magnifico, con il suo via vai di Cacciatori da tutto il mondo. Ma cosa succederebbe se i ruoli fossero invertiti? Se Clary e Simon fossero i cacciatori e i Lightwood e Jace i mondani? Scopriamolo...
Buona lettura
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Clarissa, Jace Lightwood, Simon Lewis, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Triangolo
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L’aria era fredda ma avere la pelliccia faceva comodo. Aveva percorso in meno di un’ora tutta la strada per arrivare alla radura dei Lotue. Ora doveva solo passare il confine marcato da un fiume di acqua limpida neanche troppo profondo. Fece un ululato per attirare qualche lupo che faceva la ronda. Non si poteva entrare in un territorio altrui senza prima avvisare, le avrebbe creato problemi che in quel momento non voleva avere. 

Un lupo dal manto nero come la pece e gli occhi verdi arrivò nel giro di pochi secondi. Cassandra si ritrasformò in umana. Il lupo aldilà del fiume fece lo stesso. Era un segno di pace. 

< Sono Cassandra, un’amica di Alux, sono qui per parlare con lui >, disse lei tranquillamente. Il ragazzo alzò la mano in direzione di un tronco sul quale poter passare. 

< Ti porterò da lui, ma niente scherzi ragazzina. Sembri abbastanza mingherlina e io sono il più forte del mio branco >, disse lui spavaldo tenendo d’occhio ogni singolo movimento della ragazza. Questa lo guardò sogghignando prima di ritrasformarsi. Quando ebbe superato il ponte improvvisato andò verso di lui e con il pensiero gli disse < Non credo che tu voglia scoprire davvero quello di cui sono capace >.

L’altro fece una risatina di scherno e si ritrasformò per poi correre verso il centro della radura. Cassandra si ricordava vagamente di quel posto. Una volta ci era andata con i suoi genitori per trovare Alux, il capo branco. Lui e suo padre erano dei vecchi amici. Dopo quello che era successo aveva perso i contatti, ma sapeva che non le avrebbe voltato le spalle. O almeno ci sperava. 

Il lupo la condusse a pochi metri da una casa di legno. Da dentro proveniva una luce fioca, probabilmente proveniente dalle braci scoppiettanti. Dal caminetto in mattoni usciva del fumo. Cassandra ricordava con gioia quel caminetto. Quando era andata da Alux questi si era seduto sulla pelliccia di caribù sul pavimento in legno, l’aveva fatta sedere sulle sue gambe e si era messo a raccontarle le leggende della loro tribù. Lei lo aveva ascoltato fino a quando non si era addormentata tra le sue forti braccia, con i lunghi capelli neri di lui che le solleticavano il viso. Le raccontava storie di lupi, vampiri, amori proibiti. Lei era rimasta incantata. 

Un ululato del lupo fendette la notte, avvisando che era arrivato con un ospite che voleva vedere il capo branco. Cassandra si trasformò restando solo in slip, ma la cosa non le faceva più effetto ormai. Era un lupo, era normale rimanere nudi, anche se in realtà erano poche le lupe femmine. Però la cosa positiva era che aveva delle curve niente male. 

Un grugnito seguito da un breve ululato provenne dall’interno della casa. Il ragazzo la guardò e le fece cenno con la testa di seguirla. Entrò nella casa dopo di lui. 

Era di legno, qualche foto appesa al muro. Il focolare era rimasto uguale, con un mensola sopra e delle carte da gioco sparse disordinatamente sul tavolino in mogano, insieme a delle chiavi e alcune monetine. Si sedette vicino alle fiamme che scoppiettavano. 

Sentì dei passi. Non dovette neanche girarsi per sapere che era Alux. Aveva sempre avuto un inconfondibile odore di tabacco alle rose, quello che usava per le sue pipe e che si faceva spedire da dei suoi amici in Germania. 

< Ne è passato di tempo da quando una così bella ragazza è stata in questa casa> , disse lui porgendole un felpone enorme. 

< Si, Alux. Ne è passato di tempo >, disse lei girandosi verso di lui.

L’uomo rimase per un attimo in silenzio, osservando ogni aspetto della ragazza. Poi un lampo gli percorse gli occhi scuri.

< Cassandra? Sei davvero tu bambina mia >, disse abbracciandola. Cassandra ricambiò l’abbraccio. I capelli lunghi le solleticavano il viso. < Non pensavo ti fossi salvata, pensavo che… >.

< Che fossi morta. Si lo so. Eh credimi, in alcuni occasioni avrei preferito che fosse successo >, disse lei girandosi verso il caminetto, appoggiando la mano tra le due cornici sulla mensola.          < Valentine ha ucciso tutti davanti ai miei occhi e poi ha preso me. Sono stata la sua cavia per anni. Poi mi hanno salvato. Da allora sono vissuta sotto protezione >. 

< Mi dispiace tesoro. Ma sappi che d’ora in poi hai noi come famiglia. Puoi unirti al branco >.

< Ecco qui sta la parte divertente >, disse girandosi per guardare l’uomo che era alto almeno due spanne in più di lei. < Tra gli esperimenti di Valentine ci sono state trasfusioni. Non posso fare parte di un branco, sono troppo forte per farlo >. 

Il ragazzo dagli occhi verdi, che fino ad allora era rimasto appoggiato al muro con le braccia incrociate sogghignò. Cassie lo guardò severa, come solo un alfa avrebbe fatto. Il ragazzo abbassò subito gli occhi riluttante. Cercò di combattere contro la sottimissione, era evidente dai pugni chiusi, le unghie conficcate nella carne e le vene che si facevano man mano più evidenti sul collo scuro. 

< Sei un alfa, ma non hai un branco >, disse Alux con voce seria, ma che lasciava trasparire della tristezza. 

< Ti prego, non provare pietà per me. Durante le torture ho trovato la mia famiglia. Valentine ha creato un legame indissolubile tra noi. E’ un po come quello che c’è tra dei lupi. O almeno così suppongo >. La ragazza andò in cucina. I due maschi la seguirono. 

< Posso mangiare qualcosa? Sto morendo di fame >, chiese Cassandra. Nello stesso istante lo stomaco le brontolò rumorosamente. Correre le faceva sempre venire una gran fame. 

< Certo, i ragazzi hanno catturato un cervo un ora fa. Dovrebbero averne lasciato un po’ nel capanno. Mi ricordo quanto ti piaceva quando era una cucciola >, disse Alux con occhi dolci. 

La ragazza finì di bere un bicchiere di acqua fresca. Passò poi davanti al bruno guardandolo con scherno. Questi in risposta le rivolse uno sguardo carico d’odio.

Prima di uscire dalla porta sul retro, chiese ad Alux se avevano ancora quel telefono fisso vicino al capanno. 

< Certo >, annuì l’alfa. < Se vuoi fermarti a dormire qua abbiamo una stanza libera. Le docce sono sullo stesso piano. Te la preparerò mentre sarai a mangiare >. La ragazza accettò di buon grado la proposta visto la stanchezza. 

Alzò la cornetta del telefono rosso e compose il numero di Clarissa. Squillò tre volte. Poi una voce maschile rispose. 

< Pronto >

< Ciao Simon, sono Cassie >

< Hey, va tutto bene? E’ successo qualcosa? Possiamo essere ovunque in pochi minuti >, disse il ragazzo preoccupato dall’altro capo del telefono. Non sapeva bene come, ma si sentiva protettivo con quella palla di pelo. 

< Si papà, va tutto bene. Il capo branco mi ha subito riconosciuta. Penso dormirò qui stanotte e ritornerò domani. Comunque vi faccio sapere. Mi vuoi anche mettere un coprifuoco già che ci sei? >, lo schernì Cassie ridacchiando. 

< Sisi prendi in giro. Io e Clary siamo ritornati al nostro appartamento con Magnus. Abbiamo sistemato tutta la casa ed impedito che come tocco finale venisse riempito di lustrini. Comunque stai attenta e fatti sentire >.

< Sarà fatto capo >, disse Cassie prima che il ragazzo chiudesse la chiamata. Avevano portato Clary in braccio fino a casa visto che dopo lo sforzo che aveva fatto per usare la sua magia era crollata sul divano. Ora stava dormendo come un angioletto, anche se forse non era un termine adatto. 

Simon andò in cucina, dove lo stregone stava mettendo in infusione del the verde fatto comparire da chissà quale zone dell’Asia. L’orologio segnava le 2:30. Magnus fece comparire sul tavolo un bicchiere di sangue densissimo. Era 0 negativo, il preferito di Simon e della metà ella popolazione mondiale di vampiri, senza contare che era anche raramente reperibile. Ed era normale visto che era il frutto di una magia fatta sul sangue di alcune famiglie di un villaggio primitivo dell’Africa ancora prima dell’invenzione della scrittura. Non era nato con gli uomini, come tutti gli altri tipi. Era fatto ad hoc per i vampiri, come le miscele di alcolici umani per creare vini pregiati o particolari varietà di birra. Magnus l’aveva versato in un bicchiere in cui un comune umano a quell’ora avrebbe versato del latte per il proprio bambino che aveva problemi a dormire. Simon si ricordava che sua madre lo faceva sempre, anche quando non era più molto bambino. Comunque questa cosa fece comparire per pochi secondi un sorriso sul labbro di Simon. 

Mentre quel dolce nettare gli scendeva per la gola, si sentì bussare insistentemente alla porta. Immediatamente i canini del ragazzo spuntarono. Guardò Magnus, anche questo con uno sguardo interrogativo in volto. In una mano fece comparire delle fiamme blu. Si posizionarono entrambi davanti alla porta, Simon incurvano in avanti in posizione di attacco. Magnus aprì la porta con un gesto della mano. Ma non si aspettavano di trovarsi davanti proprio loro.

< Vi prego, dovete aiutarci!!! >, fu il pianto disperato delle due persone che si trovavano davanti all’uscio.

Simon e Magnus si guardarono, poi il secondo disse. < E perché mai dovremmo farlo? >

 

 

   
 
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