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Autore: koan_abyss    13/07/2017    3 recensioni
Il percorso di cinque giovani Serpeverde attraverso le influenze e le aspettative delle famiglie, della comunità magica, di alleati e rivali dai primi anni di scuola al culmine della II Guerra Magica.
Gli anni immediatamente precedenti e quelli narrati nei libri della Rowling visti dagli occhi di Severus Piton: le sue esperienze, i suoi legami, la sua promessa.
Mentre i suoi studenti sfogliano le canzoni dell'innocenza, si confrontano con le tradizioni, costruiscono a poco a poco la loro identità, Severus Piton, incastrato nel suo doppio ruolo di Direttore di Serpeverde ed ex-Mangiamorte, diventa suo malgrado una figura importante per loro e le loro scelte future.
La fanfiction non intende discostarsi dal canon, ma anzi seguire fedelemente la storia originale del punto di vista verde-argento.
Genere: Generale, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Severus Piton, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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Capitolo 5


“Sei stato a casa di Piton?” gli chiese Isabel, incredula, sul treno di ritorno ad Hogwarts.
“Che posto è?” chiese Euriale.
Madeline si protese in avanti, avida.
Liam raccontò della casa e del quartiere.
“Quindi sei andato in giro per botteghe segrete e hai visto la casa del professore!” sospirò Isabel, con invidia.
Will e Liam si scambiarono un’occhiata: le ragazze erano sempre così interessate a Piton! Gli sarebbero state appiccicate tutto il giorno, se avessero potuto.
“Be’, non erano botteghe segrete. Penso che tornerò da Mastro Loveney, la prossima volta che avrò bisogno di ingredienti. Puoi venire con me,” le rispose Liam.
Isabel parve soddisfatta. Liam aveva raccontato a Will, durante le vacanze, dell’irrazionale decisione del padre di allontanarlo da casa. Riassunse la cosa in poche parole per le ragazze.
“Era così arrabbiato per le punizioni che ho preso a scuola che non mi voleva nemmeno vedere,” disse, scrollando le spalle e fissando il pavimento dello scompartimento.
“Meglio mandarti da un amico che confinarti in camera tua,” gli disse Madeline.
Euriale non disse nulla, percependo che la faccenda doveva essere piuttosto dolorosa per l’amico.

Vitious era andato avanti con gli arrangiamenti necessari a far partire il suo esperimento con i ragazzi del secondo anno.
“Non sarà un club ufficiale,” spiegò loro. “Vedetele come delle lezioni di approfondimento per voi che avete manifestato interesse.”
“Non ci saranno altri studenti?”
Vitious scosse la testa: “Per il momento no. Non vi chiedo di mantenere il segreto, ma, per essere chiaro, non voglio che punzecchiate i Grifondoro per il fatto che non sono stati presi in considerazione per questa esperienza.”
I Corvonero annuirono: meglio, sarebbe stato più facile concentrarsi, senza i Grifondoro. I Serpeverde ghignarono apertamente: li avrebbe fatti impazzire, essere esclusi così! Decisero all’unisono che li avrebbero derisi a morte.
Ma il non-club di duello non risultò così allettante, per gli altri studenti. Dato che ufficialmente non era un club, Vitious organizzò i loro incontri durante la settimana scolastica, invece che nel weekend.
“È solo lavoro in più.”
“Sì, divertitevi alla vostra lezione extra!” commentarono i gemelli Weasley.
I Serpeverde furono un po’ delusi dalla loro blanda reazione, finché Euriale non disse loro che in realtà Fred e George erano gelosi: d’altronde, Incantesimi era l’unica lezione in cui si applicassero.
Alla loro prima lezione di duello, Vitious era decisamente il più eccitato di tutti: “Bene, bene! Ci siamo! Forse è meglio aspettare a tirare fuori le bacchette, ragazzi…”
Liam, Will e un paio di Corvonero rinfoderarono le bacchette con qualche protesta.
“Bene!” riprese Vitious, battendo le mani. “Ci sono un paio di cose da dire, prima di tutto. I duelli magici. Oggi i duelli nell’immaginario comune sono esclusivo appannaggio degli Auror nello svolgimento delle loro funzioni…”
“Catturare i maghi oscuri!” gridò un Corvonero.
“…o chiunque infranga la legge magica,” corresse Vitious. “Ci sono dei tornei di duello, nel corso dei quali è possibile dimostrare il proprio talento, ma ormai sono pochi e hanno perso il loro scopo originale.”
Rivolse agli studenti un’occhiata speranzosa: “Chi sa dirmi qual era lo scopo di un duello magico tra maghi rispettabili?”
“Stabilire chi era il più forte?” suggerì Liam.
“Stabilire chi avesse ragione?” disse invece Margareth Clockwork.
Il piccolo professore sorrise incoraggiante: “Quasi corretto, ma non preciso.”
“Comporre le liti,” disse Euriale.
“Ecco! Questa è l’espressione corretta: il duello era uno dei modi per risolvere una disputa, un giudizio, tra due maghi. Il giudizio si risolveva in favore del vincitore. In alcuni casi, e qui i babbani hanno un’usanza simile, il duello era utilizzato per ripagare un torto o un’offesa.”
Molti studenti annuirono, ricordando il celebre duello tra Rhialto il Meraviglioso e il suo amico, Matheus L’Improbo, che aveva lo aveva preso in giro per il suo eccentrico gusto nel vestire.
“Ovviamente, perché il risultato fosse accettabile e ristabilisse l’ordine che era stato precedentemente turbato, c’era bisogno di regole, di un preciso formalismo e di un arbitro terzo, completamente al di sopra di qualsiasi bega i duellanti avessero tra loro,” continuò Vitious. “E tutto ciò divenne ancora più necessario quando si cominciò ad ammettere che i duellanti non fossero gli stessi che avevano promosso il giudizio, ma dei campioni scelti da loro, che li rappresentavano combattendo al loro posto.”
“Perché qualcuno avrebbe dovuto combattere al loro posto?” chiese Isabel.
“Per diversi motivi: per lealtà, o legami di sangue, ma anche per denaro. Si diffuse presto, tra i ceti più agiati, l’usanza di ingaggiare un campione. E come scegliere un buon campione, che avesse buone probabilità di vittoria in un duello giudiziale?”
“Con un torneo!” rispose pronto Roger Davies.
“Esatto! Si cominciarono ad organizzare tornei, e ogni mago abile nell’arte del duello avrebbe voluto partecipare: con la vittoria e la gloria, sarebbero venuti ingaggi e galeoni,” proseguì Vitious.
“Ora, come sapete, i processi magici non si avvalgono più dei duelli. Il diritto stava cambiando e gli arbitri, i giudici, assumevano sempre più influenza e potere: si andava delineando un sistema di corti organizzate, con competenze molto ampie, e non si vedeva più di buon occhio che i singoli maghi potessero farsi giustizia da soli con un duello. E c’era anche un’altra questione, che riguardava l’usanza di pagare i campioni…”
“Solo i maghi più ricchi potevano permettersi di ingaggiare i campioni migliori: i ceti meno abbienti avevano meno probabilità di ottenere giustizia,” rispose Euriale.
Vitious le sorrise: “Ottima risposta! Anche tu, come tuo padre, sei interessata alla Magisprudenza? Ricordo che era un ottimo studente…”
Euriale scosse le spalle.
“Per concludere, ragazzi, il duello è uscito dalle aule dei tribunali, ma i tornei sono rimasti, come momenti di aggregazione delle comunità magiche e come palcoscenico per esibire la propria abilità, la propria forza, la propria astuzia nelle arti magiche! Purtroppo, ora non sono più molto in voga, ma chissà!”
Batté le mani: “Avanti, so che non vedete l’ora: fuori le bacchette e saliamo sulla pedana…”
La lezione era stata fantastica: nell’ora successiva Vitious aveva insegnato loro un facile incantesimo che aveva l’effetto di sbilanciare l’avversario e loro avevano fatto pratica di mira, scagliandolo a turno su un manichino posto a un’estremità della pedana, prima con tutta calma, da fermi, poi di corsa, lanciandosi verso l’avversario. Decisamente, la mira di alcuni di loro poteva solo migliorare.
“Per oggi può bastare!” disse infine il professore. “Potete andare, ma ricordatevi: non vi è permesso duellare nei corridoi. E se mi giunge voce che qualcuno di voi ha fatto un uso improprio dell’incantesimo Impeto, vale a dire lo ha usato in qualunque altro luogo che non sia la mia aula, i suoi giorni da duellante saranno brevi!”
Gli studenti sciamarono fuori, commentando eccitati il primo incontro del non-club di duello.

Le vacanze di Natale per Piton erano state dense di attività, alcune decisamente interessanti. Aveva passato Natale e Santo Stefano a riordinare casa, più per tenersi occupato che per altro, ma nei giorni successivi aveva discretamente indagato nel mondo magico sulle voci che preoccupavano Silente, con un’abile alternanza di Legilimanzia, domande apparentemente innocue e occasionalmente minacce. ‘La mia specialità, assieme alle pozioni,’ si disse, con un sorriso amaro.
Aveva sentito più o meno le stesse informazioni di Silente, ma per quanto il vecchio mago lo avesse allarmato, ascoltandole lui stesso era giunto alla conclusione che si trattava solo di dicerie.
C’era sempre stato qualcuno pronto a giurare che il Signore Oscuro sarebbe ritornato, sin dai primi tempi dopo la sua caduta: i Lestrange e quel ragazzo, Crouch, vi avevano creduto tanto fermamente da attaccare una coppia di Auror, quando avrebbero potuto fuggire dal paese ed evitare Azkaban. Che idioti. O folli: Bellatrix Lestrange era indubbiamente pazza.
Ma erano stati tutti pazzi, a mettersi al servizio del Signore Oscuro. E tuttavia non sarebbe mai mancato qualcuno che sperasse nel suo ritorno, qualcuno che aveva assaporato le possibilità di grandezza che lui offriva, e che si era trovato orfano del potere che i suoi seguaci potevano acquisire.
Oltre ai rampolli di antiche famiglie, oltre ai purosangue caduti in disgrazia che incolpavano di questo i mezzosangue, il Signore Oscuro aveva riunito attorno a sé un considerevole numero di disadattati, paria, feccia di ogni tipo che cercava un’occasione di riscatto, una scusa per sfogare la propria violenza, un mero tornaconto personale. Erano stati la bassa manovalanza di Voldemort: i suoi Mangiamorte per promuovere l’ideale della supremazia magica sui babbani, giovani idealisti purosangue che lottavano per la salvaguardia del mondo magico dalle minacce di quello babbano; e mostri, tagliagole e bruti senza scrupoli a diffondere il terrore, per scuotere e scioccare chi non si era schierato con lui, per farla pagare a chi gli si opponeva.
Non che la linea tra Mangiamorte e creature come Fenrir Greyback fosse così netta. Neppure lui, che era stato impiegato dal Signore Oscuro come spia per il suo cervello e la sua abilità nel preparare distillati della verità, poteva affermare di non essersi macchiato le mani di atti orribili.
Lo sapeva lui, e lo sapevano gli strani soggetti che aveva interrogato in bettole fumose e buie: era ancora temuto. Non come Malfoy, il cui potere era manifesto, ma come si teme un pugnale nell’ombra.
Se pure le sue indagini lo avevano costretto a ripensare al periodo più buio della sua vita (non che la sua infanzia e gli anni ad Hogwarts fossero stati così brillanti), non aveva sentito niente di inaspettato o particolarmente pericoloso. Per il resto, c’erano stati anche incontri piacevoli con la famiglia Malfoy, e uno decisamente inaspettato.
Piton scosse la testa, concentrandosi sul presente. Aveva pensato di parlare con i ragazzi del secondo anno prima che Vitious cominciasse con il suo ‘esperimento’, ma non l’aveva fatto: non voleva stare con il fiato sul collo a Warrington. Tuttavia intendeva insegnare ai ragazzi un paio di cose, e i duelli di Vitious potevano servirgli per introdurre l’argomento.
Colse l’occasione una domenica mattina, quando li incrociò mentre salivano in Sala Grande a fare colazione e li invitò nel suo ufficio quella sera.
“Mi piacerebbe sapere com’è stata la vostra prima lezione di duello.”
I ragazzi gli parvero molto compiaciuti della cosa, ma ovviamente loro erano abituati a ricevere molte attenzioni. Se alla loro età un insegnante avesse chiesto a lui di parlare di un suo interesse, Piton ne sarebbe stato immancabilmente sospettoso.
I Serpeverde si presentarono puntuali alle 20.00 all’ufficio di Piton.
Heartilly entrò per prima: era già stata lì un’infinità di volte e si sentiva quasi a casa. De Atienza come sempre marciò decisa e sicura. Piton notò con piacere che Warrington non sembrava in soggezione e sulle spine come tutte le altre volte che lo aveva convocato nel suo ufficio.
I ragazzi si sparsero per la stanza.
“Sedetevi pure,” disse Piton, indicando il solito divanetto. “Allora?  Con cosa ha cominciato il professor Vitious?”
I ragazzi gli parlarono brevemente dell’introduzione, poi Madeline spiegò dell’Incantesimo Impeto e di come si erano esercitati a scagliarlo su un manichino.
Il professore inarcò le sopracciglia: perché cominciare da una cosa del genere? Lo scopo di un duello era disarmare l’avversario!
“Lei avrebbe fatto diversamente, professore?” chiese McIver, notando la sua perplessità.
Piton scrollò le spalle: “Forse. Ma io non sono un campione di duello. Il professor Vitious sa sicuramente quello che fa.”
“Ha mai affrontato dei duelli con altri maghi, professore?” fece Heartilly.
“È capitato,” rispose Piton, piano.
“E con dei babbani?” chiese Warrington. “Quando eravamo a Londra ha detto che per un mago che sappia duellare anche un babbano con una pistola è un avversario facile. Mi è sembrato così sicuro, mi chiedevo…”
“Cos’è una pistola?” lo interruppe De Atienza.
Warrington glielo spiegò, sbirciando il professore per conferma.
“Sembra pericoloso,” intervenne AshenHurst. “Come si affronta un babbano con una pistola?”
“Probabilmente nessuno di voi incontrerà mai un babbano armato,” li fermò Piton.
Il discorso non stava prendendo la piega che sperava.
“L’ideale sarebbe fuggire, e confido che nessuno di voi si metta mai in pericolo facendo altro, avendo la possibilità di smaterializzarsi o correre via.”
“Ma se uno non potesse farlo?” insistette De Atienza.
“Allora la cosa più sicura sarebbe disarmare l’avversario. Esiste un incantesimo apposito e sono certo che Vitious ve lo insegnerà quanto prima.”
“Se questa volta venisse anche lei, professore, potreste farci vedere un duello tra maghi esperti, lei e il professor Vitious,” disse Heartilly.
Piton scosse la testa: “Non intendo immischiarmi, sarebbe una mancanza di rispetto nei confronti del professor Vitious. E comunque non amo duellare per gioco.”
“Perché? Si possono dimostrare le proprie capacità, così,” fece McIver.
Piton lo fissò: “Rifletti: è sempre un bene, mostrare agli altri di cosa si è capaci?”
“È meglio tenere sempre un asso nella manica,” rispose Heartilly con un sorriso scaltro. Ricordava quel particolare insegnamento.
“Esatto.” Piton le rivolse un piccolo cenno del capo. “Far sapere tutto di sé a dei potenziali avversari potrebbe essere letale. Alcune doti, alcune capacità, alcune difese funzionano al meglio quando restano segrete.”
“Ma in duello ci si deve svelare per forza,” obbiettò McIver.
“Non è detto,” rispose Piton, pensando agli incantesimi non-verbali. Ma non era quello l’argomento che gli premeva trattare. “In ogni caso, il duello non è l’unico modo che un mago ha di proteggersi: forse i vostri genitori sfidano chiunque cerchi di entrare a casa loro non invitato?”
I suoi studenti ridacchiarono.
“No, certo! Ci sono sigilli e Incantesimi Respingi-Intrusi…” rispose AshenHurst.
Piton annuì: “Ci sono molte magie difensive, e come ho già detto, operano al meglio quando restano segrete. Può trattarsi di sigilli, o di talismani…”
Prese una pergamena e una penna. I ragazzi si protesero verso la scrivania dal divanetto. Piton tracciò pochi tratti, poi toccò la carta con la bacchetta: “Actio.”
L’inchiostro brillò come un raggio di sole, poi tornò all’apparenza normale.
“Ora questo è un talismano, pronto per essere attivato ripetendo la formula, anche senza bacchetta. Può essere nascosto in un libro, in un baule, nello stipite di una porta, e impedirà che esso venga sfogliato, frugato o oltrepassato da terzi.”
Tutti li fissarono, interessati.
“Non si potrebbe disegnare il talismano sulla porta o sul libro da proteggere?”
“Ovviamente,” rispose Piton, “ma questo è trasportabile. Significa che potete crearlo qui, dove siete autorizzati ad usare la magia, e poi farne l’uso che ritenete più opportuno.”
Scoccò un’occhiata a Warrington. Il ragazzino incrociò il suo sguardo.
“Può farci vedere come si fa?” chiese, serio.
Anche gli altri sembravano entusiasti all’idea di poter usare la magia a casa.
Piton annuì: “Ci sono molti tipi di talismani. Alcuni sono per la protezione personale e un tempo venivano ricamati sulle vesti da mago, sulle maniche o sul petto. Anche se una cosa del genere sarebbe considerato barare, in un torneo di duello,” li avvisò.
“Ho sentito che si possono anche inserire protezioni nelle gemme e nei gioielli,” disse De Atienza.
“Sì. Ogni gemma ha specifiche proprietà e reagisce in modo diverso ai vari incantesimi: bisogna scegliere quella adatta al proprio scopo,” spiegò Piton.
“Oh, voglio imparare anche questo!” sospirò De Atienza.
Piton sorrise: “Sarà più lungo e complesso che fare un talismano di carta. Volete provare?”
Tutti si accalcarono alla scrivania.
Bene: ora tutti avrebbero avuto una protezione. E se avessero finito per usarla solo per difendere la loro privacy e per nulla di più serio, tanto meglio per tutti.

“È stato forte Piton, a insegnarci questa cosa dei talismani,” fece Will di ritorno con gli altri alla sala comune.
“Molto utile,” concordò Euriale.
Il professore aveva suggerito che facessero qualche esperimento, realizzando talismani su materiali diversi, per vedere cosa si fosse rivelato più adatto alle esigenze di ognuno. Aveva anche spiegato loro come disattivarli senza distruggerli.
“Forse non si potranno usare in un torneo, ma a Difesa dovrebbero di sicuro insegnare a farli,” continuò.
“Se Piton l’anno prossimo sostituirà Grawely…” cominciò Liam.
“Non ci sono molte speranze, a sentire Morgan,” lo interruppe Isabel.
Per lei andava bene così: il professore non avrebbe potuto insegnare sia Difesa che Pozioni, e a lei piaceva fare Pozioni con Piton.
“Perché Morgan ne è così convinto?” chiese Madeline.
Euriale si strinse nelle spalle: “Non lo so. Avevamo deciso di chiederlo a Ophelia, ma poi non l’abbiamo fatto…”
Erano stati distratti dalla necessità di trovare un modo di gestire la rabbia di Liam. La politica di assunzioni del Preside era passata in secondo piano.
Will e Liam si scambiarono un’occhiata. Loro avevano qualche ipotesi, a proposito: ne avevano discusso durante le vacanze di Natale. Ma dirlo alle ragazze avrebbe comportato anche ammettere un coinvolgimento delle loro famiglie in questioni sulle quali erano stati educati al segreto. Solo il pensiero di parlare faceva sentire entrambi in colpa. E quasi certamente Euriale se n’era accorta, perché si girò a guardarli interrogativamente.
“Perché non glielo chiediamo subito?” disse in fretta Will, sperando che Euriale fosse più interessata al mistero che a loro due.
“Se Ophelia è ancora in sala comune perché no?” rispose Madeline.
Nascosero con cura i loro talismani perché nessuno facesse domande. Ophelia era ancora alzata, ma era in compagnia di Olivier e Tyrell.
“Da dove arrivate?” indagò Olivier.
“Siamo stati da Piton. Voleva sapere del primo incontro del club di duello con Vitious,” rispose Madeline.
Olivier aggrottò la fronte: Piton era parecchio chioccia con quelli del secondo anno o era una sua impressione? Era stato così…presente?...anche quando loro erano dei marmocchi, o quei cinque erano speciali?
“Dev’essere molto divertente,” disse Ophelia.
I ragazzi raccontarono brevemente dell’incontro.
“Che non interferisca con gli allenamenti, Warrington. Alla prossima partita voli in campo,” ricordò Tyrell a Liam.
Liam annuì, deglutendo a fatica.
“Comunque…” cominciò Euriale per riportare il discorso dove interessava a loro. “Sappiamo che anche Piton se la cava nei duelli e in generale in Difesa Contro le Arti Oscure, ma tutti sembrano sicuri che non la insegnerà mai. È troppo chiedere di spiegarci il motivo?”
I tre Serpeverde più anziani si guardarono.
“È una faccenda delicata…” cominciò Ophelia, dopo un attimo.
“Potrebbe essere per il fatto che Piton era un Mangiamorte al servizio di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato,” disse invece Olivier, sogghignando.
“Olivier, cazzo,” lo riprese stancamente Tyrell.
“Cosa c’è?  Non è che non abbiano proprio idea di quello di cui stiamo parlando, giusto, ragazzi?”
“Non sono proprio argomenti che si affrontano con i bambini alle cene di famiglia,” lo rimbeccò Tyrell, acido.
“Forse avevi la lingua di una delle mie cugine nell’orecchio, a Capodanno, e ti sei perso l’illuminato discorso di mio zio…”
“Be’, noi non ne parliamo come se niente fosse!” ringhiò Tyrell.
“Piantatela,” li ammonì Ophelia, poi si rivolse ai ragazzi: “Ai tempi di Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato molti erano suoi sostenitori, almeno all’inizio. Quasi tutte le famiglie più antiche simpatizzavano per lui. Alcuni non si rendevano conto della guerra che avrebbe scatenato, altri furono stregati e costretti a seguirlo…”
“E altri ancora lo accolsero volontariamente e combatterono per lui perché lo ritenevano il comportamento più giusto per un purosangue degno di questo nome,” intervenne Olivier, guardando Liam e Will.
Forse era per quello che per Piton erano così speciali, i ragazzi del secondo: erano i figli dei vecchi compagni!
“Sì,” ammise Ophelia, “Sembra che Piton fosse in Mangiamorte, ma quando Voi-Sapete-Chi è caduto lui non è stato incriminato dal Ministero, quindi forse è solo una voce.”
“Non è stato incriminato solo perché Silente garantì per lui,” fece Tyrell.
“Perché Silente avrebbe dovuto garantire per un Mangiamorte?” gli chiese Ophelia. “Era il più grande avversario di Voi-Sapete-Chi! Gli si è sempre opposto apertamente!”
“Be’, non lo so, ma…”
“Che ha fatto la nostra famiglia durante la Guerra?” intervenne Isabel, rivolta al fratello e ignorando gli altri due.
“Tu che dici, Isabela?” le rispose Olivier con un sorrisetto. “Azzarderei che abbiamo offerto dei soldi, se non braccia e bacchette...”
Euriale ascoltava avidamente. Per lei erano quasi tutte informazioni nuove: di sicuro nella sua famiglia nessuno aveva sostenuto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato. Durante parte di quel periodo i suoi erano in Francia, anche se erano già tornati quando Harry Potter, Il-Bambino-Che-È-Sopravvissuto, aveva messo fine alla Guerra.
“Non è il caso di dir loro tutto,” sibilò Ophelia a Olivier.
“Prima o poi, sì. O è meglio aspettare la relativa lezione di Storia della Magia?” replicò lui, beffardo.
Ophelia alzò gli occhi al cielo.
“Il punto è: la Guerra è stata orribile, e tutti rimpiangono di averla combattuta. Di sicuro non vi conviene chiedere a Piton di raccontarvi che parte vi abbia avuto lui,” disse la ragazza, con tono definitivo.
Capendo l’antifona, Euriale prese Isabel per il braccio e la trascinò via. Si avviarono tutti verso i dormitori, ma si fermarono nell’ombra delle scale. Ophelia, Oliver e Tyrell stavano ancora discutendo astiosamente.
“Che storia,” commentò Madeline. “Tyrell ha ragione, da noi non si parla di queste cose.”
“Non davanti a noi, perlomeno,” le fece eco Isabel, pensierosa.
Liam rimase prudentemente in silenzio.
“Ma quindi Piton era un Mangiamorte, o no?” chiese Euriale, guardando gli altri.
“Forse no. Forse era solo…un simpatizzante,” ipotizzò Madeline.
“No. Era davvero un Mangiamorte,” disse Will, sottovoce.
“Come fai a saperlo?”
Il ragazzino si guardò attorno, nervoso: “Mio padre lo era. Si era messo al servizio di Voi-Sapete-Chi, che aveva giurato di far sparire i babbani. Ve l’ho detto che mio padre li detestava, no? Ha combattuto con gli Auror ed è stato maledetto. E anche se l’aveva rallentata il più possibile, alla fine la maledizione l’ha ucciso. Quando lui è morto, sono venuti i suoi vecchi amici, uomini che erano stati accusati di essere Mangiamorte.” Guardò gli altri significativamente: “Piton c’era, al funerale.”
Forse non avrebbe dovuto parlarne con gli altri, Liam gli stava lanciando un’occhiataccia di rimprovero, ma quell’informazione dava una risposta praticamente definitiva alla questione.
“Ovviamente non…non lo direte a nessuno?” chiese, un po’ implorante.
“Certo che no,” gli rispose Isabel.
Will sorrise debolmente.
Euriale rifletteva. Di sicuro non potevano aspettare che Rüf trattasse la Guerra Magica a lezione, ma c’erano sicuramente dei libri in proposito, no? Le balenò nella mente l’ufficio di suo padre al Ministero. Forse c’erano addirittura delle cronache dei processi dell’epoca.

“Credo che mi importi un pochino di più dei quidditch, ora che Liam gioca,” disse Isabel alle altre nel dormitorio. “Insomma, c’è anche Tyrell in squadra, certo, ma non è che la cosa mi coinvolgesse più di tanto,” continuò, guardando Madeline.
“Non ne hai mai fatto mistero,” rispose quella, scrollando le spalle.
“Ma ora che dobbiamo sostenere Liam, mi sembra più importante,” riprese Isabel.
Era estremamente importante, aveva realizzato: importante come il fatto che Euriale e Madeline fossero andate con loro nella Foresta Proibita al primo anno, per la sfida dei Weasley. Come quando si erano messi d’accordo per impedire a Liam di perdere il controllo quando si arrabbiava.
E poi, che soddisfazione le davano gli sguardi ammirati dei ragazzini del primo anno quando Liam raggiungeva gli amici sulle gradinate prima di andarsi a cambiare con la squadra!
Mai quanto lo sguardo di approvazione di Piton quando controllava il suo lavoro a lezione, ma quella era un’altra storia; i successi suoi e dei suoi amici erano momenti preziosi da assaporare, sapere di avere il favore di Piton era come respirare: necessario, fondamentale, inconsapevole e automatico. Quanto a quello che avevano scoperto sul professore, non credeva che cambiasse davvero qualcosa, per loro. Piton aveva parlato loro della Guerra Magica, nel corso del primo anno, e anche se non aveva specificato quale fosse stato il suo ruolo a Isabel non era sembrato affatto nostalgico riguardo a quel tempo. Probabilmente, se era stato un Mangiamorte, era stato perché sembrava la cosa giusta da fare a un mago purosangue, come aveva detto suo fratello. La cosa giusta da fare per proteggere i valori di Serpeverde, che ad oggi interessavano a pochi.
Ma cosa importava? Harry Potter aveva distrutto Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato un sacco di tempo prima. Piton era il Direttore di Serpeverde e il loro professore di Pozioni. ‘Un ottimo professore’, si disse, confrontando gli appunti che aveva preso in classe con il suo libro di testo.
“Sei stata in silenzio incredibilmente a lungo. Dobbiamo tenerlo a mente che il libro di Pozioni ti fa quest’effetto!” le disse Euriale.
Isabel scosse i capelli: “Divertente.”
Euriale le sorrise: “A cosa pensavi?”
“Pensavo a Piton. A quello che ci hanno detto gli altri…”
“Ci ho pensato anch’io. Mi chiedo se Silente sapesse che Piton era un sostenitore di Voi-Sapete-Chi,” rispose Euriale.
Madeline ci pensò: “Immagino di sì. Certo, ovviamente è una cosa che uno preferirebbe tenere nascosta, ma si può davvero tenere nascosto qualcosa a Silente? Dicono che sia il più grande mago del secolo: ha sconfitto Grindenwald, e…”
“Ma non ha sconfitto Voi-Sapete-Chi,” puntualizzò Isabel.
“E Piton è un Occlumante,” riprese Euriale. “Vi ricordate che volevate sapere perché non tutti studiano Occlumanzia? Glielo avevo chiesto: Piton mi rispose che normalmente era una tecnica usata per proteggere ricordi e segreti da chi vuole impossessarsene, e che chi non ha segreti non ha ragione di studiarla.”
“E tu gli hai chiesto perché lui l’aveva studiata?” chiese Madeline, interessata.
Euriale annuì: “Mi ha suggerito di farmi gli affari miei. Forse ha nascosto il suo passato al Preside.”
“Allora perché Silente non dovrebbe lasciargli insegnare Difesa?” ribatté Isabel.
“E se Piton avesse custodito il suo segreto con Silente, non sarebbe oggetto di pettegolezzi tra gli studenti,” continuò Madeline.
“Noi non stiamo spettegolando!” esclamò Euriale, oltraggiata. “Insomma, vogliamo solo conoscere meglio il nostro Direttore, no?”
“Credo lo irriterebbe parecchio, sapere che stiamo parlando di queste cose,” disse Isabel.
“Questo è certo,” non poté fare a mano di concordare Euriale.
“Anche i ragazzi mi sono sembrati a disagio,” continuò Isabel.
Tutti le erano sembrati a disagio, in realtà, tranne suo fratello. Ma Olivier era così: era molto difficile che prendesse sul serio qualcosa che non lo riguardava di persona. Non c’era niente di importante, per lui.
Be’, lei era diversa, c’erano così tante cose che per lei significavano molto: essere all’altezza di sua madre, ad esempio. Non le somigliava, ma sarebbe stata altrettanto magnifica. Le importava dei suoi voti. Troppa gente già si permetteva di dire che era un’oca senza cervello e lei non intendeva tollerarlo. E ovviamente i suoi amici erano importanti, insieme alle cose che amavano.
Mentre Euriale e Madeline continuavano a discutere del passato di Piton, lei si ritrovò di nuovo a pensare al quidditch e alla prima partita che Liam avrebbe effettivamente giocato.

Con l’avvicinarsi del weekend e del match Serpeverde-Tassorosso, Liam riprese ad essere nervoso e irritabile. Si sentiva chiudere lo stomaco al pensiero di giocare male o fare qualche stupidaggine che l’avrebbe umiliato di fronte all’intera scuola, ma allo stesso tempo era furioso con Plimmswood e il capitano Bretcher.
“Hanno deciso che i tre nuovi cacciatori debutteranno tutti assieme nella prossima partita,” spiegò insoddisfatto agli altri, “perché secondo loro non è una partita importante! Dato che abbiamo già un enorme vantaggio di punti sugli altri, dopo la partita con Grifondoro, anche se segneremo poco non sarà un gran danno.” Punzecchiò la pergamena del suo compito di Astronomia.
“Be’, non dovrebbe essere un sollievo?” obbiettò Euriale. “Ci sono meno rischi e meno aspettative, così.”
“Sì, ma non è un grande incoraggiamento,” intervenne Will con una smorfia.
Capiva perfettamente il disappunto dell’amico, anche se al suo posto non se la sarebbe presa più di tanto.
“Almeno non è arrivato a dire che potreste pure perdere,” disse Isabel.
Liam la guardò con tanto d’occhi: “Il capitano non concepisce neppure il pensiero, che possiamo perdere!”
Euriale alzò gli occhi al cielo: “Allora fate vedere al capitano che cosa sapete fare! Stracciate i Tassorosso!”
“Non sarà un gioco da ragazzi, i Tassorosso hanno un buon cercatore,” intervenne Madeline.
“Piantala di trafiggere il tuo compito, Liam!” lo riprese Isabel. Poi gli sorrise: “Andrai benissimo!”
Liam arrossì un poco.
Il giorno della partita, Will era nervoso quasi quanto Liam, che era già sceso al campo con la squadra. Continuava a ripetere alle ragazze di sbrigarsi e ad accelerare il passo mentre attraversavano il parco, e andò molto vicino a farsi mandare al diavolo.
“William, per favore, datti una calmata,” disse Euriale, una volta sulle gradinate.
“Lo so, lo so, scusa! È che oggi deve andare bene,” le rispose Will, febbrile.  
Euriale lo lasciò perdere, concentrandosi su Isabel, il cui interesse per il quidditch era come al solito utilitaristico: le vittorie servivano solo per conquistare punti per loro Casa; oggi, una buona partita avrebbe conquistato a Liam un po’ di gloria.
“Dobbiamo sostenerlo,” disse agli altri. “Se gioca bene e segna, facciamo casino. Ma se le cose vanno male, cerchiamo di non attirare troppo l’attenzione su di lui.”
Will si illuminò: “Ho un’idea!”
Si consultò con Madeline su un incantesimo, poi tutti si apprestarono a seguire l’incontro.
Forse Serpeverde era un poco al di sotto della media punti abituale, ma la partita era certamente andata bene. I battitori e il portiere sembravano aver eretto un muro davanti alla porta verde-argento per aiutare i cacciatori a conquistare la pluffa. Concentrati solo sul prendere la palla e segnare, Liam e i suoi due compagni avevano realizzato 70 punti, prima che Higgs conquistasse il boccino. Il cercatore Tassorosso, Carlton, era certamente bravo, ma non aveva tutta l’esperienza del suo avversario.
Madeline, Isabel, Euriale e Will non avevano smesso un attimo di fare il tifo guardando il loro amico scagliarsi come una furia all’inseguimento della pluffa. Dopo la sua prima rete, mentre gli studenti esultavano, Will era schizzato in piedi sparando dalla sua bacchetta un nastro verde che componeva la scritta ‘War01’. Qualcuno lo imitò, dopo le reti successive.
“Guardalo, il capitano deve proprio averlo fatto arrabbiare!” commentò Isabel con Euriale, mentre Liam volava con lo stesso accanimento di quando aveva affrontato le selezioni.
Quando la partita finì, Will e le ragazze scrissero di nuovo ‘Warrington’ in cielo, anche se il loro nastro venne divorato dal serpente di fumo evocato da uno studente del quinto anno.
Will realizzò con un po’ di rammarico che non avrebbe potuto festeggiare la vittoria come al solito col suo migliore amico: la squadra festeggiava sempre per conto suo, prima di lasciarsi portare in trionfo dai compagni.
“Mi sa che non rivedremo Liam fino a stasera,” buttò lì.
Incrociò lo sguardo di Euriale e fece una smorfia, come a dire che non aveva importanza. In fin dei conti era più che felice per Liam. E c’era sempre Madeline con cui analizzare la partita.
   
 
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