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Autore: Emily Doe    17/04/2005    28 recensioni
I tempi di Hogwarts per i nostri eroi sono terminati, la guerra infuria ed un particolare incontro tra Hermione e qualcuno che non vedeva da molto, molto tempo, potrebbe cambiare le sorti di tutti. Perché nessuno ha mai capito... e non potrà mai esserci qualcosa di più difficile.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
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Capitolo 9° “Prendimi per mano”

Well, I'd jump at the chance,
We'd drink and we'd dance
And I'd listen close to your every word


Non sarebbe stato il freddo agghiacciante di quella mattina uggiosa – fitte nubi nere, tipiche di quella zona dell’Inghilterra, avevano presto detronizzato il sole e quel tenue, quasi inesistente calore che aveva diffuso nell’aria -, non sarebbe stato il fatto di essersi ricordata di essere in camicia da notte, con la sola compagnia di un semplice giubbotto, inadatto a quelle condizioni atmosferiche, non sarebbe stata neppure la consapevolezza di essere sola a correre per i vicoli del quartiere accanto all’ospedale in cui si era svegliata, non sarebbe stata tanto meno la penombra soffocante a cancellarle o semplicemente attenuarle quel pensiero nella mente. Era ancora molto presto, i negozi erano ancora quasi tutti chiusi ed il buio della notte lasciava le sue tracce in quella stessa penombra – che regnava grazie alla presenza di nuvole nere, cariche sicuramente di pioggia, neve o qualche altra cosa decisamente poco piacevole -, ma non si sarebbe fermata. Nonostante non vedesse ancora tutto chiaro – anzi -, nonostante sentisse crescere nella parte razionale della sua anima quella tanto odiata sensazione di paura - paura nei confronti di qualcosa di sconosciuto: quei sentimenti che riuscivano a governarla, la perdita quasi totale della capacità di agire razionalmente -, nonostante si sentisse anche tremendamente in colpa nei confronti dei suoi due migliori amici – probabilmente, pensò con ansia e dispiacere, a quell’ora Harry e Ron erano già giunti al quartier generale e stavano per iniziare a rastrellare, perlustrare, setacciare ogni singolo angolo della città e, se necessario, anche dell’intero stato, alla ricerca di Draco Malfoy – non poteva tornare sui propri passi. Eppure questa volta c’era qualcosa di diverso… qualcosa di curiosamente – e fastidiosamente, nell’ottica di Hermione – differente che la gettava in uno stato in cui si trovava a navigare nei sensi di colpa: questa volta non era il suo corpo a non voler rispondere. No, questa volta, la prima in assoluto, in tutta la sua vita, Hermione era conscia di star agendo in tale modo e, nonostante sapesse benissimo anche che non sarebbe in ogni caso riuscita a fermarsi, non aveva intenzione di non farlo.
So di non poter fare una cosa del genere a Harry e… e Ron…
Il suo cuore fece un salto, Hermione attribuì erroneamente tale singolare reazione alla fatica per la corsa. Fortunatamente si sentiva alquanto rinvigorita grazie all’incantesimo di Malfoy.
… però non posso neppure permettere che lo prendano.
Al solo pensarci le sembrava quasi di sentirsi addosso quegli occhi di ghiaccio, capaci, tuttavia, di sciogliersi e di far sciogliere in pochi, pochissimi istanti. Istanti nei quali Hermione si era sentita diversa.
So già cosa ne farebbero, e non voglio.

Istanti in cui Hermione Granger si era sentita osservata nel senso fisico e metafisico del termine. Osservare non vuol dire semplicemente guardare distrattamente la figura di una persona, gettare un’occhiata frettolosa al suo viso, alle sue gambe o al fondo schiena… osservare significava fare attenzione. Osservare significava annullare il mondo esterno e concentrare la propria attenzione sulla persona in questione, cercando di capirla, cercando di aiutarla; osservare voleva dire vedere con gli occhi del cuore l’anima di tale persona.
Non posso lasciare che subisca un’altra volta quel trattamento.
E lui… lui. Lui sì che l’aveva osservata. Non aveva solamente tentato di farlo, ci era proprio riuscito. E con eccezionale facilità, destando grande sorpresa e, sì, confusione nell’animo della ragazza.
Io finalmente ero riuscita a capirlo… finalmente ero quasi riuscita a capirlo…
Lui l’aveva ascoltata, aveva ascoltato con attenzione, quasi sentimento – anzi, sicuramente sentimento: si vedeva dalla lucente emozione che vibrava nei suoi occhi; per Hermione era facile ricordare… come avrebbe potuto dimenticare quegli occhi? -, aveva voluto aiutarla, aveva intuito, senza bisogno di parole, che aveva bisogno d’aiuto. Ed aveva cominciato – anche se solo remotamente – ad aprirsi un poco.
Quel bacio…
Scosse la testa, sempre correndo: non poteva mettersi a pensare alle sue labbra dolci ma decise, delicate ma sicure. Così tremendamente forti, confortanti e misteriose, capaci di gettarti in una marea, in una tempesta senza fine in cui, al posto delle onde, del vento, sono le tue emozioni a sballottarti a destra e manca, a sferzarti il viso costringendoti a socchiudere gli occhi, a pervadere ogni tuo senso di lui. Sentiva il suo odore, poteva ancora sentirlo, quasi come ogni singolo capello, ogni fibra di sé ne fosse rimasta impregnata, conosceva il suo sapore – anche se il bacio era stato così innocente e delicato -, avrebbe saputo riconoscere tra mille il singolare tono della sua voce, il suo profondo e caldo timbro vocale, la capacità di quella voce vellutata di assumere una gamma di sfumature dall’ampiezza sempre sorprendente ed incalcolabile, poteva vederlo: lo vedeva ovunque ed in qualsiasi momento, le bastava chiudere gli occhi per trovarsi a rimirare – ignobilmente, a suo avviso – i suoi fini, lisci capelli biondi dal pallore lunare, per trovarsi a scorrere dolcemente lungo ogni tratto del suo viso leggermente appuntito ma per lei – da quando aveva cominciato a pensarla così? - bellissimo, per trovarsi a scivolare languidamente lungo l’osso della sua mandibola per poi risalire dolcemente su sul suo zigomo delicato ed il suo naso perfetto, di lì fare una piccola, candida scalata fino all’attaccatura delle sopracciglia, chiare e fine, alla sua fronte spaziosa, ma non troppo… a dire il vero non aveva bisogno di chiudere gli occhi per vederlo: sembrava quasi che nella retina dei suoi occhi – sì, proprio lì dove si materializza l’immagine che si sta osservando – si fosse impressa indelebilmente, marchiata a fuoco la sua figura. A voler essere totalmente sinceri, poi, la cosa che maggiormente imbarazzava ed infastidiva la ragazza era l’insistente ricordo di Draco Malfoy a torso nudo che continuava a tornarle alla memoria ogni volta che ricordava il suo tocco delicato, signorile, ma sempre incredibilmente fermo, irremovibile – era singolarmente affascinante come cose così diverse potessero convivere in lui -, al tocco delle sue mani, al tocco delle sue labbra… il suo tocco? Aveva già citato mentalmente olfatto, gusto, udito e vista. Cosa mancava? Oh.
Oh.
Il tatto. Non si poneva neppure il problema di poter o non poter dimenticare il suo tocco. Quelle mani avevano bruciato attraverso le vesti come un nuovo sentimento, sconvolgente proprio perché sconosciuto, poi avevano rinfrescato, nell’istante subito successivo, la sua pelle delicata e disabituata a tale sensazioni. Dimenticare? Impossibile. Cicatrici. Il suo tocco lasciava cicatrici invisibili ma sensibili, aveva lasciato su di Hermione qualcosa che se ad occhio nudo non si vedeva, nel cuore di Hermione bruciava costantemente creando un tepore confortante e rassicurante in ogni sua misera cellula.
I-io…
Hermione Granger aveva avuto paura, aveva avuto timore. A diciannove anni, Hermione Granger si era lasciata travolgere, sommergere, sconvolgere e riempire troppo rapidamente da sentimenti, sensazioni, intuizioni così forti e così intense da rimanerne inevitabilmente scioccata. Inutile negare che non lo fosse: il bacio della sera prima sembrava molto più che un ricordo e lei era ancora disorientata, ma quel qualcosa di diverso la spingeva ad ignorare questo disorientamento seguendo l’istinto, la richiesta che pulsava con violenza nelle sue vene, scorreva rapidamente assieme al suo sangue, assieme al suo ossigeno, raggiungeva ogni fibra del suo corpo e sembrava esser divenuto il suo chiodo fisso: raggiungerlo. Trovarlo, aiutarlo.
Se solo si ripetesse qualcosa come quelle avvenute a Hogwarts…
Essere lì con lui, anche nell’amara consapevolezza di essere inutile.
… se solo si ripetesse ancora tutto, come sempre è stato…
Riuscire a fargli capire che c’è sempre qualcuno.
… si perderebbe per sempre.
Che anche se non sembra, anche se tutto appare irrimediabilmente oscuro e schiacciante, anche se tutti sembrano contro di te, anche quando vorresti semplicemente chiudere gli occhi e non riaprirli, dormire un unico sonno, più lungo del solito, più lungo degli altri… qualcuno c’è sempre.
Nei suoi occhi… nei suoi occhi quell’ultima volta sono sicura di aver visto qualcosa di diverso.
Qualcuno che sappia tenderti una mano mentre tu, pressappoco agonizzante nella tua disperazione, giaci raggomitolato in un angolo buio, sporco ed umido, pieno di lividi, graffi, ferite della vita, di gente che non ha saputo apprezzarti, di persone che non hanno saputo riconoscere ciò che sei, di falsi amici di cui ricorderai solo il loro averti sfruttato fino a spolparti di ogni energia, di ogni buona intenzione, di gente, di tanta, tanta gente – perché la gente così non finisce mai. Come l’erba cattiva, anzi, peggio. – che ti ha nauseato al punto da privarti di ogni sentimento, di ogni fiducia e lasciarti arido. Arido e sofferente. Arido, sofferente e soddisfatto. E con quelle altre ferite che tu stesso ti sei inflitto.
Le sue parole… ‘Questa volta no. Questa volta si tratta di un favore. Niente brutti sogni questa notte, promesso’ le sue parole, io ne sono certa… come i suoi occhi… come il suo sguardo…
Anche se non sembra c’è sempre qualcuno disposto ad afferrare la tua mano, qualsiasi cosa ne derivi. C’è sempre qualcuno disposto a lavarti via la sporcizia che questo mondo ti ha gettato addosso – e che sempre, immancabilmente, ti sei gettato addosso da solo. E non vorrà per forza che tu lo ricambi.
… esprimevano qualcosa che si avvicinava sorprendentemente ad un ringraziamento.
La giovane irruppe nella strada principale e si guardò rapidamente attorno; il vento si stava alzando e le sferzava le gambe nude dal ginocchio in giù, gonfiando morbidamente la sua camicia da notte. Nessuno in vista.
‘Stai attenta, Granger, perché potrebbe anche piacerti’.
Potrebbe anche piacerti.
Hermione adocchiò la via a lei più congeniale ed utile per raggiungere un certo determinato luogo. Non sapeva perché, né come, eppure stava correndo verso un luogo preciso. Qualcosa dentro la sua testa, come un pizzico stimolante e sempre presente, senza parole, in una muta ma straordinariamente forte consapevolezza, la guidava.
Potrebbe anche piacermi.
Le scarpe da ginnastica producevano un rumore gommato ed attutito sull’asfalto scuro della strada. Non poteva neppure utilizzare incantesimi perché la sua bacchetta magica era rimasta nella casa che divideva con Ron, Harry e Ginny fin dalla sera precedente, quando era fuggita dopo la lite con Ron.
Io ho tentato. Ho provato a dirmi che no, non poteva essere… eppure non ci sono riuscita.
Le doleva solo un pochino il fianco sinistro, fortunatamente era ben allenata.
Aveva ragione lui. Non sono riuscita ad impedirlo. È vero che non sono riuscita a capire veramente, come ancora non ci riesco ora, però…
Oltre l’alto scivolo di un parco divertimenti per bimbi, vide le chiome degli alberi del parco, ora grigie per l’ottenebrante assenza di luce. Lì. Lei doveva andare lì.
… però non sono riuscita neppure ad impedirlo. Non sono riuscita a governare questa situazione.
Arrivata di fronte al sentiero principale del parco lanciò una rapida occhiata alla panchina appena dentro il viale alberato, lì dove spesso si era seduta con Ron a chiacchierare e bisticciare attendendo che Harry li raggiungesse. Sentì una morsa ferrea allo stomaco, ma distolse lo sguardo.
Quel ringraziamento era anche in quel bacio. Non posso distruggere così il sottile e precario strato di fiducia che è riuscito ad accettare con tanta, tanta fatica.
Quello era stato un vero bacio, sì. Ma per lui… per lui cosa aveva significato?
Una rapida successione di flash: i suoi occhi grigi, i suoi sguardi, il suo respiro caldo sul viso, le sue parole, i suoi piccoli ed eleganti gesti, il suo profumo naturale, il suo tocco rovente, la sua voce vibrante, carica d’emozione. Il suo sapore… il suo sapore.
La ragazza strinse i pugni, deglutendo.
“Non posso tornare indietro.”
Lanciandosi di nuovo in una folle corsa, producendo il ritmato rumore dei passi veloci sulla ghiaia del vialetto, un pensiero le saettò nella mente: poco prima di perdere conoscenza, giusto pochissimi istanti prima di assopirsi sentendosi dolcemente protetta, delicatamente sicura, le era parso di sentire la sua voce sussurrare qualcosa. Ma proprio non aveva capito cosa.
‘Chi deve stare attento sono io. Perché tutto questo potrebbe anche piacermi.’
Nella confusione totale – quel bacio… cosa aveva significato per entrambi? I loro discorsi? Le loro parole? Cos’era quella sensazione? Perché aveva voluto trovarlo anche poco prima del bacio, perché aveva sentito il desiderio enigmatico di averlo accanto a sé? – sfrecciò lungo un vialetto secondario.
Chi deve stare attento sono io. Perché tutto questo potrebbe anche piacermi.
Raggiunse il piccolo spiazzo che conosceva fin troppo bene, l’albero lì dietro era sempre allo stesso posto, l’odore di natura era lo stesso.
Perché tutto questo potrebbe anche piacermi.
Non aveva più fiato in corpo, non ragionava ormai lucidamente – come già da un po’ non riusciva a fare -, per questo le uscì di bocca fu un semplice sussurro attutito dal vento.
Tutto questo…
“Draco…”
Per la prima volta in vita sua si era rivolto direttamente a lui chiamandolo per nome. Per la prima volta aveva pronunciato il suo vero nome ad alta voce. Sorrise appena, sentendosi immensamente sciocca mentre gli occhi le si facevano leggermente lucidi alla rassicurante vista di un ragazzo dagli occhi sorprendenti che si voltava,con espressione indecifrabile, verso di lei.
“Tu…?”
… potrebbe decisamente piacermi.
Immobile per qualche secondo, Hermione rimase con lo sguardo fisso in quello del giovane.
Certo non era nelle migliori condizioni, ma era ancora sano e salvo. Era arrivata per prima.
Arrivata per prima nel luogo in cui si erano incontrati veramente – perché in tutti quegli anni a Hogwarts non si erano mai veramente incontrati – per la prima volta.
Nel luogo in cui lei aveva cominciato a capire.
Nel luogo in cui lui aveva iniziato a vedere un barlume di luce in lontananza, anche se piccolo, anche se tremolante, anche se incerto, insicuro almeno quanto lui, ma pur sempre un barlume di quella che, lo sapeva, sarebbe stata una luce splendida, luminosa e purissima.
Draco fece un mezzo passo verso di lei, interdetto, ma Hermione perse il controllo delle gambe e si ritrovò a corrergli incontro.
Stai attenta perché potrebbe anche piacerti.
Senza respiro, senza più nulla in corpo o in testa gli afferrò una mano stringendola convulsamente con le sue, più piccole, poggiandoci contro la fronte accaldata per la folle corsa. Il ragazzo osservò la sua figura rabbrividire nel vento e tremare, forse non solo per il freddo, ma anche per quell’insieme di sensazioni sconvolgenti che li animava entrambi.
“Granger,” mormorò, utilizzando l’altra mano per sollevarle delicatamente il viso, poggiandogliela dolcemente sotto il mento.
Tutto questo potrebbe anche piacermi.
Respingendo a fatica l’impulso di abbandonarsi tra quelle braccia così forti e sicure nonostante l’aspetto di un diciannovenne nella norma, la ragazza alzò nuovamente lo sguardo verso di lui.
Che - i suoi occhi tempestosi sembravano assumere ora una nuova espressione, Draco Malfoy stava mostrando un’altra delle sue mille e mille sfaccettature, fragili e forti al tempo stesso – le sorrise con dolcezza. Con una dolcezza che Hermione non avrebbe mai associato a lui e che probabilmente lui stesso non sapeva di possedere e sfoggiava solo in alcune circostanze. Il troppo stroppia, ma quel dolce sorriso, come quel bacio, era dimostrazione di… fiducia.
Non voglio che tu ti perda.

Solo il rumore del vento.
Non lo voglio più, non voglio che ogni luce sia spenta, come avevo voluto qualche settimana fa.
Non voglio perdermi, non più.

Per la prima volta, senza alcuna remora, dopo tanto tempo, sorrideva dolcemente e sinceramente a qualcuno. Finalmente. Finalmente riusciva nuovamente a farlo. Anche se non avrebbe mai dovuto. Non avrebbe dovuto perché non poteva permetterselo: non poteva permettersi ancora di amare né, tanto meno, di perdere la persona amata… non poteva permettersi una seconda volta questo tragico errore, non poteva permettere che a causa sua qualcuno da lui amato soffrisse ancora.
… amato…
Anche se non voglio rischiare di costituire un pericolo per te…
Ancora solo il fruscio del vento tra le fronde degli alberi.
… anche se non voglio rischiare di farti del male, non riesco ad impedirlo.
Draco Malfoy le stava sorridendo. E dolcemente.
Potrebbe anche piacermi.

And I'd listen close to your every word


*** *** ***

Well, I'd jump at the chance,
We'd drink and we'd dance
And I'd listen close to your every word


Poggiando i piedi sulle mattonelle azzurre del pavimento, si concesse una smorfia dovuta al brivido che le aveva attraversato il corpo. Istintivamente ritirò le gambe e si infilò in fretta e furia di nuovo sotto le calde coperte, fissando svogliata la distanza che la separava dalla porta della sua stanza. Storse ancora il naso pensando che non avrebbe potuto trascorrere l’intera mattinata lì sopra, si passò i lisci capelli rossi dietro le orecchie e, scostando di scatto le coperte, scese dal letto procedendo con passi piccoli e velocissimi fino alla meta, dove poté finalmente infilarsi in quello che era un paio di calde, morbide e confortevoli pantofole. Da ferma si rese conto di non possedere un equilibrio sicuro: le gambe ancora doloranti tremavano leggermente sotto il suo comunque modesto peso. La ragazza si incupì a quel pensiero: cos’aveva significato quel sogno? E perché aveva sognato proprio quella cosa? Andando ad intuito ricollegava il tutto, stranamente, a quelle singolari percezioni che solo lei sembrava avere in determinate situazioni, proprio come quando, la sera prima, aveva incontrato… già, chi aveva incontrato? Ricordava perfettamente di essersi spaventata ed essere stata colta di sorpresa da qualcuno, ma… di chi si trattava? Hermione? No. No, Hermione era una parte del ricordo, ma non quella. Poteva ancora sentire nella testa quel pizzico, quello scatto, quel qualcosa che le aveva fatto capire di non essere sola, che le aveva fatto scoprire la presenza di qualcun altro. Le era capitato molto spesso, da una certa età in poi; forse dai suoi undici, dodici anni. Le era spesso capitato di percepire presenze singolari.
Ne dovrei parlare con Harry…
Harry. Solamente il suo pensiero riuscì a strapparle un dolce sorriso: Harry era rimasto a vegliare su di lei fino a quando non aveva ripreso conoscenza; Harry le aveva sorriso, le aveva poggiato un lieve bacio sulla fronte, dolce, sincero, puro.

Well, I’d jump at the chance,
We’d drink and we’d dance


Lei l’aveva abbracciato. Ancora non si capacitava di come fosse riuscita a farlo, quando in tanti anni davanti a lui si era sempre trasformata in un’imbranata timidissima e decisamente molto, molto impacciata. Con un altro sorriso, si rese conto del fatto che fosse arrivato il momento giusto.
Forse è arrivato il momento in cui saprò dirti quelle parole… le parole che finora non ho saputo dirti.

And I’d listened close to your every word


Sentendosi carica di energie positive, decise di farsi forza e scacciare l’ansia, il timore: finché ci fosse stato Harry accanto a lei, non avrebbe dovuto aver paura. Finché ci fossero stati Harry, Ron e Hermione, sarebbe sempre riuscita a farsi forza ed a controbattere qualsiasi colpo della vita, anche incassando, anche soffrendo, ma pur sempre riuscendo a controbattere. Trasse un concentratissimo respiro ed aprì delicatamente la porta della stanza in cui era stata sistemata.
Dove sarà finito Harry? Devo parlargli di questa cosa particolare, è stato lui stesso a raccomandarsi: ‘Fammi sapere qualsiasi cosa. Qualsiasi cosa. Qualunque cosa ti sia sembrata anormale, particolare o semplicemente solo leggermente fuori dagli schemi. Ginny, è importantissimo.’. Chissà perché? Non ha voluto dirmelo… saranno affari interni all’esercito degli Auror, ma sono convinta che mi spiegherà tutto.
Il corridoio era vuoto e la ragazza procedette lentamente, sempre usufruendo dell’appoggio che le forniva la parete alla sua destra, fino a raggiungere il banco informazioni. L’infermiera la osservò distrattamente per poi riprendere a leggere con attenzione la cartella medica di chissà quale paziente, pochi secondi dopo però, con un repentino scatto del capo, tornò a fissarla sgranando i grandi occhi blu, per una metà sorpresa, per l’altra incredula.
“Cosa ci fai tu in piedi?”
Ginny si staccò dal muro, le gambe le tremavano ancora un po’, ma non l’avrebbe dato a vedere.
“Non dovresti essere qui! Su, torniamo in camera!”
L’infermiera le prese gentilmente un gomito e, cingendole con un braccio le spalle, cominciò a sospingerla con delicatezza nella direzione inversa, nuovamente verso la sua bianca stanza.
“Mi scusi... ha visto un ragazzo dai capelli scuri e gli occhiali?” domandò la paziente voltandosi come aspettandosi di vederlo fare capolino da dietro l’angolo del corridoio lì in fondo.
“Oh, quel bel ragazzo dagli occhi verdi?” fece la donna in risposta, sorridendo allegramente. “Sì, certo. È rimasto accanto a te fino ad una ventina di minuti fa quando ha ricevuto una chiamata urgente ed è dovuto scappare via di corsa, assieme ad un ragazzo che ti somiglia molto: ha i tuoi stessi capelli rossi e lineamenti simili… s iete fratelli?”
Ron? Cosa ci faceva Ron qui?
In un flash rivide una bacchetta puntata contro la sua fronte, e le sembrò di sentire delle grida. Harry con la bacchetta fumante in mano, il suo aggressore scaraventato più in là, Ron poco più indietro che digrignava i denti, furibondo.
Certo! C’erano Harry e Ron. Ma chi era l’aggressore? E Hermione che ruolo ha avuto in tutto questo? Perché non riesco a ricordare, diamine?
“S-sì,” rispose brevemente, lasciandosi spingere nuovamente a letto.
“Comunque sia, il ragazzo dagli occhi verdi mi ha detto di dirti che sarebbe tornato presto e che gli dispiaceva non poter essere presente al tuo risveglio, come ti aveva promesso.”
Ginny arrossì furiosamente ricordando le parole che Harry le aveva bisbigliato all’orecchio prima che lei si addormentasse:
“Harry, ho paura. Ho paura che dormendo potrei finire nuovamente in… in…” gli aveva parlato del sogno, ed il ragazzo era stato così serio da farla preoccupare seriamente: cosa stava succedendo?
“Non aver paura, io sono qui. Ci sarò sempre. Quando aprirai gli occhi, ci sarò io con te.” e le aveva sfiorato una guancia con il dorso della mano, lasciandole addosso una sensazione di freschezza e delicatezza.

“Trovo che sia una bellissima cosa vedere due fidanzatini così affiatati!” proseguì gioviale l’infermiera, aprendo di poco un’anta della finestra per far prendere aria alla stanza.
Ginny s’infiammò ancor di più in viso, se possibile.
“Ah? N-no, noi…” mormorò, interiormente divertita.
“Oh!” esclamò la donna improvvisamente, sbirciando il proprio orologio. “Come passa il tempo! È ora di controllare la paziente della stanza qui accanto.”
Ginny era ancora con la testa fra le nuvole, dando sfoggio di un sorriso estasiato al pensiero ‘Harry & Ginny = fidanzati’, quando le parole della spensierata infermiera la fecero destare dal sogno ad occhi aperti.
“A proposito, conosci anche lei? Tuo fratello ed il tuo ragazzo sono passati anche in camera sua, sembravano ottimi amici. Dicono sia stata aggredita dallo stesso Mangiamorte che se l’è presa anche con te… povere piccole, fortunatamente non vi è successo nulla di così grave…”
Hermione?!
La giovane avvertì una morsa allo stomaco e sgranò gli occhi: Hermione era in ospedale? Cosa poteva esserle successo?!
Un grido fece sussultare entrambe.
“La paziente della stanza quattordici è sparita!”
Un fascio di luce che solo lei poté vedere: lo stesso aggressore… una strada fiocamente illuminata dalla luce dei radi lampioni, un muro freddo dietro il quale si era nascosta… Hermione poco più in là. Non era sola. Assieme a lei un giovane smagrito, capelli fini e biondissimi, occhi di ghiaccio e lineamenti vagamente appuntiti. Quegli occhi… il timore che sapevano incutere… poteva trattarsi solo di una persona, solo di lui…
Draco Malfoy!
Hermione Granger e Draco Malfoy.
Non… non è possibile. Ora ricordo…!
Hermione Granger e Draco Malfoy. E ciò che mai si sarebbe aspettata da loro due.
Un bacio.
Hermione Granger, Draco Malfoy ed un bacio.

*** *** ***

Well, I’d jump at the chance

“Ron… Ron?” si sentì scuotere con energia. “Ron!”
“E-eh??”
Il suo migliore amico, con addosso l’uniforme mimetica che utilizzavano durante le spedizioni come Auror di livello avanzato – quello che poi erano –, lo stava squadrando con cipiglio e le labbra piegate in una strana angolatura.
“Cos’è quella smorfia, Harry?” brontolò cupamente Ron, infilandosi uno stivale ed allacciandolo rapidamente.
Il ragazzo moro distolse per un secondo lo sguardo controllando che le reclute si stessero sbrigando – inutile dire che erano già tutte pronte, perfette - e notando che la prima faglia era già pronta per uscire in missione. Da quando era stato eletto capitano dello squadrone di difesa doveva fare molta attenzione ai propri subordinati. Un capitano così giovane non era stato mai visto. Poco dopo di lui, Ron era stato promosso al grado di co-capitano dello squadrone di attacco – che utilizzava anche e soprattutto la forza fisica per controbattere gli attacchi dei Mangiamorte e dei nemici. Ancora una volta Harry era stato migliore di lui, si era detto all’inizio. Ma poi aveva finito per non farci più caso: quando si è abituati ad una situazione da otto lunghi, interminabili anni, si finisce per farci – per così dire – il callo, volenti o nolenti. In più, quello di Ronald Weasley era un sentimento contrastante: era ovviamente e sinceramente molto legato a Harry, il suo migliore amico da tempo immemorabile, eppure non riusciva ad accettare il fatto di essere sempre e solo il suo migliore amico. A Hogwarts era stato ‘il cagnolino di Potter’, del grande, grandissimo, super Harry Potter. No, dire che non riuscisse ad accettarlo sarebbe eludere gran parte della verità: Ron lo accettava come lo aveva sempre accettato, anche molto passivamente – quando avrebbe dovuto semplicemente, come diceva sempre la saggia e razionale Hermione, pensare un po’ meno a Harry e concentrarsi interamente sulle proprie capacità, perché lui non era da meno del grande Harry, solo che non lo ammetteva. Per insicurezza. -, ma ci stava male, male da cani. Il ragazzo dai capelli rossi alzò mestamente lo sguardo – seguendo quello dell’amico - verso quelli che erano i suoi diretti subordinati: stavano ancora parlottando emozionati per la loro prima spedizione, molti erano anche più grandi di lui dal punto di vista anagrafico. Poggiando i gomiti sulle cosce mentre si infilava i guanti della divisa, disse:
“Squadrone, sull’attenti!” si udì un confuso rumore di panche di legno che si spostano e di decine di piedi muoversi, con un rumore stridente e gommato, sulle piastrelle del pavimento: ora erano tutti sull’attenti, fissandosi emozionati e perplessi. “Cosa pensate di fare standovene lì a cincischiare come ragazzine nel pieno di un’adolescenziale cotta impossibile?” sbottò alzandosi in piedi, dando sfoggio del suo fisico slanciato, saldamente piantato a terra. “Avanti, darsi una mossa! Non siamo qui per divertirci, chiaro? Il nemico non starà lì a partecipare alla vostra emozione infantile quando sarete faccia a faccia!”
“Signorsì, capitano!” esclamarono all’unisono decine di voci maschili – le donne si cambiavamo, come è logico che sia, nello spogliatoio accanto.
Improvvisamente tutti velocizzarono i tempi, i gesti, i movimenti. Ron lanciò un’occhiata da sopra la spalla sinistra a Harry, dietro di lui.
“Adesso va bene?” domandò con strafottenza.
“Molto meglio, capitano Weasley.”
“Co-capitano.” lo corresse Ron, scansando un ragazzo per raggiungere qualcosa sull’attaccapanni.
Harry sorrise scuotendo il capo.
“Oggi l’altro capitano non c’è, ergo sei tu l’unico capitano della missione di attacco.”
“Sentito, soldati? Oggi si sgobba!” esclamò scherzosamente Ron, suscitando sorrisi a destra e manca.
Il suo migliore amico gli rifilò uno scappellotto, poi uscì per andare a ricevere ordini.
Ron passò davanti ad uno specchio ed osservò di sfuggita la propria immagine riflessa: da quant’era che il suo camminare con lo sguardo basso era stato sostituito con una fiera camminata dal passo deciso ed intransigente, mentre dentro era più insicuro di prima? Da quanto tempo era che riusciva ad assumere un tono così deciso e sicuro quando dentro di lui regnava tutto tranne decisione e sicurezza? Da quando era che…
Inutile proseguire nella sequela di domande: avrebbero avuto tutte un’unica risposta.
Da quando mi sono ripromesso di proteggerla.
Senza dire nulla uscì dallo spogliatoio seguito dai suoi soldati, diretti verso il luogo di ritrovo dei vari squadroni.

We’d drink and we’d dance

Da quando, un anno fa, ho deciso di diventare un Auror.

Quando si mise sull’attenti con un rigido ma agile movimento, i suoi occhi erano quelli di un comandante fiero e sicuro. Sicuro di fare di tutto per proteggerla.
Da quando ho deciso di far di tutto per proteggere Hermione.

And I’d listen close to your every word

Preparati, Malfoy, perché Ron Weasley sta venendo a prenderti.

Dentro di sé aveva capito che Hermione era cambiata, stava come passando un momento di difficoltà e sebbene lui non avesse voluto impicciarsi – era giusto che Hermione combattesse da sola le proprie guerre, dopotutto sapeva di poter contare su di lui, sempre – aveva intuito che se qualcosa non fosse cambiato, l’avrebbe persa. Per sempre.

As if it’s your last, well I know it’s your last

Era una consapevolezza sbiadita, la sua, qualcosa che si può definire istinto o sesto senso ciò che lo spingeva a pensare che Draco Malfoy c’entrasse qualcosa con quel cambiamento di Hermione. Lo sentiva dentro di sé. Probabilmente Hermione avrebbe capito tale singolare sensazione: era sempre stato così. Era sempre stato come se tra loro due ci fosse stato un legame speciale, particolare, un legame fatto proprio su misura per Ron Weasley e Hermione Granger. E questo legame non poteva sbagliare, non avrebbe sbagliato come non l’aveva mai fatto. Tutti loro stavano perdendo Hermione ed in questo aveva un ruolo particolare Malfoy.
Ron stava perdendo Hermione e non poteva permettere che ciò accadesse.
Quando scesero in campo, Ron Weasley era un uomo, non più un semplice ragazzino di diciannove anni, come spesso era stato definito – anche e soprattutto dalla stessa Hermione, durante le loro liti furibonde. Ron era un uomo ed avrebbe lottato per Hermione.
Per non perderla.

Cause today, oh, you’re gone

*** *** ***

Quel sorriso.
Forse non aveva il diritto di rivolgerle tale gesto.
No. Perché non le aveva ancora detto tutta la verità.
Per paura che non potesse capire.

*** *** ***

Il vento non accennava a placarsi, non era eccezionalmente forte, ma pur sempre freddo e spiacevole sulle gambe della ragazza mentre, senza muovere un solo, singolo muscolo, senza osare interrompere quel momento di intensa felicità – dovuta neppure lei sapeva esattamente a cosa, tutto era sempre più confuso, vorticoso e lei, piccola stella nella tempesta buia e cupa, non sapeva di costituire l’unica luce, l’unica via di fuga, l’unica salvezza per quel ragazzo che ora costituiva la sua ancora: nonostante fosse lui la causa efficiente e scatenante di tutto quello sconvolgimento interiore, l’essergli vicino, il saperlo sano e salvo, il poterlo sentire e non solo percepire nei ricordi, le permetteva di non essere trascinata via da quella stessa tempesta che si permetteva l’arrogante proposito di voler stappare una piccola, insicura stella – ma lucente più che mai – al suo luogo predestinato: il cielo. Immenso come lei, immenso come i suoi sentimenti, bello e misterioso, dolce e tenebroso. Esattamente come loro due. – rimaneva con la mano del ragazzo stretta tra le sue ad osservare quel bellissimo, nuovo sorriso che aveva avuto il privilegio di veder sbocciare sul suo pallido viso. Un po’ tirato, sì, ma quello dipendeva dal fatto che non era più abituato a sorridere, non in quel modo, non veramente… quel sorriso stupefacente, capace di renderla dimentica – anche solo per poco, ma quel poco sembrava a lei un’immensa eternità – della confusione che fino a quel momento l’aveva tormentata, dei problemi che si erano andati creando, di tutto il resto. Vedeva semplicemente quel sorriso fantastico e si lasciava naufragare docilmente – senza tentare di riprendere il controllo della situazione, anche perché, lo sapeva, non ci sarebbe mai riuscita – nei suoi occhi.
Draco Malfoy.
Draco Malfoy poteva essere un’immensità, poteva racchiudere in sé, in quel corpo di diciannovenne, una varietà così contrastante di sentimenti da stupire in ogni istante. E la cosa più bella, quella che sapeva trasmettere emozioni così forti era il fatto che in lui quei sentimenti apparissero così limpidi, così puri, così forti da raggiungere l’altra persona – se dotata di una certa sensibilità, se poteva vantarsi di aver creato un certo feeling con lui – e lasciarla spiazzata: migliaia di schegge di sentimenti differenti si mischiavano in quegli occhi, in quella voce, in quella postura, giungendo proprio al cuore di Hermione – forse l’unica capace di notare tutto questo, gli altri si limitavano a bollarlo come ‘individuo inquietante e pericoloso’ - quasi violentemente – non aveva mai creduto, prima d’allora, che qualcuno potesse provare e trasmettere emozioni così forti, così assolute – tanto che a fatica Hermione seppe trattenersi dal compiere l’istintivo gesto di aggrapparsi al braccio di lui, avendo quasi la sensazione di vacillare, attorniata e poi colpita da quelle schegge di puro cristallo. Che potevano appartenere solamente a lui.
Probabilmente erano passati solo pochi secondi – che ai due naufraghi (che fossero ancora o stella continuavano pur sempre a naufragare l’uno nell’altro) sembrarono una splendida vita –, quando la voce di lui ruppe il silenzio quasi rarefatto per la presenza di emozioni talmente forti.
“Granger,” la sua voce profonda, il suo tono enigmatico. “perché sei qui?”
La ragazza credette che potesse udire il furioso battere del suo cuore nel petto.
“Tu non lo sapevi, vero?” disse improvvisamente, con un fil di voce.
Il giovane alzò leggermente un raffinato sopracciglio biondo.
“Non sapevi che attaccando Ginny sarebbe accaduto tutto quello, vero? Dimmi che è così, ti prego!”
Draco rimase immobile.
“Non l’ho attaccata, per prima cosa. Era un semplice incantesimo di memoria. E poi… cosa le sarebbe accaduto?”
Fu sorpreso nel vedere Hermione sorridere felice e, lasciando la sua mano, passarsi le dita sotto gli occhi, asciugando qualche lacrima.
“Lo sapevo… lo sapevo.”
“Devo ammettere che mi è tutto molto chiaro.” disse lentamente lui, con la sua solita vena di pungente sarcasmo, osservandola però sorridendo, felice che anche lei riuscisse finalmente a sorridere. “La tua capacità di spiegazione, Granger, è a dir poco entusiasmante.”
Il sorriso si spense lentamente sul viso di Hermione che, rinnovando la stretta sulla sua mano, lo guardò piena di ansia e paura.
“Devi scappare. Devi scappare, via, lontano! Non devono trovarti!”
“Chi?” gli occhi di Draco rabbuiati.
Lo sguardo di lei trasmise una sensazione di pura fiducia.
“A te posso dirlo.” a quelle parole Draco si limitò a ricambiare quello sguardo, perfettamente conscio del fatto che non servissero parole: gratitudine. Qualcuno si fidava di lui. Quanto era stata capace di fare Hermione Granger… aveva saputo accendere una candela, una piccola luce ed ora stava riuscendo, poco a poco, a restituirgli un briciolo di calore. “Ieri sera io e Ginny siamo state portate in un ospedale. Harry e Ron mi hanno detto solo ora che Ginny è in pericolo: Voldemort la sta cercando per giungere a Harry. Come sai, Harry è riuscito varie volte scamparla con lui per vari motivi che non perdo tempo a spiegarti, ma… è stato scoperto che dopo essere stata posseduta da Tom Riddle, al suo primo anno a Hogwarts, dentro di Ginny è rimasto qualcosa di latente che la tiene in contatto con lui. Venendo attaccata da un Mangiamorte si indebolisce, e per Voldemort è più facil…” la ragazza si interruppe portandosi una mano alla bocca.
Il ragazzo, che aveva distolto lo sguardo, sorrise mestamente fissando un punto imprecisato davanti a sé.
“Prima o poi l’avresti scoperto.” disse semplicemente, scostando la mano da quelle di Hermione.
Lei si limitava a fissarlo con occhi sbarrati e lucidi.
“Vuoi… vuoi dire che tu…”

And I’d listen close to your every word

“Vuoi la prova? Eccola.” con fare deciso e svelto scostò il mantello che svolazzò al vento e si arrotolò la manica della camicia fino alla spalla. “Mi è stato fatto due anni fa, a diciassette anni. Quando sono diventato maggiorenne.” aggiunse quasi in tono neutro, mentre al contrario, dentro di sé, si macerava dal timore che quell’unica luce si spegnesse, per sempre.

As if it’s your last, well I know it’s your last

Gli occhi castani e grandi della ragazza indugiarono sul nero tatuaggio che campeggiava sinistramente sporcando la candida pelle del braccio di Draco. Privandolo della purezza dell’innocenza.
Il tatuaggio dei Mangiamorte.

Cause today, oh, you’re gone

*** *** ***

Scivolò agilmente dietro un albero, mettendo mano alla propria bacchetta magica. Lanciò una furtiva occhiata a sinistra, intravedendo la sagoma di Ron procedere rapidamente a zig-zag attraverso i tronchi, producendo incredibilmente il minor rumore possibile; quando il ragazzo si fu fermato, si voltò verso Harry facendogli un cenno affermativo.
Harry allora puntò cautamente la bacchetta verso l’alto che, al comando di qualche sua parola ovattata, esalò una sottilissima colonna di fumo nero. Il segnale: erano sulla pista giusta.
È proprio in questo parco che l’ho visto per la prima volta, con Hermione.
Ron scosse il capo freneticamente concentrando di nuovo ogni suo senso sulla sua missione.
E bisogna dire che svolgesse il suo lavoro con estrema perizia.
Si sistemò ben nascosto mentre Harry si allontanava, dopo averlo avvertito, per controllare la zona adiacente.

Cause today, oh, you’re gone

*** *** ***

“Cosa fai ancora qui, Granger?” sbottò aggressivamente lui, voltandosi e cominciando a camminare in direzione opposta.
Hermione si sentiva svuotata, rivoltata e completamente svuotata, come una vecchia sacca inutile: com’era possibile? Com’era possibile che Draco Malfoy fosse un Mangiamorte?
“Tu non puoi essere…”
Lui si voltò, i suoi occhi puro ghiaccio.
“Cosa c’è, non ci vedi? Sono un Mangiamorte, esattamente! Non riconosci il tatuaggio?”
Quell’aggressività stonava con l’atteggiamento freddo che Hermione aveva sempre collegato a lui, prima, quando, a Hogwarts, lo credeva un Mangiamorte. C’era qualcosa che le puzzava. I suoi occhi… i suoi occhi erano sempre stati sconvolgenti, sì, ma sinceri. Non riusciva neppure a pensare all’eventualità che Draco avesse fatto la propria entrata nella schiera del nemico, non poteva essere. Tutte quelle parole, erano state uno scherzo di cattivo gusto per abbindolarla ed avvicinare Ginny, per arrivare, infine, a Harry? Quegli sguardi, quegli atteggiamenti… erano stati tutti una mera, subdola mossa strategica? Una schifosa finta?
“Avanti, vattene.” continuò il ragazzo voltandosi – non poteva permettere che qualcuno vedesse il tremore nei suoi occhi. “Vattene prima che qualcuno di loro mi scopra.”
Non avrebbe dovuto cedere ai sentimenti. Se ne pentiva come non mai: era oramai abituato ad ignorarli, ma quella volta erano stati così potenti, così veri che si erano infiltrati in lui poco a poco, ma con una prepotenza ed una forza inaudite, mai sperimentate prima. Ingenuamente aveva sperato che tutto sarebbe potuto essere diverso, differente, differente da quella volta… da quella volta in cui l’unica persona da lui veramente amata… da quella volta in cui sua madre, Narcissa Black in Malfoy, era stata freddamente liquidata da suo padre.
Assassinata.
Uccisa con spaventoso sangue freddo, con terribile indifferenza mentre lui era lontano, proprio perché costituiva un ostacolo: solo lei poteva avere un certo ascendente su Draco, solo lei riusciva a restituirgli un minimo di fiducia nella vita, solo lei separava il ragazzo da una sicura vita di omicidi e misfatti al seguito dell’Oscuro Signore. Così Lucius Malfoy non si era fatto troppi scrupoli – come del resto non se ne era mai fatti – e l’aveva spenta per sempre, sperando che così Draco perdesse la sua unica luce e diventasse docile, ammaestrabile – mostrava infatti da tempo segni di ribellione. E se per una cosa aveva avuto ragione – la luce di Draco si era estinta in una tenebra profonda e senza fine. Un eterno, assoluto buio. Terrificante. –, per un’altra si era praticamente dato la zappa sui piedi: fu proprio quella l’occasione in cui suo figlio prese tutto il coraggio che fino ad allora aveva tenuto sopito in qualche angolo di sé e si ribellò.
Da quel giorno – poteva ricordare le ferite fisiche e morali, poteva ricordare la disperazione, la fatica, la paura, solo sensazioni negative – non si erano più visti e Lucius Malfoy aveva cominciato a dargli la caccia, una caccia spietata, ignobile, con un unico scopo: quello di ucciderlo.
Ucciderlo per il tradimento, ucciderlo perché lui, Draco, era l’unica macchia sull’onore della famiglia Malfoy.
Proprio per questo aveva tentato di non cadere in quel vortice di sentimenti: a causa sua Hermione sarebbe stata in pericolo. Suo padre – che non si era fatto scrupoli per sua moglie, figuriamoci una ragazzina qualunque, per di più filoauror e di origini completamente Babbane – avrebbe agito con una rapidità eccezionale: Hermione sarebbe stata utilizzata come esca, come arma per arrivare a lui. E poi sarebbe stata, ovviamente, uccisa. Prima di lui, così che il suo dolore, il dolore del giovane Draco, sarebbe stato doppio. Prima sua madre, la sua grande luce bianca e pura, poi Hermione, la sua piccola, dolce stella lucente. Poi, finalmente, sarebbe arrivata la sua ora – finalmente perché non avrebbe resistito a lungo con una duplice ferita del genere nel cuore, nell’animo, stillante sangue color rubino che andava a macchiare le sue mani già abbondantemente sporche di sangue umano.
Ma lui aveva osato sperare. Ah, che sciocco.
“Ti ho detto di andartene, Granger!” sibilò Draco osservandola con la coda dell’occhio, anche se le sue lacrime facevano più male che qualsiasi altra cosa. “Hai proprio il grande desiderio di lasciarti prendere dai Mangiamorte del gruppo di mio padre?”
No. C’era decisamente qualcosa che stonava con tutto il resto: perché i Mangiamorte di suo padre avrebbero dovuto rapirla? Forse li aveva avvertiti lui? No, impossibile: Hermione aveva visto come l’avevano conciato, l’aveva visto fuggire da loro con i suoi stessi occhi.
“Sono sulle tue tracce?” disse con voce tremante.
Lui assaporò amaramente il silenzio per un breve lasso di tempo.
“Vai via, Hermione. Vai via, te ne prego.”

Well, I’d jump at the chance

Hermione.

Era la prima volta in tutta la sua vita che sentiva Draco Malfoy pronunciare quella parola, il suo nome. E suonava terribilmente carico di emozioni represse.

We’d drink and we’d dance

“Ho capito cosa vuoi dirmi: gli Auror mi stanno per raggiungere. Poco male, meglio loro che mio padre. Sì, sono ancora sulle mie tracce, lo sono sempre stati. Io non ho scelta, ma tu… tu… per favore, è la prima volta che chiedo un favore a qualcuno. Per favore, Hermione, salvati almeno tu.”
“No!” singhiozzò lei, ed in pochi passi gli fu accanto afferrandolo per un polso, ma senza farlo voltare, rimanendo a fissare la sua pallida nuca su cui qualche ciuffo chiaro di capelli sembrava giocherellare, spettinato.
“Sì.” replicò lui, tentando di mantenere la calma, il sangue freddo. Lo faceva da una vita, eppure in quella situazione tutto sembrava terribilmente difficile. “Vattene. Non vale la pena morire per una cosa del genere, per uno come me.”
Il tocco della ragazza bruciava le vesti, infiammando la sua carne.
“Tu non sei una cosa.” sussurrò lei con voce rotta di pianto.

And I’d listen close to your every word

Draco sorrise malinconicamente, dandole ancora le spalle. Ancora quel calore nel cuore.
Voleva gustarlo ancora, solo per qualche secondo.
Lasciatemi almeno questo. Lasciatemi assaporare questo calore ancora per poco, ancora per pochissimo tempo…

As if it’s your last…


“Grazie.” mormorò voltandosi finalmente a guardarla, perché ne sentiva il bisogno, aveva sete di Hermione, aveva fame di Hermione, non poteva farne a meno, non in quel momento. Bastava il suo sguardo, bastava la sua voce, bastava il suo tocco delicato, bastava il sussurro quasi impercettibile del suo respiro, bastava vederla ancora un’ultima volta. L’ultimissima volta.

… well I know it’s your last

“Ti prego, vieni con me. So dove nasconderti. Ti prego…”
Lui alzò una mano verso il mento della ragazza e lo prese delicatamente tra il pollice e l’indice, sfiorandolo prima con una lieve carezza; i loro occhi si incrociarono: quelli di Hermione lucidi, bagnati, spaventati; quelli di Draco tremanti, incerti, spaventati anch’essi. Ma solo per lei. Di se stesso non gli importava più nulla da così tanto tempo, ma lei… a lei non sarebbe potuto accadere nulla. Lui non l’avrebbe permesso.

Cause today, oh, you’re gone

“Non posso.” aprì la mano accogliendo dolcemente la parte sinistra del viso di Hermione. “Non chiedermelo ancora, perché potrei anche cedere, ma solo per saperti sana e salva. Eppure so che non potrebbe mai essere così: con me tu sei in pericolo. Quindi non chiedermelo ancora, ti prego.”
“Io non posso lasciarti andare! Non posso lasciarti perdere l’ultima speranza!”
“Forzati e fallo. Non puoi farlo, devi. È il mio ultimo desiderio, va bene?”
“I-io…”
“Ascoltami bene, perché non avrò il tempo né l’occasione di ripetermi una seconda volta: con me sei in pericolo. Dimenticami, cancella il mio ricordo dalla tua mente. Altrimenti potresti fare la stessa fine che ha fatto mia madre. Ricordi quando ti parlai di quella persona che considerava le lacrime la cosa più bella del mondo? Beh, era lei. È stata assassinata da mio padre perché per me era l’unico punto di appoggio. E tu… beh, tu potresti subire la sua stessa fine.” i suoi occhi si addolcirono, con il pollice asciugò le gocce stillate dagli occhi della ragazza. “Perché nonostante abbia cercato di impedirmelo, non ho potuto evitare che tu diventassi la mia luce.”
Con le lacrime che scivolavano calde sulle sue gote, Hermione osservò il ragazzo allontanarsi.

Cause today, oh, you’re gone

Per quale motivo quell’anima non aveva mai potuto conoscere pace? Né pace, né la dolcezza piena dell’amore – sua madre era ormai morta -, né serenità, né, tanto meno, felicità. E neppure tante altre belle cose. Per quale motivo quel giovane uomo aveva dovuto accogliere in sé solamente una valanga di cose brutte e sporche, sporcando anche se stesso? Per quale motivo doveva morire così, senza aver mai veramente vissuto una vita piena e felice? Per quale motivo doveva spegnersi da solo, senza alcuna speranza?
Per quale motivo doveva andare tutto così?
“Perché?” quell’unica parola appena mormorata si spense nel vento appena scivolata via dalle labbra di Hermione.
“Perché?” ripeté tristemente Draco, senza voltarsi a guardarla – non sarebbe poi stato in grado di allontanarsi da lei. “Perché hai dimenticato una cosa fondamentale, Hermione: io non posso essere felice.”
Quelle parole la ghiacciarono da capo a piedi, gettandola in un tunnel buio.
Quanto doveva aver sofferto quel ragazzo… non poteva neppure immaginarlo, riusciva solamente a sentirsi schiacciata da quel mare di lacrime e dolore.
Lacrime, dolore e sangue.
“Io non lo merito. Queste mani… queste mani non sono meno sporche di quelle di mio padre o dei suoi amici. Queste mani, Hermione, hanno ucciso. Reciso vite innocenti. Prima che scappassi, ho ucciso. E le mie mani sono totalmente ricoperte di sangue. Non merito che qualcuno mi tenda una mano per aiutarmi. Non lo merito e non posso accettarlo, ecco perché. Perché io non ho il diritto di essere felice. Non ci può e non ci potrà mai essere, come mai c’è stato, qualcuno disposto ad afferrare una mano così sporca, così colpevole… non ci sarà mai nessuno che accetterà di afferrarla e tirarmi fuori da questo tunnel senza via d’uscita. Posso solo rimanere nel mio buio sporco di sangue.”
Avvertì la piccola mano di lei insinuarsi dolcemente, ma con fermezza, tra il suo braccio ed il suo fianco, scivolando verso il suo polso.

*** *** ***

Osservava con gli occhi sbarrati la scena che si stava svolgendo davanti a lui.
“Non interveniamo,” risolse infine Ron sussurrando tra sé e sé, tentando di mantenere la calma – ci aveva visto giusto, allora! – con grande sforzo. “potremmo coinvolgerla.”
Hermione…
Nonostante ardesse dalla voglia di spaccare il muso a Malfoy, decise fosse meglio non coinvolgere direttamente Hermione: già il suo stato d’animo non era dei migliori, in più lui avrebbe potuto usarla come scudo, o come ostaggio, chissà di cosa erano capaci quelli come lui! Con grande fatica rimase in silenzio, invaso da una strana sensazione: cominciava a ripensare alle parole della ragazza su di lui – possibile che fosse innocente? – e si sentiva così confuso da non riuscire ad agire lucidamente. Quando alzò lo sguardo i due non c’erano già più.
Cazzo!
Ron era silenzioso. Dentro di lui ancora quel senso di inquietudine, più forte che mai.

As if it’s your last, well I know it’s your last

La stava perdendo.

Cause today, oh, you’re gone

*** *** ***

“Non è vero.” la udì mormorare. “Non è come dici. Per quanto le tue mani possano essere sporche di sangue, di qualsiasi cosa… ci sarà sempre qualcuno pronto a prenderle, a stringerle. Ci sarà sempre qualcuno che di sua spontanea volontà verrà e ti prenderà per mano, conducendoti a piccoli passi fuori da quel buio che mai più sarà tale, verso una luce, una qualsiasi luce, magari anche piccola e tremolante, ma comunque luce. Non dubitare di questo, Draco, non perdere mai la fiducia; ho imparato a farlo io, puoi riuscirci anche tu. Non ti lasciare andare.” il ragazzo chiuse gli occhi sentendoli bruciare, la mano di lei esitava ancora sul suo polso, non osando disobbedire alla preghiera di poco prima – Non chiedermelo ancora, ti prego. “Qualsiasi cosa accada, in qualsiasi circostanza tu vada a trovarti, ci sarà sempre qualcuno pronto a prenderti la mano.”
Senza alcun preavviso, vinto da quell’emozione sconvolgente che lo legava stretto stretto tutte le volte in cui si trovava con lei, Draco si voltò stringendola disperatamente a sé. La ragazza ebbe appena il tempo di vedere nei suoi occhi un nuovo sentimento, ed una lacrima sul suo viso sciupato.
“Per favore… per favore…” la sua voce roca. “Prendimi per mano.”
La mano calda di Hermione scivolò in quella gelida di Draco, stringendola.

*** *** ***

Da quando erano tornati si erano comportati in maniera decisamente strana: Ron si era subito chiuso in se stesso, non aveva aperto bocca né con Harry, né con sua sorella, Ginny. Nei suoi occhi un miscuglio indecifrabile di sentimenti. Del tutto inutili erano state le pressanti domande dei due, non aveva spiccicato parola – per parola non si può intendere qualche scomposto grugnito – prima di andare a prendersi una birra – aveva detto –, e la sorella sapeva che quando diceva così, qualcosa lo aveva fatto innervosire o deprimere decisamente molto: neppure Ron era capace di bersi una birra alle sette del mattino.
Ginny imputò comunque la sua reazione al fatto che non fossero riusciti a scovare Malfoy – Harry le aveva raccontato della spedizione – che, con abilità a dir poco stupefacente – solo due o tre persone tra gli scienziati che lavoravano per gli Auror erano in grado di fare una cosa del genere… proprio nel reparto in cui lavorava Hermione, erano solo in due a saperlo fare -, era riuscito a Smaterializzarsi eludendo il sistema di difesa e ricerca che gli Auror avevano attuato, un sistema capace di rivelare ovunque la presenza di una Smaterializzazione: luogo di ‘partenza’ e destinazione inclusi. Ma tale sistema era stato fatto andare in tilt grazie ad un’abile manovra di qualcuno – probabilmente, secondo Ginny, lo stesso Malfoy – che aveva utilizzato l’incantesimo per la Smaterializzazione su di una Passaporta, facendo in modo che, afferrandola, ci si Smaterializzasse e non si venisse semplicemente trasportati da qualche altra parte. Una volta Hermione le aveva parlato di un trucco del genere, conosciuto solo a pochi – e che sarebbe dovuto rimanere segreto -: la scomposizione molecolare del corpo di chi veniva quindi Smaterializzato si spandeva nella terza dimensione aperta dalla Passaporta, confondendosi con sostanze non bene identificate ed impedendo non solo l’identificazione del mago o della strega in questione, ma anche la direzione che il flusso di energia aveva preso – e da dove aveva avuto inizio.
Dopotutto anche Harry sembrava particolarmente pensieroso, e la stessa Ginny aveva quasi paura a parlargli, temendo di interrompere qualche importante decisione. Ma alla fine fu lui a vincere la sua preoccupazione:
“Allora, Gin, come stai?”
La ragazza sorrise.
“Bene. Senti, Harry… c’è una cosa che devo dirti…”

*** *** ***

And I’d listen close to your every word

Era stata sul punto di rivelargli i suoi veri sentimenti, quando si era detta: meglio togliersi prima di torno le preoccupazioni. Così aveva deciso di parlargli di quelle strane sensazioni, di quelle percezioni che aveva avuto per anni. Non si sarebbe aspettata grande felicità da Harry a tale rivelazione, ma non avrebbe neppure mai creduto che potesse aver fatto una cosa del genere!
“Tu…” esclamò eccezionalmente pallida in viso. “mi hai nascosto tutto questo per così tanto tempo! I-io… non posso crederci.”
E così lei era la Chiave. Che bella notizia! Praticamente quindi un gruppo di Mangiamorte capeggiati – pare – da Lucius Malfoy le stava dando la caccia per via della traccia latente che Voldemort aveva lasciato in lei da quando l’aveva posseduta al suo primo anno a Hogwarts. E non solo! Lo facevano per arrivare a Harry. Perfetto, veramente perfetto. Ah, e quelle strane percezioni derivavano proprio da questo: quella sua parte latente le faceva avvertire inevitabilmente la presenza di persone che avevano avuto a che fare con Voldemort, sia che fossero state da lui uccise – per vie dirette ed indirette: le era capitato anche con Mirtilla Malcontenta, di fatti -, sia che fossero suoi seguaci. Ora ricollegava quella sensazione di paura folle provata nel sogno – Voldemort stava tentando di impossessarsi nuovamente di lei in quel preciso istante: se non si fosse svegliata, le avevano detto, sarebbe stata persa per sempre – e poco prima di incontrare Malfoy: era la stessa paura che l’aveva raggelata quando Tom Riddle aveva preso possesso del suo corpo, quella stessa paura che l’aveva stordita e le aveva mozzato il respiro…
Nessuno le aveva mai detto nulla, né suo fratello Ron, né tanto meno Harry… non poteva crederci!
“Cerca di capire, Ginny, l’ho fatto per il tuo bene! Non eravamo neppure sicuri che fosse così, non potevo lasciare che ti macerassi nel dubbio e nella preoccupazione!”
“Cerca tu di capire me, Harry! Ti rendi conto? Io sarei dovuta essere la prima a saperlo, proprio per rendermi conto della situazione, per non essere così un peso per voi… adesso capisco perché eravate così ossessionati dal fatto di non lasciarmi sola! Io non volevo essere un peso, Harry. Perché non mi avete detto tutto? Anche io sono capace di darmi da fare... perché non mi hai dato un minimo di fiducia?” i suoi limpidi occhi nocciola andavano colmandosi di lacrime.
Lo stomaco di Harry si contorse rabbiosamente a quella vista.
Perdonami, Ginny.
“Io ho fiducia in te, Ginny. So quanto vali, so che sai essere una persona forte, e non sei mai stata un peso per noi.”
Lo sguardo di lei era, in quel momento, la cosa più difficile da sostenere. Tanto più che la ragazza sembrava seguire un flusso di pensieri del tutto suo, ma era comprensibile: non solo era ancora sotto shock per l'attacco subito la sera precedente, ma era appena venuta a sapere che la sua migliore amica era stata ricoverata in ospedale per poi fuggirne – era stato impedito a Harry e Ron di andare a cercarla: loro avrebbero dovuto fare rapporto della spedizione. Stavano cercando Hermione i loro superiori: dopotutto anche Hermione era parte di quella grande organizzazione, una parte importante – e, per concludere in bellezza, dopo aver saputo che un pericoloso criminale come Draco Malfoy vagava ancora libero per le strade, le era stato detto che per uno sfortunato caso del destino rischiava di essere rapita da un momento all’altro. Il resto – torture e varie tecniche di uccisione – era facile da prevedere.
Strinse i pugni lungo i fianchi, abbassando lo sguardo, sofferente.
“Quindi anche quella passeggiata sotto la neve, quel giorno che mi hai abbracciata… era tutta una finta, vero?”
Il ragazzo avvertì una fitta in una qualche indefinita parte nella zona sinistra del petto.
“Co… cosa?”
“Era solo una finta per ingannarmi e rendere più facile e veritiero l’imbroglio. È così, vero?” singhiozzò la ragazza, il capo sempre basso, addolorata come mai l’aveva vista né sentita Harry. “In realtà non hai mai pensato quelle cose di me. Non mi hai mai voluto bene... è stato tutto uno schifosissimo imbroglio...”
“Ginny, ma che stai dicendo?”
“La verità! Quella che tu ti sei rifiutato di dirmi fino ad adesso! Mi hai ingannata, Harry, mi hai tradita! Non mi sarei mai aspettata una cosa del genere da te, io… io…”
“Io non avrei mai fatto una cosa del genere!”
“Lo credevo anche io! Invece non si finisce mai di sbagliare, eh?” il labbro inferiore aveva preso a tremarle. “Io mi fidavo di te, e tu te ne sei infischiato…come hai potuto prenderti gioco di me in questo modo? Tu lo sai… lo sai quanto male mi hai fatto? Lo puoi immaginare…?”
Credimi, Ginny, lo stesso male che fanno a me queste tue parole e queste tue lacrime.
“Aspetta, Ginny…” fece Harry sfiorandole una spalla.
“No,” gridò lei, allontanandosi. “non mi toccare.”

As if it’s your last, well I know it’s your last

“Ginny…”
“Voglio stare da sola.”

Cause today, oh, you’re gone

“No.”
Il tono risoluto e forzatamente calmo di Harry risuonò greve in tutta la stanza. Ginny stava trattenendo a stento le lacrime che, dispettosamente, le scivolavano bollenti sulle gote arrossate.
Era sembrato tutto così bello… avrebbe dovuto immaginarsi qualcosa che avrebbe mandato tutto a rotoli. Harry che l’abbracciava, Harry che le diceva di volerle bene, Harry che le sfiorava la fronte con un bacio, Harry che stava con lei quasi sempre, che vegliava su di lei. Dopo tutti quegli anni, Harry si accorgeva finalmente di lei; dopo tutte quelle lacrime versate perché non aveva gli occhi di Cho, il viso di Cho o di qualsiasi altra ragazza che poteva aver interessato Harry, Ginny si trovava scaraventata in un baratro senza fondo. Era stato tutto finto… si era sentita così felice, si era sentita serena, rilassata, aveva persino preso la dose di coraggio necessaria per confidargli i suoi veri sentimenti, quell’amore dolce e duraturo che alimentava il suo cuore da anni, riscaldandolo. Ed ora tutto era andato ad infrangersi contro uno scoglio spigoloso, lasciando come tracce di quel bellissimo sogno solo qualche sporadico spruzzo, salato ed amaro. La mente di Ginny era vuota: voleva semplicemente essere lasciata sola, ma non sapeva per fare cosa, dato che la capacità di ragionare sembrava essersi presa una duratura vacanza, e quella di analizzare e formulare discorsi e concetti sembrava essersi autodistrutta nel giro di un’arida manciata di secondi.
“No.” ripeté Harry, osservandola con intensità tale che la ragazza si sentì trapassata da parte a parte. “Hai ragione, devo dirti la verità. Ti chiedo scusa per non avertela mai detta, ma ora è decisamente arrivato il momento di dire la verità. Tutta la verità.”


   
 
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