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Autore: kway831    16/07/2017    3 recensioni
Il naso freddo di Remus, da sotto il cappuccio, sfiorò il suo.
«Promettimi che non lo farai» mormorò con il respiro corto. «Promettimi che non tenterai di raggiungere i boschi di Dunkeld».
Tonks chiuse gli occhi. Era da tanto tempo che non appoggiava la fronte contro quella di Remus, che non si lasciava prendere il viso tra le mani, che non avvertiva l'impulso di mettersi in punta di piedi per raggiungere le sue labbra.
«Ti amo» sorrise tristemente Tonks.
Lo baciò, e quel bacio sapeva di neve.
ATTENZIONE: Storia in revisione, specialmente per quanto riguarda i primi capitoli. Leggere con cautela!
Genere: Angst, Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Fenrir Greyback, Nimphadora Tonks, Nuovo personaggio, Remus Lupin, Un po' tutti | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Altro contesto, II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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Non appena udì il rumore della serratura chiudersi con un lieve clack alle sue spalle, Tonks tirò un lungo sospiro di sollievo. Finalmente a casa - sempre che casa si potesse chiamare, quel misero posticino al secondo piano del Paiolo Magico. Niente di speciale: un letto caldo, una doccia, qualche mobiletto da due zellini e un maledetto lavandino che gocciolava senza pietà quando lei dormiva. O almeno ci provava. Da quando Remus era partito non riusciva a pensare ad altro che non fossero le sue maniere gentili, il suo sguardo dolce e un po' malinconico, il profilo delle sue spalle, il vecchio mantello da viaggio con cui si rifugiava dal freddo di una vita senza più nessuno, lontano dai maghi, lontano da lei. Tentava disperatamente di non pensarci, di lasciare che il lavoro la tenesse impegnata fino a tardi, per poi tornare lì e affondare la testa sempre più pesante in un polveroso cuscino del Paiolo Magico. Tentava di scivolare nel sonno il più velocemente possibile, ricorrendo persino a tazdi camomilla bollente (lei, che la camomilla per inciso la odiava) pur di riuscirci; e così, mentre era tutta affaccendata a trovare bollitore e bustine, suo malgrado si ritrovava a pensare a lui e al suo modo speciale di preparare il tè. Allora lasciava lì tutto e andava a letto, ma il lavandino gocciolante certo non aiutava a migliorare le cose.

Sospirò, si slacciò il mantello da sopra le spalle e lo gettò senza troppi riguardi su quello che avrebbe dovuto essere un sofà - il quale, per tutta risposta, cacciò un raccapricciante cigolìo.

«Oh, sta' zitto» sbuffò Tonks.

«Oh, sta' zitto» ripetè il divano.

Ecco, ci mancava solo quello: un divano parlante con la mania di fingersi un grosso ed alquanto tarchiato pappagallo. Tonks masticò un'imprecazione, chiuse gli occhi, si massaggiò le tempie e strinse i denti. Calmati, Tonks, va tutto bene. Sei solo un po' nervosa, tutto qui. Fidati di me.

Perché diavolo la sua coscienza aveva la voce di Remus? Bel mistero. Sospirò: Merlino, quanto le mancava. Lo immaginava tra quelle bestie di Grayback, trasandato, con la barba lunga e gli occhi onesti che si opponevano ai più meschini orrori delle periferie. Tonks sapeva di cosa fossero capaci quei mostri. Era nel manipolo di Auror che aveva sorpreso un lupo mannaro assalire una ragazza a Sevenoaks, nel Kent, un paio di settimane prima: la cattura era stata rapida, un gioco da ragazzi, ma talmente discreta da dare a Tonks la vaga impressione che qualcosa non quadrasse come avrebbe dovuto.

«Come è andata a finire la storia del lupo mannaro di Sevenoaks?» aveva chiesto una sera a Kingsley, tornando a casa.

Kingsley non le aveva risposto subito. Sulle prime si era limitato a guardarla come si guarda un uovo di Dorsorugoso sul punto di schiudersi; poi aveva abbozzato una smorfia.

«Non te l'hanno detto?» si era sforzato di rispondere.

Scoprì che lo avevano ritrovato morto nella propria cella due giorni dopo, con le vene dei polsi recise a morsi e gli occhi cavati dalle orbite. Aveva ancora addosso l'odore di quella povera ragazza, dicevano.

***

La prima cosa che Remus vide quando aprì gli occhi fu un vasto cielo Babbano color bianco latte. Sbatté un paio di volte le palpebre, si passò una mano sul viso e scoprì di avere la barba bagnata. Faceva un gran freddo per essere novembre: il fiato si condensava davanti alle labbra in sbuffi di vapore, il terreno era umido e gelato, la brina ricopriva la vasta prateria circondata dai boschi.
Si mise lentamente a sedere, scoprendo che molti degli altri lupi mannari si stavano già affaccendando a tornare alla normalità dopo una notte passata a godere e a soffrire nel sangue dei compagni. Alcuni si preoccupavano di accendere un misero fuoco accanto alla propria tenda, altri si sciacquavano di dosso il sangue con la poca acqua che rimaneva. Molti erano ancora a terra, privi di sensi, e qualcuno battendo i denti gemeva. Sorprese gli occhi di una giovane donna avvolta in un lacero mantello grigio che lo guardavano con sfacciato interesse, forse curiosità, ma subito scomparvero dietro ad una tenda.

Fu a fatica che si levò in piedi, ben stretto nel mantello che in un fugace attimo di lucidità era riuscito a mettere da parte, e avanzò qualche passo un po' zoppicante sulla brughiera gelata. Si sforzò di non fare caso all'erba secca che pungeva sotto i piedi, lasciando invece vagare lo sguardo e l'attenzione al campo.

Poco lontano, Will Ferguson, con un visibile squarcio sulla spalla, stava rimescolando una brodaglia in una grossa pentola sul fuoco. Il cipiglio concentrato e vagamente minaccioso avrebbe potuto facilmente ingannare chiunque, ma non Remus. Quando alzò gli occhi e lo vide, Will arrangiò una smorfia.

«Forestiero» lo salutò.

Remus annuì debolmente e, chiudendo gli occhi e stringendo i denti, si lasciò scivolare a sedere accanto al fuoco. «Cucini?»

«Oh, no. Per la verità cavo conigli da un dannato cilindro».

«Posso aiutarti, se vuoi».

Will sollevò scettico un sopracciglio. «Sai cucinare?»

Remus schiuse gli occhi, e per un momento gli venne persino da sorridere. Guardò Will, e Will guardò lui.

«So cavare conigli dai cilindri» rispose con aria innocente. «e anche cucinare».

«Imbecille» decretò Will, ma Remus vide che sorrideva. «Imbecille e pure forestiero».

«Alistaire».

Remus allungò a fatica una mano e Will gliela strinse.

«Alistaire...?»

«Alistaire e basta».

«Piacere di conoscerti, Alistaire E Basta. Will Ferguson».

Un vento freddo che spirava da nord mosse per un attimo i capelli degli uomini e la polvere ai loro piedi. Lo sguardo di Remus si era perso nel fuoco che scoppiettava senza calore, in quella landa desolata dimenticata da Dio. Poi, come un fulmine a ciel sereno, un pensiero gli attraversò la mente.

«Will» mormorò Remus, alzando gli occhi verso di lui. «Dove sono i bambini?»

L'espressione di Will si fece confusa, e Remus lo vide stringersi nelle spalle.

«Solo la luna lo sa» rispose vago, grattandosi con sovrappensiero la barba, e subito si corrucciò. «E adesso dove hai intenzione di andare?»

«A cercarli» si affrettò Remus alzandosi. «E a portarli qui».

«Puoi scordartelo».

«Quei bambini hanno bisogno di aiuto, Will».

Stava per voltarsi quando Will lo bloccò, afferrandolo saldamente per un braccio.

«Ascoltami bene, Alistaire. Sei un forestiero, d'accordo? Non sai come funzionano le cose qui. Anche se lo volessi con tutto te stesso, non potresti sperare di salvarli tutti. È la legge della natura» abbassò per un momento lo sguardo, e la presa sul braccio di Remus si allentò. «I Baffi Rossi sono l'anello debole del branco, sai. Ad ogni plenilunio alcuni se li prende il fiume... altri muoiono per le ferite... altri semplicemente spariscono. Non vale la pena di affezionarsi».

Remus, irremovibile, lo guardò dritto negli occhi.

«Will» disse soltanto. «Fidati di me».

***

La fanciulla si chiamava Rosie, aveva diciott'anni e si era appena innamorata. Non della Faccia Ruvida a cui apparteneva, sia chiaro. Era stato il forestiero arrivato a Dunkeld da poco a catturare la sua attenzione, con quel suo odore di magia e la sua clemenza verso i Baffi Rossi. C'era qualcosa di inspiegabile in lui che aveva la straordinaria capacità di attirarla e capace allo stesso tempo di metterle in corpo una grande inquietudine. Rosie, al pari di qualunque altra ragazza cresciuta in una comunità di mannari, temeva il potere immenso dei maghi - e quell'uomo ne era intriso. Eppure gli occhi erano quelli di un lupo mannaro, e anche quella cautela nel muoversi era quella di un lupo mannaro. Tutto in lui ricordava gli altri uomini della sua specie. Eppure...
Aveva giudicato saggio abbassare lo sguardo quando il forestiero aveva posato gli occhi su di lei, e subito si era nascosta dentro la tenda che condivideva con altre due giovani ragazze, Annabel e Sora, che al momento non erano ancora tornate dalla notte di caccia. Si sedette in ginocchio sulla propria stuoia, socchiuse gli occhi e respirò a fondo. Quella luna era passata bene, tutto sommato: niente ferite, niente capricci delle Facce Ruvide, niente di niente. D'altronde, ricordare qualcosa della notte appena trascorsa era pressoché impossibile. Così sedette e aspettò.
E aspettò.
E aspettò.

Quando Sora entrò nella tenda, a mattina inoltrata, arrancava e piangeva; i pochi abiti che aveva addosso erano strappati. Rosie le era corsa incontro e l'aveva abbracciata, accarezzandole la testa mentre i singhiozzi le scuotevano le spalle.

«Andrà tutto bene» provò a consolarla.

Sora continuava a piangere, e con una mano sporca si copriva il ventre.






Note dell'autrice: Ehilà, gente di Efp! Dopo una lunga ed imperdonabile assenza, rieccomi qui a rompervi le scatole con un nuovo capitoletto. Sì, lo so, è terribile. Chiedo umilmente venia per il fatto che sia scritto coi piedi, ma a mia discolpa posso assicurarvi che al momento la voglia di mare sta occupando il 97% delle mie funzioni cerebrali. Il restante misero 3% non è coperto da assicurazione, motivo per cui mi tocca trattarlo con tanto affetto e generosità, ricordandomi di non sovraccaricarlo di troppo lavoro inutile.
Ma torniamo alle cose serie. Aspettate! Ma ho davvero qualcosa di serio da dire? Ovviamente no. Volete forse farmi infortunare proprio quel 3% dei neuroni che non è assicurato? Suvvia, non diciamo sciocchezze.

Intanto vi invito a recensire (se vi va), e ringrazio tutti coloro che seguono questa mia umile storiella/la preferiscono/la ricordano/la recensiscono/semplicemente la leggono sotto l'ombrellone.
Ciao, e alla prossima!

Kway (e il suo gatto)













   
 
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