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Autore: InsertACasualUsernameHere    19/07/2017    6 recensioni
[Storia Interattiva][Iscrizioni Chiuse]
La guerra, anche quando sembra finita, nasconde tracce di sé in angoli bui, in attesa di notti oscure che risveglino le tenebre; incubi di cui non ci si libera mai del tutto.
Credevano che sarebbe finita, la guerra, la morte di Voldemort segnava la parola fine in uno scontro protrattosi per troppi anni, ma c'è sempre una traccia, residui che restano ancorati al suolo, erbe cattive difficili da estirpare, non tutti i Mangiamorte sono stati puniti, non tutti i Mangiamorte sono stati rinchiusi, c'è chi è rimasto nascosto tra le ombre, fuggito alla legge, alla giustizia.
E c'è chi non ha ancora smesso di lottare, chi prosegue uno scontro silenzioso tra le tenebre e la luce, bonificatori per un futuro felice, eroi nascosti che vivono all'ombra delle ombre stesse, il cui unico scopo è estirpare ogni traccia residua, portare giustizia, riformare l'equilibrio per la pace che verrà.
Maghi e streghe pronti a sacrificare loro stessi per catturare ogni singolo Mangiamorte sfuggito al Ministero.
[post Seconda Guerra Magica][Ispirata a tante piccole cose, tra cui la storia dell'organizzazione O.D.E.S.S.A. e delle Ratline di fine II Guerra Mondiale]
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Maghi fanfiction interattive, Mangiamorte
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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12 Ottobre, 23.48 PM
Paiolo Magico, Londra 


Camera squadra Ukko

Le dita ancora stretta attorno ai manici dei bagagli, l’eco di una porta sbattuta alle loro spalle, senza parole di congedo, e senza educazione neppure pensa Ender, poggiando la valigia al lato destro dell’unico letto matrimoniale, sotto lo sguardo vigile del gemello che ne imita i gesti.

Astrid li guarda senza dire nulla, lo sguardo scettico, analitico, di chi è solito ritenere la fiducia un difetto, la valigia stretta ancora al petto ed un letto che sembra uscire dalla parte, tanto vi è unito, alle sue spalle.
Si studiano, lei ed Ender, in sguardi di silenzio che voglio dire solo ciò che sono; silenzio e nulla più.
È lui il primo a cedere, volgendo lo sguardo altrove, silenziosa, fredda, scostante gli aggettivi che mentalmente assegna alla compagna di stanza e futura collega.

L’avrebbero passata così, nel mutismo delle prime impressioni, la notte se non fossero costretti a decidere a chi spetta il privilegio di usare il bagno, altri sguardi privi di parole a porre la domanda ed è Einax ad interromperli


-presumo tu non voglia spogliarti qui, davanti a noi-


Sorride, mellifluo, il volto enigma garbato, le labbra dischiuse da un’educazione velata di malizia, Astrid non risponde, continua a guardarlo come se stesse valutando già la fuga, un animale cauto, annuisce appena


-se posso-


Aggiunge in un soffio sottile, stringendo ancora il bagaglio al ventre, le dita esili tracciano cerchi al bordo superiore della valigia, nocciola come le bretelle che indossa ed Ender si appunta precisa alla lista di aggettivi che ha creato su di lei, suo fratello invece allunga il braccio, sino a sfiorare il muro con la punta delle dita, ad indicare con un mezzo inchino del capo ramato la via per il bagno; c’è un ché di reverenziale e regale nello sguardo di mare limpido che rivolge ad Astrid.

Forse è merito, o colpa, del canto ammaliante che le corde vocali di Einax paiono produrre ad ogni parola, come se ogni singola lettera possedesse una melodia propria tale da renderla unica, o forse la linea enigmatica che formano le sottili labbra, a chi attribuire la colpa Astrid non lo sa con precisione, ma si ritrova ad accennare un piccolo, zoppo e sbilenco, sorriso e ad Einax pare, per un’istante, una bambina che ha appena scoperto come fare; a sorridere piano.

La guarda sfilare lenta, ma con l’urgenza di chi non vuol dare a vedere quanta fredda abbia di andarsene, e ne ridacchia volgendo lo sguardo al gemello, non hanno bisogno di parlare, si leggono negli occhi e nell’anima, profondi conoscitori, estimatori, di quel sapere che è il legame indissolubile che li unisce; Einax la sente quasi la voce di Ender esclamare “quella è strana” nella sua mente.
È così che fa suo fratello, guarda, senza esaminare affondo, giudica, seguendo solo ciò che la pelle, l’istinto gli suggerisce.


-tu a destra, io a sinistra?-


Domanda retorica, Einax lo sa, non ha bisogno di chiedere, è abitudine per loro dormire insieme, c’è chi lo troverebbe strano, c’è chi lo reputerebbe persino insano, ma c’è chi avuto una madre ed un padre a proteggerli dai mostri sotto al letto, a stringerli nelle notti d’incubi e c’è chi, invece, come loro, non ha avuto altro se non le braccia del riflesso di sé a cullarlo, difenderlo, a giurarsi che mai nulla li avrebbe feriti; divisi.

Einax, con pigra raffinatezza, si sfila la sottile maglietta, ripiegandola con cura, ponendola al lato della valigia, è ancora intento a rovistare tra gli abiti quando Astrid gli compare alle spalle, la confusione cromatica che le plasma lo sguardo è fissa al lembo di pelle olivastra, impreziosita da rami arzigogolati di rovi incastrati tra sbarre flesse di una gabbia, tra l’incavo del collo e la spalla; è Ender con un cenno lieve del capo a farglielo notare.

Qualsiasi iride Einax scelga di guardare vi troverà solo confusione, Astrid che stringe a sé un peluche slavato, consumato dal tempo e dalle dita che possessive ne stringono il busto rigonfio di cotone, gli pare la visione di una bambina smarrita tra boschi gelidi, sola ed indifesa, a studiare l’ambiente circospetta.
Si passa una mano tra i ricci di fiamme sbiadite, scoprendosi gli occhi limpidi, cieli estivi, l’ombra d’un sorriso smaccato a schiarirne il volto affilato


-ti piace?-


Ed Astrid non dice nulla, lo sguardo ancora perso tra quella porzione di spazio, in quel lembo di pelle, stringe ancora più forte il peluche e si allontana senza parlare, non una parola, non una sillaba, non un tenue cenno, il silenzio ad accompagnarne i passi.

Perché Astrid non saprebbe rispondere, lei che di tatuaggi ne ha visti tanti, troppi, tra le steppe di neve e ghiaccio della tundra siberiana, lei che sa che l’inchiostro è storia su pelle, lei che di storie dipinte non ne ha mai viste di belle potrebbe solo dirgli che, nella sua terra natia, quello è solo uno strano scarabocchio da nascondere, una chiazza d’inchiostro informe che può portare solo guai.
Forse un giorno, ci riflette Astrid, scivolando tra le coperte, glielo dirà persino; magari un giorno ne rideranno addirittura assieme, ma oggi è oggi ed è troppo vicino per poter essere quel giorno.

Einax, forse per la prima volta, si ritrova a dover dare ragione ai pensieri che silenziosi fanno rumore sul volto del fratello, quella ragazza è strana e, questo forse è solo lui a pensarlo, sarà indubbiamente interessante averla attorno per un po’; come studiare un animale selvatico si dice con un ghigno saputo infilandosi tra le coperte.

Ender, silenzioso spettatore e giudice distratto, cambiatosi inosservato da sguardi concentrati nella confusione, imita i gesti del gemello, convincendosi che, senza ombra di dubbio alcuno, quelli di Durmstang devono essere tutti così, come Astrid o come Isak.
Rigidi pezzi di ghiaccio, figure mute le cui labbra paiono solo abbellimenti privi d’utilizzo, statue di ferro animato, strane creature; si ribadisce ancora una volta fermo nella sua certa teoria confutata da due fulgidi esempi che bastano ad Ender per crederla valida.

Scaccia uno sbadiglio, distendendosi al lato sinistro, incastrando l’avambraccio sotto il, sin troppo soffice, cuscino, le iridi azzurre, cieli invernali scuriti da nuvole di denso grigio, esaminano la figura già dormiente del fratello, cercando di coglierne segni, dettagli, piccoli particolari di spasmi o irrigidimento muscolare; il braccio destro allerta, già teso in avanti, pronto ad intervenire.
In un battito di ciglia coglie un sussulto, animato da invisibili molle scatta l’avambraccio a cingere la vita di Einax, un respiro a smuoverne i capelli, in un soffio rassicurante,  sorride Ender chiudendo gli occhi avvinghiato al riflesso di sé, incastrandosi meglio all’altra metà, lasciandosi andare tra le braccia di morfeo nascosto tra le coperte che paino, ora, formare un unico corpo a due teste.


Camera squadra Dike


Gli sguardi silenziosi, la buonanotte sorridente di Coalemo riecheggia ancora tra le pareti della stanza, se ne stanno lì, nel silenzio dell’iniziale incertezza, a guardarsi colmi di domande.
Isadore, disteso, lo sguardo rivolto al soffitto, i fili argentei scompigliati al cuscino, avvolto da naturale eleganza a Darlene sembra il ritratto di un principe annoiato, lo guarda ancora un po’, dall’alto del letto a castello, pepite di cioccolata incastrate tra ciglia scure si scontrano con nubi di zucchero grigio, i lineamenti spigolosi di Isadore plasmati in raffinata educazione


-venite entrambe da Hogwarts?-


La prima domanda è lui a porla, spezzare il silenzio non è mai facile, spesso è più difficile che rompere un incantesimo, Darlene annuisce soltanto ed un sorriso giunge dal letto sottostante, luce splendente tra iridi grigie è il volto di Melody, le gambe accavallate, fili mori ne incorniciano il volto delicato, racchiude in sé una calma che Isadore ha il sospetto di non aver mai ammirato in nessun viso prima d’ora


-sì, un ex corvonero ed un…dov’eri stata smistata?-


Onde more discendono tra le spalle, sporte verso l’alto, a guardare Darlene arrossire, bagliori rosa risplendono tra i capelli di fiamma


-grifondoro-


Dice soltanto, in un soffio timido, ha il tipico sguardo di chi, osserva Melody, sa essere determinato nell’insicurezza, istintivamente le viene da pensare che con lei dovrà agire a piccoli passi, mostrarti gentile, ma mai invadente, infonderle fiducia lentamente


-tu invece? Hai detto di aver studiato a Castelobruxo se non sbaglio-


Riecheggia ai timpani di Isadore l’eco pacato della voce di Melody, sinfonia di calma, melodia rilassante, cerca tra quelle iridi, cieli luminosi di nuvole candide al tramonto, segni di giudizi, pregiudizi, ma non c’è critica nello sguardo posato della compagna di stanza e dire che, Isadore, si era già preparato lo scudo difensivo


-sì, ho studiato lì-


Abbassa lo scudo, mostrando un’increspatura sottile tra le labbra, un sorriso delicato, elegantemente plasmato tra la durezza del volto, e Melody si convince che, in quelle grigie nubi candide, c’è nascosta una paura inespressa, non insicurezza, non incertezza, ma certezza di critiche costanti; e ne conviene che con lui dovrà mostrarsi chiara, diretta, ma mai invasiva, mai aggressiva, e scacciarne un po' alla volta la fobia di giudizi affrettati.

Ed è nuovamente il silenzio ad aleggiare tra le pareti, inserendosi tra gli spigoli, rimbombando tra gli angoli, e vagano gli sguardi in analisi impacciate, in attenti studi, a sondare un terreno ancora arido.
Darlene se lo domanda più volte, tra sospiri e tentativi di parola, dischiude le labbra, nessun suono ne fuoriesce mai, ma la voglia di sapere è forse più forte dell’insicurezza


-co…conoscevi già Ron?-


Infine lo chiede, nascondendo il timore di apparire invadente, sporgendo appena il volto rotondo oltre il bordo del letto, cascate rosse incorniciano lo spazio vuoto tra lei e Melody, un annuire solare a risponderle


-da qualche anno-


Vibra d’incertezza il nocciola delle iridi di Darlene, vorrebbe chiedere di più, ma non ne ha il tempo, è Melody che sembra leggerne lo sguardo


-tutta colpa di Charlie-


Sorride, ricordando che anche qualche anno fa qualcuno le disse così, rendendola parte di una famiglia allargata, confortevolmente chiassosa


-sei la sua…sei…siete…fidanzati?-


Una balbuzie impacciata agita le labbra di Dralene, sfumature arancioni scolorano le punte rosse dei capelli, Melody è quasi certa che quello sia il segnale, indizio e allarme, di confusione


-sì, io e Charlie stiamo insieme da qualche anno-


E le pare, in un frangente breve, di udire un sospiro animare le labbra della compagna di stanza, Darlene non lo dice, ma le sembra di tornare a respirare, chissà perché poi aveva creduto che quella ragazza avvolta da un’aura di calma fosse, in qualche modo, riuscita a prendere il posto che un tempo Hermione occupava nel cuore di Ron.

Melody non dice altro, lo intuisce nel nocciola luminoso che irradia raggi solari al volto di Darlene, l’amore, si dice, arma di coraggio il cuore dell’insicuro, dona fiducia all’animo dell’incerto, e se ci fosse Charlie qui con lei, ora, si scambierebbero sguardi complici nella consapevolezza che entrambi, quel tenue raggio d’amore, lo trasformerebbero in un sole; che Ron possa notare.

Ci riflette Isadore, a lungo, mentre le guarda scambiarsi quelle poche parole, riflette su entrambe, su di loro, un’analisi del gruppo.
Infondo, pensa guardando Darlene sorridere al nulla, poteva andare peggio.
Infondo, pensa osservando la calma che la pelle di Melody sembra irradiare, come raggi di calore, poteva andare decisamente peggio.
Pensa anche a Mefite, figura distante, monolite di fredda pietra, tanto scostante da apparire quasi come una visione e pensa a Coalemo, frizzante leggerezza, vento beffardo, tanto vivace da sembrare l’umana versione di un pixie; poteva andare peggio si dice ancora una volta rigirandosi tra le coperte beandosi della sicurezza che l’assenza di sguardi critici genera in lui.


-stando a quanto Zoe ci ha detto domani mattina ci attende la prima riunione generale-


Spezza il silenzio dei pensieri Melody, sdraiando la schiena al soffice materasso, avvolgendosi tra le coperte


-perciò io proverei a dormire-


È un risolino leggiadro, una ventata d’aria calma che anima la notte come una rilassante ninna nanna, che si posa tra gli occhi già stanchi di Darlene


-buonanotte-


Si dicono quasi all’unisono i tre, volgendo gli sguardi in direzioni opposte, chiudendo le palpebre in un’involontaria simultaneità.

Forse, riflette prima di lasciarsi cullare dal sonno Isadore, potrebbe persino finire con l’affezionarsi davvero, alla fine di tutto, a quel gruppo casuale di persona tanto diverse da creare un equilibro delicato.

Forse un giorno, ne conviene quasi al contempo Darlene, scivolando lenta tra le braccia di morfeo, li chiamerà persino amici quelli che ora sono appena volti nuovi.

E ne sorride, nel medesimo istante, Melody stringendosi le coperte sin sopra le spalle, lei ne ha la certezza; prima di quanto pensa quei visi nuovi diverranno noti; l’amicizia, riflette abbandonandosi ai sogni, è un processo lento, incerto, ma non ha dubbi che giungerà tra di loro come brezza rigenerante

 



 
Salve, erano un po' di giorni che stavo riflettendo su come scrivere il capitolo della prima missione e, alla fine, è venuto fuori l'ennessimo capitolo lento ed introduttivo; chiedo umilmente venia ma a quanto pare sono una persona decisamente cauta anche troppo. 
Ad ogni modo spero che vi piaccia comunque e che l'interazione tra i vostri OC vi soddisfi, ho cercato di mantenerle più in linea possibile con le schede che mi avete mandato, se non ci sono riuscita o se non vi sembrano adeguate non esistate a rendermelo noto. 
Tornando al capitolo vi prometto che, nel prossimo, finalmente partiranno e l'azione arriverà, ci metterò un po', ma arriverà. 
Spero non vi stiate annoiando troppo e mi auguro che continui a piacervi, almeno un pochino. 
E scusatemi davvero tanto se non ho risposto alle recensioni, ma stono stata davvero molto impegnata nell'ultima settimana; chiedo scusa rimedierò con le prossime. 

Prima di lasciarvi avrei due piccole domande da fare, a cui vi sarei grata se poteste rispondere per messaggio privato: 

1) i vostri OC hanno un porta foruna che portano sempre con loro? 
2) se sì qual'è, com'è e perché? 

Vi ringrazio per la partecipazione e colgo l'occasione anche per ringraziare i lettori e coloro che hanno aggiunto tra preferite/seguite/ricordate. 

Grazie a tutti, 
a presto 
Euridice 


 
  
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