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Autore: _Lady di inchiostro_    20/07/2017    8 recensioni
«Vorrà dire che te ne comperò una nuova per il compleanno!» disse, prendendo poi un sorso di caffè.
«Il mio compleanno è tra un mese esatto, Iwa-chan» disse Oikawa. «E poi, pensavo che mi avresti comprato qualcosa di speciale!»
Ci fu un attimo di silenzio, in cui gli occhi color cioccolato del ragazzo erano puntati a meno di due centimetri da quelli verdi del poliziotto. Quest’ultimo scostò lo sguardo, tornando a bere la sua bevanda preferita.
«Okay, allora vorrà dire che ti regalerò una macchina per il caffè nuova!»
«Sei proprio un cretino, Iwa-chan…»
[…]
«Oikawa…» Trasalì nel sentire la voce bassa del compagno, voltandosi lentamente verso la sua direzione. Se fosse stato possibile, il suo sguardo avrebbe lanciato lingue di fuoco. «Non solo hai versato il mio caffè sui miei pantaloni… Ma era anche bollente…» disse, il labbro inferiore che gli tremava.
«Non puoi uccidermi, domani è il mio compleanno!» esclamò il castano, usando le mani come scudo, eppure Iwaizumi riuscì comunque ad afferrarlo per la collottola.
«Non me ne frega un cazzo di domani!» urlò.

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[Happy bday Oikawa-san! ♥] [Angst&Fluff accoppiata dell’anno] [Potrebbe esserci del porn…?]
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Hajime Iwaizumi, Tooru Oikawa
Note: AU, Lemon | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Tè&Caffè'
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Questa storia fa parte della serie "Tè&Caffè". Si consiglia la lettura delle precedenti storie per comprendere meglio le dinamiche

 

Macchina per il caffè







Aprì un occhio, metà faccia affondata nel cuscino, una striscia gialla e luminosa che filtrava dalla finestra rettangolare. Iwaizumi si mise seduto, guardandosi intorno e rendendosi conto che l’altra piazza del letto era completamente vuota, il lenzuolo buttato alla rinfusa e che strascicava per terra. Si passò una mano sul viso, e il suo naso captò immediatamente qualcosa, un odore diverso dal solito profumo di caffè che proveniva dalla cucina; questo odore aveva più l’aria di essere quello di…
Si alzò, andando alla ricerca delle sue mutande, indossandole mentre faceva slalom tra una camicia e un pantalone, reduci dalla serata che si erano goduti lui e il suo fidanzato. Camminò lungo il corridoio, a piedi nudi e con solo i boxer addosso, continuando a stropicciarsi la faccia con le mani, sia perché doveva ancora metabolizzare di essere sveglio, sia per scacciare quella puzza che si avvicinava sempre più, assieme a una serie di rumori poco rassicuranti.
«Buongiorno» disse, anche se assomigliava più a un lamento, per poi alzare la testa verso l’alto, il naso all’insù. «Qualcosa sta bruciando?»
L’altra persona che si trovava in cucina da una decina di minuti, ma che era sveglia da almeno un’ora, già vestita, pettinata e profumata, quasi trasalì nel vedersi comparire Iwaizumi. Non l’aveva completamente sentito.
Oikawa si appoggiò al piano cottura con fare seducente, come se non fosse stato colto in flagrante – e sapeva che Iwaizumi era bravo in questo cose, forse fin troppo. «Solo il mio amore per te!» disse, cercando di distrarlo.
Il detective, però, indicò immediatamente dietro la schiena del suo collega e – per sua grande sfortuna – fidanzato, un’espressione che andava dallo scettico al divertito stampata in faccia. «Oikawa… I toast vanno in fiamme.»
Gli occhi del ragazzo si spalancarono, girandosi verso il tostapane che mandava un nuvola di fumo completamente nero. «Cazzo!» esclamò, non prima di essersi lasciato sfuggire un urletto simile a quello di una quindicenne spaventata e che fece scoppiare a ridere Iwaizumi.
Non c’era cosa più divertente di vedere Oikawa in difficoltà, pensò Iwaizumi, mentre afferrava la sua tazzina di caffè e si appoggiava al piano cottura, un mezzo sorriso che gli incurvava le labbra. «Almeno il caffè è salvo!» disse, guadagnandosi un’occhiataccia da parte del castano, che fu costretto a sporcarsi le mani per tirare fuori i toast oramai carbonizzati, per poi gettarli nella spazzatura.
«Questa macchinetta per fare i toast non funziona più, dannazione!» e nel dirlo gli mollò un colpo, che causò un poco rassicurante borbottio da parte della macchina e che fece ritrarre il medico legale con uno scatto veloce. Lanciò un altro sguardo glaciale al compagno, ma finì per destare ancora di più la sua ilarità.
«Vorrà dire che te ne comperò una nuova per il compleanno!» disse, prendendo poi un sorso di caffè.
«Il mio compleanno è tra un mese esatto, Iwa-chan» disse Oikawa. «E poi, pensavo che mi avresti comprato qualcosa di speciale!»
Ci fu un attimo di silenzio, in cui gli occhi color cioccolato del ragazzo erano puntati a meno di due centimetri da quelli verdi del poliziotto. Quest’ultimo scostò lo sguardo, tornando a bere la sua bevanda preferita.
«Okay, allora vorrà dire che ti regalerò una macchina per il caffè nuova!»
«Sei proprio un cretino, Iwa-chan…»





Non sapeva perché, quella mattina, gli fosse venuto in mente quell’episodio.
Forse perché mancavano meno di ventiquattrore al compleanno di quell’idiota, e lui non riusciva a stare tranquillo?
Non era la prima volta che festeggiava il compleanno di Oikawa, il castano organizzava sempre tutto nei minimi dettagli, programmandosi la giornata come una perfetta teenager americana – e a volte si chiedeva se non fosse più americano degli stessi statunitensi, nonostante i tratti nipponici. Solo che, questa volta, c’era qualcosa che avrebbe fatto decisamente irruzione nel programma perfettamente stilato da Oikawa Tooru: un pacco bello grosso, proveniente dall’altra parte della nazione. Il regalo a sorpresa di Iwaizumi per Oikawa.
Era la prima volta che faceva una cosa del genere, e non sapeva per cosa stare in ansia: e se il regalo non gli fosse piaciuto? Se non fosse arrivato in tempo? O peggio, se si fosse smarrito?
«Iwa-chan!» Spostò lo sguardo verso la fonte della voce, cercando di non dare a vedere la sua crescente preoccupazione mentre fissava il cellulare e tracciava il percorso del suo pacco regalo, incrociando poi le braccia e appoggiandosi all’autovettura.
Nell’ultimo periodo, stavano lavorando al caso di una ragazza uccisa, una studentessa modello e di brava famiglia, e dopo che avevano seguito una pista ben precisa, erano riusciti ad individuare un possibile colpevole. Per questo si erano recati in centrale, quella mattina, per poi dirigersi ai dormitori di Harvard: il colpevole era uno degli studenti più brillanti del suo corso, ma a quanto pare vendeva illegalmente della droga alle matricole, spacciandola per un medicinale che favoriva la concentrazione. Probabilmente, la ragazza aveva scoperto il suo giochetto e, con l’intento di andare a denunciarlo, si era fatta ammazzare.
Oikawa si diresse verso di lui, trotterellando e sventolando qualcosa nella mano destra. «Guarda! Guarda cosa mi hanno regalato i ragazzi per il mio compleanno!» disse, esponendo l’oggetto sul suo petto e indicandolo con l’indice ben proteso.
Il detective alzò un sopracciglio. «Ma il tuo compleanno è domani…»
«Lo so, ma non potevano più aspettare!» Sventolò una mano davanti al viso del ragazzo. «Ti prego, guarda!»
Hajime abbassò lo sguardo, tenendo sempre il sopracciglio alzato. «Wow, un giubbotto antiproiettile! Giuro che è la prima volta che ne vedo uno nella mia vita!»
«Siamo sarcastici, Iwa-chan?»
Il ragazzo espose appena i denti superiori. «Si nota così tanto?»
Il castano sbuffò, alzando gli occhi al cielo. «Non è questa la parte interessante del regalo…» e nel dirlo aprì maggiormente il giubbotto, una scritta bianca e a caratteri cubitali che comparve davanti agli occhi di Iwaizumi.
Una scritta che recitava la parola “coroner”, medico legale.
Alzò gli occhi sul ragazzo. «Sul serio?» disse.
«Oh, andiamo, Iwa-chan! Non è fighissimo?» protestò, una luce d’entusiasmo che gli fece brillare gli occhi come se fossero due pozze di cioccolato fuso. «Così ho il mio giubbotto personalizzato, e i colpevoli sanno chi sono!»
«Certo, come se gliene fregasse qualcosa. Per loro sarai solo uno sbirro come un altro!»
«E poi, non avrai più bisogno di proteggermi…»
Le spalle del detective sussultarono leggermente. Dopo l’incidente avvenuto qualche mese prima, Oikawa aveva faticato parecchio prima di riuscire a riottenere il permesso di poter accompagnare Iwa-chan durante gli inseguimenti o gli arresti. Aveva lottato con le unghie e con i denti per riaverlo, decidendo persino di seguire un corso per poter ottenere il porto d’armi. Hajime era andato a trovarlo diverse volte al poligono di tiro, osservando i suoi miglioramenti: a detta del detective che l’istruiva, sulle prime era stata una vera e propria frana, ma in seguito aveva cominciato a prenderci la mano, e quando sparava dei colpi diretti ai punti più sensibili faceva quasi paura.
Alla fine, il capitano gli aveva consegnato il permesso, dopo che aveva assicurato ai suoi superiori che il soggetto avrebbe portato le protezioni adeguate e che, non appena avrebbe concluso il corso, sarebbe stato in grado di difendersi da solo.
Iwaizumi non era rimasto molto contento della cosa. Se da un lato gli mancava avere Oikawa accanto, durante gli appostamenti, dall’altro l’idea che potesse essere nuovamente in pericolo e che lui non riuscisse a proteggerlo gli causava una fitta lanciante all’altezza dello stomaco. Ricordava ancora la sensazione del sangue di Oikawa tra le dita, che scivolava fino a insinuarsi sotto le maniche della camicia, le mani che premevano sulla ferita mentre la barella veniva trascinata lungo il corridoio d’ospedale.
«Iwa-chan!» A riscuoterlo dai suoi pensieri furono un paio di dita che schioccarono davanti al suo viso, spostando poi lo sguardo su Tooru, la fronte corrucciata. «Tutto bene? Sei diventato improvvisamente pallido…»
Dovette inspirare prima di riuscire a parlare, il volto gioviale del ragazzo che si sovrapponeva a quello disteso su quella maledetta barella, un tubo infilato in bocca e i vestiti sporchi di sangue. Credeva di averla superata, ma non era così. L’idea di perdere Oikawa lo terrorizzava ancora, e si rivedeva in quel piccolo bagno riservato solo agli infermieri, raggomitolato su se stesso, mentre cercava di respirare, le lacrime che gli pizzicavano gli angoli degli occhi.
Non poteva succedere ancora. Non poteva permettere che succedesse ancora…
«Sì, sto bene» disse, scostando lo sguardo. Aprì la portiera ed entrò in auto. «Indossa quell’affare e partiamo, stiamo perdendo tempo!»
Tooru storse il naso, non del tutto convinto, eseguendo comunque l’ordine.




Se c’era qualcuno che conosceva quella zona come il palmo della sua mano, quello era Oikawa Tooru. Del resto, era stato uno degli studenti migliori ad Harvard, nonché uno dei più popolari: sapeva benissimo dove si trovassero tutti quanti i locali più frequentati dagli studenti o quali fossero i migliori bar della zona. Per questa ragione, dopo essersi stancato di aspettare – nonostante fossero passati soltanto dieci minuti –, si era tolto il giubbotto per non farsi riconoscere e si era recato al bar più vicino, per prendere le loro bevande preferite, assieme a qualcosa da mangiare durante l’attesa.
Iwaizumi, intanto, non si era mosso, lo sguardo fisso sull’entrata del dormitorio dove risiedeva il sospettato, e fu così che lo ritrovò Oikawa.
«Eccomi qui!» disse, posando un sacchetto bianco sul cruscotto e tenendo nell’altra mano due bicchieri di plastica. «Ho preso anche dei cornetti al cioccolato. Oh, lo sai che in questo bar fanno il tè alla lavanda? Dovresti provarlo, Iwa-chan, è un rimedio contro lo stress.» Il castano tolse il tappo di plastica dal bicchiere, l’acqua colorata di blu, per poi osservare di traverso il compagno, che era comunque rimasto in silenzio. «E una ragazza che frequentavo diceva che il loro caffè schiumato era semplicemente divino! Peccato che tu lo prende sempre nero e amaro…» aggiunse, passandogli il bicchiere, nella speranza che quelle parole lo riscuotessero in qualche maniera; ma Iwaizumi si limitò a mormorare un “mhh-mhh”, per poi bere un sorso del suo caffè.
Oikawa sbuffò, reclinando il capo sul poggiatesta, bevendo il tè alla lavanda che, questa volta, non riuscì proprio a tranquillizzarlo. Sapeva che quando Iwa-chan era concentrato su qualcosa, nulla riusciva a smuoverlo o a distrarlo, ma non si trattava solo di questo. C’era qualcosa di diverso. Come se stesse cercando disperatamente di scacciare dei pensieri maligni, di nascondere una colpa che lo marchiava e gli lasciva un segno rovente e sanguinante sulla pelle.
Girò la testa verso il sedile posteriore, il giubbotto anti-proiettile lasciato abbandonato lì, per poi tastarsi il punto in cui gli avevano sparato, proprio all’altezza del polmone destro. Stava per cominciare a parlare, quando il suono di una melodia lo distrasse, abbassando gli occhi verso lo smartphone del detective, lasciato abbandonato vicino al freno a mano. Non era la solita suoneria che preannunciava l’arrivo di un messaggio, no, sembrava più quella che si usa per qualche notifica. Tuttavia, Oikawa conosceva bene Iwaizumi e sapeva che i social network non facevano per lui, a stento aveva Facebook.
Afferrò l’aggeggio senza farsi notare dall’altro, che continuava a sorseggiare il suo caffè come se nulla fosse, sbloccando il cellulare. Una mappa apparve sullo schermo, assieme a una simpatica scritta che annunciava che un certo pacco era in dirittura di arrivo. Oikawa aggrottò lo sopracciglia, confuso. L’ultima volta che si era fatto spedire qualcosa era stato quando aveva ordinato del caffè Lavazza direttamente dall’Italia.
«Iwa-chan, che cosa hai ordinato online, questa volta?» si lasciò sfuggire.
Sul momento, Iwaizumi non disse né fece nulla, concentrato com’era, ma non appena la sua mente registrò la frase del ragazzo, per poco il caffè non gli andò di traverso. Si girò, cercando il cellulare dove l’aveva lasciato, trovandolo invece tra le mani del ragazzo, che continuava a guardare lo schermo come se stesse studiando un geroglifico. Gli strappò il telefono dalle mani. «Non sono affari che ti riguardano!» gli intimò, pregando che non avesse scoperto troppo.
«Riguarda per caso il mio regalo di compleanno?»
Ecco, appunto.
Prima che si giustificasse con qualche scusa fantasiosa, Oikawa si era già proteso verso la sua direzione, cercando di riacchiappare il telefono del compagno. «Dammelo, sono curioso!» pigolava come un bambino capriccioso, mentre Iwaizumi non sapeva con quale mano allontanarlo, visto che le aveva entrambe impegnate.
Forse fu proprio il movimento rapido del ragazzo che tentava di infilare il cellulare in tasca, o forse fu il gesto veloce di Oikawa che tentava di riprenderselo, fatto sta che la mano del castano sbatté contro il bicchiere di plastica, facendo riversare il liquido marroncino proprio sulla patta dei pantaloni di Iwaizumi.
Ci fu un attimo di silenzio, Oikawa che si ritrasse lentamente, tornando alla sua postazione e nascondendo le mani tra le cosce. «Oikawa…» Trasalì nel sentire la voce bassa del compagno, voltandosi lentamente verso la sua direzione. Se fosse stato possibile, il suo sguardo avrebbe lanciato lingue di fuoco. «Non solo hai versato il mio caffè sui miei pantaloni… Ma era anche bollente…» disse, il labbro inferiore che gli tremava.
«Non puoi uccidermi, domani è il mio compleanno!» esclamò il castano, usando le mani come scudo, eppure Iwaizumi riuscì comunque ad afferrarlo per la collottola.
«Non me ne frega un cazzo di domani!» urlò.
Iwaizumi l’avrebbe di certo strangolato, se non fosse che un particolare destò immediatamente l’attenzione di Tooru. «Iwa-chan, guarda, il sospettato! Il sospettato sta entrando adesso!» disse, indicando davanti al sé, e Hajime si voltò, intravedendo il colpevole con un cappuccio in testa e diretto verso l’entrata del dormitorio.
Mollò Oikawa – che per la sorpresa si lasciò sfuggire un versetto poco virile –, afferrando poi la sua arma e scendendo dall’autovettura. «Resta in macchina.»
«Ma… e se avessi bisogno di aiut-»
«Resta. In. Macchina.» scandì le parole, e gli occhi di Oikawa si aprirono maggiormente.
Un flash, l’immagine di Iwaizumi che si allontanava dalla macchina per inseguire il colpevole, lui che scendeva dall’auto nonostante gli fosse stato detto di non muoversi da lì. Poi, il fischio di uno sparo, la voce incrinata di Iwaizumi che gli chiedeva di restare con lui…
Annuì, e l’ultima cosa che vide fu lo sguardo malinconico del ragazzo, prima che sparisse dentro il dormitorio.




Era stata una fortuna che fossero riusciti a scoprire in quale stanza alloggiasse il ragazzo, e nessuno degli studenti che passavano per il corridoio parve far caso a lui, troppo occupati a sparlare dei professori o a spettegolare sulle ultime novità che giravano tra le aule.
Trovò immediatamente la stanza, accorgendosi che la porta era stata lasciata aperta. Si guardò attorno con circospezione prima di abbassare la maniglia. La stanza puzzava di alcol, cibo fritto e erba, mentre milioni di libri, fotocopie e cartacce di merendine erano state lasciate per terra, e sul volto di Iwaizumi si dipinse un’espressione di puro disgusto. Camminò all’interno della stanza senza aver bisogno di tenere la pistola in mano, la scrivania piena zeppa di bottiglie mezze vuote di birra e vodka. Aprì la credenza che si trovava proprio sopra, trovandola piena di schifezze varie, e la richiuse, producendo un verso frustato. Solo allora si accorse dell’asse di legno che cigolava sotto i suoi piedi, e rimuoverla non fu troppo difficile.
Come sospettava, quel troglodita teneva la droga in camera: come minimo, lì c’erano duecento chili di marijuana.
Alzò di scatto la testa, sentendo un lamento provenire da quell’ammasso di coperte che stava sul letto, rendendosi conto che c’era nascosta una persona, lì sotto. Si avvicinò quatto quatto a quella matassa informe, trovandoci un individuo mezzo svenuto e che, con tutta probabilità, era il compagno di stanza del sospettato. Teneva ancora la sigaretta in mano ed era per questo che la stanza puzzava di erba.
Iwaizumi prese una bottiglia di acqua – forse l’unica cosa sana in quella stanza – lasciata sul comodino lì vicino, versandola poi in testa al ragazzo, il quale si risvegliò di soprassalto, tossicchiando un paio di volte.
«Buongiorno dolcezza!» disse, un mezzo sorriso stampato in faccia.
Il ragazzo lo fissò per un paio di minuti, stringendo gli occhi. «E tu chi diavolo sei?»
«Il tuo peggior incubo» e nel dirlo lo ammanettò alla testiera del letto.
Lo studente, ancora stordito da quel brusco risveglio e dalla droga, si limitò a dire un: “Ehi, amico, che ti prende?”, che fu totalmente ignorato da Iwaizumi. «Dove si trova Mike?» disse, riferendosi al sospettato. Aveva spinto il ragazzo contro il muro e il suo volto era praticamente a tre centimetri di distanza, uno sguardo intimidatorio che gli squadrava l’intero volto. Era ancora incazzato per via della macchia di caffè che, adesso, si era formata sul pantalone, ma non era il momento adatto per pensarci.
«Non lo dirò certo a te, sbirro!» esclamò l’altro, e Hajime dovette allontanare il viso.
Quanti spinelli si era fumato quell’imbecille? Cinque? Sei? Il suo alito puzzava come le fogne di New York, e lui ne sapeva qualcosa.
Gli afferrò il polso libero, stringendo forte la presa e rimanendo freddo e composto dinanzi alle urla del giovane. All’Accademia aveva fatto anche di peggio.
«Ascoltami, finirai sicuramente al fresco per possesso illecito di droga – gli spiegò –, perciò, se vuoi che io parli bene di te al procuratore, ti conviene sputare il rospo.»
Non ci fu bisogno che il ragazzo parlasse. La porta si aprì con uno scatto e Mike, il sospettato, rimase fermo sulla soglia, osservando la scena con sguardo stralunato. Ci mise un po’ a realizzare che quello che aveva davanti era quasi sicuramente un poliziotto, i soldi che aveva ricevuto dall’ultima vendita ancora tenuti in mano. Se li ficcò nella tasca della felpa e si dileguò, lasciando Hajime di sale.
«Cazzo!» esclamò, partendo poi all’inseguimento di Mike e ignorando le proteste dell’altro ragazzo che chiedeva di essere liberato.




Oikawa stava fischiettando “Side to side” di Ariana Grande, mentre scorreva le varie storie su Instagram. Iwa-chan era dentro da almeno una quindicina di minuti, e aveva il mezzo sospetto che si fosse perso tra gli immensi corridoi. Lo sapeva, avrebbe dovuto accompagnarlo.

«Resta in macchina, torno subito.»

Sbloccò il telefono, la mano che tornò sul segno lasciato dal foro del proiettile, stringendo il tessuto della maglietta con forza.

«Resta con me, Oikawa, ti prego! Resta con me!»

Ogni volta che sentiva quella voce rimbombargli in testa, il suo cuore veniva stretto in una morsa fortissima.
Iwaizumi era stato abituato a mantenere la calma anche nelle situazioni peggiori. Iwaizumi era sempre stato forte, aveva sempre superato qualsiasi difficoltà a testa alta.
Sentirlo parlare in quel modo, sentirlo implorare, era qualcosa di nuovo per Oikawa. E vederlo piangere assieme a lui, dopo che gli aveva confessato che senza di lui non ce l’avrebbe fatta, gli aveva fatto capire quanto avesse sofferto veramente. Quanto l’amasse veramente.
La radio dell’autovettura mandò un suono metallico che destò l’attenzione di Oikawa e subito sentì la voce di Hajime che richiedeva rinforzi. Alzò lo sguardo, e lo vide mentre sfrecciava fuori dal dormitorio, all’inseguimento dello stesso ragazzo col cappuccio di prima.
«Oh mer-» lasciò l’imprecazione a metà, spostandosi al posto del guidatore – non prima di aver sbattuto la testa almeno cinque volte – e accendendo il motore. «Okay, di solito non sono bravo a guidare le macchine col cambio manuale, ma per stavolta dovrò arrangiarmi.»
Fece marcia indietro, andando a sbatte inevitabilmente contro la macchina posteggiata, e dopo aver masticato un’imprecazione poco carina – e in inglese, per giunta – riuscì a far uscire l’auto dal parcheggio. Aveva perso di vista sia Iwa-chan sia il sospettato, per cui l’unica alternativa era proseguire per la sua strada, cercando nel frattempo di ragionare su dove potesse dirigersi il presunto colpevole.
Dunque, qual era il posto dove uno studente di Harvard si nascondeva più facilmente dai professori o da una fidanzata infuriata?
«Ci sono!» esclamò il medico legale, frenando di botto e ricevendo un paio di insulti dal guidatore che si trovava dietro di lui. Oikawa non ci fece neanche caso, mentre studiava il metodo più facile per raggiungere il ragazzo prima che sparisse dalla vista di Iwaizumi. Imboccò una piccola stradina, la macchina che quasi strisciava contro le piccole pareti, finendo in una delle strade principali di Boston. La percorse ad alta velocità, e per la prima volta nella sua vita era riuscito a capire come funzionava il cambio manuale. Gli occhi color cioccolato saettavano da un marciapiede all’altro, alla ricerca di due figure che potessero vagamente rassomigliare a Iwa-chan e a un ragazzo strafatto e incappucciato. E non appena quest’ultimo comparve sul suo campo visivo, sbucando da una strada che dava su un parco e scavalcando un paio di studentesse, Oikawa aumentò la velocità; frenò quasi subito, e il ragazzo andò a sbattere contro la fiancata della macchina.
Aprì la portiera, Iwaizumi che era arrivato proprio in quel momento e acchiappò al volo le manette di riserva che teneva in auto e che Oikawa gli aveva gentilmente lanciato. Tenne il giovane colpevole contro l’auto, mentre gli leggeva i suoi diritti, senza smettere di fissare il castano.
«Hai visto che cosa ho fatto, Iwa-chan?» disse, esaltato, dopo che il ragazzo fu fatto accomodare sul sedile posteriore.
Iwaizumi, però, gli lanciò un’occhiata quasi glaciale, il fiato corto e la faccia sudata per via della corsa. «Ti avevo detto di restare-»
«In macchina» si affrettò ad aggiungere Oikawa. «Mi avevi detto di restare in macchina, e io l’ho fatto.»
Il detective chiuse la bocca, non sapendo come replicare a quella affermazione, per poi sbuffare, affranto. Oikawa sapeva sempre come spuntarla, e francamente era troppo stanco per replicare. «Si può sapere come facevi a sapere dove era diretto?» chiese.
«C’è un locale dall’altra parte della strada – indicò una strada costeggiata da un paio di palazzi rosa e grigio chiaro –, ci andavo con alcuni ragazzi della squadra di football. Si nascondevano lì quando non volevano parlare con le loro fidanzate. Ho solo pensato che fosse il luogo perfetto per il nostro ragazzaccio cattivo» disse, salutandolo con la mano e rivolgendogli un sorriso mellifluo. Probabilmente, se l’altro non avesse avuto le mani legate, avrebbe già ostentato il dito medio al suo indirizzo.
Ci un attimo di silenzio, rotto solo da Oikawa che, imitando la voce di Iwaizumi, diceva: “Grazie Oikawa!”, seguito da “Il piacere è tutto mio, Iwa-chan!”
Hajime grugnì, alzando gli occhi al cielo. «Sì, beh… Ottimo lavoro, Shittykawa.»




Alla fine, come c’era d’aspettarsi, il ragazzo aveva confessato l’omicidio della giovane studentessa e sua compagna di corso, confermando che voleva tapparle la bocca per sempre prima che gli rovinasse la carriera. In realtà, a detta di Iwaizumi e dello stesso Oikawa, se l’era rovinata con le sue stesse mani, ma la cosa importante era che la famiglia della giovane sapesse qual era il volto dell’assassino. Si trattava solo di una magra consolazione, di certo non gli avrebbe ridato indietro la figlia, eppure era questo uno degli effetti collaterali di questo lavoro: entrare a stretto contatto con situazioni molto spesso spiacevoli e che lasciano un grande dolore tra i vivi, un dolore che spesso non si riesce a superare. Un dolore che spesso è accompagnato dai sensi di colpa.
Iwaizumi provò un brivido lungo la schiena quando sentì le braccia di Oikawa che gli cingevano il collo, la camicia completamente sbottonata. Erano tornati tardi quella sera, e l’unico argomento di conversazione era stata la festa che il castano aveva organizzato per l’indomani, qualche commento su Mike e le successive lamentele di Iwaizumi per via della macchia di caffè che gli aveva fatto fare una figuraccia tremenda davanti al capitano. Tuttavia, era come se qualcosa continuasse ad aleggiare nell’aria, qualcosa che voleva essere detta, ma che nessuno dei due osava pronunciare.
Hajime si era recato in camera da letto, con l’intento di spogliarsi e andare a dormire, lasciando Oikawa nell’altra stanza, a guardare uno di quei reality show assolutamente ridicoli. Non si aspettava di certo che lo raggiungesse, anche perché non l’aveva sentito entrare, completamente immerso nei suoi pensieri sul pacco regalo, sull’inseguimento di oggi, sulle immagini degli occhi di Oikawa che si spegnevano lentamente, immagini che non avevano alcuna intenzione di lasciarlo in pace. Sentì il naso freddo del ragazzo premere contro la pelle tesa e calda del suo collo, ispirando il suo profumo che sapeva di caffè e dopobarba.
«Sei ancora arrabbiato perché ti ho versato il caffè addosso?» mugugnò, cominciando a baciare quella porzione di pelle.
Iwaizumi cercò di rimanere lucido, prima di lasciare che la sua mente venisse totalmente inebriata dal piacere che, piano piano, si stava irradiando in tutto il corpo, come se fosse un vento caldo proveniente dal deserto.
«Di certo, la parte colpita non è stata affatto felice di ricevere un liquido bollente addosso…» brontolò, dando comunque voce all’impulso di reclinare la testa indietro per lasciare più spazio a Oikawa.
I denti del ragazzo affondarono la carne della spalla, strappando un lamento al giovane detective. «Posso sempre visitarti...» sussurrò con tono carezzevole.
Iwaizumi dovette deglutire più di una volta prima di rispondere. «Non credo sarebbe una buona idea…»
Si liberò dalla presa del fidanzato, rendendosi conto che il suo tono di voce diceva tutt’altro: e proprio per questa ragione Oikawa si avvicinò maggiormente a lui, posando le mani sul suo petto. Aveva il volto dell’altro a pochi centimetri dal suo, poteva sentire il battito del suo cuore farsi sempre più irregolare e il respiro farsi pesante. Graffiò quella pelle che si faceva sempre più bollente, continuando a indugiare, come se aspettasse che il ragazzo fosse totalmente alla sua mercé prima di cominciare a baciarlo.
Hajime era impulsivo, bastavano pochi gesti per far capire ad Oikawa che voleva farlo suo; Tooru, invece, amava pregustare la reazione dell’altro con lentezza, voleva vedere la parte più debole di Iwaizumi, quella che veniva fuori solo in rare occasione e che, ancora, non conosceva alla perfezione.
Sapeva che c’era qualcosa che lo turbava, e forse era quello il momento perfetto per cacciarlo fuori.
Capì di avere Hajime in pugno quando, con un sospiro profondo, posò la fronte contro la sua, e fu allora che cominciò a baciarlo, premendo le labbra contro le sue; poi, la sua lingua si fece strada, intrecciandosi a quella dell’altro. Infilò il pollice dentro la bocca di Iwaizumi, in modo da facilitare quel gioco di lingue, e lo sentì protestare appena, la mente totalmente scollegata dalla realtà. Stava annegando, vittima di un maremoto causato dai suoi stessi sentimenti, dai suoi stessi turbamenti.
La maschera di sicurezza e determinazione che indossava sempre era totalmente sparita, mentre Oikawa lo spingeva a letto, entrambi liberi dai loro indumenti superiori. Il castano continuò a baciarlo con foga, le sue labbra che si spostarono sotto il mento e sul petto, dove cominciavano già a comparire i segni rossi dovuti ai graffi di prima. Li leccò, e Iwaizumi costrinse il suo corpo a rimanere fermo, impose alla sua schiena di rimanere ancorata al materasso, stingendo il lenzuolo e respirando a tentoni.
«Oikawa…» riuscì a dire. «Se il capitano si accorge di qualche segno… Siamo fottuti…»
«Domani abbiamo la giornata libera, ricordi?» disse, continuando a baciare e a leccare quella pelle rovente, fino ad avvicinarsi alla parte che, in quel momento, bramava più di qualsiasi altra cosa. «Mi avevi promesso che avremmo fatto qualcosa assieme...»
Si lasciò sfuggire una mezza risata, che all’orecchie di Iwaizumi risultò quasi distorta, stringendo le palpebre e raccattando quella poca aria rimasta attorno a sé. «Sei tu che hai anticipato i giochi-» e non continuò la frase, poiché si lasciò sfuggire un gemito di piacere, Oikawa che finalmente l’aveva liberato da quella stoffa opprimente.
Lanciò pantaloni macchiati e i boxer di lato, e dedicandosi a ciò che gli interessava veramente, cominciando a passarci la lingua sopra, dall’estremità fino alla punta, e a quel punto Iwaizumi non riuscì più a controllarsi, la schiena che si inarcò contro il suo volere.
«Cazzo, Shittykawa…» rantolò, riuscendo a riprendere fiato.
Spostò lo sguardo sugli occhi color cioccolato del ragazzo, che lo fissava come se fosse una pantera pronta a sbranare la propria preda. Si avvicinò al suo orecchio, e parlò con quel tono di voce dannatamente seducente e provocatorio. «Tranquillo, non ho intenzione di farti venire ora…» bisbigliò, e Iwaizumi sentì una nuova scarica, questa volta proveniente dal basso ventre. 
Oikawa lo fissò con un mezzo sorriso stampato in faccia, inclinando la testa di lato, per poi aprire il cassetto del comodino e tirare fuori una bustina argentata. «Prima devi parlare…» disse, slacciandosi i pantaloni e facendoli scivolare lentamente, seguiti dai suoi boxer.
La sua voce era simile a un fischio, per Iwaizumi, lo stesso fischio che aveva sentito vicino al suo orecchio quando era partito lo sparo, lo stesso fischio dei macchinari…
«Parlare? E di che cos—merda!» Non finì la frase, poiché Oikawa aveva già infilato il primo dito, avvicinandosi sempre di più al suo viso.
Era bellissimo. Iwaizumi non aveva nulla da invidiare agli altri ragazzi. Era quel tipo di bellezza che non tutti riuscivano ad apprezzare. Eppure, lui si sentiva estremamente fortunato ad averla affianco tutti i giorni, a poterla ammirare in tutte le sue sfaccettature. Adorava osservare Iwaizumi quando era distratto, pensieroso, perché i suoi occhi si accendevano di una luce nuova, una luce che faceva brillare quelle iridi come se fossero due smeraldi.
E anche adesso, la vedeva, quella luce, gli occhi liquidi e il viso rosso.
Si avventò nuovamente su quelle labbra, mordendo, leccando e succhiando, mentre anche il secondo dito entrava, strappando un ennesimo gemito al detective. Quando anche il terzo dito entrò e sentì Iwaizumi tremare sotto di sé, capì di aver raggiunto il limite.
«Crolla, Hajime… ti prego…» disse, e questa volta la sua voce aveva una sfumatura malinconica, come se gli stesse chiedendo di abbassare quel muro che separava le sue paure, i suoi sensi di colpa, dal resto del mondo. Come se gli chiedesse di esporre finalmente quello che provava da quando era successo l’incidente, da quando Oikawa stava per morire tra le sue braccia, da quando aveva cercato di ricomporsi in una dannata toilet d’ospedale. Tutte cose che Oikawa non conosceva, eppure aveva intuito che c’era qualcosa che non andava ogni qual volta il ragazzo passava le sue dita ruvide su quel foro ancora evidente.
Non appena lo sentì entrare, gli occhi di Iwaizumi cominciarono a pizzicare, scene che si sovrapponevano a quello che stava vivendo in quel momento. Sentiva le spinte, ma quello che c’era attorno non riusciva a vederlo. Era come se i suoi occhi si fossero improvvisamente spenti.
«Hajime!» Oikawa gli prese il viso tra le mani, premendo la fronte contro la sua. «Guardami, Hajime! Guardami!»
Il ragazzo sbatté un paio di volte le palpebre. Gli occhi color cioccolato di Oikawa erano diventati due pozze d’acqua: aveva ottenuto quello che voleva, ma faceva ugualmente male.
«Io sono qui… Non me ne sono andato…» disse, e gli sfuggì un singhiozzo. «Smettila di sentirti in colpa…»
Iwaizumi non aveva mai smesso di sentirsi in colpa. Ogni volta che pensava a quel segno lasciato sulla pelle candida e perfetta di Oikawa, si sentiva morire.
Ci pensava spesso, a come sarebbe stata la sua vita senza Oikawa, un incubo che lo tormentava persino in sogno. Una vita vuota, futile, senza un reale scopo se non quello di continuare il suo lavoro. E la sola idea che ci fosse il serio rischio che le sue giornate diventassero il protrarsi continuo di una tortura estenuante, lo faceva impazzire. La sola idea di non avere nessuno da festeggiare, per quel 20 luglio, lo faceva impazzire.
E questo Oikawa l’aveva capito.
La sua mano andò ad afferrare i fili castani del giovane, grattando con forza la cute, per poi spingere il capo verso di sé. Fu un bacio un po’ scomposto, ma che assicurò comunque ad Oikawa che lui c’era, che era finalmente tornato.
Ricominciarono da dove avevano lasciato, Oikawa che aumentò l’intensità delle spinte, e Iwaizumi si rese conto che non c’era cosa più bella di osservare il suo viso stravolto dal piacere, mentre veniva dentro di lui.




Avvertì delle dita che gli accarezzavano le guance, e aprì gli occhi, incrociando due iridi smeraldine che lo fissavano. Iwaizumi aveva un’espressione serena in viso, era da tanto che non lo vedeva così. Oikawa incurvò le labbra in un sorriso intenerito, facendosi più vicino al compagno, stringendolo in un abbraccio caldo e che profumava ancora del piacere che aveva consumato la notte prima.
«Buongiorno…» mormorò, strusciando il viso contro il petto di Iwaizumi.
«Buon compleanno…» gli disse l’altro, la voce ancora impastata di sonno.
Oikawa rise, e Hajime avrebbe potuto bearsi di quella risata per tutte le mattine a venire. Era felice di averlo lì, per quanto fosse un rompiscatole di prima categoria; ma era il suo rompiscatole, anche se questo non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce.
Rimasero così, stretti l’uno all’altro, ignorando che fossero già le dieci del mattino e che, in teoria, avrebbero dovuto alzarsi, lasciandosi cullare nuovamente dalle braccia di Morfeo. Fu il campanello a risvegliarli.
«Suonano…» disse Oikawa.
«Vai ad aprire tu, è il mio regalo per te…» gli confessò Iwaizumi, e questo bastò per far scattare sull’attenti Oikawa. Ruzzolò giù dal letto, afferrando i pantaloni e una maglietta, poco importava se era sua o di Hajime, mentre quest’ultimo ridacchiava.
Si alzò anche lui solo quando sentì Oikawa urlare come una sedicenne che aveva appena incontrato il suo idolo. Indossò i pantaloni della tuta, dirigendosi verso l’ingresso, e vi trovò Oikawa quasi in lacrime davanti al pacco aperto. Aveva addosso una sua maglietta che gli stava troppo larga, il logo di uno dei film di Godzilla oramai sbiadito, mentre era in ginocchio davanti a una riproduzione assolutamente perfetta della Morte Nera, realizzata da un famoso artigiano che aveva ricopiato alla perfezione ogni minimo particolare. Oikawa l’aveva intravista una volta su Internet, e ci era rimasto male perché non poteva permettersela. Iwaizumi aveva messo da parte metà del suo stipendio per un anno intero pur di comprargliela.
«Tu sei… Sei un pazzo!» gli disse, anche se non poteva contenere la sua gioia, dirigendosi verso di lui per stampargli un bacio sulle labbra.
Le mani di Tooru erano sul volto di Iwaizumi, mentre le sue si erano posate sui fianchi perfettamente sagomati del ragazzo, avvicinandolo di più a sé. Parlò solo quando gli fu data la possibilità di riprendere aria. «Devo dedurre che il regalo ti è piaciuto?» disse, retorico.
«Non avrei mai immaginato che mi avresti regalato qualcosa di Star Wars!» disse, euforico. Hajime non era un amante del genere, eppure aveva fatto di tutto pur di farlo felice il giorno del suo compleanno. Gli aveva fatto quel regalo perché voleva farsi perdonare per via dell’incidente? O perché si era reso conto che certi momenti volavano via troppo velocemente e che quindi bisognava cogliere l’occasione al volo? Questo nessuno dei due lo sapeva con certezza, ma dopo quello che era successo la sera precedente non aveva più tanta importanza. «Pensavo che mi avresti seriamente regalato una macchina per il caffè!» disse, stringendosi a lui come poco prima, quando erano a letto.
Aveva la testa posata sulla sua spalla, e sentiva il mento dell’altro premuto contro la clavicola. «E invece ti ritrovi ad avere il miglior fidanzato sulla faccia della Terra!» gli disse, canzonandolo.
«Ora non esagerare, detective dei miei stivali!»
Risero entrambi, notando che gli occhi dell’altro erano carichi di una sfumatura nuova, una pellicola trasparente che li rendeva lucidi, come se fossero due pozze di acqua colorata, e i due amanti erano quasi sul punto di immergersi in quell’acqua, restandoci per sempre. Si scambiarono un altro bacio e finirono nuovamente senza più ossigeno a disposizione.
«Stavo pensando…» disse il castano, giochicchiando con il labbro inferiore del detective. «Che potremmo fare colazione un po’ più tardi e tornarcene a letto… non ti sembra una buona idea?»
«E il modellino? Non lo vuoi sistemare?» domandò Iwaizumi, lasciandosi vezzeggiare le labbra con l’indice.
«Sì… ma posso farlo sempre dopo…»
Fu allora che Oikawa si sentì sollevare in aria, un urletto di stupore che salì lungo la sua gola, e fu costretto a stringere le gambe lungo il bacino di Iwaizumi. Vero, era più alto di lui, ma Iwa-chan si era allenato duramente all’Accademia, spesso sollevando pesi di una decina di chili, di certo non era un problema per lui riuscire a prendere in braccio Oikawa.
«Ero già intenzionato a riportarti a letto quando ti ho visto con la mia maglietta addosso…» disse con tono graffiante.
«Iwa-chan, diamine, sei sempre così rude!» e riprese a baciarlo con foga, mentre tornavano entrambi alla loro camera da letto.




Quello fu il miglior compleanno che Oikawa Tooru avesse mai passato nella sua intera esistenza, più bello di quando i suoi compagni di liceo gli avevano organizzato la festa a sorpresa con tanto di piscina gonfiabile.
Era stato perfetto, e non perché aveva organizzato una festa megagalattica: no, si era solo limitato a invitare i suoi colleghi a cena, dicendo che avrebbe cucinato lui.
Era stato perfetto perché aveva passato la giornata con Iwaizumi, impiastricciando la cucina nel tentativo di cucinare piatti assurdi e complicatissimi.
Era stato perfetto perché era stato un giorno come un altro, con loro due che si erano scolati un’intera brocca di caffè e di tè in un solo pomeriggio.
Era stato perfetto perché, finalmente, Iwaizumi sembrava che si fosse liberato un peso dal cuore. E alla fine, Oikawa si disse che ogni giorno era perfetto, se aveva la possibilità di passarlo con la persona che amava veramente.

 
_____
 
Primo incontro: A versa accidentalmente del caffè/tè addosso a B.


Potevo non scrivere qualcosa per il compleanno del Grande Re?
Assolutamente no, perciò... BUON COMPLEANNO, OIKAWA-SAN!
Devo dire che l'idea mi frullava in testa già da un po', soprattutto dopo aver visto questo prompt: okay, l'ho un po' modificato, ma l'immagine di Oikawa che versa del caffè addosso a Iwaizumi mi HA FATTO RIDERE TANTISSIMO, VI PREGO, AIUTATEMI!
E niente, doveva essere qualcosa di fluffuoso, ma come al solito mi lascio trascinare dall'angst, perdonate me por mi vida loca (??)
Che altro dire? 
Allora, il modellino della Morte Nera esiste veramente, la canzone che canta Oikawa è questa, la scena iniziale trae ispirazione da questo post e l'ispirazione per il giubbotto di Oikawa l'ho presa da questo; oh, e non so scrivere porn. Me ne rendo conto. Ripeto, PERDONATE ME POR MI VIDA LOCA!
*la imbavagliano*
E nella mia mente, Oikawa e Iwaizumi prima vivevano a New York, ma poi Oikawa si è trasferito perché è andato a studiare ad Harvard, mentre Iwaizumi si è trasferito dopo, quando l'hanno affidato al dipartimento di Boston.
Che dire, ci si vede alla prossima storia della serie! ^^
_Lady di inchiostro_

l'uccellino cinguetta 
  
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