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Autore: smak978    20/07/2017    14 recensioni
"Succorbentis?" Chiese Malfoy con un filo di voce, coprendo subito il volto con quell'insopportabile maschera. "Hai la Succorbentis?" Silenzio. "Lo sai che è una malattia incredibilmente rara, vero? ...E lo sai che è incurabile, vero?" Silenzio. "Non c'è da stupirsi che ti rifiuti di accettarlo." Ron/Hermione/Grifondoro OOC
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, Traduzione, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Da Epilogo alternativo
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Buonasera e scusate per il ritardo, a causa di alcuni contrattempi il capitolo non ha attraversato le consuete fasi di correzione, quindi potreste trovare delle imperfezioni. In ogni caso il capitolo corretto sarà postato entro il 25.
Buona lettura!!



Capitolo 29 - Espulso





“Lo metta a posto!
 
“Lo metta a posto! Lo metta a posto! Non tutto si può mettere a posto, Malfoy!”
 
“FACCIA IL SUO LAVORO E LO METTA A POSTO!”
 
“Giralo! Tienilo fermo!”
 
Blaise osservò a bocca aperta la scena davanti ai suoi occhi, le sue mani tremavano. Il sangue impregnava il mantello di Potter, gocciolava sul suo volto, e formava una pozzanghera sul pavimento intorno a lui. Era una cazzo di scena da incubo. E poi c’era Draco, nel bel mezzo della stanza, che teneva fermo il Ragazzo Prodigio con le mani macchiate di rosso. Stava accarezzando la fronte sudata di Potter, e cercava di calmarlo mentre era in preda alle convulsioni sul pavimento. Erano tornati all’anno precedente. Mancava solo Goyle che sbucava dal nulla con la sua bacchetta, e il quadro sarebbe stato completo.
 
Madama Chips si era quasi materializzata lì quando Blaise l’aveva avvertita. Tutto quello che era riuscito a dire, fra gli affanni, era stato “Potter… sangue-” E lei aveva raccolto quante più pozioni riusciva a trasportare, ne aveva lanciate a Blaise così tante altre che non c’entrava più nulla fra le sue braccia, e lo aveva spinto velocemente nel camino. Tecnicamente, la Metropolvere non avrebbe dovuto essere più in funzione a Hogwarts. Ma non sembrava proprio che a Madama Chips fregasse qualcosa.
 
Tienilo fermo, per Merlino!”
 
“Lo sto facendo, razza di pipistrello rincoglionito!”
 
Blaise rimase inutilmente in disparte, con gli occhi sgranati. Madama Chips agitò la bacchetta quasi con violenza, tagliando direttamente il mantello di Potter; dei lividi gli ricoprivano il petto e lo stomaco, blu e viola. Perché non aveva detto niente? Eppure dovevano avergli fatto molto male.
 
Tastò in punti diversi, aveva il volto pallido come un cencio, e agitava la bacchetta così velocemente che era un miracolo che riuscisse anche solo a vedere i risultati. “Guaritore Interno, adesso!” Gli ci volle un po’ per capire che stava parlando con lui, e anche quando se ne rese conto, non riuscì a muoversi. Theo dovette raggiungerlo e frugare fra le pozioni per trovare quella giusta, poi la passò a Madama Chips. “Stabilizzante Magico!”
 
“È un po’ troppo tardi per quello, non trova?!” Ringhiò Draco, “Perché non l’ha controllato?!”
 
“Ho avuto un’intera casa in Infermeria oggi! E lei pretende che passassi il tempo a seguire questo stupido e sciocco ragazzo?!” Ribatté, agitatissima. Aveva gli occhi colmi di lacrime e le guance rigate. Draco non sembrò curarsene, ringhiò invece.
 
“È COMPITO SUO!”
 
Tuttavia la donna continuò a lavorare, fece svanire il sangue con un tocco di bacchetta, poi un momento dopo la puntò sul petto di Potter, borbottando degli incantesimi sotto voce.
 
Draco sembrava… a pezzi.
 
Stava letteralmente stringendo Potter, gli accarezzava le spalle, scostandogli i capelli dagli occhi. Era… oh, fottutissimo Salazar… Potter era ancora cosciente. Sbatteva pesantemente le palpebre, e i suoi occhi agitati erano puntati sul volto di Draco. Senza lasciarlo un secondo. Merda… Blaise aveva bisogno di uscire. Non riusciva più a sopportare quella situazione. Ma aveva le pozioni fra le braccia. Cazzo. Cazzo.
 
Pansy intercettò il suo sguardo.
 
In un batter d’occhio si apprestò a rimuovere le pozioni ammassate fra le sue braccia, posizionandole sul letto più vicino. Le riordinò velocemente, in ordine alfabetico. Di conseguenza, quando Madama Chips urlò “Il dannatissimo Coagulante!” Pansy la stava già raggiungendo, stappando la pozione per fornirle anche solo un minimo di aiuto.
 
“Controllo Danni.” Esclamò, prendendo le ultime due pozioni. “Fa quello che devi fare.”
 
Maledizione, si sentì debole mentre correva via dalla stanza, le gambe gli cedevano. Potter stava tremando sul pavimento mentre perdeva un’enorme quantità di sangue. Madama Chips sembrava sull’orlo di una crisi isterica; e Draco non era in uno stato migliore. Eppure era lui che aveva dovuto lasciare la stanza. Che razza di Serpeverde stava diventando; non c’era da sorprendersi che non si era mai unito ai Mangiamorte; non l’avrebbero neanche accettato fra loro.
 
Blaise iniziò a contare a mente, cercando di calmare il suo respiro. Molto presto avrebbe avuto bisogno del bagno. Tuttavia, mise la maschera in posizione, e si accigliò mentre si affrettava verso la Sala Comune.
 
Come previsto, era piena di facce curiose. Alcuni ragazzi del terzo anno fingevano di terminare i loro compiti, anche se erano stati esonerati dallo studio per via dell’incidente di poco prima. Altri primini giocavano a scacchi, anche se era ovvio che non avevano mai visto una scacchiera in vita loro. Un ragazzo del settimo anno fingeva di dormire sulla poltrona per origliare qualche informazione importante.
 
Blaise agitò la bacchetta verso l’entrata, sigillandola. “Riunione. Adesso.”
 
Ci fu un forte calpestio quando afferrò una pergamena, i Serpeverde si spinsero fra loro nella stanza. Avevano sentito le urla; sapevano che stava succedendo qualcosa. Perfino in quel momento le urla di Draco riecheggiavano da sopra le scale. “Cazzo, non ti permettere, Harry!”
 
Blaise si guardò intorno silenziosamente, incontrando tutti gli sguardi curiosi. “Giuramento. Adesso.”
 
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“Draco, hai bisogno di riposo.”
 
Theo sospirò interiormente, scambiandosi uno sguardo con Blaise. Sarebbe stato un disastro. Pansy aveva deciso che fare domande era fuori questione, e proprio a supporto della sua tesi, era stata insistente. Pretendeva risposte. Perché tutti sapevano che i Malfoy adoravano che gli si dicesse cosa fare.
 
Tuttavia, Draco non batté ciglio sentendo le richieste; i suoi occhi non si staccavano dal volto di Potter. Non avrebbe dormito finché Potter non si fosse svegliato, assicurandogli che non sarebbe più annegato a morte nel proprio sangue. Anche un idiota l’avrebbe capito.
 
Si erano sbagliati di grosso; avevano pensato che fossero amici, certo, ma… perché erano costretti. Non che… Theo non si sarebbe mai aspettato di vedere Draco che guardava qualcun altro in quel modo. Sembrava smarrito. Anche quando l’avevano costretto a lavorare per il Signore Oscuro non era sembrato così spaventato come in quel momento, mentre osservava le palpebre chiuse di Potter che tremavano nel sonno.
 
Cazzo, che situazione contorta. Era una merda.
 
Stavano ridendo. Parlando. Si stavano divertendo.
 
Chi diavolo si sarebbe mai aspettato che Potter cercasse di decedere?
 
Il sangue era scomparso, per fortuna. E anche le convulsioni. Potter aveva ripreso a respirare.
 
Draco si rifiutava di parlare. Appena la singhiozzante Madama Chips aveva lasciato il Dormitorio, fu come se un Incantesimo Silenziatore l’avesse colpito. Non era così, ovviamente; avevano controllato. Non c’era modo di convincerlo a parlare; solo il silenzio accoglieva le loro domande.
 
C’era qualcosa sotto; le persone non soffocavano nel proprio sangue.
 
Doveva essere collegato al fatto che Draco aveva la bacchetta di Potter, questo era certo. O alla sua mancanza di magia. Oppure al fatto che in quel momento sembrava che il mondo stesse crollando addosso a Draco.
 
Potter e Draco stavano nascondendo qualcosa.
 
 
“Draco, Potty non andrà da nessuna parte. Puoi dormire.”
 
Oh. Merda.
 
Blaise fece un verso strozzato nel proprio letto, era al sicuro sotto le coperte nel posto più lontano dal biondo furioso. Theo l’avrebbe imitato, se solo non fosse stato così vicino.
 
Che stolta. Che idiota completa. Ormai sapeva di non dover chiamare Potter con quel soprannome. Quando era solo, certo, aveva campo libero. Ma quando Draco era nella stanza? Che stupida.
 
Draco distolse finalmente gli occhi dal ragazzo addormentato, rivolgendo il suo sguardo assassino a Pansy. Lei rimase immobile, con le sopracciglia alzate. Proprio come avrebbe fatto uno stupido Grifondiota. Non avrebbe per niente migliorato la situazione.
 
La voce di Draco fu bassa, pericolosa. “Pansy, se tieni alla tua vita quanto credo, farai meglio ad uscire immediatamente di qui prima che io faccia qualcosa di cui non mi pentirò affatto.”
 
Cristo, Draco, è solo un soprannome!”
 
“È il mio soprannome!”
 
“Be’, adesso ti stai comportando in modo davvero ridicolo.”
 
Va’ fuori.”
 
“Draco-” La bacchetta apparve nella sua mano come se si fosse materializzata, silenziando immediatamente Pansy. Lei distolse lo sguardo, pensando a cosa fare. Avrebbe dovuto guardare Draco; i suoi occhi erano freddi, oscuri.
 
Draco si era addolcito da quando aveva iniziato a frequentare Potter; nessuno poteva negarlo. Tuttavia, in quel momento, era capace di tutto; una volta che si faceva la conoscenza di quel gelido Draco, no, Malfoy, non si potevano avere dubbi sul perché riuscisse a controllare la casa Serpeverde con un solo sguardo. Theo poteva tranquillamente ammettere che era terrorizzato da quel Draco.
 
Era davvero tentato di rannicchiarsi e fingere di essere sordo in quel momento; non lo fece per timore di attirare l’attenzione di Draco. Gli andava perfettamente bene che fosse concentrato su Pansy.
 
Theo tornò con lo sguardo al moro; che c’era in lui che aveva trasformato Draco? Che c’era in lui che aveva suscitato la fiducia dei Serpeverde? Di certo non…
 
Gli occhi verdi lo guardarono.
 
“Draco.” Theo dovette sforzarsi di mantenere un’espressione calma e indifferente quando lo sguardo assassino si posò su di lui. Per quanto tempo il pretendente era stato sveglio? La sua espressione era ancora assente, si guardava intorno con occhi appannati, cercando di capire cosa fosse successo. Il sostituto perfetto per Pansy. “Potter è sveglio.”
 
Quasi si dispiacque per Potter quando Draco si voltò di scatto, con gli occhi ridotti a due fessure. Quasi.
 
Io ti tolgo quella maledetta bacchetta per evitare che ti autodistrugga… e tu invece decidi di fare incantesimi senza usarla, ma che razza di stronzo!”
 
Potter, dal canto suo, si prese un momento per concentrarsi su Draco prima di parlare, e trasalì quando trovò il suo obbiettivo. Deglutì a fatica, sforzandosi di mettersi seduto. “Scus-”
 
“E che Salazar mi fermi, se stai cercando di scusarti, perché ti annienterei.”
 
Potter sbatté ancora le palpebre, accigliandosi per la confusione. Povero Potter; nessuno riusciva a ragionare con Draco quando era in quello stato. Le ipocrisie non venivano considerate, ed era meglio non fargliele notare. Theo guardò di sfuggita Pansy che correva verso il letto di Blaise, cercando rifugio sotto le sue coperte. Be’. Quella era una cosa di cui non si era accorto.
 
“S-stai… bene?” Riuscì a dire Potter con voce rauca, tendendo una mano per invitare Draco a raggiungerlo. Cristo, chi l’avrebbe mai invitato ad avvicinarsi quando era in quello stato? Era come chiedere una maledizione!
 
“Razza di idiota.” Theo guardò esterrefatto Draco che raggiungeva il letto dell’altro, con la voce tremante. Si lasciò affondare sul materasso, chinandosi per appoggiare la testa sulla sua spalla. “Non farlo mai più.”
 

 
Due parole, e la bestia era domata.
 
Dannazione, dovevano amarsi sul serio.
 
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 Harry degnò a malapena di uno sguardo i lividi che gli ricoprivano il petto, e indossò rapidamente la camicia, anche solo per far smettere Pansy di fissarlo a bocca aperta come se fosse l’attrazione di uno show. Madama Chips l’aveva messo apposto, di nuovo, ma non si sentiva ancora bene al cento per cento; il suo respiro non era normale, era come se fosse ostruito, come se non ci fosse abituato. Doveva concentrarsi ad ogni respiro, e cercare di non sussultare per il dolore che si irradiava nel suo petto, attanagliandogli i polmoni. Anche lo stomaco era dolorante, così come la testa, e il cuore. Gli faceva male tutto.
 
Ma era vivo. Doveva pur contare qualcosa, giusto?
 
Harry era rimasto sveglio per un’ora prima di alzarsi; ci era voluto tutto quel tempo per racimolare le energie per alzarsi. Era passato un bel po’ dall’ultima volta che si era sentito così spossato, così esausto. Eppure, si stava comunque preparando per andare a lezione.
 
Non aveva tempo per essere stanco. Per ‘guarire’. Non sarebbe mai guarito completamente, quindi perché perdere tempo? Non poteva comunque farci niente; il suo corpo stava cedendo. Sorpresa.
 
Indossò il suo mantello, raddrizzò il colletto della camicia e alzò le sopracciglia mentre osservava Theo, che si stava vestendo lentamente di fronte a lui. Si comportava come se non fosse successo niente la notte prima, era indifferente. E Harry ci avrebbe creduto se non l’avesse beccato a fissarlo con confusione ogni due secondi.
 
Il silenzio era quasi palpabile; Harry era sicuro che la tensione aveva assunto una forma corporea. Mancava solo che succedesse qualcosa di imbarazzante, per completare il quadro.
 
Tornò a guardare lo specchio, fissando i suoi capelli disordinati. Non aveva senso provare a riordinarli, ma sperava di non sembrare come se… be’ come se avesse appena scopato, come prima cosa. Perché non poteva avere dei normali capelli corti? Sembravano sottili, poco sani. Perché ogni cosa di lui sembrava così malaticcia? Perfino la sua pelle era pallida. Aveva gli occhi scavati, e sotto di loro iniziavano a formarsi dei cerchi viola. Perché non poteva avere un aspetto normale mentre smetteva di esistere?
 
Scorse lo sguardo di Zabini allo specchio, e alzò gli occhi al cielo quando lo distolse velocemente. Grandioso. I Serpeverde lo compativano. O quello, oppure non volevano avere più niente a che fare con lui. In entrambi i casi, il suo petto era attanagliato da un dolore che non aveva niente a che fare con il fatto che la scorsa notte il suo polmone aveva cercato di soffocarlo.
 
Harry sospirò, si passò una mano fra i capelli e si voltò a guardarli, ma trasalì quando, appena incontrarono i suoi occhi, tutti loro distolsero immediatamente lo sguardo. Era esattamente quello che aveva cercato di evitare; l’imbarazzo che aleggiava intorno a qualcuno che non sarebbe sopravvissuto neanche fino al suo prossimo compleanno.
 
“…vi darò un minuto per farmi qualsiasi tipo di domanda.” Harry sospirò, e fu sorpreso di vedere che i loro occhi si posarono immediatamente su di lui. Ron e Hermione avrebbero scrollato le spalle dicendo ‘Non devi dircelo se non te la senti.’, oppure sarebbero stati semplicemente felici della cosa. I Serpeverde si stavano già preparando all’attacco.
 
“Cinque.” Ribatté Theo, e si accigliò quando Potter ridacchiò nervosamente in risposta. Stavano contrattando per sentire le bugie di un morto-vivente? Sul serio?
 
“Uno.” Propose con disinvoltura Harry.
 
“Tre.”
 
“Uno.”
 
Tre.” Quel tono differente gli fece subito venir voglia di cambiare di cambiare idea.
 
“Uno.”
 
“…va bene.” Gli concesse Theo, scrollando le spalle. Harry non ignorò quel gesto; era una minaccia in sé. “Qual è il nome della malattia?”
 
Harry rimase di stucco, era a bocca aperta. Sul serio? Come prima domanda? Non gli aveva chiesto se avesse una malattia, ma il suo nome? Erano proprio dei piccoli bastardelli scaltri, vero? Guardò gli altri, ma lo fissavano entrambi attentamente, perforando il cranio di Harry. Non aveva molta voglia di rispondere; qualunque altra domanda andava bene, riusciva a malapena a dirlo ad altra voce! Come potevano aspettarsi che lo dicesse?
 
“…Succorbentis…” Sussurrò Harry, distogliendo lo sguardo per non vedere le loro reazioni. Wow. L’aveva detto ad altri tre studenti; aveva pronunciato quell’orribile, malvagia parola. Il Profeta l’avrebbe saputo entro il crepuscolo. Harry era grato di non aver visto le loro reazioni, anche solo per non vedere il simbolo dei Galeoni nei loro occhi.
 
“…Da quanto tempo ce l’hai?” Chiese Blaise, facendo il giro del letto per avvicinarsi. Harry gli rivolse lo sguardo, ma quando vide il suo volto indifferente, coperto da una maschera, lo distolse di nuovo.
 
“Da poche settimane dopo la fine della guerra.”
 
“Da quanto lo sa Draco?” Intervenne Pansy, accigliandosi leggermente. Anche Harry fece lo stesso, cercando di ricordarsene.
 
“Uhm… l’ha saputo poche settimane dopo l’inizio della scuola. Quell’idiota mi ha stalkerato.”
 
“Bastardo.” Borbottò Parkinson, mordendosi il pollice. Harry si limitò a guardarla freddamente, voltandosi verso Nott appena gli fece un’altra domanda a bruciapelo. Era senza scrupoli, quel ragazzo.
 
“I Grifondoro non lo sanno, non è così?”
 
Harry strinse i denti, borbottando una risposta. Merlino, si sentiva patetico. “No.”
 
“Quindi perché Draco ha la tua bacchetta?” Stava forse cercando di essere il più brutale possibile? Harry scrollò le spalle quando l’altro gli lanciò un’occhiata, con noncuranza. “Ci hai dato campo libero per un minuto. Rispondi.”
 
Serpeverde.
 
“Me l’ha requisita quando ho avuto una brutta reazione.”
 
“Per aver usato la magia?” Chiese, ma quando Harry annuì continuò ad essere accigliato. Dio, riusciva già a sentire i pensieri che si formavano nelle loro teste ‘Quindi, adesso sei praticamente un magonò, o un babbano, giusto?’ Oppure, ‘Puoi restituirci la cravatta?’ Avrebbero iniziato a compatirlo, se non lo stavano già facendo.  Poi sarebbe arrivato l’allontanamento. Le conversazioni imbarazzanti. La solitudine.
 
“Allora, a che punto sei con Draco?” Harry si voltò di nuovo verso Parkinson, balbettando. No.
 
“Non risponderò a questa domanda.” Sbottò, e quando arrossì alzò gli occhi al cielo. Lei iniziò a ghignare.
 
“Un minuto di campo libero, giusto?” Tubò, sorridendo con malizia. Letteralmente; la malvagità si irradiava dalle sue labbra, infettando la stanza. Ugh, le fangirl. “Avete fatto qualcosa, se ti sei rifiutato così velocemente di rispondere.”
 
“Aspetta, ma se sei a scuola, come fai a curarti?” Aggiunse Blaise, confuso. Accidenti a lui e alla sua intelligenza, ma gli era grato per aver cambiato discorso.
 
“Non mi curo.” Harry scrollò ancora le spalle, interrompendo la domanda successiva prima che gliela ponessero. “Faccio un checkup settimanale, per controllare quanto sta crollando bene il mio fantastico corpo. Madama Chips mi rimette in sesto; io continuo per la mia strada. Senza cure. Non esistono.”
 
“Quindi nessuno sta facendo niente?”
 
“Cosa possono fare?” Sospirò Harry, ignorando il dolore sordo al petto. “Ho la peste.”
 
Il silenziò discese sulla stanza, i Serpeverde Stavano riflettendo. Harry si passò di nuovo una mano fra i capelli, calmandosi. Ecco fatto. Era successo quello che aveva cercato di evitare con tutte le forze.
 
“No. Non capisco.” Zabini fu il primo a parlare, scuotendo la testa con cipiglio. Harry lo guardò, sentendosi insicuro per l’espressione che l’altro aveva assunto.
 
“Che cosa?” Rispose sospettosamente Harry, con una morsa al cuore. Non capiva perché aveva lasciato che facessero amicizia, anche se doveva morire a breve? O perché si era praticamente attaccato a Draco, sapendo che non ci sarebbe stato un lieto fine? Oppure perché non era in ospedale, al sicuro, senza che potesse ferire gli altri studenti?
 
“Con tutto il rispetto, Potter, ma… perché cazzo sei tornato a Hogwarts?”
 
Ecco fatto.
 
Pensavano che avesse la peste. Di sicuro si comportavano come se ce l’avesse.
 
“È tornato a casa per morire.” La voce di Draco li raggiunse, facendoli sobbalzare tutti e quattro. Era nella doccia, e tutti sapevano che restava lì dentro almeno un’ora. Non si aspettavano che tornasse così presto; ma ahimè, eccolo lì, appoggiato allo stipite della porta, la sua abitudine preferita. Harry fu sorpreso di sentire la sua voce, e deglutì a fatica. Sì, era proprio così. “Peccato che io sia un bastardo egoista, e non glielo permetterò mai. È semplice, Il Ragazzo Sopravvissuto, non può morire.” Attraversò con disinvoltura la stanza, come se non fosse successo nulla la scorsa notte. Il suo sguardo si assottigliò quando vide Harry, pronto per andare a lezione. “E non dimenticartelo.”
 
“Certamente, caro.” Sarebbe suonato meglio se la voce di Harry non fosse stata così debole; proprio come i Serpeverde attorno a lui, non riusciva a ricambiare lo sguardo di Draco. Si era comportato da idiota il giorno prima, non aveva riflettuto prima di lanciare gli incantesimi. Se l’era cercata; come avrebbe mai potuto guardare Draco negli occhi, senza sentirsi come se se lo fosse meritato?
 
Una mano gli sollevò il mento, sollevandogli il mento per incontrare il suo sguardo. “Non andrai da nessuna parte mentre sono qui, sono stato chiaro?”
 
“Non penso che la cosa ti consulterà.” Rispose debolmente Harry, fin troppo consapevole degli sguardi puntati su di loro. Sembrava… la cosa più affettuosa che avessero mai fatto davanti agli altri. E Merlino, avevano addirittura limonato sotto i loro nasi! Era arrossito, questo era sicuro.
 
“Sono un Malfoy. Certo che lo farà.” Lo disse come se ci credesse sul serio. “E voi avvoltoi, il minuto è finito. Spero che la vostra morbosa curiosità sia stata appagata.”
 
“È stato lui ad offrirsi.” Nott scrollò le spalle, e si voltò per continuare a prepararsi. Harry lo guardò con un sorriso amaro; non lo sconvolgeva proprio niente, vero?
 
“Perché è un Grifondoro, con quel suo stupido senso di colpa, o di rimorso; qualcosa di cui voi Serpeverde con il vostro spirito di conservazione, non dovreste approfittare.” Ringhiò Draco, ricambiando lo sguardo di Theo finché quest’ultimo non si voltò. Cristo, quanto era protettivo. “E non dovrei essere io a dirti che non sei obbligato a dirgli niente.” Disse a Harry, e incrociò indignatamente le braccia quando Harry rispose.
 
“Hai ragione; non dovresti dirmi cosa posso o non posso fare. Sono capace di capirlo da solo, grazie.”
 
“Non dovevano sapere.”
 
“Invece sì, se il mio corpo continuerà a cercare di farmi a pezzi nei momenti meno opportuni.”
 
Draco assottigliò lo sguardo, ringhiando silenziosamente. “Non lo farebbe se tu non fossi uno stupido Grifondiota che continua ad utilizzare la magia. Dimmi che ha fatto di così grave Thomas per farti rischiare la tua egoistica vita.”
 
Harry sospirò, guardando gli altri senza trovare conforto. Nott era vestito, e stava rapidamente raccogliendo le sue borse; voleva uscire dalla stanza il prima possibile, era evidente. Parkinson sembrava sul punto di star male, era pallida. Grandioso. E Zabini si limitava a ricambiare apertamente il suo sguardo, con gli occhi sgranati, e un leggero solco sulla fronte. “Non lo so.”
 
“Sì che lo sai.” Sbottò Draco, con occhi ardenti. “C’era un’intera Sala piena di studenti, e tu hai riempito di fatture proprio lui. Perché? Cosa può aver mai fatto, per farti pensare che si meritasse la tua vita?”
 
Non ne sarebbe uscito. “…stava dando il cinque agli altri. Mi ha fatto incazzare.”
 
“Thomas non ha il cervello per organizzare un piano del genere. Tu non sei stupido, anche se ti comporti come tale. Sai che non è stato lui, quindi ritenta.”
 
“Ero incazzato, questo è quanto!” Ribatté Harry. “Dobbiamo davvero discuterne?”
 
“Se ti ha fatto incazzare così tanto da tentare il suicid-”
 
-non avevo intenzione di-!
 
“Allora sì, mi permetto di dire che dobbiamo discuterne.”
 
Harry sospirò, guardando quelle dannate iridi argentee che pretendevano delle risposte. La scora notte era stata… traumatica. E Draco non l’aveva lasciato solo neanche un maledettissimo istante. Accidenti a lui. “…è stato lui a scioglierti la faccia.” Disse freddamente Harry, tornando allo specchio per prepararsi. “E stava dando il cinque agli altri a vostre spese. Non c’è davvero niente da discutere; ero incazzato, e lui ti ha sciolto la faccia.”
 
Gli occhi di Harry si posarono sul riflesso di Draco allo specchio quando raccolse qualcosa dal letto e si avvicinò. “Sei un idiota.” Disse seriosamente, anche se non c’era più rabbia nei suoi occhi. “Non pensare assolutamente di andare a lezione oggi.” Affermazione, non domanda.
 
“Ci saranno pettegolezzi se non lo farò.”
 
“Ci sono già.”
 
“Posso stroncarli se vado. Ho il raffreddore. Niente di più.”
 
Draco era proprio dietro di lui; Harry riusciva a sentire il suo caldo respiro sul collo. Gli mandò dei brividi lungo la schiena. “Madama Chips ti tirerà le palle, se ci vai.”
 
“È…” Harry si interruppe subito, deglutendo. Un rischio che avrebbe corso. Non dopo la scorsa notte, aveva quasi perso Draco. Niente più rischi.
 
Draco allungò le mani per annodargli al collo la cravatta Serpeverde.
 
Non gli sembrava affatto diversa da quella rossa.
 
Il suo cuore si strinse dolorosamente.
 
.
 
.
 
.
 
Come previsto, appena Harry mise piede nella Sala, i bisbigli riecheggiarono dappertutto. Di sicuro, la scorsa notte i pettegolezzi erano andati fuori controllo, visti gli sguardi confusi che gli lanciavano parecchi studenti, che poi alzavano gli occhi al cielo e si voltavano verso i loro amici. Harry Potter malato? Bugiardo, è proprio lì in piedi, sano come un pesce!
 
Se solo…
 
Harry si avvicinò al tavolo Serpeverde, osservando il silenzioso Nott. Non stava mangiando, si limitava a fissare il suo piatto vuoto con un solco sulla fronte. Parkinson gli era seduta accanto, e come lui fissava il suo cibo mentre sorseggiava un bicchier d’acqua. Erano al centro dell’attenzione; se avevano un’aria sospetta, i pettegolezzi sarebbero ripartiti.
 
Quindi, anche se era l’ultima cosa che avrebbe voluto fare, Harry si sedette di fronte a loro, riempiendo il suo piatto di cibo. Quel giorno avrebbe optato per quel porridge dall’aspetto grumoso; tanto per cambiare. Draco lo imitò, riempiendo il suo piatto con aria annoiata. Proprio come… Zabini?
 
Il ragazzo abbronzato si allungò per prendere uova e bacon, tornando a sedere velocemente. Come se la notte prima non avesse visto una persona soffocare nel proprio sangue. La cosa sarebbe stata capace di togliere l’appetito a chiunque, sul serio.
 
Il resto della casa non sembrava turbata; mangiavano, chiacchieravano fra loro, lanciavano occhiatacce al resto della scuola e alla… questo era strano. Perché stavano tutti fissando la McGranitt?
 
Neanche la Preside sembrava avere appetito; mordicchiava il suo cibo di tanto in tanto, senza mai posare lo sguardo sul tavolo Serpeverde. che stava succedendo?
 
“Che ha fatto la McGranitt?” Chiese Harry al tavolo, grato che Zabini lo rispose davvero. Si aspettava di essere ostracizzato, dopo che la notizia era stata rivelata. Zabini si comportava come al solito, da persona fantastica quale era.
 
“Nessuno dei ragazzini vuole dirmelo. Mi hanno detto solo che è stata troppo distratta, qualunque cosa voglia dire.” Scrollò le spalle e tornò al suo piatto, esitando prima di prendere un altro boccone. Non riusciva ancora a guardare Harry negli occhi.
 
Harry guardò Nott e Parkinson. Nessuno dei due aveva ancora alzato lo sguardo dalla propria colazione intatta. Spostavano il cibo nel piatto, e sembravano decisamente star male. Non facevano neanche il tentativo di mangiare.
 
Per colpa sua.
 
Harry sospirò, ignorando il groppo in gola. Parlò piano, consapevole che una buona metà del tavolo stava origliando. “Sposterò la mia roba dal Dormitorio, questo fine settimana.” Borbottò, osservando il suo bruttissimo porridge. Dannazione, non gli sarebbe dovuto importare! Dove diavolo era finita la sua insensibili-!
 
“Che diavolo significa?” Sbottò Nott all’istante, rivolgendogli finalmente lo sguardo. Un’occhiataccia. Era la stessa cosa. “Il fatto che tu…” Si interruppe e digrignò con rabbia i denti, ringhiando ai ragazzi del terso anno che osservavano la conversazione con interesse. “Il fatto che sei in quella circostanza, non ti da il diritto di andare a farti fottere!”
 
“Non siamo così superficiali, dico sul serio.” Aggiunse Parkinson, accigliandosi.
 
“Non ho mai detto che lo siete.” Rispose piano Harry, ignorando apertamente lo sguardo fisso del biondo accanto a lui. Non stava parlando, grazie a Merlino, ma la cosa in sé era un motivo per avere paura. “Ma è il vostro dormitorio. Siete a disagio, e-”
 
“Potter, se avessimo voluto che te ne andassi al diavolo, ti avremmo semplicemente detto di andare al diavolo!” Sbottò ancora Nott, tornando al suo piatto integro. Quello sì che lo faceva stare meglio. “Non l’abbiamo fatto, quindi porta le tue stronzate ipocrite da qualche altra parte.”
 
“Ma tu…”
 
“Ma io cosa, Potter?” Ringhiò Nott, con occhi rabbiosi. Si allungò dall’altra parte del tavolo e afferrò la cravatta di Harry. “Pensi forse che questa qui non significhi nulla?”
 
Harry ringhiò fra sé e sé, ignorando gli sguardi sorpresi che gli rivolsero. Si riprese con forza la sua cravatta. “Sto cercando di comportarmi da persona matura, razza di idiota!”
 
“Questa situazione richiede davvero una ‘persona matura’? Non è cambiato niente, Potter, ad eccezione della tua presunzione che ti fa pensare che tutto e tutti ruotino intorno a te.”
 
“Non è cambiato niente?” Harry rise amaramente, alzando le sopracciglia. “Non riuscite neanche a guardarmi negli occhi.”
 
Sul gruppo cadde il silenzio, lo guardarono scioccati quando si accorsero che, sì, nessuno di loro, a parte Draco, incrociava lo sguardo di Harry. Nessuno di loro aveva il fegato di guardare negli occhi qualcuno che non sarebbe più esistito nel giro di pochi mesi. Le conversazioni erano già degenerate, riempiendosi di rabbia.
 
Era questo il motivo per cui nessuno doveva saperlo.
 
Harry era stato ingenuo, e aveva creduto che i Serpeverde si sarebbero comportati diversamente.
 
Aveva fatto un salto nel vuoto, ed era caduto prima di quanto si aspettasse.
 
“Abbiamo solo bisogno di metabolizzare la notizia, Potter.” Disse piano Zabini, quasi come se non volesse attirare l’attenzione su di lui. Guardò Harry negli occhi, come per provare che ci riusciva. “È tanto da digerire.”
 
“No, niente da metabolizzare.” Enfatizzò Harry; odiava quanto fosse debole la sua voce in quel momento. “Niente da digerire. Niente da capire. Niente di cui essere curiosi. È quello che è.”
 
Zabini continuò a guardarlo, i suoi occhi scuri erano stranamente percettivi. A Harry non piacevano quegli occhi. Non lo stavano compatendo, non erano arrabbiati… non riusciva a leggere le sue emozioni, i suoi pensieri. Il che era terrificante. Che diavolo stava per fare il Serpeverde?
 
Restarono seduti in silenzio, giocherellando con il cibo.
 
Harry sospirò e diede un’occhiata alla Sala. C’era molto casino, più del solito. Chiunque avesse origliato la loro conversazione non avrebbe avuto idea di cosa stavano parlando, quindi non potevano essere nati dei pettegolezzi. Eppure, dovunque guardava, studenti furiosi gli lanciavano occhiatacce.
 
I Grifondoro sembravano pronti a uccidere
 
Oh.
 
Sorprendentemente, Harry si lasciò sfuggire una risata, scuotendo la testa. Probabilmente erano mesi che non passava una mattinata così brutta; era da un po’ che non si sentiva così esausto, o giù di morale. Tuttavia, il fatto che tutti avevano realizzato che stava indossando i colori Serpeverde lo divertiva. Maledetti sbalzi emotivi.
 
“I Grifondoro si sentono traditi. L’ironia della sorte.” Harry tentò un sorriso, guardando Draco. Il biondo stranamente taciturno aveva di nuovo la sua maschera di indifferenza, i suoi occhi pendolarono dai suoi amici a Harry, assottigliandosi leggermente. Non sembrava divertito.
 
“Blaise, dammi la lista.” Disse piano, o non aveva notato lo sguardo pieno di panico di Harry, oppure non gli importava. Era la maschera a non permetterglielo, capite? Harry ringhiò a mezza voce, tamburellando le dita. Quella maschera andava distrutta.
 
Zabini lo guardo, accigliandosi. “Non penso che sia il momento giusto per-”
 
“È il momento perfetto. Tutti noi abbiamo passato una nottata orrenda. Avete fatto sì che Potty dubitasse di sé, branco di coglioni irresponsabili, e io non voglio che il primo giorno di Potty a Serpeverde continui ad essere così terribile. Dammi la lista.” Ouch. Tutti intorno trasalirono.
 
Zabini sospirò, raggiunse la sua borsa e iniziò a frugare al suo interno. Harry era curioso, ma aveva anche la sensazione che il suo stomaco stesse per digerirsi da solo. Il primo sentimento prese il sopravvento quando una lista piuttosto lunga fu passata a Draco, che poi la passò a Harry.
 
Harry si accigliò, aprendola per capire cosa fosse.
 
Scuola di… wow.
 
Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts; Regolamento.
 
Aveva fra le mani la lista delle regole scolastiche.
 
Harry avrebbe potuto baciare Draco lì sul posto, senza fregarsene un cazzo di essere sotto gli occhi di tutta la scuola.
 
“Penso che questo potrebbe funzionare.” Disse piano Harry, leggendo le regole. Oh, sì, sarebbe stato fantastico.
 
“Mmh, vediamo.” Draco ignorò il resto del gruppo e i loro sguardi, spostandosi in modo da poter leggere oltre la spalla di Harry. Strano, perché quello poteva essere considerato un comportamento rude per il galateo di un Purosangue. Il biondo ghignò, spostandosi ancora più vicino. Coglione. Il suo corpo era premuto contro quello di Harry; era sicuro di avere già il volto in fiamme. “Eccone una che fa al caso nostro; si deve mantenere un abbigliamento decente durante i pasti. Gli abiti borghesi o la mancanza di una componente fondamentale dell’uniforme sono proibiti. Bene, spogliati, Potty.”
 
“Non mi spoglio.” Disse Harry, mentre si toglieva già il mantello di dosso. Non si sarebbe spogliato; in quel modo avrebbe messo in bella mostra i lividi che ricoprivano il suo petto di fronte a tutta la Sala. E conoscendo la scuola, sarebbe stata solo questione di tempo prima che qualcuno si chiedesse perché aveva quei lividi.
 
Draco schioccò la lingua sul palato. “Che mancanza di entusiasmo.”
 
Harry sobbalzò quando le sue scarpe e i suoi calzini furono fatti evanescere, i suoi piedi nudi si scontrarono con le gelide mattonelle. cretino. Aveva solo un unico paio di scarpe.
 
“Fatto. La prossima, i ritardi non sono consentiti. Si deve arrivare in orario a lezione, ed essere assenti soltanto con una giustificazione. Facile. Ci presenteremo in ritardo per una lezione, e ne salteremo un’altra. La prossima.”
 
Gli altri iniziarono ad osservarli, curiosi.
 
“Gli oggetti pericolosi sono proibiti.” Draco ghignò, voltandosi a guardare il resto del tavolo Serpeverde. “Oggetti Incantabili Proibiti, sia all’esterno che all’interno.” E improvvisamente, ci fu un’ondata di movimento. I ragazzi iniziarono a passarsi Frisbee Zannuti, Yo-Yo Ululanti, Filtri d’Amore, un assortimento di dolciumi della collezione di Merendine Marinare Weasley, un interessante paio di occhiali con la montatura viola… e a nessuno sembrava importare che i professori li stavano fissando mentre tiravano fuori quell’orrore.
 
Harry ridacchiò quando lanciò un Frisbee Zannuto e alcune persone dovettero tuffarsi rapidamente via dal suo raggio d’azione. Non c’era da sorprendersi che era proibito; aveva cercato di azzannagli la mano mentre lo lanciava. Poteva solo immaginare cosa sarebbe successo se avesse colpito qualcuno. Finse di non sentire l’urlo che seguì il suo atterraggio.
 
Harry afferrò lo Yo-Yo Ululante, e lo lasciò scorrere lungo la cordicella, sobbalzando per lo strillo che riecheggiò nella Sala. Lo ripose rapidamente sul tavolo, e fu subito sostituito da quel paio di occhiali.
 
“Indossali.” Ghignò Draco, e ridacchiò quando Harry lo fece, poi sbiancò, lanciandoli via.
 
“Argh! I miei occhi! Perché avete… argh!” Davvero non avrebbe voluto vedere una cosa del genere. Tutti i presenti nella Sala erano diventati nudi… e aveva guardato Lumacorno… e… no. Cancellò quel ricordo.
 
“Stai davvero infrangendo le regole della scuola?” Chiese curiosamente Zabini, che si accigliò quando Harry scrollò le spalle, posizionò cautamente gli occhiali sul tavolo e prese una rivista porno, ghignando.
 
“Be’, sono fatte proprio per questo.” Disse con noncuranza Harry, ridendo mentre sfogliava la rivista. Lo restituì al Serpeverde indifferente che era già in cerca di un’altra regola. Non erano stati ancora richiamati da un professore; finché continuavano, Harry si sarebbe potuto godere la giornata. “I tatuaggi non sono permessi, per nessun motivo.” Si scambiò uno sguardo con Draco, sorridendo. “Fatto.”
 
“Tu hai un tatuaggio?” Chiese Zabini, alzando le sopracciglia con incredulità. “Stronzate.”
 
“Draco, ho un tatuaggio o no?” Chiese Harry, scansionando la pagina per trovare un’altra regola. Non gliel’avrebbe mostrato, Merlino no, ma non avrebbe neanche mentito. Amava il suo drago; sbuffava durante la notte e camminava con fierezza sul suo avambraccio durante il giorno. Gli faceva chiedere se fosse possibile avere un drago domestico. Anche solo per fargli da babysitter per un paio di mesi. Di sicuro Norberto non era così male come aveva pensato la sua mente da undicenne, giusto?
 
“Hai un meraviglioso tatuaggio.” Rispose Draco abbastanza disinvoltamente mentre scansionava la lista, sposandosi sulla panca in modo da essere più vicino ad Harry. Le farfalle reagirono immediatamente quando la sua gamba sfiorò quella di Harry. Non era giusto che l’altro avesse così tanto controllo sul suo corpo. “Che nessuno qui ha il permesso di vedere.”
 
Harry spostò la sua gamba, più vicino, ignorando lo sguardo che gli rivolse il biondo. La scorsa notte, aveva pensato che non si sarebbe più svegliato. Al diavolo l’imbarazzo; se non era coraggioso adesso, probabilmente non ne avrebbe mai più avuto occasione.
 
“Ecco; qualcuna decente. Nuotare nel lago è vietato.” Draco sorrise, alzandosi in piedi. “Vieni o no, Potter?”
 
Harry rise vedendo l’espressione dell’altro, affrettandosi verso l’uscita con Draco, con gli altri alle calcagna. Potevano anche non riuscire a guardarlo negli occhi, ma non si sarebbero mai persi la scena. Un piccolo Serpeverde, tuttavia, saltellò verso di lui con in mano un foglio di pergamena. Era il ragazzino che Harry aveva portato in Infermeria il giorno prima… Braxton, giusto?
 
Non sembrava entusiasta mentre guardava Harry, rivolgendogli quasi un’occhiataccia. Anzi, gli spinse in malo modo il biglietto fra le mani, incrociando le braccia con indignazione. Che diavolo aveva fatto per meritarsi quello sguardo? “La McGranitt vuole vederti dopo la colazione.” Informò Harry, osservandolo mentre leggeva il messaggio che diceva esattamente la stessa cosa.
 
“Bene.” Il ragazzo non si mosse. “…c’è qualcos’altro?”
 
Braxton assottigliò ancora di più lo sguardo, ma non si mosse. Sbuffò, tamburellando con rabbia il piede mentre Harry lo sorpassava. Forse non tutti erano contenti dei nuovi colori di Harry?
 
“Che hai fatto per farlo incazzare?” Chiese Parkinson, accigliandosi. Scrollò le spalle quando Harry le rivolse lo sguardo, imbarazzata. “Di solito è carino.”
 
“Non ho fatto niente.”
 
“Era arrabbiato ieri. Mi ha urlato contro.” Intervenne Zabini, che alzò le spalle quando si voltarono tutti verso di lui. “Ho preteso il giuramento, e proprio quando stavano per farlo, si è alzato e ha iniziato a fare i capricci. Ha anche convinto tutti gli altri a non farlo, piccolo bastardo.”
 
“Braxton, giusto?” Quella di Draco non era una domanda, aveva solo confermato il suo nome. I suoi occhi si rabbuiarono leggermente, furiosi. Harry dovette dargli un colpetto alla mano per attirare la sua attenzione.
 
“Mi piace il ragazzino; niente mutilazioni, per favore.”
 
“E se per colpa sua qualcuno andasse a dirlo al Profeta? Ti piacerebbe ancora?” Aggiunse Zabini, scuotendo la testa con rabbia. Harry non pensava che sarebbe successo; il giorno prima, i Serpeverde avevano mostrato unità quando avevano aspettato che tutti quelli che erano stati avvelenati venissero curati. Non si mettevano contro la loro stessa casa, e quando lo facevano, come nel caso di Goyle, c’era sempre una ragione dietro. La sera prima avevano dato a Harry una cravatta verde. No, i Serpeverde non l’avrebbero fatto, anche se si stavano comportando in modo strano. Si sentiva come se li avesse traditi per aver anche solo dubitato di loro.
 
“E cosa potrebbero dire, che ho vomitato? Oh no, il Ragazzo Prodigio ha l’influenza?” Harry seguì gli altri attraverso il cortile della scuola, affrettandosi verso il lago. Sarebbe stato ghiacciato.
 
“Le reazioni di tutti sono state un po’troppo esagerate per una semplice influenza.”
 
“Be’, ho un sistema immunitario debole. È stato stressante. Cattiva influenza, cattiva.” Harry sorrise quando Draco ridacchiò, grato che i suoi occhi brillassero di nuovo di una luce divertita. Era sembrato così… giù, la scorsa notte. E anche quella mattina. Harry era grato che non fosse troppo arrabbiato. Probabilmente ci sarebbe voluto un po’, ma Draco sarebbe sopravvissuto alla sua dipartita. Questo attenuava il suo senso di colpa.
 
Gli altri erano sorpresi dal suo comportamento disinvolto. Si aspettavano forse di vederlo scalciare, urlare e maledire la vita? No, riservava quelle cose per quando era solo. Lì fuori invece, poteva fingere.
 
“Avanti, tuffati.” Draco gli diede una spintarella verso il lago, osservando la verde acqua torbida con un ghigno. Probabilmente era proibito perché era nocivo per la salute. Be’, allora non c’era niente di cui preoccuparsi.
 
Harry sospirò, fissando l’acqua. “Sembra… pulita.”
 
Si avvicinarono tutti.
 
“Neanche un po’.” Disse Draco con esultanza, spingendolo nuovamente. “Perfetto.”
 
Più vicino. Solo un po’ più vicino.
 
“Probabilmente ci saranno molti gradi sotto zero.” Continuò Draco, ghignando. “Speriamo che il calamaro gigante non sia nelle vicinanze. O che lo sia. Una delle due.” Harry sorrise, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé. Un po’ di più. Altri pochi passi. Erano quasi vicino alle sponde adesso. “Sai, ho sentito che le sanguisughe sono attive in questo periodo dell’ann-”
 
Harry allungò la mano, afferrando il braccio di Draco. “Scopriamo se è vero.”
 
Riuscì a fargli fare un paio di passi, prima che il biondo facesse resistenza, con i talloni che scavavano inutilmente nel pietrisco. “Potter, lasciami andare.” Lo minacciò Draco, lanciandogli il suo famigerato sguardo da ‘Io sono un Mangiamorte’. Harry lo ignorò, sforzandosi di trascinare il contrariato biondo più vicino all’acqua. “Oi, non ci pensare nemmeno, Sfregiato!”
 
“Ci ha pensato eccome.” Aggiunse utilmente Blaise, con il sorriso che ritornava a poco a poco sul suo volto. Osservava Harry mentre si sforzava di trascinare il biondo più vicino, scuotendo la testa per quell’orribile tentativo.
 
Harry ringhiò, facendo un altro passo, e per poco non mollò la presa su Draco quando l’acqua gelida avvolse i suoi piedi. Gesù Cristo, era ghiacciata! Urlò, mentre teneva con entrambe le mani quella di Draco, e usava l’intero peso del suo corpo per trascinarlo più avanti. “Andiamo, mio soffice, piccolo furetto,” Rise affannosamente Harry di fronte all’espressione offesa di Draco. “Non vuoi farti una nuotata con il calamaro gigante?”
 
“Neanche una cazzo di persona con metà cervello nuoterebbe con quel mostro, stupido ritardato!” Ringhiò Draco, “Giuro che se fai un altro passo, chiederò il divorz- Per le fottutissime palle di Salazar!” Harry rise appena l’altro imprecò per via dell’acqua che era entrata nelle sue scarpe. Quello era il Draco Malfoy che adorava! “Smettila, razza di scarto Grifondoro che non sei altro!”
 
Harry fece un altro passo, e sussultò quando l’acqua gelida gli raggiunse i polpacci. Si sarebbero ustionati per il freddo. E ne sarebbe totalmente valsa la pena.
 
Draco smise di cercare di liberare la sua mano e di affondare le unghie nelle mani di Harry; al contrario, fece un passo in avanti, cercando di intimidirlo. Harry sorrise, sforzandosi di afferrarlo per il torso.
 
Mettimi giù, maledetto bue!” Riuscì a urlare, prima che Harry inciampasse su un tronco. Ci fu un momento di realizzazione in cui entrambi si scambiarono uno sguardo, un momento in cui Draco irradiò odio profondo e incredulità.
 
Harry finì sott’acqua, Draco cadde su di lui.
 
Non c’era un briciolo di romanticismo in quella situazione.
 
Delle rocce scavarono nella schiena di Harry, e un gomito di Draco gli colpì le costole. Ci fu un attimo di confusione mentre cercavano di coordinare i movimenti e salire in superficie.
 
Harry sputò fuori l’acqua, ridendo. Non si sentiva la maggior parte degli arti. Ma l'espressione di Draco! L'acqua gli arrivava fino al bacino e aveva allargato le braccia per guardare la sua uniforme fradicia. Un pezzo d’alga gli penzolava dalla spalla.

“Cazzo, ti ucciderò, Potty!” Ma stava sorridendo, incredibilmente, le sue labbra si contraevano come se volesse assumere un’espressione arrabbiata, ma era fisicamente impossibile. Si scostò i capelli bagnati dalla fronte, e mentre scuoteva la testa rivolse a Harry un sorriso indisponente. “Vieni qui, tesoro.”
 
Harry sorrise, indietreggiando. L’acqua si stava lentamente alzando; era un paio di centimetri più alta ad ogni passo; il lago diventava profondo molto velocemente. Non si fidava di Draco, finché aveva la possibilità di spingerlo; ed era appurato che non ci sarebbe voluto molto tempo prima che lo facesse.
 
Draco saltellò nell’acqua mentre Harry urlava nel tentativo di scappare. Ci fu un momento in cui entrambi cercarono di spingersi l’un l’altro sott’acqua, senza riuscirci.
 
Harry guardò l’acqua, che adesso era al livello del suo collo. Era un po' troppo alta per i suoi gusti; Merlino, non aveva mai preso lezioni di nuoto nella sua vita. E L’Algabranchia l’aveva fatto nuotare per un istinto naturale. Non che non sapesse nuotare, ma la cosa lo metteva a disagio.
 
Draco l’aveva circondato; letteralmente. Aveva un braccio intorno alla spalla di Harry, e lo stringeva contro il suo corpo. Con l’altro gli teneva bloccata la mano destra sul suo petto. Niente più schizzi, o tentativi di annegarsi a vicenda. Lo stava costringendo a una tregua.
 
Stavano entrambi tremando a quel punto.
 
“Sei un perfetto idiota.” Ridacchiò Draco, piegandosi in avanti per lasciare un delicato bacio sul collo di Harry.
 
Un calore si irradiò dalle sue labbra ghiacciate.
 
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Corsero, ridendo.
 
Nella Foresta Proibita, superarono solo alcuni alberi prima di fare una ritirata strategica.
 
A Hogsmeade, durante un giorno di scuola. Comprarono del Whiskey Incendiario e risero quando un piercing si attaccò all’orecchio di Harry, che si fece sfuggire un urlo.
 
Bevvero alcool nei cortili della scuola, fuggendo alla vista di Gazza. In alcune classi vuote, senza permesso. Gli Elfi Domestici diedero loro il pranzo, sebbene fossero quasi le dieci e non mezzogiorno.
 
Si dimenticarono del loro disagio, e della malattia di Harry.
 
Ringhiarono contro una ragazzina del secondo anno che aveva avuto il fegato di guardarli e alzare gli occhi al cielo. Corsero lungo il corridoio dell’aula di Incantesimi gridando imprecazioni, e quando Vitious si voltò per vedere chi stesse dicendo quelle profanità, iniziò a balbettare senza sosta. Finsero una rissa, ridendo fra i pugni. Si silenziarono per smettere di ridere mentre sgattaiolavano in Sala Professori, sentendoli lamentarsi dei ‘mascalzoni’ che scorrazzavano per la scuola.
 
Si presentarono alla lezione di Erbologia cinque minuti prima della campanella, senza riuscire a sentire i rimproveri per le troppe risate.
 
Blaise iniziò a prendere la lista, decidendo le regola successive.
 
Pansy iniziò a ridere con quella sua risata rumorosa e orrendamente acuta appena ne completavano una.
 
Theo si concesse un piccolo sorriso, correndo al loro fianco.
 
Draco ghignò fra sé e sé quando indicò la regola successiva, e ignorò gli sguardi e i colpetti di tosse imbarazzati degli altri mentre trascinava Harry nell’armadietto più vicino.
 
Avevano infranto tutte le regole.
 
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34. Infrangere tutte le regole della scuola
 
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Harry si sedette di fronte alla scrivania in mogano della McGranitt, tamburellando nervosamente le dita fra loro. Avevano rubato una boccetta di Veritaserum per la partita a Mago o Sanguesporco di quella notte, e stavano scappando dalla fornitura privata di pozioni quando, appena girato l’angolo… per poco non avevano investito la loro Preside.
 
Lei li guardò freddamente, con le sopracciglia alzate; li fissò con l’espressione più delusa che riuscisse a fare. Per un momento, nessuno aveva parlato. Nessuno aveva osato farlo.
 
“Signor Potter, il regolamento vieta i piercing a Hogwarts. Lo rimuova subito.” Disse piano, senza un briciolo di rabbia. E quella in sé e per sé era una ragione per preoccuparsi. Non per i Serpeverde, a quanto pareva.
 
“Non preoccuparti, Harry, almeno il tuo tatuaggio è salvo.” Ma Draco credeva davvero di migliorare la situazione comportandosi in quel modo?
 
I Serpeverde erano stati congedati con un irritato cenno della mano; a Harry era stato detto di seguirla.
 
E di sedersi goffamente nel suo ufficio, mentre lei lo fissava con uno sguardo incomprensibile. Stavano aspettando Madama Chips. Fantastico.
 
“…sono sospeso?” Chiese Harry a bassa voce, e sperò che qualche emozione trasparisse dal suo volto. In quel momento, sembrava pronta ad assistere a un’esecuzione.
 
In ogni caso, lei attese un altro momento e lo guardò freddamente prima di rispondergli. “Non sospeso, no.” Disse altrettanto piano. “Anche se ha infranto una cinquantina di regole scolastiche.”
 
Non dirlo, Harry. Lascia perdere. Gli sbruffoni non piacciono a nessuno.
 
“…tutte quante.” Bocca traditrice.
 
Lei lo fissò, alzando ancor di più le sopracciglia. “Che ha detto?”
 
“…Ho infranto tutte le regole della scuola.”
 
“…e la regola che proibisce i duelli?” Chiese lei, aveva ancora la voce bassa, senza emozioni. Harry avrebbe preferito che fosse furiosa; era un’emozione a cui era abituato, la poteva leggere facilmente. Quella silenziosa inespressività… era terrificante.
 
“Dettagli. La mia mano era sulla bacchetta, ma a lanciare incantesimi era Draco. Vale lo stesso.”
 
La donna tirò un sospiro pesante, ma non rispose. Harry continuò a tamburellare le dita.
 
“Vedo che ha abbandonato il suo solito colore rosso.” Notò, non era davvero una domanda. Discorso piccolo. Qualunque cosa stesse per accadere, sarebbe stata grande.
 
Harry scrollò le spalle, giocando con la punta della sua cravatta. “Li ho fatti felici.”
 
Cadde di nuovo il silenzio, nessuno dei due aveva intenzione di spezzarlo. Se non era nei guai per la marea di, be’, per aver infranto tutte le regole, perché era stato convocato? Era forse per la visita di Dudley? Avevano cambiato idea?
 
Fu quasi un sollievo quando Madama Chips entrò nella stanza, affrettandosi a raggiungere la McGranitt dietro la scrivania.
 
Quasi.
 
Gli occhi di lei erano gonfi, rossi e fissi verso il basso. Le sue labbra erano contratte in una stretta linea, come se non osasse parlare. Non guardava Harry, ma la ciotola di biscotti davanti a lei.
 
Un senso di disagio invase lo stomaco di Harry mentre fissava entrambe le donne; non sembravano turbate. Madama Chips aveva pianto. Non sarebbe stato sospeso. Piccolo discorso. L’unica cosa che le avrebbe fatte… oh. No.
 
“…per favore, no.” Non ebbe bisogno di chiarificare.
 
La McGranitt parlò e aumentò la sua risolutezza, confermando le sue paure. “Signor Potter, negli ultimi mesi ci sono state diverse occasioni in cui si è cacciato in situazioni pericolose. Quindi, credo… entrambe crediamo che, per il bene della sua salute-”
 
“Non lo faccia, per favore.”
 
“E della la sua sicurezza, sarebbe meglio che ritornasse al San Mungo per il resto dei… in modo che possano tenerla d’occhio in maniera adeguata.”
 
“No.” Scosse la testa quasi freneticamente, fingendo che la sua gola non si stesse stringendo. “Non voglio tornare lì. Che… c’è di sbagliato nel restare? È andata bene fino ad ora, giusto? Voglio dire, sono ancora qui.”
 
La McGranitt gli diede uno sguardo, ignorando il verso d’indignazione che Madama Chips si era lasciata sfuggire. “Non è giusto usare la magia, pur essedo consapevoli delle conseguenze, e aspettarsi che Madama Chips aggiusti le cose. È faticoso per lei, Signor Potter. Non è giusto.”
 
“Scusate se ho pensato che fosse abituata a gestire ragazzi malati o infortunati.”
 
“Malati, o infortunati. Non terminali.” Harry serrò la mascella quando sentì la sua risposta, guardandola con stupore. Era stupito che potesse essere così spietata. “Non ragazzini che continuano ripetutamente a mostrare noncuranza per la propria vita. Non ragazzini che si aspettano semplicemente che lei sia lì, senza badare alle conseguenze.”
 
“Lo dice come se lo facessi di proposito!”
 
“Cos’è successo ieri sera?”
 
“La mia magia è più instabile adesso. Non è colpa-”
 
“Cos’è successo ieri sera?” Chiese più forte, con un tono tagliente. Merda, davvero non le importava. Ma non poteva succedere; Harry non l’avrebbe permesso.
 
Smise di discutere, guardandola con disperazione. “…la mia magia ha reagito.” Borbottò debolmente, represse il bruciore agli occhi, e incontrò il suo sguardo impassibile. Non era nemmeno dispiaciuta!
 
“A cosa?”
 
“…io non-”
 
“Alle numerose fatture che ha lanciato contro un suo compagno di casa, senza alcun riguardo per la sua salute.”
 
“Non era la mia salute che aveva bisogno di essere riguardata; era quella dei Serpeverde! Avevano bisogno che qualcuno facesse qualcosa.”
 
“Quindi si è assunto la responsabilità di punirli? Di proposito? Consapevole delle conseguenze?” Lei scosse la testa, accigliandosi. “Ha attaccato il Platano Picchiatore, e ha persuaso un altro studente a fare lo stesso. È stato trovato in un bagno con l’aspetto di chi ha subito un’aggressione; ha perso il controllo degli arti; si è accecato. Non è abbastanza? Francamente, noi ne abbiamo abbastanza, Harry.”
 
“Mi… mi dispiace, va bene? Non succederà più, né intenzionalmente né accidentalmente; lo prometto. Non la userò mai più.” Harry dovette fermarsi quando la sua voce si spezzò, stringendo i denti. Non poteva essere mandato via. Non adesso.
 
“Temo proprio che non cambierò idea.” Rispose tranquillamente, continuando a non mostrare alcuna emozione. Sul serio? “Il San Mungo è più attrezzato a soddisfare sue necessità; si sentirà più al suo agio.”
 
“NON VOGLIO ESSERE AL MIO AGIO!” Harry non riuscì a trovare le forze per curarsi del fatto che la donna avesse finalmente mostrato qualche emozione. Troppo poco, troppo tardi. Fu davvero difficile abbassare la voce. “Voglio restare qui!”
 
“Non è più un’opzione.”
 
“Lei… lei aveva detto che potevo tornare! Che senso ha se mi manda via quando le cose iniziano a farsi troppo difficili? Sapeva cos’ho! Sapeva cosa sarebbe successo!” Perché era così difficile riprendere fiato? Stava affannando, senza saperne il motivo.
 
“Le opinioni sono inclini a cambiare, Signor Potter.” Ribatté la McGranitt, la rabbia trapelava dalla sua voce. “I trattamenti non sono il migliore degli spettacoli a cui si può assistere, e-”
 
“Tanto lei non assiste comunque ai trattamenti!” Replicò Harry, con voce tremante. “Mi lascia da solo in quella maledetta stanza!”
 
“La costringe a dover guardarla mentre si suicida con la sua stessa idiozia!”
 
Madama Chips se ne stava in piedi dietro la sua sedia e osservava malevolmente il contenitore di biscotti, come se non stessero discutendo di lei. Harry dubitava addirittura che stesse ascoltando la loro conversazione; sapeva che era ovvio che non volesse farlo!
 
“Non si ripeterà; e comunque, per la maggior parte erano incidenti. Per favore, starò più attento-”
 
“Harry,” La sua voce era stanca, come se avesse ragione di esserlo. Era stremata. “La mia opinione su questa faccenda non cambierà. Sono costernata.” Ma non lo era. Come avrebbe mai potuto esserlo? Lo stava risbattendo al cazzo di San Mungo; isolato e solo. Senza qualcuno che lo guardasse negli occhi.
 
Non che fosse molto diverso lì, comunque. C’era solo un’irritante differenza; Draco non era al San Mungo.
 
“Per favore, non lo faccia.” Le supplico Harry, chiedendosi per un attimo perché quella lacrima traditrice era riuscita a scappargli. Non gli importava molto in quel momento. “Questa è casa mia. Voglio passare gli ultimi mesi della mia vita a casa. Perché nessuno riesce a comprenderlo?”
 
Madama Chips scoppiò in lacrime, portandosi una mano alla bocca.
 
Harry non tardò a fare lo stesso.
 
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.
 
Blaise saltellò verso il suo dormitorio, sogghignando fra sé e sé. Avrebbe rubato quel piccolo cubetto con cui Potter giocava e avrebbe sfidato Draco a provarlo, oppure ad ammettere i suoi sentimenti per il Ragazzo Sopravvissuto. Draco odiava quel cubo; sarebbe stato divertente.
 
Potter.
 
Che argomento interessante che era, in quel momento.
 
La maggior parte della casa parlava di lui, chiedendosi cosa fosse successo la scorsa notte, gli altri invece erano stupiti che aveva infranto tutte le regole scolastiche in un solo giorno. A nessuno dei due gruppi sembrava importare che Potter detestava le attenzioni; si stava velocemente guadagnando il rispetto degli altri studenti; l’opinione più popolare era che il verde gli donava.
 
Tuttavia, Potter non voleva il rispetto. Anzi, non sembrava voler nulla, a parte passare inosservato. Ignorando l’evidente esibizionismo che aveva mostrato quel giorno; chi l’avrebbe mai detto che un Grifondiota sapeva come divertirsi? Specialmente quando…
 
Blaise esitò, accigliandosi. Potter era malato.
 
Sarebbe scomparso entro pochi mesi; be’, tecnicamente, entro poche settimane ormai. Blaise aveva fatto i calcoli; era al quinto mese. Un territorio pericoloso, per le persone con….
 
Maledizione!
 
Cazzo, non era assolutamente giusto! Si erano finalmente resi conto che Potter non era lo stronzo che credevano, e sapere che avevano un tempo così limitato era ridicolo! Dovevano fare qualcosa per quella situazione; altrimenti avrebbe iniziato una cazzo di protesta! Draco si sarebbe unito a lui, e Merlino sa che Draco ottiene sempre quello che vuole, senza bisogno di domande.
 
Blaise sospirò, addentrandosi nel dormitorio. Non erano stati indifferenti come avrebbero dovuto; che razza di Serpeverde che erano. Essere impassibili e fare ricerche non-stop finché non trovavano una cura miracolosa. Era così che avrebbero dovuto comportarsi i Serpeverde; non mettere il muso e sperare che le cose fossero andate diversamente.
 
Avevano deluso Potter, quella mattina. Erano le prime persone a saperlo, e non avevano reagito bene.
 
Be’, realisticamente, chi mai avrebbe potuto, dopo aver scoperto che un amico era malato?
 
La cosa lo fece bloccare.
 
Un amico?
 
Quando diavolo era successo?
 

 
E come diavolo aveva fatto Potter a entrare senza farsi notare da nessuno? Erano tutti intorno al camino, proprio vicino all’entrata. Di certo non l’avevano visto entrare nella Sala Comune; eppure era lì, in piedi accanto al letto di Draco, e osservava il suo baule.
 
Non c’era da sorprendersi se era sembrato giù di morale in quel periodo. La cosa avrebbe stremato chiunque.
 
“Sei sgattaiolato qui piuttosto silenziosamente.” Disse Blaise, il suo sorriso diminuì quando Potter sobbalzò, voltandosi di pochissimo per guardarlo. Non si girò totalmente, e non guardò neanche al di sopra della sua gola. Mmh. Potter doveva essersi sentito così arrabbiato, visto come si erano comportati nei suoi confronti. “Hai qualche scorta di Whiskey Incendiario nascosta da qualche parte?”
 
“…mi piacerebbe.”
 

 
Blaise continuò a sorridere, divertito in apparenza dalla sua risposta. Tuttavia, la voce di Potter era bassa, debole, era successo qualcosa.
 
“Quindi, Succorbentis, eh?” Disse con disinvoltura, e scrollò le spalle quando Potter si voltò un po’ di più per rivolgergli un’occhiata indifferente. “…ci sono cose peggiori che ci si può beccare. Il mio pro-pro zio contrasse il Vaiolo del Drago. Quello sì che è disgustoso. Si è gonfiato fino a sembrare una scimmia grassa con lo smoking. Però ha ceduto la sua fortuna a mia madre, quindi non posso giudicare troppo, non credi? Comporta anche l’amnesia; no, non giudicare. Riesci a immaginare la tua vita sparire nel nulla? Puff, andata? Cristo, è il mio incubo peggiore.”
 
“…che stai facendo?”
 
Blaise si limitò a scrollare le spalle, non lo sapeva neanche lui. Nessun altro avrebbe blaterato in quel modo. “Sto solo provando metodi poco ortodossi per tirare su un amico.” Era meglio essere schietti con i Grifondoro; altrimenti non capivano.
 
“…noi non siamo amici.”
 
Ouch. Blaise mantenne il sorriso e il bagliore divertito negli occhi. Non sarebbe servito a niente accigliarsi e mostrare che quella frase l’aveva ferito. Sì, era un Serpeverde. Ma non significava che non provasse emozioni.
 
“Ma noi abbiamo legato. Dovrà pur-”
 
Non posso avere amici, Zabini. Non funziona così.”
 
“Sono sicuro che se ci pensi bene-”
 
“Sei tu che devi pensarci bene; non siamo amici, chiaro?” La sua voce si spezzò di nuovo, leggermente. Ma abbastanza da poter essere notato. “Dovrei restare solo; gli amici non fanno parte del piano; non. Posso. Averli; causerebbe solo sofferenze, a lungo andare.”
 
Blaise non riuscì più a mantenere il sorriso; non era neanche lontanamente divertente, neanche se fosse stato uno scherzo. Potter aveva qualche serio problema mentale se credeva che farsi un amico o due fosse fuori dalla sua portata. “Nessuno è fatto per restare solo, Potter.”
 
Lui rise, senza divertimento. “Mi permetto di dissentire.” La sua voce si spezzò di nuovo. Stava forse… piangendo?
 
“Spiegami allora, perché non ti seguo.”
 
Potter serrò la mascella, ringhiando. “Morirò entro un mese o due; ficcatevelo in testa. Non posso avere amici perché fra un po’ non esisterò più. Quindi, riprendetevi questa maledetta cravatta e allontanatevi immediatamente da me!”
 
Blaise restò a fissarlo, deglutendo il groppo in gola. “Abbi un po’ di fiducia, Potter. Non fuggiremo come ti aspetti che facciamo. Siamo Serpeverde, maledizione. Una malattia o due non riuscirà a sbarazzarsi di noi.”
 
Potter aprì bocca per rispondere, stava sicuramente per dire qualcosa di crudele come ‘sarà lei a sbarazzarsi di me’, ma si interruppe, e si asciugò rapidamente gli occhi con una mano. Sì, stava decisamente piangendo. Dove diavolo era Pansy quando Blaise aveva bisogno di lei? Non era bravo con qui confronti emotivi. I confronti erano di routine per i Serpeverde; ma l’aspetto emozionale? Era un dannato straniero in terra straniera.
 
Potter non rispose, e la cosa colpì Blaise come la solita cascata metaforica di mattoni.
 
“…non lo pensi sul serio, vero?”
 
“Ai mei parenti non importa; perché dovrebbe importare a chiunque altro?” Fece un’altra risata amara, poi sospirò e si lasciò cadere sul letto. Sembrava dannatamente esausto; Blaise non lo biasimava. A quale razza di parenti non importava che un membro della famiglia era malato?
 
“Perfino la peste aveva una cura.” Disse piano Blaise, cercando di ignorare Potter che si accartocciava su se stesso. “E poi, hai sentito Draco; siamo parassiti. Non puoi liberarti di noi. Al momento, stai facendo un tentativo magnificamente orrendo. È decisamente roba da principianti.”
 
“Non preoccuparti, non mi aspetto che siate voi a fuggire.” Il modo in cui lo disse fece contorcere sgradevolmente lo stomaco di Blaise; era la sua impressione, o c’era un doppio significato dietro quella frase? In ogni caso, non era per niente divertito.
 
“Potter… cos’è successo?”
 
Ci fu un momento di silenzio, nessuno dei due si mosse o osò respirare. Poi, miracolosamente, Potter si voltò verso Blaise e scrollò le spalle. I suoi occhi erano rossi, vitrei. Esausti. “Sono stato espulso.”
 
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Venti minuti dopo, un Malfoy infuriato calciò la porta dell’ufficio della Preside.
 
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