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Autore: Lory221B    22/07/2017    6 recensioni
Una misteriosa sparizione costringe Sherlock Holmes ad indagare sotto le mentite spoglie di baby-sitter a casa del ricco vedovo John Watson. Riuscirà a tenere a bada la piccola Rosie, carpire la fiducia di John e dei suoi amici e tutto soltanto per risolvere il caso, senza farsi coinvolgere?
[johnlock!AU]
Genere: Commedia, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Rosamund Mary Watson, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Vecchia vita o nuova vita?


Il tempo sembrò congelarsi in quel momento, un istante cristallizzato nella storia di John Watson, subito dopo che Sherlock aveva rivelato la sua vera identità.

John sbatté più volte le palpebre, nella speranza forse che qualcuno gridasse “sei su candid camera” o qualcosa di simile. Non poteva essere accaduto davvero, non poteva aver convissuto con il più famoso detective di Londra senza accorgersene.

Nonostante le speranze di John, William Sherlock Scott Holmes era ancora lì, affascinante nel suo completo scuro e decisamente non una tata mandata dall’agenzia.  John si sentì un idiota totale, avrebbe dovuto capire subito che quell’uomo era troppo fuori luogo come baby-sitter mentre l’idea che fosse un detective si adattava molto di più alla persona che aveva dedotto ogni peculiarità delle persone che aveva incontrato, solo guardandole.

Oltretutto non  era un detective qualunque ma Sherlock Holmes, l’uomo che aveva ammirato sulle pagine dei giornali, che aveva cercato timidamente di contattare tramite il suo sito, che credeva troppo fuori dalla portata di una persona ordinaria come lui; invece era lì e si era rivelato pure un manipolatore bugiardo. Fu un shock per John, non come quando aveva scoperto la vera identità della moglie, una donna che aveva finto di essere una dolce infermiera mentre nascondeva l’identità di una sicaria su commissione, ma fu comunque sconcertante.

« Sherlock Holmes? » chiese, con tono duro e il mento pronunciato in avanti, segno che era più incavolato che mai.

«E’ quello che ho detto » rispose il detective, un po’ dubbioso rendendosi conto che John non sarebbe scoppiato a ridere come aveva pensato qualche giorno prima, quando tutto era iniziato, anzi sembrava sul punto di assestargli un pugno in faccia e malgrado tutto lo avrebbe accettato.

« Tutti fuori » fece John ai tre ospiti, senza togliere gli occhi dall’ormai ex baby-sitter « Robert mi sembra evidente che debba cominciare a cercarti un nuovo lavoro e ringrazia che non ti faccio causa » aggiunse, sempre mantenendo la sguardo duro di rimprovero nei confronti di Sherlock.

Robert, Alice e Denise non dissero nulla, si guardarono perplessi, un po’ incerti su quello che era accaduto ma anche sollevati di non dover dare grosse spiegazioni. Abbandonarono la casa senza che Alice avesse il tempo di dire una parola, nonostante avesse notato qualcosa di importante e lasciarono i due, soli a confrontarsi in salotto.

Quando la porta di casa si richiuse, John con due passi coprì la distanza che lo separava da Sherlock, sentendo di nuovo quella sensazione terribile di essere stato tradito e di essere stato così ingenuo da fidarsi, ciecamente, ancora una volta.

« Perché questa pagliacciata? » chiese, sempre duramente.

« Dovevo indagare sull’omicidio di Alice e…» abbozzò Sherlock, occhi negli occhi con John, sperando che tutto quello che c’era stato e non stato tra loro, riemergesse per ottenere un perdono in cui aveva sempre confidato.

« Quando hai capito che noi non c’entravamo con la sparizione di Alice, perché non dirlo? Perché non rivelare che eri Sherlock Holmes? » continuò John, ora più sconsolato che furioso.

« Beh, non lo so, non mi sembrava mai il momento »

Non era esattamente quello che Sherlock avrebbe voluto dire, ma nemmeno lui sapeva definire quella cosa che si agitava nel petto, quella sensazione di dover guardare un po’ più a lungo dentro di sé e capire i propri sentimenti.

John scosse il capo, allontanandosi da Sherlock perché si sentiva sempre più idiota ogni secondo che passava e anche esposto a qualcosa che non riusciva ancora ad accettare.

«Sai, idealizzavo Sherlock il detective e beh, mi piaceva William il baby-sitter ma ora sento di odiare entrambi » buttò fuori, una sintesi di molte cose che avrebbe voluto dire ma che a quel punto gli sembravano irrilevanti.

« John, io… » provò Sherlock ma fu subito interrotto.

« Sai, potrei anche fregarmene che mi hai mentito nonostante ti avessi raccontato di mia moglie e di quanto avessi sofferto per tutte le bugie che mi aveva detto, ma non posso passare sopra al fatto che nemmeno per un minuto ti sia preoccupato di mia figlia. Rosie ha perso la madre, poi Alice e tu non si sei fatto nemmeno uno scrupolo ad apparire, farti amare, già sapendo che non saresti rimasto »

« Non era questo il mio scopo, all’inizio ho pensato solo al modo migliore per risolvere il caso e… » “e non credevo possibile farmi amare

« E poi? » chiese John, un’ultima possibilità di appello per capire Sherlock, per sperare ci fosse qualcosa oltre al manipolatore bugiardo, per capire se fosse soltanto un grande attore o se ci fosse stato qualcosa di vero in William il baby-sitter.

Quello che seguì fu soltanto un assordante silenzio scandito dal ticchettio della pendola del soggiorno.

« Vattene » fece John, prima di voltargli le spalle e dirigersi verso la camera di Rosie per iniziare l’ennesimo discorso sulla perdita delle persone importanti nella propria vita.

Sherlock rimase qualche secondo immobile all’ingresso, incerto se provare ancora a spiegarsi o semplicemente andarsene e riprendere la vita nel punto esatto dove l’aveva lasciata. La seconda decisione, quella che riteneva fosse la più razionale, prevalse sulla prima per cui prese il cappotto, lanciò un’ultima occhiata a quella casa che trasmetteva molto più calore delle tristi pareti di Baker Street e lasciò la famiglia Watson.

La solitudine proteggeva Sherlock Holmes, questa falsa verità lo aveva accompagnato da quando era piccolo e aveva avuto solo la sua mente a tenergli compagnia. Rientrò in Baker Street a tarda notte, nulla era cambiato, c’era sempre la stessa polvere che non aveva mai voglia di pulire, depositata sui mobili. Il problema era che lui era cambiato.

L’appartamento era lo stesso, il teschio sulla mensola era sempre lì per ascoltarlo ma sembrava tutto diverso. Non c’era allegria, risate, ammirazione, qualcuno con cui commentare il giornale, il tè delle cinque. Non c’era niente, soltanto i casi, come sempre.

Spostò i libri dal divano e si distese, sperando che il giorno dopo si sarebbe svegliato e avrebbe trovato qualche sms di Lestrade per distrarlo dagli ultimi avvenimenti.


***** * ****


Una settimana dopo John era ancora molto inquieto, non solo perché Rosie insisteva incessantemente per andare a trovare Sherlock e sgridarlo per come si era comportato, ma anche perché non era ancora riuscito a capire lui come stesse dopo quello che era successo. Possibile che a trentasei anni ammettesse finalmente che la sua famiglia era stata talmente bigotta, come l’aveva delicatamente definita Sherlock, da imporgli tanti rigidi moralismi? Poteva finalmente ammettere che non era attratto soltanto dalle donne e che aveva preso una cotta quasi adolescenziale per un detective conosciuto solo virtualmente che poi si era presentato a casa sua?

Poi c’era l’altra faccia del detective: William, sempre eccentrico ma più accessibile. Qual era il vero Sherlock Holmes? Quello che aveva imparato a conoscere o l’uomo distante che considerava tutti degli idioti, insultandoli spesso sul suo sito? Non ne aveva idea e sapeva che per darsi una risposta doveva necessariamente rivederlo, cosa che per il momento non voleva proprio fare.

Raggiunse la signora Hudson in cucina apprendendo con stupore che era in compagna di Alice, la donna che aveva dato origine al caos.
Alice sorrise all’arrivo dell’ex datore di lavoro e prima che lui potesse dire qualunque cosa si alzò e con l’impeto che la contraddistingueva, iniziò la conversazione che avrebbe voluto fare la sera che era riapparsa viva e vegeta ma che era stata costretta a lasciare in sospeso.

« John, mi spiace di tutto quello che è successo, però una cosa sento il dovere di dirtela »

« Capisco che sei stata messa in mezzo, non preoccuparti » rispose lui, un po’ stancamente; era abbastanza sicuro che alla fine le avrebbe chiesto di ritornare ad occupare la mansione di baby-sitter per Rosie, non aveva proprio la forza di ricominciare la ricerca e sparizione a parte era sempre stata meravigliosa con Rosie.

« Eri più felice » fece lei, stupendo John che cercò di capire di cosa stessero esattamente parlando.

« Scusa? »

« Quando ti ho visto, l’ho capito subito. Eri più felice quella sera che sono tornata che nei tre anni che sono stata qui. Se questo è l’effetto che ti ha fatto quello strano soggetto, non credo dovresti lasciartelo scappare »

John restò per un attimo imbambolato, indeciso se urlare o chiedere da cosa lo avesse dedotto. Prevalse una ragionevole via di mezzo.

« Alice il fatto che non sia arrabbiato con te non significa che tu possa permetterti di dirmi … »

« Allora lo farò io, John Watson » Intervenne la governante, che era stata fin troppo zitta tutta la settimana nella speranza che John facesse la cosa giusta, invece era ancora intento a ciondolare per casa « Eri più felice  quando William era qui e smettila di usare Rosie come scudo per non doverti mettere in gioco ».

La signora Hudson aveva un tono perentorio che non ammetteva repliche, il tono di chi conosceva bene John, più di quanto lui avrebbe voluto ammettere. Aveva fatto da governante, confidente, vice madre, vice nonna, aveva avuto tanti ruoli e ora non poteva più stare zitta mentre John continuava a nascondersi dal mondo a causa di quanto era rimasto scottato dalla storia con Mary.

Non ne parlarono più dopo la sfuriata della governante, che ben sapeva che John aveva ancora bisogno di elaborare la cose ed infatti continuò a tormentarsi da solo, nel silenzio della sua fin troppo grande casa. Non aveva voglia di scrivere un nuovo romanzo, perché l’eroe delle sue storie gli ricordava Sherlock, non leggeva la cronaca perché temeva vi avrebbe trovato qualche nuovo caso risolto dal detective e avrebbe continuato a pensarci, si sentiva perso in una inutile apatia.

« Papà,  mi manca William » esordì Rosie sedendosi sul divano accanto al padre. La bambina era passata da un’assoluta determinazione a volerlo vedere per rimproverarlo a esternare che le mancava. John non poteva saperlo, né riusciva ad intuirlo ma Rosie era più dispiaciuta per il padre che per se stessa, di nuovo infelice e un po’ malinconico.

« Piccola, mi spiace tanto di questa situazione ma non so se è il caso di andare a trovarlo. Dopotutto, non si è più fatto sentire » “non credo gli importi davvero di noi”.

« Dopo la recita possiamo passare in Baker Street domani? E’ di strada! »

« Vediamo domani, ok? »

Rispose John e la figlia gli lanciò uno sguardo di rimprovero che lui non vedeva da quando Mary era in vita.  Le accarezzo i capelli cercando di rabbonirla « Scusami Rosie, vorrei fare di più, è solo che… »

« Baker Street, se ci risponde male non lo vedremo mai più. Per favore, papà? »

« Va bene »

***** * *****

Sherlock passeggiava nervosamente per Baker Street; i fascicoli che Lestrade gli aveva lasciato erano sparsi sul pavimento mentre nella sua mente fluttuavano immagini del caso. Era piuttosto certo di aver trovato un collegamento tra i vari omicidi e di essere sul punto di individuare il colpevole ma la sua mente continuava a vagare lontano, distraendolo così spesso che si ritrovò a ripensare che fosse ora di riprendere le vecchie orribili abitudini per concentrarsi, l’uso di sostanze che Mycroft avrebbe disapprovato.

E’ solo che tra poco è Natale” fece una voce dentro di sé “E avevi quasi pensato di passarlo con John e Rosie”.

« Non è vero! » sbottò a voce alta, nell’assurda situazione di litigare con se stesso. Si sedette sconsolato sul divano, con la mezza intenzione di farsi coraggio e prendere in mano il cellulare per scrivere qualcosa a John, giusto per sapere se stavano bene.

Certo che stanno bene, ti avranno già dimenticato, non sei così indispensabile”.

Era stranamente malinconico, come non gli era mai capitato di essere da tanto tempo per cui decise di controllare il sito nella speranza che gli fosse arrivato qualche messaggio interessante, dato che con il caso di Lestrade non andava né avanti né indietro.

C’era qualche messaggio inutile, casi banali e nient’altro, aveva sperato che John usasse almeno quel canale per comunicare, invece niente.

Domani c’è la recita di Natale, le avevi promesso di andare

Poi lo sguardo gli cadde di nuovo sui fascicoli di Lestrade ed ebbe l’impressione di aver capito il collegamento tra i vari omicidi. Dopotutto sarebbe andato proprio alla recita della scuola di Rosie il giorno dopo.


***** * *****
Angolo autrice
Grazie come sempre, scusate la svolta angst ma per questo capitolo era inevitabile.
Scusate se non ho ancora risposto alle recensioni, rimedio il prima possibile
Grazie ancora :)

   
 
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