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Autore: MoonlightSophi3    26/07/2017    1 recensioni
Dal testo:
- “Tu sei tutto ciò che io vorrei, ma lui è tutto ciò che tu non potrai mai essere. Tu sei fra tutto ciò che avrei potuto fare e ciò che potevo realmente fare. Tu sei Sherlock Holmes, ed io non smetterò mai di amarti, perché ti amerei anche in un’altra vita. Esattamente così come sei. Ma tu non mi ami, ed io devo solo accettarlo...” abbassò lo sguardo per non incrociare i suoi occhi affilati. -
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: John Watson, Mary Morstan, Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti, fortunatamente è terminata questa straziante sessione estiva, perciò potrò scrivere senza alcun problema (almeno spero)
Ringrazio di cuore BorderCollie e LadyStark per le loro puntualissime recensioni, e per darmi quella motivazione in più per continuare questa follia. Grazie!
Spero che il capitolo che segue vi piaccia, ringrazio anche coloro che in silenzio sono passati di qui. 
Buona giornata a tutti gli autori e lettori di EFP!



 
La fronte sudata e le mani artigliate ai bordi del water, la bile le saliva su per la gola. Disgustoso.
Si mise le dita della mano destra in bocca, spingendole sempre più in fondo, sentì i muscoli dell'addome e della gola contrarsi. Tossì, ma niente. Imprecò quando si graffiò con i denti le nocche delle mani. Sul tavolo della sua cucina c'erano biscotti, torte preconfezionate, la Nutella, del pane, il gelato alla vaniglia, una lattina di seven up, e altri dolciumi che generalmente non avrebbe mai mangiato, ma che in quel momento aveva divorato con voracità nel giro di un'ora. Accadeva spesso nei momenti di forte stress, e quello era uno di quei momenti.
Prese dall'armadietto dei lassativi, prese la bottiglia di un liquore riposto nel mobile degli alcolici -chissà da quanto tempo, e mandò giù un paio di pillole.
Subito sentì sulle papille gustative l'acidità dei succhi gastrici, corse in bagno e si inginocchiò davanti al water, i ciuffi dei capelli scompigliati le cadevano davanti agli occhi ma non aveva abbastanza forze per sistemarli. Si sentiva stanca. Troppo stanca. Fece un lungo colpo di tosse, nonostante la sensazione di disgusto e ulteriori tentativi di procurarsi del vomito, restò inutilmente aggrappata alla tavoletta del bagno per qualche minuto. Si pulì dalla bava che scendeva dagli angoli della bocca. Le girava la testa. Si appoggiò alla vasca da bagno, ma la nausea le impedì di rilassarsi. Decise che sarebbe stato meglio andare a letto e riposare, si alzò con fatica, camminava reggendosi alle pareti della casa.
Mentre si stava trascinando verso il tavolo della cucina, le gambe si rilassarono improvvisamente, stava per cadere quando l'intervento tempestivo di qualcuno la sorresse. Vedeva figure sfocate, avrebbe scommesso che fosse Edward, ma poi vide le iridi celesti dell'unico consulente investigativo al mondo. Sul viso era ancora presente un velo di barba, e le marcate occhiaie per le pesanti dosi di cocaina, ma era vestito in maniera impeccabile. Come sempre.
"Molly? Molly, mi senti?" chiese, lei come risposta emise dei versi
"Voglio morire" gli aveva detto con voce strascicata, lui la portò in bagno, accanto al water, e poi fu tutto naturale, appena si piegò cominciò a vomitare, lui le reggeva la fronte sudata e i capelli.
Molly stava vomitando anche l'anima, ed era uno spettacolo atroce.
Per lo sforzo le si gonfiarono le vene sulla gola e sulle tempie, aveva il viso pallido e gli occhi arrossati.
Quando finì, lui l'aiutò a pulirsi le labbra, e lei si strofinò contro il suo Belstaff, il petto si alzava e abbassava velocemente, il suo respiro era più sincopato
"Mi odio, Sherlock" disse con un filo di voce, lui la prese fra le braccia e la portò nella sua camera da letto. Quando la poggiò sulle lenzuola lei si lamentò dei forti mal di testa, il detective si tolse il cappotto e la giacca, e poi si distese accanto a lei. Puzzava di alcol e di vomito, ma a lui non importava. Molly si nascose nell'incavo del collo di Holmes, che la strinse maggiormente a sé.Mentre la sua mano accarezzava ritmicamente la schiena, l'altra si intrecciava fra i lunghi capelli ramati. Le labbra carnose del detective si poggiarono sulla fronte bagnata dal sudore, cominciò ad intonare una melodia, era la stessa che usava con la piccola Rosie. Le vibrazioni della sua calda voce fecero calmare la ragazza.
Sherlock tirò un sospiro di sollievo solo quando si rese conto che la sua amica dormiva serenamente fra le sue braccia. Lui restò sveglio, per paura che lei avrebbe potuto ricaderci.
Quella notte, fino al giorno dopo, non sentì il bisogno di avere una dose.
 
Quando si svegliò fu come se non lo avesse fatto, rimase a letto per qualche minuto, sentiva la sua testa girare forte, poi vide sul comodino due aspirine e un bicchiere d'acqua. Si raddrizzò e prese le aspirine, si strofinò gli occhi con la speranza che l'accaduto della sera precedente fosse una sua immaginazione, poi però vide il cappotto di Sherlock appoggiato sulla sedia, e si maledisse mentalmente.
Scese dal letto, era ancora molto stanca, e i suoi vestiti puzzavano di vomito, fece una smorfia di disgusto. Aprì la porta della camera da letto, che era stata socchiusa, e si diresse in cucina. Il tavolo era stato ripulito da tutti quei dolciumi, non vi erano macchie di cioccolato, gocce di SevenUp sparse qua e là e il liquore era stato rimesso al suo posto. Se non fosse per la puzza sui suoi vestiti, avrebbe giurato che la sera prima era una normale serata infrasettimanale, fece qualche passo e si chiuse in bagno, aveva bisogno di una bella doccia e dei vestiti puliti, magari le cose sarebbero migliorate.
Quando uscì stava per raggiungere la pochette appoggiata sulla penisola della cucina per prendere una sigaretta, poi vide davanti la finestra del suo soggiorno la figura di Sherlock.
La schiena sinuosa le ricordava le curve del suo gatto, solo che Holmes non era un animale ma una perfetta fusione di educazione, personalità e curiosità. Era qualcosa, in definitiva, di assolutamente affascinante e misterioso.
Si girò verso di lei, le braccia conserte al petto, la camicia arrotolata fino ai gomiti e gli occhi stanchi
"Buongiorno" le disse con calma, la ragazza accennò un sorriso "come ti senti?"
"Meglio, grazie"
"Da quanto tempo?" chiese lui
"Cosa?"
"Da quanto tempo soffri di bulimia?"
Nessun giro di parole, nessuna frase di convenienza, nessun tatto per la questione. La contraddizione di Sherlock Holmes.
"Da quando tu hai detto di..."
"Amarti?" completò lui la frase aggrottando le sopracciglia, erano uno di fronte all'altro, ma la differenza di altezza la costrinse ad alzare la testa. La ragazza annuì
"È che avevo riposto la mia fiducia in quelle parole, e per pochi secondi ho pensato che tu davvero mi amassi... ovviamente non è così" fece una breve pausa "le sigarette, la bulimia sono tutti vizi che sono venuti...insomma, sono venuti dopo... a volte vorrei addormentarmi e non svegliarmi più. Spero ogni volta che resto attaccata al water che quella sia l'ultima volta, ma non è mai così, perché la causa sei tu, e tu non sarai mai un'ultima volta, Sherlock"
il detective si avvicinò a lei mettendola con le spalle al muro, Molly strinse i lembi del suo golfino, gli occhi azzurri e affilati del suo amico le fecero aggrovigliare lo stomaco
"Lo spero vivamente, Molly", il tono così basso e la voce baritonale le risvegliarono un istinto primordiale e un desiderio così forte, che si sarebbe fatta prendere in quel preciso instante, con le spalle al muro e il suo corpo addosso. Si limitò a mordersi il labbro inferiore
"Lasciami provare una cosa..." cominciò Holmes avvicinandosi sempre di più al suo viso, vennero interrotti dal rumore della porta che si apriva
"Sono a casa, tesoro", la faccia di Edward si dipinse di sgomento quando vide quei due così vicino, rimase con la mano intorno al pomello della porta "che sta succedendo qui?"
Molly scostò Sherlock con facilità e gli corse contro "Edward, Sherlock era qui solo per -"
"Per baciarti mentre io non ci sono? Mi avevi detto che eri fuori per degli straordinari e tu te la spassi con questo damerino qui alle mie spalle? Non mi sembra affatto corretto..."
Holmes riuscì a trattenere a mala pena una risata, nascondendo le labbra dietro la sua mano. Quel gesto fece scattare qualcosa nel fidanzato di Molly, al punto che i suoi occhi si riempirono di rabbia e con pochi ma decisi passi fu davanti al detective. Strinse i pugni e cominciò a parlare
"Deve uscire subito da questa casa, Mr Holmes. Lei qui non è il benvenuto", aveva cercato di utilizzare il tono più autoritario che poteva, ma Sherlock non sembrò intimorito, anzi Molly avrebbe giurato di vedere i suoi angoli della bocca di piegarsi in un sorriso sghembo
"Mr Notley, con tutto il dovuto rispetto, le ricordo che questa è casa di Miss. Hooper, ed io non mi muoverò da qui fin quando non sarà lei a cacciarmi" gli scivolò di fianco facendo attenzione a non sfiorarlo, poi con lentezza calcolata si accomodò sulla poltrona come se fosse nel suo appartamento "lei prima ha usato la parola correttezza, è sicuro di volerne parlare? La sua fidanzata è mal nutrita, sotto stress, soffre di bulimia e si procura del vomito almeno due volte a settimana con una certa ritualità e una certa regolarità. Ora, lei cosa ha fatto per Molly? Niente. Sarò anche un damerino o come dicono i giornali uno stronzo manipolatore, saccente, presuntuoso, arrogante, dall'ego smisurato e dalla lingua biforcuta, ma non lascerei mai Molly in questo stato, mentre lei lo ha fatto. Dunque non mi venga a fare la morale Mr. Notley, perché non lo accetto"
l'uomo accanto alla minuta figura della patologa sembrò confuso, si voltò verso la compagna per chiedere spiegazioni
"È vero?" chiese "tu sei malata e non me lo hai detto"
"Edward io credo che malata sia un termine -"
"Perché ne hai parlato con lui e non con me?"
"Lui è Sherlock Holmes, non ho bisogno di parlare, lui sa... e lo ha sempre saputo" quella risposta che voleva dire molto di più di quanto la ragazza avrebbe voluto, fece comparire un sorriso sornione sul volto di Holmes, e un'aria irata a Mr Notley
"Bene, ti lascio da sola con il signor Holmes, se vuoi appendo fuori la porta il cartello non disturbare!" disse Edward
"Sarebbe splendido" commentò il detective, che venne fulminato dalla sua amica e dal suo prossimo ex ragazzo
"Parleremo quando questo qui non sarà presente, e chiariremo questa storia" si avviò verso l'uscita e venne accompagnato dalla voce del consulente investigativo che diceva
"Chiuda la porta che fa freddo"
"Sei veramente incredibile!" tuonò la bruna verso il suo amico, Holmes liquidò il discorso con un gesto vago della mano. La patologa sbuffò
"Che cosa vuoi, Sherlock?" chiese, il detective si voltò di scatto, sembrava fosse stato colto di sorpresa da quella domanda che era avvolta in un velo di fastidio
"Sto solo cercando di aiutarti" rispose l'uomo sulla poltrona
"Non è molto credibile detto da un drogato"
"Io non sono un drogato!" urlò battendo i pugni sui braccioli della vecchia poltrona, la dottoressa Hooper si ammutolì. Holmes fece un lungo sospiro e riprese a parlare con un tono più calmo "io non sono un drogato, e tu lo sai bene. Non ho mai agito senza una ragione, e questa volta non era diverso" si alzò dalla poltrona per andare in camera da letto e prendere le sue cose. Si sistemò in silenzio, la patologa lo guardava senza dire una parola.
Indossò il suo cappotto e si alzò come consuetudine il bavero, prima di aprire la porta si rivolse a lei
"Io sono sposato con il mio lavoro, perché è semplice esercizio di logica, ma anche io ho i miei sogni di cui non parlo a nessuno, nemmeno a John, perché temo che qualcuno possa portarli via. Buona giornata, Molly Hooper"
 
 
John Watson stava giocando con sua figlia nel soggiorno, lui faceva finta di ricorrerla e lei ridendo cercava di ripararsi arrampicandosi sul divano. Quando era molto felice si copriva la bocca con entrambe le mani e rideva. Era così uguale a Mary in certi momenti che John la guardava con malinconia, poi si faceva forza e la prendeva fra le braccia per lasciarle una lunga serie di baci sul collo che la facevano ridere ancora di più per il solletico.
Momenti così belli venivano rimossi durante l'ora della pappa, il papà era seduto davanti e lei che cercava di imboccarle il cucchiaino di pastina, miss Watson girava il capo dall'altra parte e piangeva. Il suo pianto era come un trapano nelle tempie, grida acute e rotte dal pianto
"Pazienza, John. È solo una bambina, le fanno male i denti" le diceva la voce di Mary che gli passava una mano sulle spalle
"C'è bisogno della mamma, io non sono capace"
Lo squillo del campanello lo riportò alla realtà, Mary non c'era più, il dottore prese la bimba dal seggiolone e andò ad aprire la porta
"Ciao Molly" disse lui sorpreso
"Ehm.. ciao John, passavo di qua, ho sentito Rosie piangere e ho pensato di bussare... per vedere se fosse tutto ok"
"Beh in effetti non è niente okay, piange e non so come farla mangiare"
la piccola allungò le mani verso la dottoressa Hooper che la prese fra le braccia ed entrò in casa
"Cercherò di fare il possibile" disse la patologa mentre si dirigeva in cucina
"Grazie Mary" sussurrò il medico militare guardando verso il cielo.
 
John era curvo a raccogliere i giochi dal pavimento, quella casa non sembrava mai in ordine, raccolse i sonagli, le bambole, i pezzi del castello di una principessa che lei adorava, le costruzioni, i birilli con la palla di spugna, i pezzi di un set di tazzine da tè che le aveva regalato la signora Hudson a Natale, Molly le aveva portato una cucina giocattolo -che veniva utilizzata per tutto tranne che per cucinare. Sherlock le aveva regalato un piccolo pianoforte, voleva che sviluppasse un gusto per la musica, in effetti amava sentire Holmes suonare il suo violino.
Era faticoso crescere una bambina, bisognava armarsi di forza e pazienza, fortunatamente il dottor Watson le aveva entrambe. Molly lo aiutò a raccogliere le ultime tazzine
"Grazie, Molly" disse John mentre riponeva al loro posto le ultime cose
"Figurati, sono solo un paio di tazzine"
"Intendevo per esserti fermata qui, immagino tu non abbia cenato, vuoi che ordiniamo qualcosa?"
"No John, davvero. Ho bisogno di tornare a casa e di farmi una doccia, sono davvero molto stanca, la piccola sa come metterci al tappeto. Possiamo organizzarci per una bella cena in questi giorni, magari potremmo chiamare anche Lestrade"
"Certo, sarebbe l'ideale" concluse il discorso il medico, che mentre si guardava intorno, vide sua moglie con le mani nelle tasche dei pantaloni appoggiata allo stipite della porta che gli fece un cenno con il capo. Era la sua coscienza.
"Comunque Molly vorrei che tu restassi perché dovrei parlarti di alcune cose"
"Hai... hai visto Sherlock in questi giorni?"
Watson sospirò
"Sì, e ho il compito come medico, e come amico, di doverti aiutare"
John aveva la grande capacità di saper ascoltare le persone, e sembrava che non si annoiasse mai, era abituato con Holmes.
Ascoltò la patologa parlare di tutto ciò che le passava per la testa, riuscì a farla sfogare, farle mangiare qualcosa di decente, e tra una sigaretta e l'altra Molly Hooper parlò chiaramente di sé, non si sentì giudicata e non ebbe l'impressione di parlare con il migliore amico di Sherlock Holmes, ma semplicemente con il brav'uomo che è sempre stato il dottor Watson. Mary Morstan era morta, ma la sua anima viveva nei piccoli gesti del marito, come quel religioso silenzio e quella gentilezza con cui ha accolto Molly.
I due parlavano indisturbati mentre qualcuno, nel silenzio della notte, attendeva.
   
 
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