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Autore: Giulss_    29/07/2017    1 recensioni
Può un messaggio delle 4:06 cambiare qualcosa? O resterà un momento di debolezza in una notte insonne?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gaetano Berardi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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WE NEED TO TALK
We need to talk, she said.
For a second I lost my breath
 


Quella mattina decise di portare Potty a spasso un po’ prima del solito, tanto restare in casa non aveva senso. Quindi, mise il collare al cane e vi agganciò il guinzaglio, per poi scendere nel cortile del palazzo.

Aveva bisogno di una boccata d’aria fresca, per rimettere in ordine i pensieri.

Si sentiva un’adolescente, il che rendeva la sua situazione molto critica. Era un’insegnante, di cinquant’anni suonati, che, incapace di affrontare i suoi sentimenti, si riduceva ad inviare un messaggio in
piena notte al suo vicino di casa che conosceva da più di dieci anni.

Se qualcuno le avesse raccontato una storia simile, non ci avrebbe creduto. O avrebbe riso della protagonista.

Come ad averle letto nel pensiero, Potty abbaiò.

“Eh lo so, Potty, dovrei parlargli, ma cosa gli dico? Che non avevo pensato che le mie azioni potessero avere effetto anche sugli altri? Dai, sembro una svampita insensibile!”

Di nuovo, il cane abbaiò.

“Vabbè, forse lo sono anche stata, ok, ma dimmi allora tu cosa avresti fatto?” chiese, porgendo una domanda destinata a restare senza risposta, anche perché il destinatario era più impegnato a soddisfare certi suoi bisogni.

Sospirò, aspettando che avesse finito; dopodiché si diresse verso casa.
 

Rilesse il messaggio ancora una volta, prima di uscire di casa.

Era ridicolo. Avrebbe potuto bussargli alla porta, dirgli “Dobbiamo parlare” e invece no, aveva deciso che un messaggio notturno era abbastanza per dimostrargli che, effettivamente, sentiva la sua mancanza. Si sarebbe potuta presentare a casa sua a qualsiasi ora, del giorno e della notte, ché non le avrebbe mai chiuso la porta in faccia; poteva anche presentarsi in ufficio da lui, non l’avrebbe di certo spedita a casa; avrebbe potuto fermarlo ovunque e, se gli avesse detto di voler parlare, lui l’avrebbe ascoltata. Forse non sarebbe stato l’allegria fatta persona, forse non l’avrebbe accolta nel migliore dei modi, ma c’era da aspettarselo e, comunque, non era una cosa che potesse fermare Camilla Baudino. Era testarda, orgogliosa, insistente e ficcanaso, e trovava sempre un modo per farsi ascoltare, quando lo voleva.

Gli era costata una fatica non risponderle “Anche tu”, perché anche lei gli mancava. Gli mancava da far male e, per quanto dicesse di stare meglio, era palese il contrario. Ne sentiva la mancanza ogni giorno di più, pur avendola letteralmente a qualche passo di distanza.

“Come ci siamo arrivati a questo punto?” si chiese, riponendo il telefono nella tasca dei pantaloni.

Uscì di casa e fece per chiamare l’ascensore. Vide che stava già salendo, così attese.

Quando si aprì, i suoi occhi azzurri si scontrarono con quel castano scuro che tanto gli mancava. Era bellissima. Aveva i ricci in disordine, era struccata, indossava una tuta e teneva in braccio Potty e,
comunque, era bellissima.
 

Sapeva che, uscendo prima, avrebbero potuto incontrarsi e, probabilmente, era per quello che l’aveva fatto.

Non aveva risposto al messaggio e, se di notte era probabile che stesse dormendo, perlomeno una volta sveglio avrebbe dovuto leggerlo ed era sicura che lo avesse fatto. Non poteva fargliene una colpa, assolutamente no, ma aveva bisogno di sapere se anche per lui era lo stesso. Se non fosse stato così, si sarebbe messa l’animo in pace: si rendeva conto di aver tirato un po’ troppo la corda in quegli anni, come si rendeva conto che lui aveva preso le sue parole più seriamente di quanto non avesse fatto lei e questo, era chiaro, l’aveva ferito, forse più di tutte le volte in cui lei lo aveva respinto in passato.

Perché quella volta era diversa, quella volta stavano costruendo qualcosa, un loro qualcosa, e lei aveva distrutto ogni speranza e ogni tentativo di Gaetano di far funzionare la loro relazione.

Però gli occhi non potevano mentire e, nonostante l’espressione quasi impassibile del volto, i suoi occhi lo tradivano e lei sapeva che aveva letto il messaggio e che per lui valeva lo stesso.

Potty abbaiò appena vide il vicequestore.
 

“Gaetano” disse Camilla, a mo’ di saluto.

“Ciao” ricambiò e si scostò per farla passare, ma lei non si mosse di un passo. Rimase a fissarlo qualche altro istante.

Gaetano non aveva intenzione di cedere: non sarebbe stato lui ad avviare una conversazione tra i due. Spettava a lei il primo passo, per una volta.

Ad ogni modo, Camilla uscì dall’ascensore e lui entrò.

Vedendola dirigersi verso la porta del suo appartamento, premette il tasto 0 dell’ascensore.

Le porte si stavano chiudendo e lui distolse lo sguardo dalla donna. Quando erano quasi chiuse, però, si bloccarono, intralciate da qualcosa.

Guardò verso il basso: era il piede di Camilla.

Infatti, le porte si riaprirono e se la trovò difronte.

“Dobbiamo parlare” gli disse.
  
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