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Autore: Lhea    15/06/2009    2 recensioni
ATTENZIONE: POSTATA "SORPRESA"
Los Angeles: nella città più grande della California, dalle spiagge assolate e l’odore del mare nell’aria, la vita della gente trascorre tranquilla tra gli alti e i bassi di tutti i giorni. Per tutti, tranne che per lei.
Irina, 20 anni, pilota prodigio invischiata in qualcosa di molto più grosso di lei, i cui soprannomi sono tanti quante le maschere che porta, vive cercando disperatamente di riguadagnare la libertà che le è stata rubata. Perché lei non è una ragazza qualunque, nonostante cerchi di esserlo. Lei è Fenice, l’unica donna ad essere arrivata così in alto nella Lista Nera, l’elenco dei più famosi piloti clandestini dello Stato. L’unica a essere entrata nelle grazie del capo, lo Scorpione…
E mentre la sregolata vita della criminalità si svolge senza intrusioni di alcun genere, Alexander Went si prepara a entrare in azione per portare a termine la missione più importante che gli sia stata affidata: arrestare lo Scorpione e smontare tutta la sua organizzazione.
Tra auto truccate, notti brave e affari di droga, Alexander capirà che certe volte le cose non si fanno per piacere, ma per necessità. E che ci sono cose che non vanno toccate. Una di quelle cose è proprio Irina… L’unica che potrà mandare in fumo i suoi piani, e l’unica cosa a cui lui terrà veramente…
RIPOSTATO CAP. VI e VII
Genere: Drammatico, Azione, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Gioco dello Scorpione' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo II

Capitolo II

 

 

 

 

 

 

 

 

Left broken empty in despair
Wanna breath can't find air
Thought you were sent from up above
But you and me never had love
So much more I have to say
Help me find a way

And I wonder if you know
How it really feels
To be left outside alone
When it's cold out here
Well maybe you should know
Just how it feels
To be left outside alone

 

[ Left Outside Alone – Anastacia ]

 

 

 

 

 

 

 

Ore 16.00 – Casa di Xander

 

<< Allora, c’è una gara questa sera a mezzanotte, spiaggia di Dalton Beach >> disse Jess, davanti al pc acceso che mostrava l’home page di un sito di auto modificate, << Ho scoperto dove si trova solo perché si tratta di una gara “aperta”, vuol dire che tutti possono parteciparvi… Altrimenti avremmo faticato a scoprire qualcosa >>

 

Xander fissò il monitor senza vederlo. Non credeva fosse così difficile entrare in quel maledetto giro di corse clandestine. Era tutto sempre sotto lo stretto controllo dello Scorpione: ecco perché non erano ancora riusciti a incastrarlo.

 

<< Devo andarci >> disse Xander, << E’ l’unico modo per entrare senza dare troppo nell’occhio. Il piano prevedeva che contattassi subito la ragazza, ma forse… Chiamo White >>.

 

Prese il cellulare e cercò nella rubrica il numero del suo capo.

 

<< Agente Went, come va da quelle parti? >> rispose subito l’uomo dall’altra parte della cornetta.

 

<< Bene, signor White >> disse Xander, << Devo dire che non poteva scegliermi una casa migliore… >>.

 

<< Sono contento che le piaccia >> disse White, << Ma si ricordi che non è lì per divertimento >>.

 

<< Infatti >> Xander fece una smorfia: quell’uomo non gli era mai stato particolarmente simpatico, << Il piano iniziale prevedeva che contattassi subito Fenice… , questa sera c’è una gara a Dalton Beach, una cosa facile per principianti. Penso che ci farò un salto, giusto per farmi un’idea. Dopo chiamerò la ragazza >>.

 

White tacque un momento, per pensare. Xander reputava valida l’idea: gli permetteva di dare uno sguardo in giro prima di iniziare a correre. Niente di troppo pericoloso, nessuno si sarebbe accorto di lui.

 

<< D’accordo, agente Went, è autorizzato ad andare >> rispose il capo, << Niente gare, però. Rischia di dare troppo nell’occhio, e non è consigliabile. Veda un po’ come stanno le cose, poi se ne torni a casa e segua il piano originale. Niente colpi di testa, intesi? >>.

 

<< Bene, arrivederci >>.

 

Xander chiuse la telefonata; Jess lo stava guardando.

 

<< Ha detto che sono “autorizzato ad andare” >> spiegò, appoggiando il cellulare sul tavolino, << E che devo evitare i colpi di testa >>.

 

Jess ridacchiò, e Xander fece altrettanto.

 

Frank White era il capo della loro divisione, un uomo in grado di inquadrare chiunque al primo sguardo. Era lui a seguire la missione di Xander, dall’ufficio di San Francisco.

 

Xander trovava quell’uomo insopportabile, forse per il fatto che aveva capito già che tipo era: aveva sempre odiato le regole, e di solito seguiva l’istinto più che gli ordini che gli venivano dettati. Il fatto che nelle missioni precedenti avesse avuto successo, lo facevano sentire nel giusto, certe volte. Riconosceva di essere imprevedibile, ma non era avventato. Sapeva perfettamente fin dove poteva spingersi, e quando doveva fermarsi. Forse per quel motivo White non gli piaceva: era bravo nel suo lavoro, ma era il suo capo. E lui non aveva mai affinità con i capi e le loro regole.

 

<< Quindi andrai >> disse Jess, digitando qualcosa sulla tastiera del pc, << Credi ci sarà anche Fenice? >>.

 

Xander si strinse nelle spalle. << Non lo so. Potrebbe essere, visto che penso sia lei a tenere d’occhio i “nuovi entrati”… Non mi farò notare, comunque. Non posso rischiare di far vedere in giro che ci conosciamo >>.

 

Jess gli rivolse un’occhiata maliziosa. << Pensi si ricorderà ancora di te? >> domandò, divertito.

 

Xander sorrise. << Dubiti, forse? >> ribatté.

 

<< Bé, una così ne avrà visti di ragazzi, in tutti questi anni… >> disse Jess, assumendo un’aria angelica.

 

Xander guardò la foto di Irina nel fascicolo che si era portato dietro. Fisicamente era cambiata molto, in cinque anni, e non era di sicuro più una bambina… Aveva perfettamente capito cosa intendeva Jess. Tuttavia, dubitava che non si ricordasse di lui: da adolescente era stato davvero un grandioso casinista, ed era difficile per lui passare inosservato in quel periodo. Era famoso in tutta la sua scuola, per le cose che combinava.

 

<< Cosa ne pensi? >> chiese Jess all’improvviso, serio << Del fatto che ci sia in mezzo anche lei, intendo. Hai detto che la conoscevi pochissimo, ma non ti sembrava la tipa da corse clandestine >>.

 

Xander afferrò la bottiglia di birra Heineken davanti a lui e ne bevve un sorso, prima di rispondere. << Sinceramente non so cosa possa averla spinta a invischiarsi in qualcosa del genere… Soprattutto perché tanta gente ci ha rimesso la pelle. Spero solo che se riuscirò a incontrarla, non si insospettisca troppo… >>.

 

Era davvero curioso di sapere perché lei fosse lì. E voleva anche scoprire quale sarebbe stata la sua reazione quando se lo sarebbe visto comparire davanti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.00 – Dalton Beach

 

Irina parcheggiò la Punto bianca dietro la linea di partenza segnata da una ragazza in abiti a dir poco succinti, in piedi a bordo della strada, e spense il motore. Di fianco alla sua auto c’era la Porsche Boxster gialla di William: le ci volle un attimo per capire che si trattava di una gara facile, e molto probabilmente segnata da incidenti. Di solito alle gare “aperte”, quelle a cui tutti potevano partecipare, lei non prendeva mai parte. Si limitava a guardare.

 

Si chiese perché mai William volesse partecipare a una corsa del genere: non si abbassava mai a scontrarsi con i pivellini. Molto probabilmente non aveva di meglio da fare, quella sera.

 

Dalton Beach era una lunga strada che costeggiava la spiaggia, e che terminava in una piazzola con un parcheggio che di giorno era usato dai bagnanti, ma che di notte si trasformava nel punto di ritrovo di piloti e auto modificate.

 

Con un leggero vento salmastro che le scompigliava i capelli, Irina chiuse la portiera della macchina e si diresse verso William, in piedi appoggiato allo steccato che divideva il marciapiede dalla spiaggia.

 

Il parcheggio era quasi tutto pieno, e un sacco di ragazzi gironzolavano ammirando le auto e parlando animatamente sotto la luce dei lampioni. Dalle casse montate su un’Audi A3 grigia proveniva musica house sparata a tutto volume, che copriva lo scrosciare del mare a pochi metri da loro. Qualcuno le gettò un’occhiata, ma lei fece finta di niente e continuò per la sua strada.

 

William l’aspettava con le braccia incrociate e gli occhi fissi su di lei. Intorno a lui c’erano Hanck, Josh e Dimitri, i suoi tre amici, e poco lontano Sebastian, il suo meccanico. Erano tutti più grandi di lui, ma gli portavano rispetto perché nonostante avesse solo venticinque anni era lui che comandava, da quelle parti.

 

Suo padre era il multimilionario George Challagher, proprietario di mezza Las Vegas e di tutti i casinò nei dintorni di Los Angeles. Come fosse riuscito ad arrivare in così poco tempo così in alto non era un mistero per coloro che facevano parte del giro di William: Challagher era stato per anni il boss di un’organizzazione criminale che spacciava droga e organizzava gare di auto clandestine. Adesso a controllare il giro erano lui e suo figlio William.

 

William era alto e con un fisico asciutto e muscoloso. Aveva gli occhi verdi e i capelli scuri, e il sorriso beffardo che gli solcava perennemente il viso. Sul collo abbronzato si vedeva benissimo la W tatuata in nero, e la maglia Emporio Armani scura e aderente delineava le spalle larghe allenate tutti i giorni in palestra.

 

L’aspetto di William rispecchiava perfettamente ciò che era in realtà: bello, ricco e soprattutto un gran bastardo. Irina lo sapeva meglio di tutti.

 

<< Ecco la mia pilota >> disse William vedendola arrivare.

 

La squadrò da capo a piedi, incrociando le braccia sul petto. Lo faceva sempre, come se controllasse che ogni parte del corpo di Irina fosse al suo posto. Sorrise.

 

Irina, con una smorfia, gli si fermò davanti. << Cosa devo fare? >> domandò, secca. Odiava quando la guardava in quel modo.

 

William continuò a sorridere e gettò un’occhiata ai suoi amici. << Vai di fretta, eh? >> disse, << Sai cosa devi fare: vincere. Stammi dietro e non mi intralciare, e fai attenzione a non farti sbattere fuori… >>.

 

Ricevute le dovute istruzioni, Irina si voltò per andarsene, ma William l’afferrò per un braccio e la fece girare. Se lo ritrovò appiccicato alla faccia prima che potesse ritrarsi.

 

<< E non scappare come hai fatto ieri… >> le soffiò sul viso, << Perché non mi seminerai facilmente come hai fatto con la polizia >>.

 

Le diede un bacio a fior di labbra e tornò dai suoi amici, che ridacchiarono.

 

Irina tornò alla sua macchina, furiosa. Detestava quando faceva così, perché si sentiva usata, e anche presa in giro. Appoggiò la mano sul tetto di vetro della Punto e cercò di calmarsi.

 

Cercando di distrarsi, vagò con lo sguardo sulla strada, e vide un’auto nuova, che non aveva mai visto da quelle parti. Non poteva certo passare inosservata, anche in quel marasma. Almeno per lei.

 

Era una BMW M3 bianca, dai cerchi super ribassati e il tetto in vetro nero. La vernice iridescente brillava sotto la luce dei lampioni, e i finestrini oscurati nascondevano il suo proprietario alla vista.

 

Decisa a scoprire di chi fosse, si avvicinò, ma notò che era vuota. C’erano solo tre ragazzi che stavano commentando le performance dell’auto. Irina passò delicatamente un dito sulla carrozzeria, notando i particolari cromati degli specchietti e delle fiancate.

 

Amava la sua Grande Punto, ma doveva ammettere che quell’auto esercitava su di lei un certo fascino. Le piaceva molto, bassa e sinuosa com’era. E la forma dei fari le ricordavano gli occhi di un felino.

 

<< Bell’auto, eh? >> domandò una voce alle sue spalle.

 

Era Max.

 

<< Che ci fai qui? >> chiese Irina.

 

<< Sapevo della gara >> rispose lui con una scrollata di spalle << E poi, non posso perdermi una corsa della mia pilota preferita >>.

 

Irina sorrise divertita, e si guardò intorno in cerca del proprietario della BMW. Nessuno sembrava aver notato che si era pericolosamente avvicinata alla delicatissima vernice bianca dell’auto. Attese qualche minuto, poi si voltò per vedere William farle un cenno con la mano.

 

<< Vado >> disse rivolta a Max, << Non aspettarmi, dopo la gara. Torna a casa >>.

 

Max le rivolse un’occhiata preoccupata, ma non disse nulla. La seguì con lo sguardo mentre si allontanava diretta alla macchina, gli occhi a terra. Molti la guardarono passare: non si vedevano spesso William Challagher alias lo Scorpione, numero uno della Lista Nera, e Irina Dwight, la Fenice, numero tre, gareggiare insieme, anche se tutti sapevano che erano in rapporti abbastanza “stretti”. E pochi osavano correre contro lo Scorpione.

 

Irina montò nell’auto e inserì la chiave. Alla sua destra, William le fece un cenno con la testa e sorrise malizioso. Con un rombo, il motore della Punto si avviò, pronto a scattare. Schiacciò l’acceleratore con la lancetta del contagiri che si muoveva nervosa. Trasse un respiro per calmarsi, inserì la prima e attese.

 

A gareggiare c’erano altre tre coppie di auto. Vide un ragazzo molto giovane alla sua sinistra, alla guida di una Ford Focus argentata. Stringeva convulsamente il volante, e sembrava nervoso. Girò la testa verso di lei, e le rivolse un sorriso che voleva essere minaccioso, ma agli occhi di Irina appariva solo tirato. Aveva paura, perché chiunque ne aveva quando a gareggiare c’era anche lo Scorpione.

 

La ragazza abbassò il finestrino destro della Punto e fece un cenno a William. Il vetro della Porsche calò silenziosamente, e lui la guardò. Il braccialetto che aveva al polso scintillò sotto la luce dei lampioni.

 

<< Vacci piano, William >> disse Irina, << Sono terrorizzati. Non c’è bisogno che tu gli distrugga l’auto… >>.

 

Lo Scorpione sorrise malignamente. << Tu pensa ad arrivare al traguardo insieme a me >> ribatté soave, << Quello che ho intenzione di fare sono affari miei >>.

 

Irina strinse il volante di pelle, spostando lo sguardo davanti a lei. Non poteva permettersi di dare ordini a William, ma non voleva che qualcuno di quei ragazzi finisse ammazzato per colpa loro. Non amava le manie distruttive dello Scorpione, nonostante per se stessa non avesse nulla da temere.

 

<< Non fare lo stronzo >> disse, << Hanno paura, e lo sai meglio di me che non hanno speranza di vincere… >>.

 

<< Appunto >> disse William, << Rendiamo la gara un po’ più movimentata >>.

 

Irina stava per rispondere, ma il finestrino della Porsche si era richiuso silenziosamente. Fissò arrabbiata lo Scorpione, poi tornò a guardare davanti a lei.

 

La stessa ragazza che lei aveva visto delineare la linea di partenza andò al centro della strada, con in mano un fazzoletto rosso. I motori delle auto rombarono, e la gente si posizionò sul marciapiede per assistere alla partenza.

 

Irina controllò che tutto fosse a posto: serbatoio pieno, olio alla giusta temperatura, marcia ingranata. Spense la radio che era rimasta accesa fino a quel momento, e attese.

 

La ragazza alzò il braccio, e Irina contò mentalmente.

 

1…

 

2…

 

…3

 

La ragazza calò la mano con il fazzoletto rosso, e Irina scattò avanti come un felino. La Porsche gialla schizzò davanti a lei, tagliando la strada a una Mitsubishi Eclipse rossa. L’auto frenò di colpo, mentre la Grande Punto schivava una vecchia Ford Fiesta nera.

 

Irina sterzò a destra, imboccando la strada che portava in centro. Nello specchietto retrovisore vide William fianco a fianco alla Fiesta. Distolse lo sguardo e tornò a fissare davanti a sé.

 

Con uno stridio, la Fiesta sbandò e finì in testacoda, andando a sbattere contro un palo della luce. La Porsche deviò a sinistra e si diresse verso la Eclipse rossa, pronta a sbatterla fuori.

 

Irina frenò, girò a destra lungo la 5° strada e rallentò l’andatura. Era in testa, ma sapeva che William voleva vederla combattere un po’…

 

La Focus argentata le si affiancò a sinistra, e lei accelerò. La Ford cercò di schiacciarla contro il marciapiede, ma Irina frenò di colpo, lasciandosi superare. Gettò un’occhiata allo specchietto, per vedere anche l’Eclipse finire fuori gara. William si stava divertendo da matti.

 

La Focus, guadagnata la prima posizione, accelerò per ottenere un po’ di distacco. Irina gli si mise dietro, sfruttando la scia e tallonandolo per renderlo nervoso. Non c’è n’era bisogno, lo sapeva, ma era quello che William si aspettava facesse.

 

Il tachimetro segnava i 170 km/h quando con una brusca frenata la Focus rallentò per girare a sinistra. Irina inchiodò e sterzò, infilandosi tra lo spazio tra l’auto e l’angolo della strada. Superò la Ford e accelerò.

 

Dallo specchietto, vide William superare la Focus e tentare di speronarla. Dietro di lui c’era anche una Volvo blu scuro, che cercava di farsi strada senza riuscirci.

 

Due avversari erano andati, e Irina credeva che William si fosse divertito abbastanza, per quella sera. Non poteva distruggere tutte le auto, nemmeno lui che dettava le regole in quel posto.

 

Frenò, costringendo la Focus e la Porsche a dividersi per non andarle addosso. La Volvo ne approfittò per superare tutti e passare in testa. Voleva costringere William a passare avanti ed evitare al ragazzo che guidava la Ford un brutto incidente.

 

Vide William lanciare un’occhiata alla Focus, poi gettarsi all’inseguimento della Volvo. Irina attese qualche secondo prima di seguirlo, assicurandosi che la Ford verde fosse dietro di lei. Non la vide.

 

Con uno scatto, il ragazzo le si era affiancato e ora la stava superando. Irina schiacciò a fondo l’acceleratore, schizzando avanti a velocità inaudita. Vedeva i fari posteriori rossi della Porsche di William a qualche decina di metri da lei sparire dietro una curva.

 

Scalò marcia e svoltò a sinistra, sapendo che il traguardo non era molto lontano. Schivò per un pelo la Volvo ferma a bordo strada con il paraurti posteriore sfondato, e seguì William, piazzandosi di fianco a lui. Dietro di loro, troppo distanti per raggiungerli, c’erano la Focus verde e un’altra auto.

 

La Punto e la Porsche procedettero lungo il rettilineo illuminato dai lampioni fianco a fianco, e William la guardò, incitandola a fare di più. Voleva dimostrarle ancora una volta che era più forte di lei.

 

Irina accelerò ancora, sentendo il rombo del motore che invadeva l’abitacolo. La Porsche le rimase a destra, finché entrambi non videro il traguardo. William schizzò avanti e lei gli si mise dietro, tagliando il traguardo uno dopo l’altro.

 

La Grande Punto inchiodò con un sibilo, mentre le ultime due auto superstiti superavano la linea di partenza proprio in quel momento. Irina spense il motore e scese dalla macchina come una furia. Raggiunse la Porsche gialla prima ancora che William uscisse.

 

<< Cosa ti avevo chiesto?! >> lo aggredì, << Sei un bastardo! Non c’era bisogno di sbatterli tutti fuori! Potevi ammazzarli! >>.

 

Lo Scorpione la guardò con i suoi occhi freddi, ora palesemente arrabbiati. << Ti ricordo che qui comando io, bambolina >> sibilò gelido, << E tieni a freno la lingua, se non vuoi guai, chiaro? I soldi della gara di stasera vanno a me… Per come hai corso, non te li meriti. E adesso, seguimi al Gold Bunny >>.

 

Irina ammutolì, sapendo che non poteva rivolgersi in quel modo allo Scorpione: lei più di tutti doveva portargli rispetto.

 

<< Ah, non parlarmi mai più in quel modo, chiaro? >> aggiunse William prima di tirare su il finestrino dell’auto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 24.37 – Dalton Beach

 

Dalla sua postazione, appoggiato alla staccionata di legno della spiaggia, Xander Went vide la Porsche gialla tagliare il traguardo a tutta velocità e fermarsi con una sgommata. A pochi metri da lui fece lo stesso una Punto Bianca con l’areografia di una fenice sulla carrozzeria, che gli si affiancò. Parecchi secondi dopo, arrivarono altre due macchine, le uniche superstiti della gara. Le altre erano state buttate fuori una dopo l’altra.

 

“Allora sei davvero brava, Irina” pensò Xander, osservando la Fiat bianca.

 

La ragazza fu la prima a scendere dall’auto, e si diresse rapidamente verso la Porsche gialla. Disse qualcosa al suo pilota, e da come parlava sembrava arrabbiata. La risposta di William Challagher la zittì subito, e rimase un momento immobile davanti all’auto. Poi, girò sui tacchi e tornò alla Grande Punto, accendendo il motore.

 

Un ragazzo bruno si avvicinò alla Porsche con una mazzetta in mano, che William afferrò senza tanti complimenti e gettò sul sedile anteriore della sua auto. Un altro ragazzo, dai capelli castani, salì al posto del passeggero, mentre altre due auto, una Audi A3 grigia e una Lamborghini Murcielago arancione, si affiancarono alla Punto.

 

Con una sgommata, la Porsche partì diretta verso la periferia, seguita da Irina e dagli altri due. La gente li guardò andare via, per poi lasciare lentamente la spiaggia.

 

Xander tirò fuori dalla tasca dei jeans le chiavi della BMW e si diresse verso la macchina, circondato da altri ragazzi che commentavano la gara. Vide la Volvo andare via lentamente, mentre una decina di persone si dirigeva verso la Fiesta nera, che era riuscita a tornare indietro, per vedere se il pilota stava bene.

 

Non si era più di tanto impressionato: più che bella, la gara era stata “distruttiva”. Challagher sembrava divertirsi un mondo a mostrare la sua superiorità, e da boss quale era, non si preoccupava di fare danni.

 

Lo sorprendeva molto di più l’abilità della ragazza. Non credeva che potesse essere così brava. Gli aveva dato l’idea di non essersi impegnata più di tanto, per vincere.

 

Xander montò sulla M3 e accese il motore. Aveva visto abbastanza: poteva iniziare a entrare in azione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ore 01.30 – Gold Bunny

 

Irina parcheggiò l’auto nel piazzale davanti al Gold Bunny, il locale di proprietà di William e di suo padre. Scese dalla macchina mentre Hanck, con l’Audi A3, e Dimitri, con la Lamborghini, si fermavano uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra. William aveva lasciato la Porsche davanti all’ingresso.

 

Una grande insegna luminosa che mostrava un coniglio in stile giapponese indicava l’entrata del locale, da cui proveniva musica ad alto volume. Diverse persone stavano entrando, ridacchiando tra loro. Irina vide Hanck e Dimitri chiudere le auto e avvicinarsi all’entrata. Li seguì a breve distanza, sapendo già che la aspettava la solita serata di bagordi e alcool.

 

<< Allora? >>.

 

Irina si voltò di scatto. William la sovrastava con lo sguardo furente puntato su di lei. La medaglietta con il suo soprannome che portava al collo brillò per attimo sotto la luce dell’insegna al neon.

 

Lungo la schiena della ragazza passò un brivido: era arrabbiato, lo sapeva.

 

<< Non puoi distruggere tutte quelle auto, quando gareggi >> disse lei, cercando di essere il meno minacciosa possibile, << Tutte le volte rischiamo di farci beccare dalla polizia… >>.

 

Era una stupida scusa, perché in realtà a lei non importava nulla che la polizia li arrestasse. Solo non voleva che William rischiasse di ammazzare qualcuno provocando qualche incidente a catena. Lo aveva già fatto, si sapeva.

 

Lo Scorpione sorrise. Alzò una mano e le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sarebbe stato un gesto affettuoso, se a farlo non fosse stato lui.

 

<< Bambolina >> disse, << Lo sai che la polizia sta dalla nostra parte… I loro sono solo inseguimenti di facciata: li pago troppo bene, e non si azzarderanno a farmi un torto. Dì piuttosto che ti stanno a cuore quegli idioti pivellini… >>.

 

<< Non mi piace il tuo comportamento, lo sai >> ribatté Irina, << Sai che la gente ti porta rispetto, non c’è bisogno che li terrorizzi ancora di più >>.

 

William la prese per un braccio e la spinse in modo da allontanarli dall’entrata, per non far sentire a nessuno che discutevano.

 

<< La gente mi rispetta proprio perché li terrorizzo >> disse gelido, << E se continui a fare di testa tua, potrei anche incazzarmi. Continua a parlarmi come hai fatto prima, e sarò costretto a punirti. Non approfittare del fatto che lavori per me, perché non sono disposto a tollerare ancora i tuoi comportamenti. Chiaro? >>.

 

Irina abbassò lo sguardo come faceva ogni volta che lui la minacciava. Era vero, essendo la sua pilota godeva di un sacco di privilegi da quelle parti, ma era costretta anche a seguire tante regole. La prima era proprio quella di non contraddire mai William Challagher.

 

<< Ti sto solo dicendo che non era necessario >> disse piano, << Non puoi rischiare di far fuori qualcun altro… Il capo del distretto sarà anche tuo amico, ma non può coprirti sempre >>.

 

<< Hai paura? >> domandò William, fissandola dall’alto.

 

Irina distolse lo sguardo. Si sentiva piccola, minuscola, davanti a lui.

 

<< Non ho paura >> rispose, << Ma almeno io una coscienza c’è l’ho >>.

 

William ridacchiò. << Non è morto nessuno >> disse, << Se li voglio fare veramente fuori, sai che non fallisco… Mi limito a rifargli la carrozzeria >>.

 

Irina si allontanò di qualche passo, incrociando le braccia.

 

<< Posso andare a casa? >> domandò.

 

<< No >> rispose William, accendendosi una sigaretta.

 

Irina sospirò. << Domani ho lezione… >> disse, << Non posso tornare a casa tardi… >>.

 

Stava cercando di fuggire, perché voleva stare il più lontana possibile da William. Era stanca, e aveva bisogno di dormire.

 

<< Nessuno ti ha obbligato a iscriverti all’università >> disse lo Scorpione, << E ancora non capisco perché tu ci tenga tanto… Comunque, salterai la lezione, se necessario. Abbiamo un paio di affari da trattare, stasera >>.

 

Lui non capiva perché lei avesse voluto proseguire con gli studi, ma lei lo sapeva benissimo: era l’unica cosa che dava una parvenza di normalità alla sua sgangherata vita. L’unica cosa che le permetteva di dimenticare quale fosse la sua vera esistenza.

 

<< Ah, tra l’altro… >> aggiunse il ragazzo, fissandola, << Domani devi andare da Nichols… E’ indietro con i pagamenti. Fagli una visitina di cortesia >>.

 

Irina annuì stancamente, passandosi una mano tra i capelli.

 

William si avvicinò e le mise un braccio dietro la schiena, il fumo della Marlboro che le arrivava alle narici. La attirò a sé, conscio che diverse persone all’entrata del Gold Bunny li stavano guardando.

 

<< E adesso baciami >> sussurrò. << Fatti perdonare l’insulto di prima >>.

 

La ragazza abbassò lo sguardo, appoggiando le mani sul suo petto per mettere distanza tra loro. Non voleva farlo, non le andava proprio per niente.

 

<< Avanti >> sibilò William, << Baciami >>.

 

Irina esitò. Odiava sentirsi usata in quel modo: William lo stava facendo apposta. Voleva che gli altri vedessero che quella ragazza gli apparteneva, esattamente come un’auto, un oggetto qualsiasi.

 

Deglutì, poi avvicinò la bocca a quella dello Scorpione e lo baciò sulle labbra, sentendo il gusto amaro del fumo della sigaretta. Un attimo dopo si staccò, guardando da un'altra parte.

 

<< Mettici un po’ più d’impegno, bambolina >> disse William.

 

Irina si divincolò e lo spinse via, allontanandosi da lui come se si fosse scottata. Già per lei era insopportabile stargli così vicina, e per di più lui la riprendeva pure.

 

<< Non chiamarmi bambolina >> sibilò, avvicinandosi alla porta finestra.

 

William sorrise sardonico. << Posso chiamarti come mi pare, bambolina… E adesso entra >>.

 

Irina gli rivolse un’occhiataccia ben sapendo che ribattendo qualcosa non avrebbe fatto altro che mettersi nei guai. Come ogni volta, in silenzio, seguì gli ordini dello Scorpione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Traduzione:

“Lasciata spezzata, vuota, disperata

Vorrei respirare ma non trovo l’aria

Pensavo tu fossi mandato dal cielo, ma tra noi non c’è mai stato amore

Avrei molto di più da dire, aiutami a trovare il modo

E mi chiedo se tu sai davvero come ci si sente ad essere lasciati fuori da soli, quando qui fuori da freddo

Beh, almeno dovresti saperlo

Almeno come ci si sente a essere lasciati fuori da soli

 

 

 

 

  
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