Capitolo II
Left
broken empty in despair
Wanna breath can't find air
Thought you were sent from up above
But you and me never had love
So much more I have to say
Help me find a way
And I wonder if you know
How it really feels
To be left outside alone
When it's cold out here
Well maybe you should know
Just how it feels
To be left outside alone
[ Left Outside
Alone – Anastacia ]
Ore 16.00 – Casa di Xander
<< Allora,
c’è una gara questa sera a mezzanotte, spiaggia di Dalton Beach >> disse Jess, davanti al pc acceso che
mostrava l’home page di un sito di auto modificate,
<< Ho scoperto dove si trova solo perché si tratta di una gara “aperta”,
vuol dire che tutti possono parteciparvi… Altrimenti avremmo faticato a
scoprire qualcosa >>
Xander fissò il monitor
senza vederlo. Non credeva fosse così difficile entrare in quel maledetto giro
di corse clandestine. Era tutto sempre sotto lo stretto controllo dello
Scorpione: ecco perché non erano ancora riusciti a incastrarlo.
<< Devo
andarci >> disse Xander, << E’ l’unico
modo per entrare senza dare troppo nell’occhio. Il piano prevedeva che contattassi subito la ragazza, ma forse… Chiamo White
>>.
Prese il cellulare
e cercò nella rubrica il numero del suo capo.
<< Agente Went, come va da quelle parti? >> rispose subito
l’uomo dall’altra parte della cornetta.
<< Bene,
signor White >> disse Xander, << Devo dire che non poteva scegliermi una casa migliore… >>.
<< Sono
contento che le piaccia >> disse White, << Ma si ricordi che non è
lì per divertimento >>.
<< Infatti
>> Xander fece una smorfia: quell’uomo non gli era mai stato particolarmente simpatico, << Il
piano iniziale prevedeva che contattassi subito Fenice… Bè,
questa sera c’è una gara a Dalton Beach, una cosa facile per principianti.
Penso che ci farò un salto, giusto per farmi un’idea.
Dopo chiamerò la ragazza >>.
White tacque un
momento, per pensare. Xander reputava valida l’idea:
gli permetteva di dare uno sguardo in giro prima di iniziare a correre. Niente
di troppo pericoloso, nessuno si sarebbe accorto di lui.
<< D’accordo,
agente Went, è autorizzato ad andare >> rispose
il capo, << Niente gare, però. Rischia di dare
troppo nell’occhio, e non è consigliabile. Veda un po’
come stanno le cose, poi se ne torni a casa e segua il piano originale. Niente
colpi di testa, intesi? >>.
<< Bene,
arrivederci >>.
Xander chiuse la
telefonata; Jess lo stava guardando.
<< Ha detto
che sono “autorizzato ad andare” >> spiegò, appoggiando il cellulare sul
tavolino, << E che devo evitare i colpi di testa >>.
Jess ridacchiò, e Xander fece altrettanto.
Frank White era il
capo della loro divisione, un uomo in grado di inquadrare chiunque al primo
sguardo. Era lui a seguire la missione di Xander,
dall’ufficio di San Francisco.
Xander trovava quell’uomo
insopportabile, forse per il fatto che aveva capito
già che tipo era: aveva sempre odiato le regole, e di solito seguiva l’istinto
più che gli ordini che gli venivano dettati. Il fatto che nelle missioni
precedenti avesse avuto successo, lo facevano sentire
nel giusto, certe volte. Riconosceva di essere imprevedibile, ma non era
avventato. Sapeva perfettamente fin dove poteva
spingersi, e quando doveva fermarsi. Forse per quel motivo White non gli
piaceva: era bravo nel suo lavoro, ma era il suo capo. E lui non aveva mai
affinità con i capi e le loro regole.
<< Quindi andrai >> disse Jess,
digitando qualcosa sulla tastiera del pc, <<
Credi ci sarà anche Fenice? >>.
Xander si strinse nelle
spalle. << Non lo so. Potrebbe essere, visto che penso sia lei a tenere
d’occhio i “nuovi entrati”… Non mi farò notare, comunque. Non posso rischiare
di far vedere in giro che ci conosciamo >>.
Jess gli rivolse
un’occhiata maliziosa. << Pensi si ricorderà ancora di te? >>
domandò, divertito.
Xander sorrise. <<
Dubiti, forse? >> ribatté.
<< Bé, una
così ne avrà visti di ragazzi, in tutti questi anni… >> disse Jess, assumendo un’aria angelica.
Xander guardò la foto di
Irina nel fascicolo che si era portato dietro. Fisicamente era cambiata molto,
in cinque anni, e non era di sicuro più una bambina… Aveva perfettamente capito
cosa intendeva Jess. Tuttavia, dubitava che non si ricordasse di lui: da
adolescente era stato davvero un grandioso casinista, ed era difficile per lui
passare inosservato in quel periodo. Era famoso in tutta la sua scuola, per le
cose che combinava.
<< Cosa ne
pensi? >> chiese Jess all’improvviso, serio
<< Del fatto che ci sia in mezzo anche lei, intendo.
Hai detto che la conoscevi pochissimo, ma non ti sembrava la tipa da corse
clandestine >>.
Xander afferrò la
bottiglia di birra Heineken davanti a lui e ne bevve un sorso, prima di
rispondere. << Sinceramente non so cosa possa averla spinta a
invischiarsi in qualcosa del genere… Soprattutto perché tanta gente ci ha
rimesso la pelle. Spero solo che se riuscirò a incontrarla, non si insospettisca troppo… >>.
Era davvero curioso
di sapere perché lei fosse lì. E voleva anche scoprire quale sarebbe stata la
sua reazione quando se lo sarebbe visto comparire davanti.
Ore 24.00 – Dalton Beach
Irina parcheggiò la
Punto bianca dietro la linea di partenza segnata da una ragazza in abiti a dir
poco succinti, in piedi a bordo della strada, e spense il motore. Di fianco
alla sua auto c’era la Porsche Boxster gialla di
William: le ci volle un attimo per capire che si trattava di una gara facile, e
molto probabilmente segnata da incidenti. Di solito alle gare “aperte”, quelle a cui tutti potevano partecipare, lei non prendeva mai
parte. Si limitava a guardare.
Si chiese perché
mai William volesse partecipare a una corsa del genere: non si abbassava mai a
scontrarsi con i pivellini. Molto probabilmente non aveva di meglio da fare,
quella sera.
Dalton Beach era
una lunga strada che costeggiava la spiaggia, e che terminava in una piazzola
con un parcheggio che di giorno era usato dai bagnanti, ma che di notte si
trasformava nel punto di ritrovo di piloti e auto modificate.
Con un leggero
vento salmastro che le scompigliava i capelli, Irina chiuse la portiera della
macchina e si diresse verso William, in piedi appoggiato allo steccato che
divideva il marciapiede dalla spiaggia.
Il parcheggio era
quasi tutto pieno, e un sacco di ragazzi gironzolavano
ammirando le auto e parlando animatamente sotto la luce dei lampioni. Dalle
casse montate su un’Audi A3 grigia proveniva musica
house sparata a tutto volume, che copriva lo scrosciare del mare a pochi metri
da loro. Qualcuno le gettò un’occhiata, ma lei fece finta di niente e continuò
per la sua strada.
William l’aspettava con le braccia incrociate e gli occhi fissi su
di lei. Intorno a lui c’erano Hanck, Josh e Dimitri, i suoi tre amici, e poco lontano Sebastian,
il suo meccanico. Erano tutti più grandi di lui, ma gli portavano rispetto
perché nonostante avesse solo venticinque anni era lui
che comandava, da quelle parti.
Suo padre era il
multimilionario George Challagher, proprietario di
mezza Las Vegas e di tutti i casinò nei dintorni di Los Angeles. Come fosse
riuscito ad arrivare in così poco tempo così in alto
non era un mistero per coloro che facevano parte del giro di William: Challagher era stato per anni il boss di un’organizzazione
criminale che spacciava droga e organizzava gare di auto clandestine. Adesso a
controllare il giro erano lui e suo figlio William.
William era alto e
con un fisico asciutto e muscoloso. Aveva gli occhi verdi e i capelli scuri, e
il sorriso beffardo che gli solcava perennemente il viso. Sul collo abbronzato
si vedeva benissimo la W tatuata in nero, e la maglia Emporio Armani scura e
aderente delineava le spalle larghe allenate tutti i
giorni in palestra.
L’aspetto di
William rispecchiava perfettamente ciò che era in realtà: bello, ricco e
soprattutto un gran bastardo. Irina lo sapeva meglio di tutti.
<< Ecco la
mia pilota >> disse William vedendola arrivare.
La squadrò da capo
a piedi, incrociando le braccia sul petto. Lo faceva sempre, come se
controllasse che ogni parte del corpo di Irina fosse al suo posto. Sorrise.
Irina, con una
smorfia, gli si fermò davanti. << Cosa devo
fare? >> domandò, secca. Odiava quando la guardava in quel modo.
William continuò a
sorridere e gettò un’occhiata ai suoi amici. << Vai di fretta, eh?
>> disse, << Sai cosa devi fare: vincere. Stammi dietro e non mi intralciare, e fai attenzione a non farti sbattere fuori…
>>.
Ricevute le dovute
istruzioni, Irina si voltò per andarsene, ma William l’afferrò
per un braccio e la fece girare. Se lo ritrovò appiccicato alla faccia prima
che potesse ritrarsi.
<< E non
scappare come hai fatto ieri… >> le soffiò sul viso, << Perché non
mi seminerai facilmente come hai fatto con la polizia >>.
Le diede un bacio a
fior di labbra e tornò dai suoi amici, che ridacchiarono.
Irina tornò alla
sua macchina, furiosa. Detestava quando faceva così, perché si sentiva usata, e
anche presa in giro. Appoggiò la mano sul tetto di vetro della Punto e cercò di
calmarsi.
Cercando di
distrarsi, vagò con lo sguardo sulla strada, e vide un’auto nuova, che non
aveva mai visto da quelle parti. Non poteva certo passare inosservata, anche in
quel marasma. Almeno per lei.
Era una BMW M3 bianca,
dai cerchi super ribassati e il tetto in vetro nero. La vernice iridescente
brillava sotto la luce dei lampioni, e i finestrini oscurati nascondevano il
suo proprietario alla vista.
Decisa a scoprire
di chi fosse, si avvicinò, ma notò che era vuota. C’erano solo tre ragazzi che
stavano commentando le performance dell’auto. Irina passò delicatamente un dito
sulla carrozzeria, notando i particolari cromati degli specchietti e delle
fiancate.
Amava la sua Grande
Punto, ma doveva ammettere che quell’auto esercitava su di lei un certo
fascino. Le piaceva molto, bassa e sinuosa com’era. E la forma dei fari le ricordavano gli occhi di un felino.
<< Bell’auto,
eh? >> domandò una voce alle sue spalle.
Era Max.
<< Che ci fai
qui? >> chiese Irina.
<< Sapevo
della gara >> rispose lui con una scrollata di spalle << E poi, non
posso perdermi una corsa della mia pilota preferita >>.
Irina sorrise
divertita, e si guardò intorno in cerca del proprietario della BMW. Nessuno
sembrava aver notato che si era pericolosamente avvicinata alla delicatissima
vernice bianca dell’auto. Attese qualche minuto, poi si voltò per vedere
William farle un cenno con la mano.
<< Vado
>> disse rivolta a Max, << Non aspettarmi, dopo la gara. Torna a
casa >>.
Max le rivolse
un’occhiata preoccupata, ma non disse nulla. La seguì con lo sguardo mentre si
allontanava diretta alla macchina, gli occhi a terra. Molti la guardarono
passare: non si vedevano spesso William Challagher alias lo Scorpione, numero uno della Lista Nera,
e Irina Dwight, la Fenice, numero tre, gareggiare insieme, anche se tutti
sapevano che erano in rapporti abbastanza “stretti”. E pochi osavano correre
contro lo Scorpione.
Irina montò
nell’auto e inserì la chiave. Alla sua destra, William le fece un cenno con la
testa e sorrise malizioso. Con un rombo, il motore della Punto si avviò, pronto
a scattare. Schiacciò l’acceleratore con la lancetta del contagiri che si
muoveva nervosa. Trasse un respiro per calmarsi, inserì la prima e attese.
A gareggiare
c’erano altre tre coppie di auto. Vide un ragazzo molto giovane alla sua
sinistra, alla guida di una Ford Focus argentata. Stringeva convulsamente il
volante, e sembrava nervoso. Girò la testa verso di lei, e le rivolse un
sorriso che voleva essere minaccioso, ma agli occhi di Irina appariva solo
tirato. Aveva paura, perché chiunque ne aveva quando a gareggiare c’era anche
lo Scorpione.
La ragazza abbassò
il finestrino destro della Punto e fece un cenno a William. Il vetro della Porsche
calò silenziosamente, e lui la guardò. Il braccialetto che aveva al polso
scintillò sotto la luce dei lampioni.
<< Vacci
piano, William >> disse Irina, << Sono terrorizzati. Non c’è
bisogno che tu gli distrugga l’auto… >>.
Lo Scorpione
sorrise malignamente. << Tu pensa ad arrivare al traguardo insieme a me >> ribatté soave, << Quello che ho
intenzione di fare sono affari miei >>.
Irina strinse il
volante di pelle, spostando lo sguardo davanti a lei. Non poteva permettersi di
dare ordini a William, ma non voleva che qualcuno di
quei ragazzi finisse ammazzato per colpa loro. Non amava le manie distruttive
dello Scorpione, nonostante per se stessa non avesse
nulla da temere.
<< Non fare
lo stronzo >> disse, << Hanno paura, e lo sai meglio di me che non
hanno speranza di vincere… >>.
<< Appunto
>> disse William, << Rendiamo la gara un po’ più movimentata
>>.
Irina stava per
rispondere, ma il finestrino della Porsche si era richiuso silenziosamente.
Fissò arrabbiata lo Scorpione, poi tornò a guardare davanti a lei.
La stessa ragazza
che lei aveva visto delineare la linea di partenza
andò al centro della strada, con in mano un fazzoletto rosso. I motori delle
auto rombarono, e la gente si posizionò sul
marciapiede per assistere alla partenza.
Irina controllò che
tutto fosse a posto: serbatoio pieno, olio alla giusta temperatura, marcia
ingranata. Spense la radio che era rimasta accesa fino a quel momento, e
attese.
La ragazza alzò il
braccio, e Irina contò mentalmente.
1…
2…
…3
La ragazza calò la mano
con il fazzoletto rosso, e Irina scattò avanti come un felino. La Porsche
gialla schizzò davanti a lei, tagliando la strada a una Mitsubishi Eclipse rossa. L’auto frenò di colpo, mentre la Grande
Punto schivava una vecchia Ford Fiesta nera.
Irina sterzò a
destra, imboccando la strada che portava in centro. Nello specchietto
retrovisore vide William fianco a fianco alla Fiesta.
Distolse lo sguardo e tornò a fissare davanti a sé.
Con uno stridio, la
Fiesta sbandò e finì in testacoda, andando a sbattere contro un palo della
luce. La Porsche deviò a sinistra e si diresse verso la Eclipse rossa, pronta a sbatterla fuori.
Irina frenò, girò a
destra lungo la 5° strada e rallentò l’andatura. Era in testa, ma sapeva che
William voleva vederla combattere un po’…
La Focus argentata le si affiancò a sinistra, e lei accelerò. La Ford cercò di
schiacciarla contro il marciapiede, ma Irina frenò di
colpo, lasciandosi superare. Gettò un’occhiata allo specchietto, per vedere
anche l’Eclipse finire fuori gara. William si stava
divertendo da matti.
La Focus,
guadagnata la prima posizione, accelerò per ottenere un po’ di distacco. Irina
gli si mise dietro, sfruttando la scia e tallonandolo per renderlo nervoso. Non
c’è n’era bisogno, lo sapeva, ma era quello che William si aspettava facesse.
Il tachimetro
segnava i 170 km/h quando con una brusca frenata la Focus rallentò per girare a
sinistra. Irina inchiodò e sterzò, infilandosi tra lo spazio tra l’auto e
l’angolo della strada. Superò la Ford e accelerò.
Dallo specchietto,
vide William superare la Focus e tentare di speronarla. Dietro di lui c’era
anche una Volvo blu scuro, che cercava di farsi strada
senza riuscirci.
Due avversari erano
andati, e Irina credeva che William si fosse divertito abbastanza, per quella
sera. Non poteva distruggere tutte le auto, nemmeno lui che dettava le regole
in quel posto.
Frenò, costringendo
la Focus e la Porsche a dividersi per non andarle addosso. La Volvo ne
approfittò per superare tutti e passare in testa. Voleva costringere William a
passare avanti ed evitare al ragazzo che guidava la Ford un
brutto incidente.
Vide William
lanciare un’occhiata alla Focus, poi gettarsi all’inseguimento della Volvo.
Irina attese qualche secondo prima di seguirlo, assicurandosi che la Ford verde
fosse dietro di lei. Non la vide.
Con uno scatto, il
ragazzo le si era affiancato e ora la stava superando.
Irina schiacciò a fondo l’acceleratore, schizzando avanti a velocità inaudita.
Vedeva i fari posteriori rossi della Porsche di William a qualche decina di metri da lei sparire dietro una curva.
Scalò marcia e
svoltò a sinistra, sapendo che il traguardo non era molto lontano. Schivò per
un pelo la Volvo ferma a bordo strada con il paraurti posteriore sfondato, e
seguì William, piazzandosi di fianco a lui. Dietro di loro, troppo distanti per raggiungerli, c’erano la Focus verde e un’altra auto.
La Punto e la
Porsche procedettero lungo il rettilineo illuminato dai lampioni fianco a fianco, e William la guardò, incitandola a fare di
più. Voleva dimostrarle ancora una volta che era più forte di lei.
Irina accelerò
ancora, sentendo il rombo del motore che invadeva l’abitacolo. La Porsche le
rimase a destra, finché entrambi non videro il traguardo. William schizzò
avanti e lei gli si mise dietro, tagliando il traguardo uno dopo l’altro.
La Grande Punto
inchiodò con un sibilo, mentre le ultime due auto superstiti superavano la
linea di partenza proprio in quel momento. Irina spense il motore e scese dalla
macchina come una furia. Raggiunse la Porsche gialla prima ancora che William
uscisse.
<< Cosa ti
avevo chiesto?! >> lo aggredì, << Sei un
bastardo! Non c’era bisogno di sbatterli tutti fuori! Potevi ammazzarli!
>>.
Lo Scorpione la
guardò con i suoi occhi freddi, ora palesemente arrabbiati.
<< Ti ricordo che qui comando io, bambolina >> sibilò gelido,
<< E tieni a freno la lingua, se non vuoi guai, chiaro?
I soldi della gara di stasera vanno a me… Per come hai corso, non te li meriti.
E adesso, seguimi al Gold Bunny >>.
Irina ammutolì,
sapendo che non poteva rivolgersi in quel modo allo Scorpione: lei più di tutti
doveva portargli rispetto.
<< Ah, non
parlarmi mai più in quel modo, chiaro? >> aggiunse William prima di tirare
su il finestrino dell’auto.
Ore 24.37 – Dalton Beach
Dalla sua
postazione, appoggiato alla staccionata di legno della spiaggia, Xander Went vide la Porsche
gialla tagliare il traguardo a tutta velocità e fermarsi con una sgommata. A pochi
metri da lui fece lo stesso una Punto Bianca con l’areografia di una fenice
sulla carrozzeria, che gli si affiancò. Parecchi secondi dopo, arrivarono altre
due macchine, le uniche superstiti della gara. Le altre erano state buttate
fuori una dopo l’altra.
“Allora sei davvero brava, Irina” pensò Xander, osservando la Fiat bianca.
La ragazza fu la
prima a scendere dall’auto, e si diresse rapidamente verso la Porsche gialla.
Disse qualcosa al suo pilota, e da come parlava
sembrava arrabbiata. La risposta di William Challagher
la zittì subito, e rimase un momento immobile davanti all’auto. Poi, girò sui
tacchi e tornò alla Grande Punto, accendendo il motore.
Un ragazzo bruno si
avvicinò alla Porsche con una mazzetta in mano, che William afferrò senza tanti
complimenti e gettò sul sedile anteriore della sua auto. Un altro ragazzo, dai
capelli castani, salì al posto del passeggero, mentre altre due auto, una Audi A3 grigia e una Lamborghini Murcielago
arancione, si affiancarono alla Punto.
Con una sgommata,
la Porsche partì diretta verso la periferia, seguita da Irina e dagli altri
due. La gente li guardò andare via, per poi lasciare lentamente la spiaggia.
Xander tirò fuori dalla tasca
dei jeans le chiavi della BMW e si diresse verso la macchina, circondato da
altri ragazzi che commentavano la gara. Vide la Volvo andare via lentamente,
mentre una decina di persone si dirigeva verso la Fiesta nera, che era riuscita
a tornare indietro, per vedere se il pilota stava bene.
Non si era più di
tanto impressionato: più che bella, la gara era stata “distruttiva”. Challagher sembrava divertirsi un mondo a mostrare la sua
superiorità, e da boss quale era, non si preoccupava
di fare danni.
Lo sorprendeva
molto di più l’abilità della ragazza. Non credeva che potesse essere così
brava. Gli aveva dato l’idea di non essersi impegnata più di tanto, per
vincere.
Xander montò sulla M3 e
accese il motore. Aveva visto abbastanza: poteva iniziare a entrare in azione.
Ore 01.30 – Gold
Bunny
Irina parcheggiò
l’auto nel piazzale davanti al Gold
Bunny, il locale di proprietà di William e di suo padre. Scese dalla macchina
mentre Hanck, con l’Audi A3, e Dimitri, con la
Lamborghini, si fermavano uno alla sua destra e l’altro alla sua sinistra.
William aveva lasciato la Porsche davanti all’ingresso.
Una grande insegna
luminosa che mostrava un coniglio in stile giapponese indicava l’entrata del
locale, da cui proveniva musica ad alto volume. Diverse persone stavano
entrando, ridacchiando tra loro. Irina vide Hanck e
Dimitri chiudere le auto e avvicinarsi all’entrata. Li seguì a breve distanza,
sapendo già che la aspettava la solita serata di bagordi e alcool.
<< Allora?
>>.
Irina si voltò di
scatto. William la sovrastava con lo sguardo furente puntato su di lei. La
medaglietta con il suo soprannome che portava al collo brillò per attimo sotto
la luce dell’insegna al neon.
Lungo la schiena
della ragazza passò un brivido: era arrabbiato, lo sapeva.
<< Non puoi
distruggere tutte quelle auto, quando gareggi >> disse lei, cercando di
essere il meno minacciosa possibile, << Tutte le
volte rischiamo di farci beccare dalla polizia… >>.
Era una stupida
scusa, perché in realtà a lei non importava nulla che la polizia li arrestasse.
Solo non voleva che William rischiasse di ammazzare qualcuno provocando qualche
incidente a catena. Lo aveva già fatto, si sapeva.
Lo Scorpione
sorrise. Alzò una mano e le mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Sarebbe stato un gesto affettuoso, se a farlo non fosse stato lui.
<< Bambolina
>> disse, << Lo sai che la polizia sta dalla nostra parte… I loro
sono solo inseguimenti di facciata: li pago troppo bene, e non si azzarderanno
a farmi un torto. Dì piuttosto che ti stanno a cuore quegli idioti pivellini…
>>.
<< Non mi
piace il tuo comportamento, lo sai >> ribatté Irina, << Sai che la
gente ti porta rispetto, non c’è bisogno che li terrorizzi ancora di più
>>.
William la prese per un braccio e la spinse in modo da allontanarli
dall’entrata, per non far sentire a nessuno che discutevano.
<< La gente
mi rispetta proprio perché li terrorizzo >> disse gelido, << E se
continui a fare di testa tua, potrei anche incazzarmi. Continua a parlarmi come
hai fatto prima, e sarò costretto a punirti. Non approfittare del fatto che
lavori per me, perché non sono disposto a tollerare ancora i tuoi
comportamenti. Chiaro? >>.
Irina abbassò lo
sguardo come faceva ogni volta che lui la minacciava. Era vero, essendo la sua
pilota godeva di un sacco di privilegi da quelle
parti, ma era costretta anche a seguire tante regole. La
prima era proprio quella di non contraddire mai William Challagher.
<< Ti sto
solo dicendo che non era necessario >> disse piano, << Non puoi rischiare di far fuori qualcun altro… Il capo del
distretto sarà anche tuo amico, ma non può coprirti sempre >>.
<< Hai paura?
>> domandò William, fissandola dall’alto.
Irina distolse lo
sguardo. Si sentiva piccola, minuscola, davanti a lui.
<< Non ho
paura >> rispose, << Ma almeno io una coscienza c’è l’ho >>.
William ridacchiò.
<< Non è morto nessuno >> disse, << Se li voglio fare
veramente fuori, sai che non fallisco… Mi limito a rifargli la carrozzeria
>>.
Irina si allontanò
di qualche passo, incrociando le braccia.
<< Posso
andare a casa? >> domandò.
<< No
>> rispose William, accendendosi una sigaretta.
Irina sospirò.
<< Domani ho lezione… >> disse, <<
Non posso tornare a casa tardi… >>.
Stava cercando di
fuggire, perché voleva stare il più lontana possibile
da William. Era stanca, e aveva bisogno di dormire.
<< Nessuno ti
ha obbligato a iscriverti all’università >> disse lo Scorpione, <<
E ancora non capisco perché tu ci tenga tanto…
Comunque, salterai la lezione, se necessario. Abbiamo un paio di affari da
trattare, stasera >>.
Lui non capiva
perché lei avesse voluto proseguire con gli studi, ma lei lo sapeva benissimo:
era l’unica cosa che dava una parvenza di normalità alla sua sgangherata vita.
L’unica cosa che le permetteva di dimenticare quale fosse la sua vera
esistenza.
<< Ah, tra
l’altro… >> aggiunse il ragazzo, fissandola, << Domani devi andare
da Nichols… E’ indietro con i pagamenti. Fagli una visitina di cortesia >>.
Irina annuì
stancamente, passandosi una mano tra i capelli.
William si avvicinò
e le mise un braccio dietro la schiena, il fumo della Marlboro che le arrivava
alle narici. La attirò a sé, conscio che diverse persone all’entrata del Gold Bunny li stavano guardando.
<< E adesso
baciami >> sussurrò. << Fatti perdonare l’insulto di prima
>>.
La ragazza abbassò
lo sguardo, appoggiando le mani sul suo petto per mettere distanza tra loro.
Non voleva farlo, non le andava proprio per niente.
<< Avanti
>> sibilò William, << Baciami >>.
Irina esitò. Odiava
sentirsi usata in quel modo: William lo stava facendo apposta. Voleva che gli
altri vedessero che quella ragazza gli apparteneva, esattamente come un’auto,
un oggetto qualsiasi.
Deglutì, poi
avvicinò la bocca a quella dello Scorpione e lo baciò sulle labbra, sentendo il
gusto amaro del fumo della sigaretta. Un attimo dopo si staccò, guardando da
un'altra parte.
<< Mettici un
po’ più d’impegno, bambolina >> disse William.
Irina si divincolò
e lo spinse via, allontanandosi da lui come se si fosse scottata. Già per lei
era insopportabile stargli così vicina, e per di più lui la riprendeva pure.
<< Non
chiamarmi bambolina >> sibilò, avvicinandosi alla porta finestra.
William sorrise
sardonico. << Posso chiamarti come mi pare, bambolina… E adesso entra
>>.
Irina gli rivolse
un’occhiataccia ben sapendo che ribattendo qualcosa non avrebbe fatto altro che
mettersi nei guai. Come ogni volta, in silenzio, seguì gli ordini dello
Scorpione.
Traduzione:
“Lasciata spezzata, vuota, disperata
Vorrei respirare ma non trovo l’aria
Pensavo tu fossi mandato dal cielo, ma tra
noi non c’è mai stato amore
Avrei molto di più da dire, aiutami a
trovare il modo
E mi chiedo se tu sai davvero come ci si
sente ad essere lasciati fuori da soli, quando qui
fuori da freddo
Beh, almeno dovresti saperlo
Almeno come ci si sente a essere lasciati
fuori da soli”