Anime & Manga > Haikyu!!
Segui la storia  |       
Autore: Gagiord    03/08/2017    3 recensioni
Il ragazzo s’illuminò, vedendo che mancava solo un pezzo, quello al centro; presto, però, l’espressione gioiosa tramutò in un cipiglio indispettito: l’ultimo pezzo non combaciava. E allora cosa avrebbe dovuto fare?
E, quando, invece, ormai l'unico appiglio alla vita sta cadendo a pezzi, cosa si dovrebbe fare?
«Tu non ti preoccupare» lo rassicurò, arruffandogli i capelli nerissimi, «suona e basta.»
{ musician!AU | tanto angst | KageHina | IwaOi }
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

style="color: rgb(0, 0, 0); font-family: "Times New Roman"; font-size: medium; font-style: normal; font-weight: normal; letter-spacing: normal; orphans: 2; text-indent: 0px; text-transform: none; white-space: normal; widows: 2; word-spacing: 0px; text-align: center;"><big><big><big><span><span><span>I Capitolo</span></span></span></big></big><br>
I Capitolo




Tokyo, 14 novembre 2015, 17:13

Shouyou non sapeva perché solo lui e Izumi fossero davanti allo schermo che mostrava le performance degli altri concorrenti.
“È di cattivo augurio” gli aveva spiegato Izumi, paziente. Quel ragazzo ne aveva davvero tanta, di pazienza; se così non fosse stato, probabilmente non si sarebbe ritrovato lì, con un violino che a malapena sapeva tenere tra la spalla e il mento. Era Shouyou il più bravo fra i due, in quanto a musica, ma quella era una competizione di violinisti. Ironico, no?
Ad ogni modo, dopo le imperterrite suppliche dell’amico qualche mese prima ‒ lo aveva letteralmente ricoperto di volantini sul concorso che si sarebbe svolto a metà novembre ‒, Izumi aveva preso tra le mani violino e archetto e si era allenato con Shouyou nel poco tempo che aveva a disposizione.
Ora, assistendo ‒ seppur tramite uno schermo ‒ alla performance del numero quattro, quasi si pentì di essersi fatto trascinare fin lì. Non importava delle chiacchiere che vedevano Kageyama Tobio come l’indiscusso vincitore di quell’evento; tutti, in quel posto, erano di tutt’altro livello. Non c’era la minima possibilità di gareggiare con gli altri concorrenti.
Izumi sospirò e osservò il suo accompagnatore ‒ o forse era lui l’accompagnatore di Shouyou ‒, completamente rapito dalla melodia che veniva fuori dalle casse del televisore. Non poteva dargli torto.
Era la Sonata N.9 Kreutzer di Beethoven quella che Tobio stava suonando. Un’esecuzione perfetta, sia da parte del violinista che del pianista ‒ che, però, stava evidentemente arrancando per non andare fuori tempo.
Shouyou, in ogni caso, non era poi così sorpreso; non piacevolmente, almeno. Era amareggiato da quella melodia così bella in cui, però, s’insediavano emozioni talmente negative da stringergli il cuore. La conosceva, lui, sapeva che non era triste; al contrario, era vivace, frizzante, sebbene estremamente difficile. Quel violinista, invece… Tobio stava divenendo il possessore di quella sonata, sì, ma il quindicenne non avrebbe mai creduto che la musica di un suo coetaneo potesse essere così intensa. Percepiva solo astio ‒ quasi odio ‒, confusione, e tanta, troppa angoscia per essere portata sulle spalle da un ragazzo talmente giovane.
Rimase comunque lì, ad ascoltare il dolore del suo avversario, finché il pezzo non fu concluso e il pianista si alzò dallo sgabello e Tobio abbassò il violino con un’eleganza che colpì non poco Izumi. Poi si precipitò, senza alcun preavviso, fuori dalla stanza, con la testa bassa e i capelli ribelli color tramonto che gli coprivano gli occhi dalle stesse sfumature.
Izumi fece una smorfia scoraggiata e sospirò, seguendolo. «Aspettami, Shou-chan!» E con quella, forse erano dieci le volte che gli aveva ripetuto la stessa, identica frase.
Shouyou non lo sentì nemmeno.
Il violinista fece giusto in tempo a raggiungere l’amico, poiché quest’ultimo fissava con determinazione ‒ Izumi decise che non gli piaceva affatto ‒ Kageyama Tobio, che stava dinanzi a loro, a fianco di un ragazzo che doveva essere stato il suo accompagnatore ‒ in realtà, non si era fatto notare per nulla. Guardò ora Shouyou, ora il suo suo avversario, e si sorprese quando realizzò che il primo non stava tremando come una foglia, neppure di fronte ad altezza simile ‒ lo sapeva, Izumi, che il pianista non si sentiva a suo agio con persone molto più alte di lui.
Tobio, però, non lo degnò nemmeno di uno sguardo. Passò semplicemente di lato, continuando a ignorare tutti, perfino Kindaichi, il quale indossava, senza preoccuparsi di nasconderlo, un cipiglio a dir poco infuriato.
Shouyou non distolse gli occhi neanche per un attimo. «Ehi!» lo chiamò, le braccia lungo i fianchi e i pugni stretti; Tobio si fermò, ma non si volse. «Perché hai suonato così?»
E solo allora, il violinista si girò e gli indirizzò un’occhiata: notò subito che aveva degli occhi grandi e che era molto più basso di lui. «Eh?» fece, corrugando la fronte e assottigliando lo sguardo.
Il pianista annuì e mosse un passo avanti. «Hai suonato male!» In realtà non lo pensava. Tobio aveva fatto tutto tranne che dare un brutto spettacolo; solo non sapeva come dirlo.
Sentì le orecchie fischiargli, e dovette stringere il violino e l’archetto il più forte possibile per evitare di spaccarli in faccia a quell’idiota. Tutto, ormai, gli era indifferente; ma la musica no. La musica, forse, era l’unica porzione di lui che ancora si potesse definire viva. Era grato che quella porzione fosse relativamente grande. Non tollerava, perciò, che qualcuno gli dicesse che aveva suonato male. Lui non suonava mai male. Lui era il “metronomo umano”, era il “bambino prodigio”, era colui che, nella sua breve carriera, non aveva mai perso in una competizione. E finché avrebbe vinto, finché si sarebbe esibito al massimo, non avrebbe accettato un commento simile.
«E-ehi...» Per fortuna, fu Izumi a spezzare la tensione che si era creata fra i due. «Non ha suonato per niente male, Shou-chan, lo sai…» Poi si sporse verso di lui e gli sussurrò: «Chiedi scusa, non vogliamo finire nei pasticci!»
Shouyou, tuttavia, continuò a tenere lo sguardo fisso sullo sfidante. «La musica è felicità
«La musica è emozioni» lo corresse, i lineamenti del volto induriti e gli occhi scuri severi. «Esistono sia emozioni positive che negative, ma non mi aspetto che tu lo sappia.» Detto ciò, si girò un’ultima volta e ricominciò a camminare a grandi falcate.
Le sue labbra si schiusero, già pronte a far uscire le sue esclamazioni di protesta, ma la mano di Izumi sulla sua spalla gli suggerì che sarebbe stato meglio incassare il colpo e non dire null’altro.
In effetti, non erano nella posizione per poter controbattere.
E Shouyou, ancora una volta, andrò contro corrente. «Lo faremo ricredere!»

Tokyo, 14 novembre 2015, 17:39

«Uh, essere penultimi mette un bel po’ di ansia...» commentò, muovendo le dita in aria come se stesse premendo le corde del violino.
Un brivido di eccitazione attraversò la schiena di Shouyou, lui annuì e gli occhi gli brillarono.
«Yukitaka-san, Hinata-san, tra poco è il vostro turno!» li avvertì un assistente. «Potete entrare.»
I due compagni si scambiarono un’occhiata e Izumi accennò un sorriso, mentre Shouyou rimase con la stessa espressione euforica che ormai aveva da qualche minuto.
Il ramato era estremamente nervoso, ma era anche felice per il suo amico, dato che quella sarebbe stata la sua prima competizione. Purtroppo, non aveva potuto far altro che assecondarlo in quella pazzia: sapeva quanto Shouyou amasse la musica, e in particolare il pianoforte, e il fatto che la sua condizione economica gli impedisse di partecipare ad un concorso con quello strumento lo aveva sempre un po’ avvilito. Quando, però, si era presentato da lui con quei volantini, urlando ai quattro venti che “È gratis, mi serve solo un violinista!” ‒ e poi, in teoria, era lui a servire ad un violinista, ma questo Izumi aveva preferito non sottolinearlo ‒, non aveva saputo dirgli di no.
Camminarono fianco a fianco fino all’ingresso del retroscena, presero entrambi un profondo respiro e, finalmente, misero piede sul palco oscurato, giungendo poi sin davanti alla folla.
Izumi guardò Shouyou di sottecchi: gli tremavano le mani, e ora la sua bocca, non più sorridente, era diventata una linea sottile. Poi tornò a guardare tutte le persone davanti a loro, qualche mormorio che si levava dalle file centrali. Non c’erano poi così tante persone, in realtà. «Fa’ del tuo meglio» sussurrò pianissimo, ma abbastanza forte affinché l’amico potesse sentirlo.
Shouyou volse il capo di colpo, leggermente sorpreso; e di nuovo quella fermezza tornò ad albergare nel suo viso. «Mh!» fece, convinto, e solo l’istante successivo si accorse che forse l’aveva fatto a voce troppo alta. Non se ne preoccupò troppo, comunque; andò a sedersi sullo sgabello ricoperto di pelle nera, il violinista si posizionò alla sua destra, a qualche metro da lui.
Giusto il tempo di mettere il violino sulla spalla e poggiarvi il mento, e un altro sguardo volò fra i due.
Shouyou iniziò con il do centrale con la mano destra e quello di un’ottava più bassa con la sinistra.
Altri mormorii si alzarono dalla folla quando fu chiaro che il brano non era altro che la versione semplificata di Ah, vous dirai-je maman di Mozart.
«Ma saranno seri?»
«Non posso nemmeno pensare di competere con una canzoncina come quella...»
«Anche se non facessero nessun errore… sarebbe impossibile vincere!»
Ed ecco che la pressione aumentava: Izumi lo sapeva. Li avrebbero criticati tutti, una volta lì, non solo i giudici. Sbagliò una nota, e si rese conto che le dita della sinistra gli tremolavano eccessivamente. Sentì il panico salirgli in gola. I suoi occhi marroni cercarono istintivamente la figura di Shouyou. Non si sarebbe mai aspettato di vederlo in quello stato.
Aveva le labbra appena socchiuse, il capo buttato indietro, gli occhi serrati, le mani parevano volare sui tasti. Sembrava non aver nemmeno udito l’errore dell’amico: continuò, infatti, a suonare, mentre il ritmo si stabilizzava e il suono del pianoforte diveniva sempre più vivo.
In qualche modo, Shouyou stava riuscendo a coprire i suoi errori, aumentando di poco la dinamica e allentando il tono subito dopo.
Izumi si sentì in colpa, incastrato tra tutta quella gente polemica e il suo migliore amico. Non si era mai accorto di quanto si fosse impegnato, tanto da poter subito riconoscere uno sbaglio e nasconderlo dietro quella che gli altri potevano chiamare follia. Perché, effettivamente, quella lo era: si stava allontanando piano piano ‒ ma sempre di più ‒ dallo spartito, cominciava a lanciarsi in un mondo che, almeno da quello che aveva visto Izumi, era sconosciuto.
Il capo di giuria storse la bocca. Se lui si trovava lì, seduto su quella poltrona, c’era sicuramente un motivo. «Ormai è il piano che sta accompagnando il violino.»
Una sedia di velluto rosso, qualche posto accanto, era vuota, nonostante un nome spiccasse su di essa.
«Il ragazzino dai capelli strani, però, ha talento.» Qualche fila dietro, un giudice incredibilmente giovane se ne stava con le spalle ricurve, i gomiti appoggiati ai lati delle cosce, una biro nera nella mano destra e un paio di occhiali sulla punta del naso. Lasciò andare un piccolo sospiro e fece girare la penna tra le dita, per poi annotare qualcosa sul pezzo di carta tenuto fermo dal reggifogli. «Peccato che questo non sia un concorso per pianisti.»

Tokyo, 14 novembre 2015, 17:43

Tobio, per quel che ne sapeva, era sempre stato l’unico a popolare quella stanza illuminata da una fastidiosa luce fredda. Quel pomeriggio, però, due ragazzini a cui non avrebbe dato più di dodici anni si erano intrufolati, e per la prima volta non era stato il solo ad assistere a tutti i suoi avversari. Poi, si era ritrovato uno di loro davanti a sé, subito dopo la sua esibizione, a dirgli che lui aveva suonato male.
In pochi si permettevano di farlo, in realtà. Tobio non era abituato alla presunzione ingiustificata; tutti i suoi accompagnatori non erano male, non poteva negarlo, d’altra parte però non erano neanche chissà che.
Ma quel ragazzo… Quel ragazzo gli aveva tanto fatto la predica, eppure non aveva portato niente di speciale, eclatante. Una canzoncina tanto allegra quanto semplice, non qualcosa che, solo dal nome conosciuto, sapeva farti venire la pelle d’oca, l’impaziente voglia di ascoltare quel pezzo e l’inconscia paura che, a suonarlo, sarebbe stato un musicista magari non particolarmente bravo.
Ad ogni modo, non poteva nemmeno dire che facesse assolutamente schifo: il violinista era mediocre, e probabilmente ne era perfettamente consapevole. Lo vedeva dal modo in cui suonava, senza cercare di superarsi; lo vedeva dal modo in cui stava sbagliando e stava andando velocemente nel pallone. Se fosse stato sul palco qualche volta in più, avrebbe indubbiamente cercato di pensare velocemente a come riprendersi.
O almeno, questo era quello che credeva Tobio.
Non lo aveva analizzato troppo, a dir la verità; la sua attenzione era più che altro sul ragazzino dai capelli rossi. Possedeva talento, ma aveva di gran lunga sopravvalutato l’effetto che la sua musica aveva sulle persone. Stava nascondendo discretamente tutti gli errori del ramato, ma non era niente di che. Qualcuno da poter dimenticare, insomma.
“Lo faremo ricredere!”… Ah!
Il violinista sbagliò di nuovo. Stavolta, però, il pianista coprì fin troppo magistralmente.
Gli occhi di Tobio si spalancarono, un’espressione sorpresa e leggermente innervosita che si faceva strada sul suo volto. Le braccia fasciate dalla stoffa nera del suo smoking ‒ cozzava in modo quasi esilarante con i suoi atteggiamenti lievemente impacciati ‒ gli caddero inermi accanto ai fianchi, mentre il piede destro muoveva impulsivamente un passo indietro, quasi anche il suo corpo volesse esternare la sua incredulità.
Quel ragazzino dai capelli ribelli e gli occhi del colore del tramonto si era completamente distaccato dallo spartito.

Tokyo, 14 novembre 2015, 17:44

Non c’erano più di cinquanta persone, in quella sala. Potevano anche non essere veterani, ma tutti si erano accorti che, su quel palco, si stava svolgendo qualsiasi cosa tranne che una performance regolare.
Izumi non se lo aspettava. Conosceva tutte le versioni del brano che avevano portato, ma non avrebbe mai immaginato che Shouyou si fosse esercitato con più di una di esse, né che, di punto in bianco, ne avrebbe suonata una completamente differente da quella che avevano scelto.
Se quella di prima era stata una follia, Izumi non trovava un termine per descrivere ciò che stava accedendo in quel momento. Però ne era felice.
Probabilmente, in quella stanza non c’era nessuno che non stesse assaporando, anche se poco, la felicità. Come chiusi in una bolla di colori e luce, assistevano al saltellare vivace delle note su un prato come bambini sorridenti che giocano a salta campana sui marciapiedi, e al centro c’era lui, con la sua leggerezza e, allo stesso tempo, insistenza. Sì, era insistente, perché la sua musica voleva entrare nelle teste della gente e restare lì, per sempre.
Il mormorio che era durato qualche minuto si spense, quasi avessero premuto un interruttore.
Ma il capo di giuria non si trovava d’accordo con quella scelta. «È… inammissibile» mormorò, con gli occhi sgranati fissi sul pianista. Non ci credeva neanche lui.
«Oh!» fece l’uomo qualche fila prima, gli occhi scuri che brillavano. «Mi piaci, piccoletto...» Si ricompose subito, facendo una smorfia rassegnata. «… ma lo sai: non è un concorso per pianisti.»
Shouyou non avrebbe potuto sentire in ogni caso quei commenti, anche se avesse voluto. Non avrebbe potuto nemmeno dire che la sua mente, in quel momento, fosse svuotata da qualsiasi pensiero; il suo, però, non era poi così ingombrante. Lo attraversava ogni secondo, ogni qualvolta le sue dita sfioravano i tasti bianchi e neri.
Non voglio essere dimenticato.

Tobio non avrebbe negato che in quella melodia c’era felicità pura.
Ciò non significava, comunque, che tutti la potessero provare. Lui l’aveva semplicemente notata, nulla di più: la musica di quel ragazzino non era riuscita a raggiungerlo. Sapeva che non era colpa del pianista, e, se proprio si doveva attribuire la colpa a qualcuno, non era altri che sua. Se lui scappava così disperatamente da qualunque emozione positiva era colpa sua.
Era sprofondato sempre di più, così da non essere in grado di vedere la luce. E allora perché lui, quella, la vedeva, e anche piuttosto chiaramente?
Era irritante. Doveva cercare di prenderla, di smettere di negarsi ciò che l’avrebbe sicuramente fatto stare bene, oppure doveva stare a guardare mentre gli scivolava dalle mani senza che lui opponesse un minimo di resistenza?
Tobio non esitò un attimo. Tanto, lo sapeva, sarebbe crollato di nuovo.

Tokyo, 14 novembre 2015, 17:46


Shouyou congiunse le mani davanti a sé e si piegò in avanti tanto violentemente che per poco non finì con la faccia sul parquet sporco.
Il violinista si voltò a guardarlo, qualche passo avanti a lui, con un’espressione interrogativa.
«Scusami, Izumi!» esclamò, anche troppo forte. Si rimise dritto e gli rivolse uno sguardo veramente colpevole. «Non riuscivo a fermarmi… Era come se non stessi suonando io!» Lo affiancò, gesticolando e guardando le mani come se non fossero sue. «Cioè, sì, stavo suonando io, ma le dita mi si muovevano da sole! Credo… Cioè...»
La risata gentile di Izumi lo interruppe, mentre riprendeva a camminare verso il corridoio. «Va bene così, davvero. Tu ci tenevi molto più di me, dopotutto» lo rassicurò, per poi sorridergli affabilmente. «Sei stato bravissimo, delle persone di spicco ti avranno notato sicuramente!»
Shouyou ricambiò il sorriso e lo raggiunse, varcando la soglia del corridoio. «Speriamo» disse, e puntò gli occhi a terra.
Izumi gli indirizzò un’occhiata di sottecchi, lievemente preoccupato. Shouyou non diceva mai parole come “speriamo”: sono segno di incertezza con una sfumatura di negatività. E lui negativo non lo era mai stato. Forse incerto, qualche volta, ma era l’unica cosa che tentava di non dare a vedere – che non ci riuscisse, poi, era un’altra storia. Si augurò che ne avrebbe parlato anche solo un po’; perché, ormai era sicuro, non c’era possibilità che si fossero classificati. Sospirò e chiuse gli occhi.
Quando, qualche istante dopo, li riaprì, vide un ragazzo che fissava il suo amico; non sapeva cosa volesse, ma si arrestò subito.
Shouyou non ebbe la stessa accortezza. Sotto i loro sguardi, andò a sbattere contro il petto del violinista dai capelli corvini, facendosi sfuggire un’esclamazione sorpresa.
Tobio Kageyama non ebbe la reazione che Izumi si era immaginato; anzi, restò per un paio di secondi immobile, a realizzare ciò che era appena accaduto. Poi, come Shouyou sollevò lo sguardo smarrito su di lui, parlò. «Sta’ attento a dove vai, idiota!»
Il violinista sbarrò gli occhi, così come il suo accompagnatore. Spostò lo sguardo dal loro avversario a lui.
«Sei tu che eri sulla mia strada e non ti sei mosso!» replicò, seppur non troppo prontamente.
«Infatti non mi volevo muovere!»
«Eh?» Shouyou sbatté le palpebre qualche volta.
Tobio assottigliò lo sguardo. «Mi dici che la mia musica non andava bene e poi suoni così?» chiese, il tono aspro.
Quella, per Shouyou, fu come una pugnalata. Nessuno gli aveva mai detto esplicitamente che non era bravo al piano, e sentirlo da un’altra persona non era paragonabile ad un’insicurezza fuggevole.
Abbassò lo sguardo, i lineamenti del viso contratti in una smorfia amareggiata. «Non pensavo di aver fatto così male...» farfugliò, ma i due giovani lo sentirono comunque.
Izumi non sapeva come agire. La sua indole pacata ed educata era sempre andata contro le liti o qualsiasi tipo di insulto, e, in ogni modo, raramente vi si era ritrovato. In quel momento, non riusciva a far altro che guardare il destino che si metteva in moto e che lo lasciava fuori dai suoi giochi.
«Non ho detto che hai fatto male» ribatté con voce piatta e il volto leggermente più disteso. «Ciò non implica nemmeno che tu abbia suonato in modo eccelso, che sia chiaro. Però...» Aggrottò nuovamente la fronte. «… era qualcosa di dimenticabile. Che diamine hai fatto in questi anni?»
Izumi non credeva che il suo stato d’impotenza fosse cambiato; semplicemente, ora non era l’ansia a regnare nel suo corpo. Nessuno aveva il diritto di domandargli una cosa simile, non a lui; non a Shouyou, che sin da quando aveva iniziato le medie non aveva fatto altro che esercitarsi in aula musica fino alla chiusura della scuola.
Il corpo di Shouyou ebbe un fremito, come quello di una marionetta a cui si tagliano i fili ma che, forse per inerzia o per fortuna, resta in piedi. Calò il capo e non ribatté.
Tobio se ne andò senza dire nient’altro, come se tutto ciò che dovesse fare era vendicarsi di un ragazzo con cui aveva a malapena parlato. Il problema era che veniva sempre frainteso: magari, con un po’ di tempo, quel pianista sarebbe diventato un degno avversario.
«Shou-chan?» lo chiamò con un sussurro Izumi dopo circa un minuto di totale silenzio. «Andiamo a cambiarci, vieni.» Gli prese il polso e lo trascinò quasi di peso fino agli spogliatoi.


Tokyo, 14 novembre 2015, 18:19


Da quanto stava correndo? Venti minuti? Eppure sembravano passati appena dieci secondi, nonostante i polpacci gli dolessero sotto la stoffa di jeans e la gola bruciasse in un disperato bisogno di aria e acqua.
Si era cambiato in pochi minuti e poi era uscito nel cortile esterno come un razzo, sotto gli occhi sorpresi e confusi di Izumi.
Lo aveva lasciato andare con un sospiro, perché sapeva come era fatto Shouyou: se non si sfogava parlando, lo faceva muovendosi. Forse non era proprio la cosa migliore, dato che comunque non era una corsa lenta, ma dopotutto non sarebbe riuscito a fermarlo nemmeno con tutta la sua volontà.
Così, Izumi si era fatto un giro di quell’edificio enorme e modernissimo e dopo un quarto d’ora era tornato nel salone principale gremito di ragazzini, alcuni con le proprie famiglie e altri con gli insegnanti che comunicavano loro cosa avessero sbagliato.
Loro non l’avevano, un insegnante. Il solo pensiero di prendere lezioni non aveva attraversato né la mente di Shouyou né la sua: il pianista non se lo poteva permettere, mentre lui aveva poco interesse e tempo per seguire delle lezioni regolari. Non l’aveva neppure detto ai suoi genitori, figurarsi.
Si era seduto su una delle poltroncine di pelle nera che si appiccicava fastidiosamente alle sue mani sudate di nervosismo e aveva atteso. Finché, finalmente, i risultati furono comparsi sui quattro schermi in mezzo alla sala. Izumi aveva deciso di vederli insieme a Shouyou; non aveva poi chissà quali dubbi sulla loro posizione, ma stare accanto a quel ragazzo gli aveva insegnato a pensare sempre e comunque positivo.
L’aveva cercato per tutto il perimetro della struttura e, dopo un intero giro che l’aveva sfinito ‒ come aveva fatto Shouyou a correre per tutto quel tempo? ‒, se l’era trovato davanti di qualche metro che si precipitava ad una velocità impensabile verso il prossimo angolo.
Allora Izumi aveva ricercato le sue energie relegate in qualche angolo del suo corpo e aveva fatto lo scatto più rapido di cui fosse capace.
Il quindicenne dai capelli rossicci si era bloccato di colpo sentendo uno “Shou-chan!” da dietro. Si era voltato e poi si era piegato sulle ginocchia, il fiato corto e affannoso e l’aria che gli bruciava le pareti della gola.
«Hanno messo i risultati» lo aveva informato Izumi, ansante insieme a lui.
A Shouyou si erano illuminati gli occhi ed era ripartito verso l’entrata principale, come se non si fosse appena fermato da una corsa sfiancante.
E ora erano lì, quasi sotto agli enormi schermi che mostravano la classifica.
Izumi notò che Shouyou cominciò a leggere dal primo posto ‒ non si accorse neanche del nome “Tobio Kageyama” scritto a caratteri cubitali ‒ in giù; lo comprendeva, era un gesto inconsciamente pregno di speranza.
Una speranza che, man mano che scendeva e non trovava i loro nomi, andava sfumando in delusione.
Un palmo si posò sulla sua spalla prima che potesse venire a sapere in che posizione fosse finito, ma volle ignorarlo.
Ne fu in grado fino alla vista del penultimo classificato.

10. IZUMI YUKITAKA – SHOUYOU HINATA
NON QUALIFICATI

Così recitava la dicitura.
Le dita di Izumi strinsero un po’ la stoffa azzurra della sua felpa, ma Shouyou le sentì come artigli di un’aquila fiondatasi su di lui.
«Shou-chan...»
Sapeva che non poteva aspettarsi altro dal suo primo concorso, allora perché faceva comunque male? Erano le aspettative che si era costruito?
C’erano un altro paio di ragazzini al massimo che guardavano i tabelloni; probabilmente tutti avevano visto i risultati e se n’erano andati.
Quel pensiero nella testa di Izumi venne smentito da un violinista che si stava avvicinando, dietro un ragazzo più alto che il ramato ricordava come il suo accompagnatore. Quest’ultimo tirò dritto e nemmeno salutò il violinista. Lui, invece, stette fermo qualche passo prima di Shouyou e alzò lo sguardo sullo schermo. Le sue guance si imporporarono appena e la bocca gli tremò un po’.
Fece per andarsene, ma Shouyou si volse di scatto e lui si arrestò, sorpreso.
«Io ti batterò!» esclamò, gli occhi d’ambra velati di lacrime e il viso già paonazzo dallo sforzo precedente. «Raggiungerò prima di te i cuori delle persone e ti batterò!»
L’espressione di Tobio non mutò di una virgola. «Allenati ogni giorno e diventa più bravo. Poi accetterò le tue parole» disse con serietà. Non lo stava guardando dall’alto al basso.
Shouyou annuì e basta, le lacrime che scendevano copiose e si allargavano sulla moquette tortora come gocce d’olio, e Tobio se ne andò.
Ci fu un momento d’immobilità, in cui Izumi realizzò ciò che era successo. Erano stati quanti, venti secondi? Venti secondi in cui non si era nemmeno capacitato che Shouyou stava parlando con qualcuno.
Poi si girò e rivolse al violinista uno dei sorrisi più luminosi che avesse visto ‒ era un po’ esilarante, visti gli occhi e il viso arrossati. «Grazie, Izumi!»
Lui non poté far altro che ricambiare il sorriso, mentre le guance si coloravano di un vivace rosa.

Tokyo, 7 aprile 2016, 12:42

Shouyou aveva scelto di andare a scuola in bici sin dall’inverno precedente: avrebbe fatto prima e avrebbe avuto la possibilità di sgusciare dentro l’aula di musica e suonare un poco prima delle lezioni.
Certo, se solo in quei due giorni non avesse piovuto. Il primo era stato occupato dalla cerimonia di benvenuto ai nuovi ragazzi, mentre al successivo era arrivato puntuale per un pelo.
Stava entrando nell’aula di musica solo ora per la prima volta, ma una melodia lo fece fermare. Era la pausa pranzo, e in ogni caso sapeva che il club di musica si fosse sciolto da un bel po’ di anni; chi poteva essere, quindi?
Un po’ correndo e un po’ saltellando nei corridoi, cercando qualunque indicazione, alla fine arrivò davanti alla porta di legno verniciato di beige; da lì la musica si sentiva ancora di più e istintivamente vi riconobbe qualcosa di familiare.
Si avvicinò e abbassò la maniglia con un po’ di esitazione. La melodia non s’interruppe. Socchiuse la porta e fece capolino con la testa quanto più furtivamente possibile. Chi stava suonando parve non sentirlo, ma Shouyou si accorse subito che qualcosa non andava: quel ragazzo non avrebbe dovuto essere lì.
Lanciò un urlo soffocato, che fece sobbalzare il violinista e quasi gli fece cadere l’archetto. «T-tu… perché sei qui?»
Il moro aggrottò la fronte e si voltò verso Shouyou. «Eh?»

Shouyou ricordava bene che l’ultimo tassello non combaciava con gli altri in nessun lato. Uno, tuttavia, stava lentamente cambiando… ma ancora non lo poteva sapere.



― Note d’autrice:
Salve a tutti! Per prima cosa, scusatemi per il ritardo, ma chi mi segue su Twitter sa che ho avuto qualche problema con questo capitolo. :’) Ma comunque! Vorrei ringraziare chi ha già messo la storia tra le preferite, seguite e ricordate e chi ha recensito, non avete idea di quanto mi faccia felice!
Allora, il capitolo… Anche questo è introduttivo, diciamo. :’) Tutti i parallelismi con la serie, comunque, sono voluti, ma andranno via via scemando!
Già si può intuire che Tobio non sprizza esattamente felicità, e, sì, piange il cuore anche a me.
… Sì, mi fa male il cuore anche a vedere Shouyou che piange, ma don’t worry, lui ha moooolto meno angst. ;’D *continuano a picchiarla*
Comunque, ringrazio centomila volte _ A r i a, che si è presa l’onere di betare il capitolo – in pochissimo tempo, tra l’altro! <3
Mmh, non penso di dover dire altro… Naturalmente, le vostre opinioni sono sempre ben accette! 〜
Alla prossima! :3

Baci
Shizuha
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Haikyu!! / Vai alla pagina dell'autore: Gagiord