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Autore: Recchan8    03/08/2017    1 recensioni
Questa è la storia di un primo amore adolescenziale, di un'estate trascorsa tra amicizie e incomprensioni.
Questa è la storia di Fabiola, Silvia, Flavia, Tiberio e Virgilio: cinque ragazzi, un unico filo conduttore.
Questa è la storia dell'Estate dell'Imperatore.
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Il giorno seguente saremmo dovuti andare tutti insieme al torrente a fare il bagno. Purtroppo quella mattina, mentre mi stavo preparando frettolosamente, Silvia mi chiamò al cellulare e mi disse che il progetto era andato a monte dal momento che Virgilio si era sentito male e aveva passato la notte in bianco. Sospirando, avevo sfatto la borsa, mi ero preparata una tazza di latte e cereali, ed ero uscita in veranda a fare colazione. Come sempre i miei nonni si erano alzati presto ed erano occupati nelle loro faccende, così potei tranquillamente abbandonarmi alla fiumana dei miei pensieri senza essere disturbata.
Flavia, nonostante le sembianze da Barbie, mi sembrava una ragazza a posto. Si era mostrata simpatica, amichevole e disponibile. Sicuramente lei, Silvia e io avremmo formato un bel trio femminile.
Virgilio... Che pensare di Virgilio?
Sorreggendomi la testa con il palmo di una mano, cominciai a rigirare i cereali nella tazza. Piano piano i frutti rossi vennero a galla.
Virgilio era un biondo alto e sorridente, forse fin troppo ottimista per i miei gusti; sotto questo aspetto mi ricordava molto mio fratello, anche lui un ottimista convinto. Per essere alto era alto, credo che Silvia mi avesse detto che praticava il salto in alto (confermando così la mia ipotesi). Simpatico, assolutamente, anche carino direi, ma decisamente...
Mi infilai una cucchiaiata di cereali ai frutti rossi in bocca e il loro rumore che mi impedì di finire il mio ragionamento. Deglutii il boccone.
...Ma decisamente non il mio tipo.
Tiberio e Virgilio si complementavano a vicenda: uno moro, l'altro biondo, uno con gli occhi di un colore assurdo, l'altro di un colore banale, uno dalla personalità complessa, l'altro semplice. Il fisico era più o meno lo stesso, mentre come altezza il poeta superava l'imperatore di almeno una decina di centimetri.
Vidi un gatto sugli scalini e lo guardai con un'espressione interrogativa mentre continuavo a macinare i miei cereali. Quello mi puntò addosso i suoi occhi verde mela, mosse leggermente la coda e quando realizzò che quello che stavo mangiando non era carne se ne andò.
Tiberio? Anche lui a pensarci bene era un classico: il ragazzo tenebroso dalla personalità complessa. Cliché su cliché. Era anche un bel ragazzo, senza ombra di dubbio. Non mi sorprese il fatto che a Flavia piacesse; sotto un certo punto di vista la capivo. A pensarci bene...
-"Fabiola!"-.
-"Eh?"- dissi con la bocca piena di cereali.
-"Sei ancora qui? Pensavo avessi già finito di fare colazione"- disse mia nonna.
-"Ho bisogno dei miei tempi"-.
-"A cosa stavi pensando? Mi sembravi persa nel tuo mondo"-.
In effetti ero concentrata a stilare un'analisi sulle prime impressioni dei miei nuovi amici, ma ovviamente non glielo dissi; odiavo che la gente si impicciasse nelle mie opere giudiziarie. Le dissi invece che stavo pensando a cosa avrei potuto fare quel pomeriggio visto che avevo deciso di dedicare la mattina al latino.
-"Dev'essere bello studiare una lingua antica come il latino!"- esclamò mia nonna.
-"Fidati, non lo è..."- borbottai.
Finii la mia colazione, portai tazza e cucchiaio in casa, li abbandonai al loro destino nel lavabo, andai in camera a cambiarmi, presi libro, quaderno, astuccio, vocabolario, cellulare, forza di volontà e tornai a sedermi sul tavolo in veranda. Controvoglia aprii il libro e sfogliai le pagine cercando una versione abbastanza facile. Constatai con immensa tristezza che non ce n'era una che faceva a caso mio. Sbuffando ne presi una a caso e strabuzzai gli occhi leggendo il titolo: "Folgorante carriera di Catone il Censore".
"Buon per lui", pensai sarcastica. "Non che me ne importi qualcosa della sua carriera".
Lessi in fondo alla pagina l'autore.
"Senza offesa, eh" aggiunsi rivolta a Cornelio Nepote.
Dopo qualche minuto il nonno e la nonna se ne andarono, dicendo che sarebbero tornati per pranzo. Senza nessuno in casa avrei potuto mettermi a tradurre in santa pace.
Esatto, avrei potuto.
Avevo appena appoggiato la punta della penna sul quaderno quando sentii cigolare il cancello in fondo alle scale. Perplessa, mi alzai in piedi e per poco non andai a sbattere contro una figura incappucciata che aveva appena salito di corsa le scale. Indietreggiai di qualche passo per poterla squadrare: di sicuro era un ragazzo, le spalle erano larghe e la vita stretta. Indossava una felpa grigia col cappuccio calato sulla testa, un paio di pantaloncini blu e delle infradito bianche.
-"Virgilio?"- domandai esitante, trovando una certa somiglianza col fisico di Virgilio.
Il ragazzo si calò dalla faccia il cappuccio rivelando il viso sorridente del bel poeta.
-"Buongiorno"- disse. -"Posso accomodarmi?"-.
-"Ah”- dissi colta alla sprovvista. -”Certo..."- risposi titubante.
Virgilio si sedette e appoggiò i gomiti sul tavolo. Lo seguii e mi sedetti di fronte a lui, osservandolo mentre guardava incuriosito il mio libro delle versioni.
-"Scusa, Virgilio..."- iniziai.
Il biondo alzò lo sguardo e mi sorrise.
-"Chiamami Virgo"-.
-"Oh, okay"- arrossii un poco. -"Virgo... Che ci fai qui? Non ti sei sentito male stanotte?"-.
Virgilio smise di sfogliare le pagine e si abbandonò sullo schienale della sedia di paglia. Mise le mani dietro la nuca e alzò lo sguardo alle piante di vite che si attorcigliavano sulle travi sopra di noi. Verso settembre sarebbero spuntati dei bellissimi grappoli d'uva rossiccia, ma ora bisognava accontentarsi dell'ombra fornita dalle grandi foglie verdi.
-"Ho mentito"- confessò tranquillamente.
Mi lanciò un'occhiata di sottecchi per verificare la mia reazione, che forse fu proprio come se l'aspettava: ero sorpresa.
-"E perché?"-.
-"Diciamo che avevo di meglio da fare. Volevo..."-. Si grattò la testa cercando di trovare le parole adatte. Un raggio di sole colpì il piercing all'orecchio: era un piccolo bilanciere nero. -"Insomma, volevo chiederti un favore"- disse alla fine.
Spalancai gli occhi e mi appoggiai a mia volta allo schienale della sedia. Possibile che si fidasse così tanto di me? Ci conoscevamo da poco più di un giorno!
-"Un favore? Dimmi tutto, vedrò cosa posso fare"- gli dissi sorridendo debolmente.
Virgilio mi guardò un attimo negli occhi, poi si sporse in avanti e cominciò a parlare.
-"Sarò diretto: a me piace Flavia da un bel po' di tempo, però non riesco a farle capire quello che provo per lei. Cioè, in realtà non so nemmeno se sia il caso di dirglielo, male che vada potrei anche rovinare il nostro rapporto. Perciò stavo pensando di verificare in qualche modo quello che lei..."-.
"Non ci posso credere", pensai scuotendo impercettibilmente la testa. Avevo già capito dove volesse andare a parare.
-"Hai idea di quello che mi stai chiedendo di fare?"- lo interruppi seria.
Virgilio si bloccò e sussultò. Si morse il labbro e abbassò lo sguardo verso le sue mani, appoggiate sulla superficie del tavolo.
-"E' una cosa un po'... Subdola"- proseguii. -"Non tanto per Flavia, ma per me"-.
In attesa di una sua risposta entrai in casa, presi l'elastico per capelli che la sera prima avevo lasciato sul comodino e mi legai i capelli: non ne potevo più dei riccioli che mi ricadevano sulle spalle, mi facevano troppo caldo. Quando tornai in veranda trovai Virgilio stravaccato sulla sedia, la testa all'indietro e le braccia penzolanti.
-"Virgo?"- lo chiamai.
-"Io... Lo so, hai ragione, ti sto chiedendo troppo. Ci conosciamo da troppo poco tempo"- disse.
Sorrisi e tornai a sedermi di fronte a lui. Quello che mi chiedeva di fare era effettivamente un po' malvagio, ma se avevo capito bene non si trattava di un qualcosa di troppo compromettente: né io né lui rischiavamo troppo, perciò... Si poteva fare. Certo, se Silvia non mi avesse avvertita prima dei sentimenti di Virgilio per Flavia, forse non avrei mai acconsentito ad aiutarlo. Avrebbe sempre potuto trattarsi di uno scherzo di cattivo gusto, ma di Silvia mi fidavo.
-"Ehi, non ti abbattere"- gli dissi.
Sospirando, si ricompose.
-"Ascoltami, intanto verifichiamo che io abbia capito la tua richiesta. Quello che tu vorresti che io faccia è fingere di avere un interesse nei tuoi confronti, interesse che tu contraccambieresti"-.
-"Esatto..."- mormorò.
Mi attorcigliai un ricciolo ribelle intorno all'indice e rivolsi al ragazzo biondo un sorriso poco convinto.
-"Ci conosciamo da poco ma devo ammettere che mi ispiri fiducia, perciò sarà meglio per te che funzioni"- gli dissi.
Il suo viso si illuminò di colpo. Si alzò in piedi, mi prese una mano e mi costrinse ad alzarmi.
-"Quindi mi aiuterai?"- domandò.
-"Be', sì. E ringrazio il fatto che tu mi abbia voluto avvertire delle tue prossime mosse. Se non mi avessi detto niente avrei inteso male il tuo comportamento"-.
-"Mi aiuterai davvero?!"-.
Arrossii un poco per la vicinanza tra i nostri volti, ma gli sorrisi ugualmente.
-"Oh, Fabiola, grazie!"-.
Mi attirò a sé e mi abbracciò forte, mozzandomi il respiro. Gli battei debolmente una mano sulla schiena, sia come gesto di incoraggiamento che come segnale del mio imminente soffocamento. Evidentemente recepì entrambi i messaggi, perché mi liberò subito dalla sua stretta e mi appoggiò le mani sulle spalle.
-"Sei davvero una ragazza fantastica!"-.
-"Adesso non esageriamo!”- ridacchiai. Mi tolsi le sue mani dalle spalle e lo guardai negli occhi, facendomi improvvisamente seria. -”Ascoltami bene, però. Ho una condizione"-.
Virgilio alzò un sopracciglio.
-"Dimmi"-.
Mi scostai da lui e indietreggiai di qualche passo.
-"Niente cose imbarazzanti. Ti aiuterò, ma non sarò la tua toy girl, mettiamo le cose in chiaro"- dissi decisa. -”Dovrai sempre tenere presente che stiamo recitando”-.
Ecco, diciamo le cose come stavano: non che mi dispiacesse, per esempio, essere baciata da Virgilio, ma non volevo che lo facesse solo per una messinscena. Se voleva baciarmi avrebbe dovuto farlo solo ed esclusivamente perché gli piacevo davvero.
Il poeta scoppiò a ridere, cosa che mi mise un po' in imbarazzo.
-"Tranquilla, me ne ricorderò. Ti rispetterò e rispetterò i tuoi spazi e le tue decisioni"- disse facendomi l'occhiolino.
Rincuorata dalla sua affermazione, tornai a sedermi e presi involontariamente in mano la penna che avevo appoggiato sulla piega del quaderno. Virgilio interpretò male il mio gesto e si rimise il cappuccio.
-"Ah, scusami per averti disturbata, mi ero completamente dimenticato del tuo latino"- disse scusandosi.
-"Tranquillo, non ti..."-.
-"Però sai"- mi interruppe. -"Tiberio non se la cava male. Se vuoi potrebbe darti una mano. Mh, se me lo ricordo glielo chiederò. Consideralo come un ringraziamento per la tua collaborazione"-.
Senza darmi il tempo di ribattere se ne andò percorrendo di corsa gli scalini. Lo sentii fermarsi di fronte al cancello e borbottare qualcosa; riuscii solo a captare il nome Tiberio.

 

 

Alla fine mi arresi. Accavallai le gambe, lasciai le carte e appoggiai il mento ai palmi delle mani. Non ero ancora riuscita a vedere così da vicino Tiberio, perciò rimasi sorpresa dallo strano colore dei suoi occhi: un giallo intenso da far paura, di colore simile a quelli dei gatti. I capelli corvini, ribelli e scompigliati in tutte le direzioni, gli ricadevano in parte sugli occhi. Sembrava un personaggio di un anime.
-"Vedi"- disse. -"Se non sai mescolare un mazzo di carte, come pretendi di poterci giocare?"-.
Prese il mazzo di carte e cominciò a mescolarlo con gesti esperti. Le sue sopracciglia erano alzate e aveva sulle labbra un sorriso sghembo.
-"Ecco qua"-.
Appoggiò il mazzo sul tavolo della piazza della chiesa e con una mano mi fece segno di andarmene. Ma andarmene dove? Ero lì da nemmeno mezz'ora in attesa degli altri, esattamente come lui
-"Che stai facendo?"- domandai esitante.
Alzò gli occhi sorpreso e mi guardò.
-"Cosa sto facendo?"-.
-"Te l'ho appena chiesto"- ribattei.
-"Non sto facendo nulla. Ho appena finito di mescolarti le carte. Non sai mescolare un mazzo di carte e io l'ho fatto al posto tuo"-.
-"Sì ma... Non dovevamo fare una partita a qualcosa in attesa di Silvia e degli altri?"-.
Si chinò e appoggiò la guancia alla superficie legnosa del tavolo.
-"E chi l'ha detto?"-.
-"Tu!"- dissi esasperata.
Lo guardai malissimo e lui in risposta mise il broncio. Sospirò, rialzò la testa e batté lievemente le mani sul tavolo.
-"Tiberio?"-.
-"Sì?"-.
-"Ti hanno mai detto che sei strano?"- gli domandai.
Tiberio riprese in mano le carte e ricominciò a mescolarle. Solo quando si portò una mano al polso destro notai che portava un polsino rosso di spugna. Non gli dava fastidio?
Alzò gli occhi al cielo e si fece ombra con una mano.
-"Aah, certamente"- rispose.
E, effettivamente, era strano davvero quel ragazzo. La prima volta che lo vidi mi era sembrato abbastanza normale, forse un po' montato, ma normale; la seconda volta non mi aveva rivolto la parola e si era limitato a fissarmi e a squadrarmi da capo a piedi; e quella volta, invece, sembrava essere tornato ad essere il ragazzo montato e sui generis della prima volta, forse un poco più estroverso. Voglio dire, come può una persona mettersi a chiacchierare normalmente con un'altra che ha incontrato da poco?
"E come fa un ragazzo a chiedere un favore enorme a una ragazza che conosce da un giorno?" mi domandò una vocina nella mia testa.
-"Quindi ne sei consapevole"- gli dissi in tono di sfida.
-"Pensi che me ne freghi qualcosa di cosa pensano gli altri di me?"-.
Rimasi per un attimo senza parole e mi morsi il labbro; non mi aspettavo una risposta così rapida e... cattiva?
-"Be'..."- dissi cauta. -"Di solito alle persone interessa"-.
Prese una carta dal mazzo e me la mostrò.
-"Ricordatela"-.
La rimise nel mazzo e continuò a mescolarlo, gli occhi abbassati sul suo lavoro. Poco dopo posò il mazzo al centro del tavolo, fra lui e me. Con un gesto mi incitò a prendere la prima carta. La presi e feci per girarla, ma Tiberio mi fermò.
-"Che carta ti avevo mostrato?"-.
-"Il tre di picche"-.
-"Gira la carta"-.
Obbedii e vidi che la prima carta del mazzo era proprio il tre di picche. Ormai i trucchetti con le carte non mi sorprendevano più, tanti miei amici li sapevano fare. Sorrisi per cortesia e gliela porsi.
-"Certo, ma a me no"- disse a un tratto.
Sentimmo delle voci nella viuzza appena dietro la chiesa e ci voltammo entrambi nella loro direzione.
-"Eccoli!"- esclamai.
Dalla curva spuntarono Silvia, Flavia e Virgilio. Memore del patto tra me e il poeta, mi alzai in piedi e gli corsi incontro. Tiberio rimase seduto dov'era.
-"Finalmente siete arrivati!"-.
-"Scusateci, abbiamo avuto dei problemi organizzativi"- si giustificò Flavia.
Io e Virgilio ci scambiammo un'occhiatina complice. Andai verso di lui e lo salutai calorosamente.
Ore 17:29
Che lo spettacolo abbia inizio.

 

 

-"Tu stai male!"- mi sussurrò Silvia.
-"Non è vero, ho semplicemente deciso di aiutarlo!"- risposi imbronciata.
Tenendoci a braccetto imboccammo insieme una stradina in salita.
Ebbene, nonostante fossimo dei liceali, ci divertivamo ancora a giocare a nascondino di sera. Come già detto in precedenza, chi non è rimasto un po' bambino?
-"E' un modo decisamente bizzarro di aiutare una persona, non ti pare?"- continuò.
Piantai i piedi a terra e lasciai il braccio di Silvia, che si girò verso di me con un sorriso bellicoso stampato in faccia.
-"Oh, andiamo!"- dissi alzando gli occhi al cielo stellato.
Tre bambini ci superarono di corsa; uno di loro si girò a guardarci e Silvia lo salutò con la mano. Il bimbo sorrise di rimando e si lanciò all'inseguimento dei suoi amici.
-"Non va bene... E' solo che non mi sembra una bella cosa. Insomma, mi dà l'impressione che Virgo ti stia sfruttando e basta"- disse decisa.
-"Ma Silvia"- ribattei. -"Non mi ha costretta, e diciamo che sotto un certo punto di vista possiamo considerare questa faccenda come uno sfruttamento acconsentito"-.
Silvia sbuffò, si avvicinò a me e mi riprese a braccetto. Camminammo per un po' in silenzio, guardandoci attorno alla ricerca dei tre che si erano nascosti.
Passammo davanti al cancello di casa mia e trovammo mia nonna che chiacchierava animatamente con la nonna di Silvia.
-"Sì sì, però... Eh, vedi a non uscire di casa per un giorno cosa succede?"- stava dicendo mia nonna.
-"Menomale ci sei tu, Mirta!"- rispose la nonna di Silvia, Serena.
Ci videro e ci salutarono con un cenno per poi rituffarsi nei loro pettegolezzi serali.
-"Stavo pensando"- disse Silvia a un certo punto. -"Forse... Forse hai fatto bene"-.
Mi accorsi di un movimento sospetto di fronte a noi e accelerai il passo. Silvia mi venne dietro, inciampando di tanto in tanto nella difficoltà di stare al mio passo; la strada in salita non l'aiutava di certo.
-"Certo che ho fatto bene!"- risposi convinta.
Raggiungemmo la pista da ballo illuminata dai quattro lampioni agli angoli. Notai che era stata ripulita dalle foglie e dalla terra e pensai che probabilmente, di lì a qualche giorno, sarebbe stata aperta.
-"Voglio dire... Magari stando con te Virgilio si dimenticherà di Flavia e penserà a tutt'altro"-.
Mi girai a guardarla sbigottita.
-"Stai forse dicendo che dovrebbe innamorarsi di me?"- quasi urlai.
-"Ehi ehi, abbassa la voce!"- mi rimproverò immediatamente Silvia.
-"Be', è un bel ragazzo, anche simpatico direi, però vedi..."-.
Mi sedetti a bordo pista e Silvia mi imitò.
-"C'è qualcuno qui intorno?"- domandai.
-"Solo bambini, abbiamo perso per un soffio Flavia"- rispose sorridendo.
-"Se un ragazzo ha il coraggio di andare da una ragazza che conosce appena e di chiederle di fingere di piacerle per far ingelosire un'altra ragazza... O è folle, cosa che non credo sia, o è davvero innamorato"-.
-"Così innamorato da fregarsene dei sentimenti degli altri"-.
-"Silvia, insomma! A me non piace Virgilio, lo trovo solo carino!"- sbottai.
-"Dannatamente carino"- mi corresse.
Scossi la testa e sospirai. Mi alzai in piedi e le porsi una mano. Silvia la scansò con il dorso della sua mano e si alzò da sola. Poi mi prese a braccetto per l'ennesima volta.
-"Su, andiamo o non li troveremo più. Inizia a farsi buio"-.

 

 

   
 
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