Tre giorni dopo
«A
me ha fatto schifo: dobbiamo
proprio assistere anche noi?»
Lina
alzò gli occhi al cielo
davanti all’ennesima lamentela di Danah, una delle due
giovani novizie che
erano sotto la sua responsabilità. «Non ti
verrà chiesto di assistere a tutte
le autopsie», spiegò, cercando di mantenere la
calma, «ma è possibile che, di
tanto in tanto, tu debba aiutare i medici, quindi è meglio
che cominci a farci
l’abitudine.»
«Ma
è una cosa disgustosa»
insistette la ragazza,
passandosi una mano tra i capelli troppo corti per essere raccolti
nella
crocchia tipica delle consorelle dell’Ordine.
Perché le fossero stati tagliati
era un mistero che Lina non aveva alcuna intenzione di indagare.
«La puzza, poi,
era tremenda. Se ci ripenso, mi viene ancora da vomitare.»
«A
me non ha dato poi così tanto
fastidio» si intromise la dolce e paffutella Eda, con la sua
voce morbida e
pacata. «È stato interessante.»
Danah
emise un suono di
esasperazione e allungò il passo, distanziando di qualche
metro la compagna e
la tutrice. Lina scosse la testa, osservando le spalle ossute della
quindicenne
fremere d’indignazione. Non sarebbe durata molto, quella. La
vita all’interno
della congrega era piena di soddisfazioni, ma non era per tutte: quando
lei vi
aveva fatto ingresso, alla stessa età delle sue due pupille
e contro la sua
volontà, aveva passato alcuni mesi in preda al senso di
smarrimento e alla
paura. Anche allora, dopo dieci anni, c’erano giorni in cui
si chiedeva se
fosse davvero quella, la strada che gli Dèi intendevano
indicarle.
Eda,
invece, era decisamente
promettente. Aveva la pazienza e la dolcezza che le avrebbero
consentito di non
contrariare i suoi superiori e, allo stesso tempo, la natura
l’aveva fornita di
una mente pronta e analitica che le permetteva di studiare a fondo
ciò che la
circondava.
Notando
che la sua allieva
ribelle non accennava a rallentare il passo, Lina la
richiamò: «Danah! A
sinistra! Stiamo andando nella sala comune, non nel vostro
dormitorio.»
«Lo
so» fu la risposta soffocata,
ma comunque piccata, che giunse dall’adolescente. Quando
arrivò alla grande
porta scura della sala comune, però, Danah si
fermò, come se il pensiero di
aprirla di persona la intimorisse. Con un minuscolo sorriso
soddisfatto, Lina
la raggiunse e la spalancò, facendo cenno alle due ragazze
di entrare.
Non
aveva mai amato
particolarmente la grande sala circolare in cui le consorelle si
riunivano ogni
volta che la Superiora aveva qualche comunicazione importante da fare.
Se
d’inverno lo scuro legno di noce che ricopriva ogni
superficie poteva, se non
altro, dare l’illusione di emanare un certo tepore, la
giovane trovava che
d’estate quell’ambiente cupo fosse soffocante,
privo di luce e di correnti
d’aria.
Buona
parte delle donne che
risiedevano nella Congrega avevano già preso posto sulle
numerose file di
panche che, situate su diversi ordini di gradinate, scendevano ad
anelli
concentrici sino al palchetto posto al centro della sala. A ogni minimo
movimento,
le vetuste travi del pavimento scricchiolavano, dando vita a un
singolare
concerto di gemiti e cigolii che faceva accapponare la pelle delle
braccia a
Lina.
«Forza»
disse la giovane,
individuando una panca ancora vuota. «Mettiamoci
lì.» Quando le ragazze si
furono sedute, Lina si guardò attorno e indirizzò
un cenno di saluto a Ibbi, che
si era sistemata su una panca di fronte a lei, poi cercò con
gli occhi la
Superiora.
Grete
di Altavilla era una donna
sulla cinquantina, alta e dritta come un fuso. Malgrado la corporatura
asciutta
e mascolina, i capelli ormai grigi e gli occhi scuri più
infossati di quanto
fossero stati in gioventù, Lina trovava che ci fosse un che
di attraente nel
volto della donna, un’eleganza rigida e onesta che raramente
aveva scorto
altrove. O forse era l’ammirazione che provava per lei a
fargliela percepire
come tale, la cieca fiducia che riponeva nelle sue decisioni ragionate
e mai
dettate dal pregiudizio. Anche in quei giorni difficili, quando nemmeno
tutta
la sapienza racchiusa tra le mura della Congrega sembrava in grado di
dare
risposte agli interrogativi a cui si trovavano a far fronte, Grete era
sempre
stata assolutamente onesta e trasparente con le sue consorelle.
Quando
tutte le donne che si
trovavano in condizione di poter abbandonare le loro occupazioni furono
giunte
nella sala comune, la Superiora si alzò dalla panca sulla
quale si era
accomodata e raggiunse il palco. Lina notò che i suoi
movimenti parevano essere
leggermente più rigidi del solito, come se la stanchezza di
quei giorni
iniziasse a farsi sentire.
La
donna non ebbe bisogno di
compiere alcun gesto per attirare l’attenzione delle
compagne: quando si era
levata in piedi, anche gli scricchiolii erano cessati e sul locale era
sceso un
silenzio pressoché assoluto. «Veniamo subito al
punto» esordì Grete, con la sua
voce ferma e limpida. «Questa mattina si è
conclusa l’autopsia sul corpo della
nostra consorella. Com’era facile aspettarsi, i polmoni
apparivano irritati e
carichi d’acqua.»
Lina
annuì inconsciamente,
ricordando quello che aveva visto quando i medici avevano sezionato il
corpo di
Issa.
«Anche
attorno al cuore è stata
rinvenuta una notevole quantità di liquido. I reni erano
sensibilmente
ingrossati, mentre non abbiamo riscontrato alcun tipo di anomalia negli
altri
organi. Riteniamo che le ulcere a livello degli arti siano
ricollegabili alla
sofferenza renale, mentre non abbiamo trovato alcuna spiegazione per la
paralisi dei nervi del cranio, dal momento che l’encefalo si
presentava, per
quanto abbiamo avuto modo di vedere, nella norma.»
«Anche
in questo caso, non
abbiamo rilevato alcuna origine evidente del male. Se non fosse per il
numero
di casi che si stanno riscontrando in tutto il regno, saremmo portate a
credere
che si tratti di una malattia che si origina spontaneamente
all’interno
dell’organismo di una persona con una predisposizione
naturale a svilupparla,
senza che alcun fattore esterno la scateni.»
Nell’udire
quelle parole, Lina
appoggiò il mento a una mano, pensierosa. Era evidente che
ci fosse qualcosa
che, fino a quel momento, era sfuggito alla loro attenzione. La
Superiora aveva
ragione: i casi registrati erano troppi – e in continuo
aumento – perché la
malattia non fosse causata da un agente esterno.
«Prima
di convocarvi, ho discusso
in privato con le nostre sorelle medico», continuò
Grete, indicando con una
mano le due donne che sedevano alle sue spalle, «e, insieme,
abbiamo deciso di
prendere alcuni provvedimenti che potrebbero farci capire meglio
l’origine
della malattia. Come ben sapete, ci siamo già concentrate su
fattori come
l’acqua e il cibo, ma senza alcun risultato. Da oggi, ci
concentreremo sulle eccezioni,
sulle piccole abitudini
anomale che alcune di noi potrebbero avere.»
Il
silenzio fu spezzato da alcuni
bisbigli confusi, ma la Superiora non si lasciò distrarre.
«Sarebbe bello pensare
che quello di Issa sarà l’ultimo caso
all’interno della nostra Congrega, ma
sappiamo tutte che non sarà così. Per questo
voglio che ciascuna di voi annoti
in modo dettagliato e minuzioso ciò che fa giorno per
giorno: ciò che mangia,
quello che beve, tutte le attività che svolge. Voglio sapere
quello che
toccate, respirate, maneggiate. Quando il prossimo caso si
manifesterà, avremo
un diario accurato di ciò che quella persona ha fatto negli
ultimi tempi: se
risulterà qualche attività che la distingue dalle
altre, ci concentreremo su
quella.»
Tutt’intorno
a Lina, le donne
ondeggiarono il capo e si scambiarono commenti sottovoce,
apparentemente
approvando la decisione della Superiora. Sebbene ne vedesse il senso,
invece,
la ragazza avvertì una sensazione di disagio calare su di
lei: malgrado si
sforzasse costantemente di migliorarsi, era terribilmente sbadata. Era
solita
fare le cose sovrappensiero, lasciandosi guidare dalla routine:
difficilmente
sarebbe riuscita a ricordarsi di annotare sul diario ogni
più piccola azione.
Ecco, me la sento. Sarò io, la prossima
ad ammalarmi, e il mio diario
sarà così pieno di buchi che non ci caveranno
nulla di buono.
Deglutendo
nervosamente e
tormentandosi i polsini della camicia con la punta delle dita, Lina
tornò a
concentrarsi sulla Superiora.
«Spero
che vi rendiate tutte
conto dell’importanza di quello che vi chiedo. Conto sulla
vostra totale
collaborazione» continuò Grete, soffermandosi in
particolare sulle novizie e
sulle ragazze più giovani. Quando ebbe raccolto il consenso
di tutte, la
Superiora riprese a parlare. «Dal momento che ci troviamo
tutte raccolte qui,
voglio approfittarne per ragguagliarvi su altri fatti che stanno
accadendo nel
nostro regno e che richiedono la nostra attenzione.»
«Giungono
voci di strani fenomeni
e di strani avvistamenti che, a quanto pare, starebbero avendo luogo
nelle
province più remote. Al momento, la maggior parte delle
segnalazioni ci
arrivano da Porto della Neve, Campo dei Fiori e dal Distretto delle
Colline
Blu, ma, proprio questa mattina, ci è giunta notizia che un
ragazzino è stato
ucciso da una bestia sconosciuta poco lontano da Forte delle Acque,
nella
provincia delle Foreste Grigie.»
«Inoltre,
come accennato, pare
che si stiano verificando fenomeni apparentemente inspiegabili: incendi
che
divampano nei campi, appiccati da mani invisibili, alberi che sembrano
nascere
e crescere nel corso di una notte, fiumi che deviano il loro corso
senza
apparente ragione.»
Davanti
a quelle parole, le donne
presenti nella sala non batterono ciglio, restando silenziosamente in
attesa di
istruzioni.
«Chiedo
a tutte coloro che non
stanno lavorando per trovare una cura alla malattia
dell’acqua di dividersi in
gruppi di lavoro e di esaminare i resoconti custoditi nella nostra
biblioteca,
alla ricerca di qualche traccia che suggerisca che fatti del genere si
sono già
verificati in passato. Ciò che sta accadendo ha certamente
una spiegazione, ed
è nostro compito trovarla. Nel pomeriggio vi
assegnerò l’argomento sul quale
concentrarvi.»
Le
donne annuirono e Lina strinse
le mani in un pugno, mentre un brivido di eccitazione le correva lungo
la
schiena. Silenziosamente, la ragazza pregò di essere
assegnata al gruppo che si
sarebbe occupato di determinare la natura degli attacchi da parte di
bestie
feroci, in parte perché, prima di trasferirsi nella
Capitale, la sua famiglia
aveva vissuto nel Distretto delle Colline Blu, e in parte
perché era da sempre
profondamente affascinata dal mondo animale.
Lina
allungò le gambe verso il
centro della sala, stiracchiandosi discretamente, e poi fece scorrere
uno
sguardo tutto intorno a sé, cercando di capire se fosse
giunto il momento di
alzarsi e ritornare alle proprie occupazioni quotidiane. Proprio in
quel
momento, però, Grete parlò di nuovo.
«Infine, devo mettervi al corrente di
un’ultima cosa. Una settimana fa, la principessa Adlyn
è scomparsa. Come ben
sapete, la ragazza non è nelle condizioni di muoversi senza
l’aiuto di un’altra
persona: considerando che la sparizione è avvenuta nel cuore
della notte,
quando si trovava nei suoi quartieri, abbiamo motivo di pensare che
qualcuno
l’abbia rapita.»
Un
mormorio scandalizzato si
diffuse nella sala. Lina sgranò gli occhi, sgomenta. Sebbene
della principessa
sapesse
molto poco – solo che aveva
sedici anni e che, qualche anno prima, era stata colpita da una
malattia che
l’aveva resa cieca - tutti
coloro che
avevano avuto a che fare con lei ne parlavano come di una ragazza
deliziosa.
Saperla in pericolo la rattristava.
«Naturalmente»,
continuò la
Superiora, «non sta a noi occuparci delle ricerche: questo
è compito delle
Guardie Reali. Tuttavia, vorrei chiedervi di spendere una preghiera e
un
pensiero per lei. La scienza e lo studio possono arrivare solo fino a
un certo
punto: oltre a quel confine, è necessario affidarsi a una
sapienza superiore.»
Lina
abbassò gli occhi, sperando
che la donna non facesse in tempo a scorgere lo scetticismo che si era
disegnato sul suo volto.