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Autore: Mr Lavottino    07/08/2017    7 recensioni
STORIA AD OC
"Un'altra giornata lavorativa stava per iniziare per Chris, autista di un pullman, che, invece di essere contento ed eternamente grato a una qualche divinità per il lavoro trovatogli, in maniera piuttosto miracolosa, si lamentava con se stesso, sbattendo le palpebre più volte per via del sonno.
Erano a malapena le sei e lui, come di consueto, doveva eseguire il, noiosissimo, giro degli isolati per caricare gli studenti che sarebbero andati a scuola."
Un autista e alcuni studenti rimangono bloccati su un autobus per "cause sconosciute", riusciranno a salvarsi o soccomberanno per via delle entità?
*STORIA IN REVISIONE*
Genere: Horror, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altro personaggio, Chris McLean, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: Bondage, Contenuti forti, Furry | Contesto: Contesto generale
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- Perché non tornano? Sono in ritardo anche loro!- Sasha controllava freneticamente l'ora con il suo cellulare, mordicchiandosi di tanto in tanto le unghie. Era in ansia. I tre erano partiti ormai da due ore ed ancora non avevano fatto ritorno.
- Stai calma, attiveranno.- cercò di tranquillizzarla Kristina, senza però alcun effetto.
La mora necessitava di sapere come stesse Pitch. Aveva come un'ossessione verso il castano. A volte era arrivata persino a seguirlo mentre andava in giro o ad osservarlo da fuori dalla finestra mentre era a scuola.
Sapeva che il ragazzo non gradiva questo suo atteggiamento ma se ne fregava bellamente, continuando imperterrita con il suo fare da stalker.
- No. Sono in ritardo. Non posso stare calma.- sospirò, per poi iniziare a ticchettare sul palo d'acciaio con le unghie, o quel che ne rimaneva.
- Ha ragione. Anche Lazaro è in ritardo!- Lorde si alzò dalla sua postazione di scatto. Aveva un'espressione preoccupata in volto e gli occhi quasi lucidi, come se stesse per scoppiare a piangere.
- Allora andiamo a cercarli anche noi.- propose la mora, ottenendo il suo pieno consenso.
- Non puoi andare. È pericoloso.- la voce di Hiro, che si intromise nella conversazione, portò la bionda a girarsi verso di lui.
- Cosa?- domandò, sperando di aver capito male.
- Tu da qui non ti muovi.- l'asiatico la guardò con fare annoiato, come se trovasse l'atteggiamento della ragazza noioso e scocciante.
- Ma io voglio andare a cercare Lazaro!- strillò, portando una mano al petto.
- Non fare storie.- tagliò corto il nipponico, intimandole di sedersi.
- Va a quel paese Hiro. Io vado. Tu, piuttosto, visto che non vuoi fare nulla e non ci tieni nemmeno ad aiutarci, resta qui.- urlò, seguendo Sasha verso l'uscita.
- Lorde...- l'asiatico tentò di parlare, venendo però sovrastato dalla voce della bionda.
- Stai zitto. Ti odio. - disse con disprezzo, per poi uscire dal pullman a grandi falcate.
- Vado anch'io. - Miranda seguì le due, tentando di raggiungerle e così fecero Gabriel e Skarah.
Sul bus rimasero solamente Kristina, la quale stava leggendo il suo libro, Hiro, ancora distrutto per le parole che le aveva detto Lorde, e Manuel, ancora raggomitolato su sé stesso.
Per un po' nessuno dei tre si mosse, lasciandosi completamente avvolgere dal silenzio.
Fu dopo una decina di minuti che un leggero rumore attirò l'attenzione di Hiro e Kristina, facendogli alzare lo sguardo in direzione di Manuel.
Il moro si era alzato lentamente dal sedile e, con fare piuttosto disinvolto, si avvicinò alla bionda. La guardò per un attimo con un grosso sorriso in volto, cosa che la fece stranire visto che fino a qualche minuto prima era triste e sconsolato.
- Potresti gentilmente darmi una sigaretta?- domandò, mantenendo sempre quello strano atteggiamento vispo che raramente gli aveva visto assumere. Si morse un labbro, cercando di ricordarsi dove avesse messo il pacchetto.
Per lei quei piccoli oggetti contenenti tabacco e nicotina erano essenziali. Era diventata completamente dipendente dal fumo e dalla sensazione che le lasciava quando lo sentiva in bocca.
Le sigarette l'avevano aiutata a passare i periodi più bui della sua vita, facendole dimenticare, per quei tre minuti che duravano, tutti i problemi da cui era afflitta. Sapeva che fumare così tanto le faceva male, ma poco le importava.
Preferiva di gran lunga morire giovane che continuare a vivere normalmente, sbattendo in faccia a tutte le difficoltà da cui era bersagliata.
Eppure era rimasta tre giorni senza assumere nicotina. Quel pullman l'aveva tenuto talmente occupata che non ne aveva sentito il bisogno.
Per la prima volta si sentiva appagata, come se quella situazione strana e spaventosa la rilassasse. Nessuno aveva avuto tempo per offenderla o prenderla in giro, troppo impegnati a sopravvivere o a cerca una soluzione per il problema.
Dentro di sé desiderava ardentemente che non riuscissero mai a scappare dal pullman, così da poter vivere per sempre in tranquillità.
 Aprì la borsa ed estrasse il pacchetto: solamente tre sigarette. Ne prese una e gliela porse.
- Fumi? Non ne sapevo nulla.- attaccò il bottone, cercando di tracciare una identikit più dettagliata di quel ragazzo tanto strano quanto misterioso.
- Sì, ogni tanto. Hai anche l'accendino?- domandò, appoggiando la sigarette sulle labbra.
- Tieni.- estrasse l'oggetto rosa dalla borsa e glielo diede, ricambiando il suo sorriso. Il moro bloccò la cicca con le dita, per poi dare fuoco alla punta. Un rivolo di fumo uscì fuori, cosa che venne osservata da entrambi, quasi come incantati.
- Certo che è strano, eh?- il moro  stava guardando fuori dalla finestra, continuando a tirare con la bocca.
- Cosa?- chiese Kristina, curiosa di capire dove stesse andando a parere. La sua personalità, il suo modo di fare e anche quello di dialogare con gli altri era completamente cambiato. Sembrava più naturale e spontaneo di quanto non lo fosse mai stato.
- Stare qui, in piedi, a fumarsi una sigaretta mentre siamo in una situazione così pericolosa. Lo trovo... strano.- emise dell'altro fumo dalle labbra, indirizzandolo verso il vetro e osservando come questo si scontrasse contro la superficie trasparente per poi dissolversi nell'aria.
- Sì, hai ragione. Non credo sia questo il modo migliore di passare quelli che, probabilmente, potrebbero essere gli ultimi istanti della nostra vita. - entrambi si misero a ridere, tornando a farlo dopo tanto tempo.
- Oh, ma che diavolo sto facendo?  Vado a fumare fuori.- asserì, dirigendosi verso la porta lasciata, incautamente, aperta dal gruppetto uscito prima. Il moro calpestò i gradini con violenza, facendo rimbombare il rumore diverse volte.
Poi si avviò con noncuranza verso il retro del pullman, dove un tempo era stato appoggiato il cadavere di Matthew, spostato successivamente nella macchia assieme a quello di Valeria, e, senza pensarci due volte, aprì il serbatoio della benzina.
Prese tra le mani l'accendino e lo sbatté contro il retro del veicolo, rompendolo. Estrasse quindi la parte superiore, tirando successivamente la leva del gas al massimo. Infine lo richiuse, girando la rotellina per capire se era effettivamente riuscito ad aumentare la potenza della fiamma.
Sorrise quando constatò che questa raggiungeva un'altezza di circa una decina di centimetri. Era perfetta.
Svitò il tappo e, in un secondo, gettò l'oggetto dentro il serbatoio. Solo che non calcolò la potenza del ritorno di fiamma, venendo quindi coinvolto nella successiva esplosione.
 E fu in quel momento, quando sentì la forte esplosione, che Kristina si accorse che Manuel non le aveva restituito l'accendino. Fu un istante. Passò dalla sensazione di sentirsi appagata e di voler continuare a vivere in pace e tranquillità a quella, ben poco piacevole, di calore.
Il suo corpo stava venendo mangiato dalle fiamme. Sentiva la pelle ustionarsi sempre di più, secondo dopo secondo, mentre il profumo che aveva sempre amato, quello di fumo, la avvolgeva, facendole capire quanto ironica e bastarda fosse la vita.
Stava venendo uccisa da ciò che aveva sempre considerato la sua ancora di salvezza.
Lentamente i suoi vestiti, i suoi capelli e la sua pelle stavano venendo avvolti dal fuoco, mentre un grosso urlo di disperazione misto a dolore era stato lanciata dalla sua bocca, un tempo pieno di fumo, ora solo di amarezza e delusione.
Per essere stata sciocca, per non essere stata attenta. Ora le rimaneva solo una cosa da sperare. Che lui, o anche qualcun altro, trovasse il libro che stava leggendo. Magari si sarebbero ricordati di lei. E per quel motivo lo gettò dalla finestra, sperando non andasse distrutto, ma con la coda dell'occhio vide le fiamme avvolgere la carta, facendolo divenire cenere.
Non sentiva più dolore. Il fuoco le aveva completamente bruciato la pelle. Chiuse gli occhi, lasciandosi avvolgere da quel calore che ormai non poteva più sentire, ma che sperava di non ritrovare all'inferno.
L'ultima cosa che vide fu lo sguardo scioccato di Hiro, consapevole che quell'incendio non era stato casuale. Chissà, forse lui l'avrebbe vendicata.
 
 
- Andrew...- quella parola, sussurrata sottovoce, fu udita sia da Ronaldo che da Pitch.
- Andrew? E chi sarebbe?- chiese il castano, alzando un sopracciglio.
- Eh? No, niente... nessuno di importante.- rispose, facendogli cenno con la mano di lasciar perdere. I due si limitarono ad annuire, per poi continuare a guardare le sagome che vedevano riflesse nello specchio.
- Chi cazzo è stato?- Ronaldo si voltò in loro direzione cercando di capire cosa lo avesse appena colpito. Era uno di quei pupazzetti sparsi per terra.
- Ma che dici?- chiese Chris, gettando uno sguardo al giocattolo. Improvvisamente sentì un brusio, che in breve si trasformò in un'enorme folata di vento. Tutte le statuine presenti sul pavimento si sollevarono in aria e si gettarono contro di loro, crepando anche lo specchio.
- Cosa cazzo sta succedendo?!- urlò Pitch, gettandosi vicino al letto. In pochi attimi la situazione degenerò, tanto che persino il materasso del letto e il comodino iniziarono a sbattere per tutta la stanza, rompendo anche la finestra.
- Usciamo da qui!- Ronaldo gettò uno sguardo ai due, invitandoli a seguirlo. Chris corse subito dietro al moro, mentre Pitch si fermò per un istante ad osservare la situazione in cui si trovavano. Riuscì comunque ad alzarsi e, dopo aver preso un pezzo di specchio rotto ed esserselo messo in tasca, gettò un'ultima occhiata alla stanza. Per terra, dove prima c'era il comodino, era posizionato un piccolo quaderno blu.
Prese coraggio e, gettandosi tra i vari oggetti, riuscì a prenderlo. Subito dopo corse rapidamente verso l'uscita, raggiungendo gli altri due.
- Che cazzo stavi facendo?- domandò Ronaldo, ancora con il fiatone. Il castano nascose il libro dietro la schiena, facendolo passare inosservato.
- Scusate, ero solo inciampato.- mentì, mentre con entrambe le mani cercava di incastrare il l'oggetto triangolare sotto la cintola.
- Andiamocene.- disse seccamente Chris, colpendo la spalla del moro con ansia.
- Va bene.- acconsentì quello, aprendo subito la porta che li avrebbe condotti al corridoio. Giunsero quindi alle scale e, non appena si avviarono verso la sala, si resero contro che il "tornado" non si era scatenato solo al piano superiore, ma anche in quello sottostante. Il tavolo, le sedie e perfino l'enorme armadio si stavano scontrando con forza contro le pareti, rompendo quadri, finestre e quant'altro si potesse frantumare.
Riuscirono a uscire completamente incolumi, mentre l'inferno ancora incombeva in quella casa. Però, cosa di cui si accorse Chris, dall'esterno la casa sembrava completamente intatta. Ogni mobile era al suo posto. proprio come per il pullman.
Decise di non badare troppo alla cosa, preferendo seguire i due nella loro rocambolesca fuga lontano dall'abitazione.
Si fermarono dopo un po', cercando di riprendere il fiato.
- Ma che cazzo stava succedendo?- si chiese Ronaldo, sdraiandosi con la schiena appoggiata ad un albero.
- Non ne ho idea, ma era qualcosa di pericoloso.- Pitch si stese direttamente per terra, ignorando la sensazione di prurito che l'erba gli dava.
- Beh, sicuramente il demone c'entra...- Chris provò a parlare ma non riuscì a terminare la frase. Un enorme rumore attirò la loro attenzione. Rumore di un'esplosione. Proveniente dal centro della foresta. Iniziarono a correre il più velocemente possibile, sperando di non dover assistere al pensiero che si era già fatto spazio nella sua mente.
Non ci volle molto, giusta una decina di minuti. Tempo in cui riuscirono solamente a far congetture e a pregare.
L'immagine che si trovarono davanti li lasciò esterrefatti. Il bus era completamente distrutto. Al suo posto solo cenere e fiamme.
Il gruppo era distanziato dal mezzo, fermi ed impotenti davanti a quella scena.
- Ma che cazzo è successo?!- urlò Pitch, avvicinandosi a loro. Sasha si alzò in piedi e, con gli occhi pieni di lacrime, gli corse incontro, abbracciandolo.
Per la prima volta la mora si lasciò andare ad un contatto fisico, stringendolo con forza, come se non lo volesse lasciar andare mai più.
Il castano si limitò ad accarezzarle la testa, cercando di tranquillizzarla.
- Non lo sappiamo di preciso, ma sembra che Manuel abbia dato fuoco al pullman, uccidendo Kristina.- non appena udì quelle parole, dette da Gabriel, le sue gambe cedettero, facendolo cadere in ginocchio assieme a Sasha, la quale continuò a rimanere aggrappata al suo costato.
- Stai scherzando? Spero vivamente che tu stia scherzando.- disse, per poi scostare la ragazza da sé con poca eleganza. Si avvicinò al corpo incosciente di Manuel e lo sollevò per il colletto, scuotendolo e urlando per farlo risvegliare.
Dopo una ventina di secondi quello aprì gli occhi, venendo quindi lasciato da Pitch.
- Dimmi esattamente che cazzo è successo.- disse, senza dargli nemmeno il tempo di riprendersi, e, nel momento in cui il moro stava per iniziare a parlare, lo interruppe di nuove - Niente stronzate. Spero di essere stato chiaro.- sussurrò, rendendo ancora di più chiaro il messaggio. Difatti l'altro, compreso il pericolo, si fermò, cercando di riformulare le parole da dire.
- N-Non è c-colpa mia! S-Sono stai i miei genitori! Mi hanno trattato di merda e per colpa loro ho sviluppato una seconda personalità. Si chiama Trevis e viene fuori quando è buio. Per colpa sua spesso compio crimini che non vorrei mai compiere.- spiegò, iniziando a piangere.
- E dimmi, ora chi sta parlando?- domandò il castano, riprendendo la presa sul collo della sua maglietta, come ad intimarlo di dire la verità.
- T-Trevis.- balbettò, cercando di trovare le parole, ma venendo nuovamente interrotto.
- Hai ucciso tu Valeria e Matthew?- lo guardò fisso negli occhi, notando come questi fossero celesti e non verdi, ovvero il colore tipico del moro.
- S-Sì, sono stato io. - abbassò lo sguardo cercando di far provare pietà nei suoi confronti.
- E perché lo hai fatto?- Pitch lo scosse leggermente, costringendolo a guardarlo fisso negli occhi, cosa che Manuel fece suo malgrado.
- Non lo so, forse il demone si è impossessato di me. - mentì, ridacchiando istericamente. Si stava arrampicando sugli specchi. Stava iniziando a provare paura. paura di venir ucciso in quell'istante.
- Ho detto niente stronzate!- urlò il castano, colpendolo in volto.
- Volevo farlo! Il mio scopo è quello di rovinare la vita di Manuel e lui e Valeria erano troppo legati! Il biondino invece aveva scoperto il mio segreto.- disse infine, aggrappandosi ai bracci dell'altro con fare disperato. Aveva ceduto.
-  E perché avresti ucciso Kristina?- quella era l'ultima domanda che voleva fargli e, per lui, anche la più importante. In un certo senso si era affezionato a quella ragazza. Non sentiva particolare disperazione, ma provava una rabbia senza eguali verso Manuel che nemmeno Drake, quando lo infortunò impedendogli di giocare ad hockey, era riuscito a dargli.
- Mi andava. Mi piace vedere la disperazione negli occhi della gente. Tipo la tua in questo momento.- scoppiò a ridere. Non capiva nemmeno cosa stava dicendo, troppo impegnato a sfogarsi con il castano. Un piccolo ghigno si dipinse sul volto, facendo schifare ancora di più Pitch.
Lo colpì nuovamente in volto, osservandolo con odio. Venne fermato da Lazaro mentre stava cercando di colpirlo ancora.
- Basta, non esagerare.- il rosso lo guardò con aria leggermente abbattuta, consapevole che ancora doveva rivelare della morte di Aiden, motivo per cui non voleva altri morti.
- Ehi, non perdere tempo con lui. Non si merita nemmeno di essere ucciso da noi.- perfino Ronaldo, al quale quel pazzo aveva strappato il miglior amico, non voleva ucciderlo.
- Beh, suppongo abbiate ragione.- confermò, voltandosi dall'altra parte. Lazaro lasciò quindi la presa sul suo braccio, ma mai errore fu più fatale.
Pitch estrasse il frammento di specchio che aveva raccolto nella casa e, dopo un rapido movimento fulmineo, cercò di passarlo sulla gola del moro. Venne prontamente bloccato da Ronaldo, il quale riuscì ad evitare l'impatto mantenendo lo specchio a una distanza di cinque centimetri dalla carne dello sventurato.
Ciò che accadde dopo fu ancora più confusionario: Pitch sentì la mano vuota. Ronaldo aveva l'oggetto appuntito in mano ed era fermo davanti a Manuel. Lo guardò negli occhi, come se volesse cercare un minimo di rimorso, ma non ci riuscì.
Strinse con forza il frammento fino a procurarsi un piccolo taglio e, qualche istante dopo, colpì il moro alla gola lacerandogliela.
La vittima non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo. Sentiva dei piccoli rivoli di sangue, che pian piano si facevano sempre più forti, uscire dal suo collo. Se lo toccò istintivamente, tentando in qualche modo di fermare l'emorragia, cosa impossibile.
Il liquido rosso macchiò la maglietta di Ronaldo, il quale però non se ne curò molto. I suoi occhi rimasero fissi su di Manuel fino al momento del suo decesso. Osservò ogni suo piccolo movimento, dagli spasmi dovuti al dolore al suo continuo rigirarsi. Poi smise di muoversi per sempre.
- Visto? Adesso ho compiuto un omicidio.- disse poi, tirando il frammento per terra con violenza. L'erba era diventata rossa. Una piccola pozzanghera si ergeva sotto il corpo di Manuel.
Tutti lo guardavano con fare allibito. La scena a cui avevano assistito li aveva scossi nel profondo.
Nessuno disse una parola, anche perché non ce n'era bisogno.
In poco tempo il cadavere fu fatto sparire da Ronaldo stesso. Lo gettò in mezzo alla foresta, senza preoccuparsi più di tanto del dove.
Si riunirono tutti abbastanza lontani dal bus decidendo il da farsi. Parlò Lazaro, così da avvisare gli altri della morte di Aiden, seppur la sua assenza volesse significare già qualcosa. E la faccia di Drake, scossa e distrutta, ne era la prova definitiva.
- Ragazzi... Aiden è... morto. Lo ha ucciso il demone.- tentò di inventarsi una scusa convincente, ma venne subito stoppato da Drake stesso.
- No... no! Porca puttana no! Non prendiamoci per il culo! L'ho ammazzato io! E così farò con quel bastardo del demone.- urlò, attirando l'attenzione che precedentemente si era guadagnato il rosso su di sé.
- Hai ucciso il tuo miglior amico?- questa domanda partì spontanea. Chris capì solo dopo ciò che aveva chiesto. Il moro scattò in piedi e si diresse verso di lui, afferrandolo per il colletto.
- Qualche problema?- i loro volti erano distanti poco più di dieci centimetri e l'autista stava iniziando ad avere paura.
A bloccarlo intervenne Ronaldo, che lo allontanò cercando di essere il meno rude possibile.
- Evitiamo queste stronzate, grazie.- disse, per poi far tornare tutti a sedere - Va avanti.- il moro incitò Lazaro a riprendere il discorso, cosa che fece subito.
- Ci accamperemo qui. Non abbiamo più le nostre cose, quindi sarà difficile, ma vedrete che ce la faremo!- tentò di fare un discorso motivazionale, senza riuscirci troppo.
- Che ore sono?- chiese Gabriel, aspettando pazientemente una risposta.
- Le ventidue. È meglio andare a letto.- rispose il rosso. In poco tempo tutti si distesero, pronti a passare la prima nottata fuori dal pullman.
Prima di andare a dormire, però, decisero di verificare le condizioni di Hiro.
Il nipponico era svenuto da più di due ore e non accennava a riprendersi. L'unica ferita che aveva era sull'addome, un pezzo di vetro, rimastogli dentro, provocando un taglio di quattro centimetri piuttosto profondo.
Intorno a lui c'erano Miranda e Lorde. La prima tentava di fare quel, poco, che conosceva di medicina, mentre la seconda si limitava a frignare e a dire il nome del ragazzo sperando si svegliasse.
In mezz'ora tutti si addormentarono tranne, ovviamente, Miranda. La bionda si era proposta per curare il nipponico, motivo per cui voleva tenerlo d'occhio per tutta la notte.
Dalla sua borsa bianca aveva estratto un mini kit di soccorso che era solita portarsi dietro e, cercando di essere il più precisa possibile, aveva bendato la ferita, disinfettandola con dell'amuchina. Hiro continuava a distorcersi nel sonno a causa del dolore, senza fortunatamente svegliarsi.  La cosa che le era risultata più difficile era stata il rimuovere il pezzo di vetro.
Aveva fatto pressione sui due lati e, tentando di far uscire meno sangue possibile, aveva estratto il piccolo oggetto trasparante, gettandolo poi via.
Le serviva dell'acqua per bagnargli la fronte ma quella che le aveva gentilmente lasciato Skarah era terminata. Decise quindi di andarne alla ricerca nelle vicinanze del bus. Tenne il portafoglio sopra il fazzoletto bagnato che aveva lasciato su di Hiro per non farlo cadere e si avventurò con la sua torcia tascabile verso la foresta.
Camminò poco, impaurita dall'eventualità di perdersi, cercando di trovare una qualsiasi fonte d'acqua. Non ce n'era nemmeno la traccia.
Scorrazzò un po' nei dintorni, per poi decidersi a tornare indietro delusa.
L'unica cosa che aveva intravisto erano gli alberi e numerosi cespugli, oltre che a qualche fiore. Di animali nessuna traccia.
Camminava lentamente, controllandosi di tanto in tanto dietro per la paura di essere preda di qualche bestia famelica. Questa sua inquietudine era dovuta alla sensazione che qualcuno la stesse osservando. Sentiva due occhi puntati verso di lei.
Mosse un altro passo ma, improvvisamente, si sentì la mano bloccata. Cacciò un urlo, ma la sua bocca venne subito coperta da una mano. Con la torcia riuscì ad illuminare la figura che la stava trattenendo: Gabriel.
Il turco aveva il solito sorrisetto in volto e la osservava in modo strano.
- Miranda, che ci fai qui?- chiese, senza allentare la presa.
- Cercavo dell'acqua per Hiro, ma non ne ho trovata. Sarà meglio tornare dagli altri.- tagliò corto ridacchiando, cercando di farsi avanti. Il ragazzo strinse la presa sul suo polso.
- Beh, già che siamo noi due da soli possiamo parlare, no?- il sorrisetto assunse le sembianze di un ghigno, mentre il braccio della ragazza iniziava a farle male.
- Meglio di no, si preoccuperanno.- tentò di divincolarsi, senza però alcun effetto.
- Dormono tutti.- la risposta dell'altro fu cinica e tagliente.
- Lasciami.- sussurrò, ricevendo come risposta un bacio sulla bocca piuttosto insistente. Provò a staccare quel fastidioso contatto, ma non ci riuscì, ottenendo solo l'aumento di aggressività da parte del turco.
Lentamente le mani di Gabriel passarono dal collo della ragazza al suo petto, per poi scendere ancora più in giù. Le slacciò i pantaloni, ignorando le sue lamentele. Miranda tentò di urlare ma il moro le tappò prontamente la bocca, impedendole di emettere alcun suono.
Glieli sfilò, facendo poi lo stesso con la sua maglietta. In poco tempo la bionda rimase in mutande, davanti al ghigno del turco che già pregustava la sua preda.
Iniziò a baciarle il collo, slacciandole il reggiseno ed ammirandola nuda. Fece lo stesso anche lui. Si tolse i vestiti, e iniziò a strusciarsi addosso a lei.
Le lacrime scendevano da sole lungo gli occhi di Miranda, così come scendeva la mano di Gabriel, che le tolse infine le mutande.
Fu tutto molto rapido. Rapido e doloroso.
Il turco le strappò la cosa più importante che aveva, lasciandola impura. Lo stupro durò una ventina di minuti, che la ragazza passò a piangere e a contorcersi dal dolore.
Il respiro affannoso del ragazzo le era entrata in testa. Si era concentrata solo su di quello per evitare di pensare a ciò che le stava accadendo. Di tanto in tanto aveva qualche spasmo, mentre sentiva la presenza di Gabriel lacerarla dall'interno, cosa che la opprimeva ancora di più.
Una forte voglia di togliersi la vita la attraversò in quel momento, diventando in poco tempo la sua unica ancora di salvezza. Non riusciva più a percepire niente, solo i suoni emessi dal ragazzo, in procinto di terminare il rapporto.
Sentiva il sangue scorrerle tra le gambe, bagnandole e scaldandola allo stesso tempo. Un istante dopo vide la bocca del moro avvicinarsi al suo orecchio, cosa che la fece tremare.
- Non dirlo a nessuno.- detto questo si alzò, si vestì e la lasciò lì, stesa per terra e con il morale spezzato. Non le era rimasto più nulla. Non più.
Rimase per un'ora immobile, aspettando che i primi raggi dell'alba la illuminassero, sperando di ricevere una nuova speranza da quella vista, ma non fu così. Le parve di star per entrare all'inferno.
Odiava se stessa per non aver saputo reagire a quel sopruso, ma soprattutto perché aveva ceduto alle sua minacce.
Si ricordò poi delle condizioni precarie di Hiro e, dopo qualche attimo passato a barcollare per reggersi in piedi, si diresse verso di lui. Lo tenne d'occhio per un po', ma il groppo alla gola che sentiva era troppo forte. Non riusciva più a pensare.
Si avvicinò a Skarah e, cercando di non svegliarla, le prese il quaderno, dal quale staccò un pagina.
Poggiò il foglio sulla copertina nera e iniziò a scrivere, concludendo il tutto in meno di dieci minuti.
Deglutì la saliva che aveva in bocca, sentendola più amare del solito, poi si diresse verso il nipponico. Lo guardò un pochino, indecisa se farlo sul serio oppure no, ma alla fine scelse la via più difficile, che però riteneva più giusta.
Piegò il foglio e lo mise in una delle tasche del giacchetto di Hiro, sperando che lo trovasse e riuscisse a renderle giustizia. Dopodiché si diresse verso la sua borsa e la aprì, osservando il contenuto. Tra i vari cosmetici e kit di soccorso c'erano due funi: quelle che avevano usato per legare Ronaldo e Pitch. Ne prese una e si incamminò verso la foresta con passo incerto. Cercò l'albero più adatto, ripensando a qualche motivo per cui sarebbe dovuta tornare indietro ma non gliene venne in mente nemmeno una.
Si aggrappò alla corteccia in poco tempo fu sopra un ramo abbastanza alto. Sorrise e preparò il cappio.
 
 
La leggera luce dell'alba le illuminava gli occhi, rendendole impossibile continuare a dormire. Lentamente sollevò le palpebre e si tirò su, osservando quello spettacolare gioco di colori che ogni mattina le teneva compagnia per un po'.
Fece un respiro profondo e si voltò in direzione dei suoi compagni: c'erano tutti. Erano intenti a sonnecchiare, lasciandola in pace e in tranquillità. Però, cosa che notò dopo, un piccolo particolare le sfuggì.
Effettivamente mancava qualcuno. Ma non era quella la cosa più importante bensì che, dritta davanti a lei, aveva un enorme pullman arancione, con la vernice quasi del tutto grattata via e i finestrini rigati. Tentò di parlare, ma si bloccò numerose volte, incredula.
- Bene, dalla tua reazione capisco che non sono solo io a vederlo. Ne sono sollevato.- una voce, proveniente da sopra di lei, destò la sua attenzione. Era Pitch.
Stava seduto sulla cima di un albero, ad un'altezza di circa dieci metri, con un piccolo libricino blu in mano. Aveva puntato lo sguardo verso di lei, tenendola sotto osservazione per un po'.
- Non è un'allucinazione?- chiese, titubante. Il castano iniziò a scendere dall'albero e le si avvicinò.
- Beh, è solido. Ho provato a toccarlo.- spiegò, continuando a leggere le piccole pagine che aveva davanti.
- Come è possibile?- domandò, sapendo perfettamente che entrambi ignoravano la risposta.
- Non ne ho idea. - tagliò corto il ragazzo, ancora immerso nella lettura.
- Cosa stai leggendo?- gli si fece più vicino notando, piuttosto stupita, che non venne scansata o allontanata in malo modo. Rimase per qualche istante ad osservarlo, riuscendoci per la prima volta in due anni. Quella situazione così pacifica e naturale le parse quasi strana.
Dopo il suo sfogo sentiva che il rancore che il castano provava verso di lei si era come placato. Adesso riusciva a vederlo sotto una luce diversa. Anche un altro piccolo particolare le saltò all'occhio. L'assenza di Rachel. Il "fantasma" era come scomparso nel nulla.
- Non so, l'ho trovato nella casa di cui vi abbiamo parlato ieri.- non diede una spiegazione più dettagliata, rimanendo piuttosto vago.
Sapeva che lui, Ronaldo e Chris avevano trovato un'abitazione abbandonata e che vi si erano verificati eventi poltergeist ma Pitch non aveva mai parlato di aver preso un libro o altro, fatta eccezione per il frammento di vetro con il quale era stato ucciso Manuel, quello doveva per forza provenire da lì.
- Di che parla?- si concentrò sulla pagina che stava leggendo il castano in quel momento, notando una calligrafia piuttosto disordinata e piena di errori con al suo seguito dei disegni rappresentanti scene di vita quotidiana. Sotto le righe che recitavano "Oggi ho giocato con lo zio Christopher" c'era un grosso disegno di due persone: uno più alto e dai capelli neri e uno più basso biondo.
- Penso sia il diario di un bambino.- disse Pitch, continuando a sfogliarlo con curiosità. Le illustrazioni gli davano una sensazione piuttosto nostalgica. Anche lui da piccolo era solito tenere un diario segreto nel quale scriveva tutte le sue emozioni. Sorrise istintivamente, cosa che la mora notò.
Anche Skarah aveva un passatempo simile ma lo aveva strutturato in maniera diversa. Nel suo "libro di vita" o così amava definirlo, aveva riportato tutte le angherie subite all'orfanotrofio e alle scuole superiori.
Ci fu un attimo di silenzio che venne interrotto poco dopo dal castano, il quale si girò in sua direzione.
- Senti... potresti dirmi chi è Rachel?- si voltò di scatto verso di lui, guardandolo sorpresa.
- Beh... lei è... o meglio era una mia amica.- rispose, puntando gli occhi al cielo.
- Era? Intendi dire che è morta?- la mora gli fece cenno di sì, lasciandolo leggermente stupito.
- L'ho conosciuta all'orfanotrofio in cui sono stata cresciuta. Era l'unica che mi parlava ed era anche bellissima. Capelli rossi, occhi verdi... perfetta. Poi una sera un incendio ha avvolto l'edificio e lei è rimasta dentro. È morta. Al posto del suo corpo c'era solo un mucchietto di ossa annerite. Sono scappata da lì e ho cercato di vivere per conto mio. Però non è cambiato granché.- si fermò, riflettendo su quanto avesse fatto schifo la sua vita fino a quel momento, dove sembrava aver trovato un po' di pace - Poi un giorno ho iniziato a sentire il bisogno di aiuto, bisogno di avere qualcuno al mio fianco. Ho pensato che se qualcuno avesse visto che mi tagliavo, che ferivo me stessa, che cercavo di concludere la mia vita, forse mi sarebbe stato accanto. Ma non è cambiato nulla. L'unico cambiamento è stato fatto, probabilmente dalla mia mente. Dal primo giorno in cui ho preso la lametta ed ho inflitto il primo taglio ho iniziavo a rivederla. Era cresciuta, più alta, più bella... ed era accanto a me. Mi ascoltava e mi stava dietro, in un certo senso il mio desiderio si era avverato, ma ciò non mi bastava. Volevo qualcuno di umano. Per questo ho continuato a tagliarmi.- terminò il, pesantissimo, discorso portando la testa all'indietro, come se si vergognasse a parlarne. Pitch rimase a bocca aperta, stupito da quanto aveva appena sentito. Non l'aveva mai vista sotto questo punto di vista.
Sapeva che quei tagli che si infliggeva da solo servivano solo per attirare l'attenzione, ma sentirglielo dire in maniera così diretta l'aveva spiazzato.
- Mi dispiace. Non credevo la tua vita andasse così di merda.- disse due parole di cortesia, cercando di essere il meno cattivo possibile, continuando a guardarla completamente stranito.
- Non fa niente, non ti preoccupare.- concluse così il discorso, indicando poi il libro del castano e invitandolo a riaprirlo.
Scorsero rapidamente le pagine, tutte colorate, finché giunsero all'ultima pagine scritta. Qui i due si fermarono per un pochino, cercando di capire cosa stessero leggendo.
"Oggi ho intenzione di andare alla stazione dove Christopher tiene il suo pullman, sarà sicuramente un luogo divertente! Non ho detto nulla a mamma e papà, spero non si arrabbino."
Nel disegno sottostante c'erano disegnati diversi bus, con un uomo più grande sopra uno di essi e un bambino biondo, probabilmente Andrew, fuori, come se stesse aspettando che quello uscisse.
 - Passamelo un attimo.- Skarah si voltò verso il castano allungando la mano in sua direzione, il castano fece lo stesso ma non appena le loro dita si toccarono entrambi spagliarono. Il quaderno cadde a terra, facendo fuoriuscire dal suo interno un piccolo pezzo di carta. I due lo guardarono per un po' con interessa e subito dopo la mora lo prese.
- Ma che diavolo...- non terminò la frase non appena vide il soggetto della foto. Pitch le si avvicinò lentamente, facendo la sua stesa espressione stupita.
Nell'immagine c'erano due persone: un ragazzino castano, con i capelli verdi e un grembiule blu addosso. Questo stava in braccio ad una persona ben più grande. Si guardarono fissi negli occhi: non c'erano dubbi, era Chris.
Sotto le due facce c'erano scritti due nomi, sempre con la calligrafia del libro: "Andrew" sotto al bambino e "Christopher" sulla faccia dell'autista.
Si voltarono entrambi verso il gruppo di persone, osservando il moro da lontano. Lui, in tutta quella storia, c'entrava qualcosa. E aveva un ruolo da protagonista.
 
 
ANGOLO AUTORE:
Ma salve! Questo era il chapter 8! Ebbene ragazzi miei, nel 9 ne vedremo delle belle!
Vi lascio così, ringraziando chi recensirà ;-)
Ah, andatevi a leggere la storia "Ragnarok" di "Gigli neri e ombre". Su, su, cosa state aspettando? Mi raccomando, recensite pure quella, perché merita!
See you soon___
   
 
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