Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh! Arc-V
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Autore: Selena Leroy    09/08/2017    1 recensioni
Il progetto "Les Enfant Terrible" aveva uno scopo: dare alla luce una nuova generazione più consapevole, più capace e più ambiziosa della precedente. Non era rimasto molto, d'altronde, agli ultimi superstiti di un pianeta arso vivo dalla Peste, un nuovo morbo che infesta il pianeta uccidendo qualunque creatura esistente si trovi sul suo cammino.
Yuya Sakaki è una di queste speranze, cresciuta assieme al padre e alla medicina. Ha solo sedici anni, ma il suo quoziente intellettivo supera di gran lunga quello delle sue normali coetanee; con il suo amico di sempre, quel ragazzo di nome Yuto segretamente innamorato di lei, continua una battaglia che però sembra persa in partenza.
E la situazione, per lei, volgerà inaspettatamente verso il peggio; alla morte improvvisa del padre, le decisioni di un uomo mai visto né sentito e che risponde al nome di Leo Akaba, la porteranno via dal suo luogo natio, dai suoi affetti e dai suoi amici, e in quella solitudine imposta da estranei, nelle cui menti si cela un segreto dalle cupe ombre, tutto ciò che le rimane da fare è lottare, e continuare quella ricerca ora così preziosa. Se farlo o meno da sola, dipenderà solo da Reiji Akaba...
[Pendulumshipping]
Genere: Fantasy, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akaba Reiji/ Declan Akaba, Yuto, Yuya Sakaki
Note: AU | Avvertimenti: Gender Bender
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“I

l mio fratellone ti ha fatta arrabbiare?”

Appariva come la più ingenua delle domande, il più inquieto dei timori che il piccolo potesse dimostrarle. Reira sopraggiunse quasi come un cucciolo smarrito, mentre le si protendeva con quella insolita domanda, il viso seminascosto dal peluche per frapporsi a qualunque risposta ne avrebbe violato i sogni covati negli anfratti della sua testolina piena di utopici futuri, e nei suoi occhi non sembrava nemmeno esserci il coraggio sufficiente per osservarla attentamente.

Sentirsi responsabile era il minimo, per la sua coscienza di solito adamantina, perché al suo veloce osservare degli eventi egli ebbe timore che tutto avesse da guardare lui come artefice di nefande disgrazie, e se da un lato vi era ogni giustificazione plausibile ad un volere che mai avrebbe spinto la situazione fino a simili circostanze, dall’altro non poteva che assistere impotente a quel muro di silenzio che la ragazza aveva eretto tra se e il mondo circostante, divenendo scostante sia con la madre Himika che con lui, il primo a valutare che un simile cambiamento era andato a corrispondere proprio a seguito del suo perorare cause invisibili a fronte di un fratello che sempre si era dichiarato ostile nei confronti della sua nuova sorella. Ne aveva sofferto, il piccolo, così come aveva pianto quando la ragazza non lo aveva più cercato per i giorni a seguire, nemmeno per chiedergli qualcosa che potesse dar credito agli innumerevoli rimproveri che il piccolo già infliggeva ad un’impazienza troppo corrosiva per quell’intelligenza che invece avrebbe preteso più calma, più ponderazione e più discernimento delle proprie idee, nella catalogazione di ogni possibile soluzione non implicasse il deteriorarsi di equilibri già resi instabili da coloro che non aveva mai potuto legare con un sentimento che non fosse l’astio e il dispetto reciproco.

D’altro canto, al ragazzo sarebbe andato bene anche il farsi odiare, quel giorno, se al suo agire fosse corrisposto un evento che ne portasse risultati benefici. Non aveva mai avuto modo di conoscere davvero suo padre, il suo peregrinare silenzioso si consolidava nella necessità di evitare quanti potessero divenire un ostacolo per lui e per i suoi progetti, ma a quel lieve bisbiglio che aveva udito giorni prima non era equivalso ad una qualche forma di garanzia che ne acquetasse l’animo irrequieto quanto piuttosto il sibilo del serpente era apparso prepotentemente nei suoi sogni con l’illusione di poterne imitare la minaccia sibillina. Forse era intuito, quell’empatia di cui suo fratello gli parlava con dolce rammarico – forse nel constatare che il dolore del mondo era impossibile da nascondere ai suoi occhi – ma quale che fosse la spiegazione, per Reira non vi erano stati dubbi di sorta che ne fermassero l’istinto di correre laddove sapeva di poter ottenere l’aiuto sperato.

Eppure adesso, con il constatare degli eventi, poteva davvero affermare che le sue scelte si basavano su un’unica base di buona volontà? Potevano davvero consolidarsi senza macchia nell’affermarsi al fianco della ragazza, come buon amico e compagno su cui contare?

L’abbraccio in cui Yuya lo avvolse apparve come la più gentile delle risposte. Il profumo di lei, vivace come il suo spirito prima che si obliasse nel rammarico delle cose non dette, lo avvolse come una morbida coperta, una carezza che si sprigionava nel sorriso che finalmente apparve sulle labbra della ragazza con una piccola lacrima a rovinarne l’incanto del viso.

“Sta tranquillo, Reira. Non è successo nulla, non devi preoccuparti”

Era forse una vile menzogna, e la cura con la quale soppesò quelle lievi e semplici parole sembrò quasi obbligare il ragazzino a crederci, a darle fiducia anche in un contesto dove essa si doveva rendere più labile e fragile. Ma Yuya non avrebbe mai avuto il cuore di fargli un simile sgarbo, a quel tenero bimbo pieno di buone volontà, se l’esigenza di tenerlo lontano da simili intrighi non l’avesse obbligata a prendere una simile decisione.

Capiva perfettamente il motivo del suo spaventarsi di fronte a lei, quel suo porsi come se qualcosa non andasse. Evitarlo non aveva mai avuto lo scopo di ferirlo – il farlo avrebbe davvero denotato ogni sua privazione di una qualunque coscienza umana – né quello di ingannarlo, rendendo vani quei lunghi pomeriggi e quelle notti dal freddo pungente passati insieme tra chiacchiere leggere e risate contagiose.

Era stato il suo cuore a chiederle tregua, un piccolo attimo di respiro dal vortice degli eventi che sembrava volerle privare anche della libertà del suo raziocinio. Reiji Akaba era arrivato da lei con l’assurda pretesa di cambiare ogni schematismo, ogni maschera da lei intravista all’interno di quella casa, e aveva tolto da sé quei panni narcisistici che tanto glielo avevano reso inviso per palesarsi a lei come un cavaliera dall’abito candido pronto a fare fuoco e fiamme per liberare la sua fanciulla dalle mire di potere che suo padre vantava nei suoi confronti. Parlava di fiducia, di tempo... le era apparsa come vile arroganza, quella di pretendere da lei quanto suo padre aveva appena distrutto, e se la mente non fosse stata sconvolta dal dolore sordo che ancora non era riuscita a placare, avrebbe davvero dato sfogo a quella parte di se che pretendeva ragione e silenzio lì dove il caos era stato lasciato libero di scorrere appieno.

Ma la verità non si fermava al semplice frammentarsi di ogni sua opinione nei confronti degli abitanti di quella casa. Non era stato questo a impedirle di aprirsi nuovamente verso coloro che tanto gentili si erano mostrati per averle mostrato una via di salvezze nel mondo di oscurantismo nel quale Leo Akaba – scomparso dal giorno delle rivelazioni – aveva voluto gettarla.

“Autodistruggerti non è un opzione che ti concedo”

Il solo rimembrare di quel tono accusatorio rivoltole con aggressività la spinse a stringere ancora di più a se quel frugoletto che ancora ignorava l’origine del suo turbamento.

Lei voleva davvero lasciarsi andare? Aveva paura, la ragazza, a rispondere a quella domanda. Farlo significava affondare in sabbie fragili contenenti i suoi peggiori ricordi, tutte bandiere lasciate libere di dichiarare quanto ormai inutile e superfluo fosse il suo ancorarsi alla vita di tutti i giorni.

O forse era lei a rendersi difficile un’ammissione che invece chiedeva semplicemente rinunciare a quell’orgoglio così vanesio nell’imporsi sui suoi pensieri, svelandone la patina di regalità cavalleresca nella quale aveva rilegato i suoi discorsi e i suoi pensieri passati, vedendosi come l’incarnazione di una Giovanna D’Arco giunta presso il popolo perduto per ricondurlo lontano dalle grinfie della peste. Sì, lei aveva davvero voluto cedere il passo alla morte, lasciarsi cullare dalle sue gelide braccia e lasciarsi trascinare nell’Ade senza porre alcuna resistenza ad uno spirito ormai inevitabilmente piagato. Non era il genere umano, ciò che ella voleva salvare, ma solo se stessa e quel cuore ormai divenuto insofferente a quella sofferenza che ne rendeva i battiti attutiti e allo stesso tempo odiosi. Forse nemmeno l’ingerenza di Leo Akaba aveva qualche significato recondito, nel suo proseguire in un sentiero ramificatosi al fine di nasconderle il cielo dei comuni mortali, forse il tradimenti si era andato a palesarsi più come una scusa per giustificare le sue inesorabili decisioni che come il colpo di accetta finale che aveva prevalso sulla sua dignità di persona. Il suo arrendersi poteva benissimo collegarsi con quel nefasto incidente, con quella orribile macchina nera venuta a portarsi via colui che amava di più al mondo e a distruggere tutto il normale ordine delle cose che nella vita si era faticosamente costruita.

E la cosa che davvero la sconvolgeva era che, di tutto questo, nulla era riuscita a nascondere a Reiji Akaba, l’unico a cui avrebbe dovuto tacere ogni singolo sussulto della sua anima, ogni singola debolezza gli permettesse di schernirla.

‘Ma sono stata davvero schernita da lui?’

Quel suo dichiararsi come suo salvatore, oltre che vanagloria, parlava anche di giustizia, di amore verso ideali che nemmeno il suo egocentrismo e il suo sentimento di rivalsa avrebbero potuto soffocare.

“Non sarò il mostro che libererà la tua coscienza da tutto ciò che non vuoi vedere”

E cosa, ella, non voleva vedere? La morte di migliaia di innocenti, ovviamente. Ma, forse – e questo fu per il suo ego una dura ammissione – anche la via d’uscita da ogni responsabilità le ponesse dinanzi la vita. Le sue spalle non sarebbero più state gravate dal peso di quegli orridi ricordi realizzati sui cadaveri di poveri e disgraziati che nulla avevano potuto fare per opporsi al loro spegnersi inesorabile, i suoi sogni non sarebbero più stati costellati dagli incubi di quel dì in cui tutto per lei era cambiato, non avrebbe più sentito il senso della solitudine cingerle il collo con forza, spingendola a cercare conforto anche nelle braccia di un bambino che altro non avrebbe dovuto avere se non l’affetto sincero di chi davvero lo amava e lo rispettava. Una fuga da tutto questo. E Reiji Akaba glielo aveva impedito, strattonandole la mano per fermare il suo avanzare sulla strada che il padre aveva disegnato per lei e per il futuro della generazione umana.

Che razza di odio era, quello che il ragazzo provava per lei? Quale nemico agiva in questo modo nei confronti di una vittima già da considerarsi defunta?

 

“P

erché volete perdere tempo per una risposta che forse non riuscirete mai ad avere?”

Jean Michel Roger non era uno scienziato, ma il suo dilettarsi in simili ambiti doveva averlo convinto, col tempo, che le sue parole avrebbero significato legge anche lì dove l’ignoranza non poteva che dominare sovrana. Il disporre di illimitate fonti di denaro lo aveva spinto a ritenersi come colui che deteneva un potere al pari delle divinità, e l’aberrante verità era che al mondo vi era purtroppo persone che in cuor loro la pensavano così.

Cosa fosse passato per la mente di suo padre, quando aveva seriamente chiesto l’aiuto di una simile volpe assassina, ancora sfuggiva allo sguardo indagatore di Reiji Akaba, e stare lì seduto di fronte a lui, in quella specie di sala conferenze adibita proprio allo scopo di accogliere coloro che erano sgraditi all’interno del proprio ufficio, non era altro se non un’inutile perdita di tempo e di meningi che si prodigavano a lavorare in un disastroso gioco di risposte taglienti, che nulla avrebbe comportato di buono se non lo sfibrarsi di una pazienza che aveva già esaurito le sue scorte negli ultimi tempi di ricerche andate a vuoto. E questo, probabilmente, non sfuggiva agli algidi occhi di ghiaccio di Roger, che forse aveva atteso il momento opportuno di palesarsi non per rivelazioni giunte tardivamente sul posto, ma per poter cogliere l’opportunità di afferrare il proprio nemico quando le sue mura sarebbero risultate più crepate.

‘Se davvero pensi di spuntarla con me, sei più illuso di quanto si possa immaginare’

“Trovare una cura per la peste a me non sembra affatto una perdita di tempo. O crede forse che i suoi fondi stiano andando verso un baratro che non le permetterà di riacquisire quanto investito?”

Jean Michel Roger sorrise, a quella che in altri contesti e in un clima meno teso sarebbe apparsa quasi come una battuta divertente. Non che fosse nelle intenzioni di Reiji farlo divertire, ma l’attacco frontale non aveva mai portato risultati soddisfacenti alla sua politica, il tempo aveva insegnato quanto fosse meglio mostrarsi rilassati, quasi neutri di fronte alle minacce, piuttosto che far percepire l’odore della paura lì dove la si voleva cogliere.

“Non è di soldi che parlo, e tu lo sai bene. Parlo di quella ragazzina che avete preso e che sembra avere in se la cura per la peste. Come vede, io vado dritto al sodo, signor Akaba. Gradirei che lo facesse anche lei”

L’aspetto nordico dell’uomo, accentuato dall’insano pallore che deturpava l’epidermide scarsamente esposta dal vestito violetto, avrebbe dovuto risultare temibile con quel tono di voce volutamente accusatorio, accentuato dal suo rigido alzarsi per ingrandire una statura che solitamente gli concedeva di dominare sempre di fronte a tutti i suoi avversari, dandogli il benefico vantaggio di osservarli dall’alto. Era un fattore su cui l’uomo avrebbe sicuramente contato, e su cui stava sicuramente facendo affidamento nello scrutarlo attraverso le iridi pallide con arroganza, quasi come se la sua vittoria si rappresentasse da quel semplice atto di verità che lui aveva posto sul tavolo.

“Ma è quello che sto facendo, o sbaglio? Dica piuttosto, visto che vuole essere diretto, perché è venuto qui. O devo dedurre che la sua intelligenza la porta davvero a credere che quella ragazza, da sola, possa curare tutti quanti?”

“Se preso in dosi misurate, il sangue...”

“Lei dovrebbe leggersi Dracula, signor Roger” e nello sguardo di Reiji, ancora compitamente seduto sulla sua sedia di plastica, apparve quella che era la chiara dichiarazione della sua sfida “Se lo avesse fatto, saprebbe del destino che attende la signorina Sakaki al sottoporsi di un simile trattamento”

“Si tratta di una vita al confronto di...”

“Quante altre? Cento? Mille?”

Quella conversazione era inutile. I suoi pensieri lo andavano riaffermando per l’ennesima volta, per l’ennesima sfida lanciatagli dal padre. Un uomo che adesso sentiva il dovere di odiare, un uomo per il quale il disgusto non era un sentimento sufficientemente corretto per descriverlo nella sua aberrante ombra che vestiva, un uomo che adesso non aveva più alcun desiderio di riconoscere come suo genitore.

“Io mi dovrei abbassare al livello di un assassino per cosa, signor Roger? Per una cura a metà? Per una soluzione che verrà incontro solo ad una categoria selezionata di persone?”

E non aveva nemmeno bisogno di chiederlo, Reiji, chi dovevano essere i fortunati a godere di quel miracoloso farmaco. Perché, se nel padre non vi era alcun desiderio che non fosse la vendetta su ciò che lo aveva privato del suo bene più prezioso, l’unica azione che portava Roger a continuare per la sua strada era la sopravvivenza, e una cura garantita che ne confermasse il giusto – per lui – stato di salute.

“Una boccetta di salvezza per i più magnanimi... nella donazione di cospicui fondi, suppongo”

“Non faccia quell’espressione, signor Akaba” gli rispose di rimando Roger, il viso ancora a reggere la maschera di fredda compostezza che aveva indosso dall’inizio di quella conversazione “Il mondo ha sempre girato in questa direzione, lei non può certo cambiare le regole solo perché ha degli ideali più nobili”

“Sa cos’ho io, oltre agli ideali, signor Roger?” il suo alzarsi non era solo un modo per concludere definitivamente la conversazione - oramai arrivata a livelli di sopportazione inaccettabili – ma anche un modo per invitare Kurosaki e Hogan, affacciati alle porte trasparenti della stanza, a farsi avanti e a non temere il nuovo ospite.

“La buona volontà?” gli chiese di rimando l’uomo, calcando ironicamente su questioni un tempo considerate nobili.

“No. La cura che tanto brama e che non avrà fin quando non sarò io a dare il benestare”

 

“N

on volevamo disturbarvi, Reiji. Eravamo solo venuti a comunicarti l’esito negativo degli esami appena fatti”

Crow sembrava davvero abbattuto, mentre consegnava al suo capo nuovi fascicoli che il giovane avrebbe dovuto aggiungere a quelli ancora da visionare sulla sua cattedra. Forse era troppo giovane per conoscere appieno cosa accadeva lì dentro, forse non sapeva esattamente quanto ampio si estendesse l’odio che il ragazzo covava per quella viscida serpe vestita con eleganza; qualunque fosse la motivazione, fu solo per rispetto di se e del suo malumore che non gli scoppiò a ridere in faccia.

“Chiunque mi liberi di quella volpe non disturba, Crow, tienilo a mente. E non credere che questi esami siano inutili. Il fatto che siano negativi non significa che sono un fallimento... semplicemente adesso sappiamo dove non cercare. Hai idea di quante altre piste ci sono da seguire?”

E l’uomo sorrise, al suo collaboratore, questa volta cercando di infondere in quella smorfia di solito ironica tutto l’incoraggiamento che egli riuscì a scovare in se. Almeno per la sua squadra, almeno per coloro a cui affidava tempo e vita, egli aveva il sacrosanto diritto di semplificare loro le cose.

“Adesso torniamo a lavoro, devo finire di visionare quello che Shun mi ha dato, e... giusto!”

E i suoi piedi si fermarono di colpo, proprio a fianco del giovane il cui nome aveva appena acceso nella sua mente un nuovo pensiero.

“Shun, prima che ti metta a lavoro, ho bisogno che tu faccia una cosa per me. Esci dal laboratorio, va a casa mia e assicurati che Sakaki stia bene”

“Certo, lo farò... ma perché?”
“Perché quella volpe sa qualcosa, e ho paura di quello che possa accadere se la sua mente troppo vuota farà uscir fuori informazioni che nessuno deve assolutamente sapere. Conto su di te”

 

   
 
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