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Autore: Sunako_7    09/08/2017    2 recensioni
Sasuke e Gaara si frequentano da qualche mese, nonostante abbiano un dialogo quasi inesistente. Basterà questo per riuscire ad andare avanti o lo scontro con i problemi della vita e i fantasmi di un passato mai dimenticato li schiaccerà, costringendoli a separarsi? E se quel passato tornasse più reale che mai? E se altre persone entrassero nella vita dei due protagonisti? Un viaggio complicato e irto di ostacoli nella vita di questi due ragazzi chiusi, diffidenti, incapaci di comunicare eppure bisognosi di affetto e amore.
Questa ff è il continuo della mia one-shot "If I had a heart" anche se non è indispensabile leggerla per seguire questa long, ma alcuni dettagli potranno essere più chiari.
[GaaraxSasuke][Itachix?][accenni HidanxDeidara]
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Itachi, Sabaku no Gaara, Sasuke Uchiha, Shisui Uchiha
Note: AU, Lime | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate | Contesto: Nessun contesto
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Finalmente ti vedo per quel che sei




Gaara rimase fermo davanti al portone a rovistare nello zaino: aveva bisogno delle chiavi, ma ovviamente in mezzo a quel caos non le trovava. Era pieno di fascicoli del lavoro, un paio di libri e quaderni dell’università su cui aveva studiato durante la pausa pranzo, più fili delle cuffiette, carte varie, scontrini e, solo sul fondo, riuscì a trovare ciò che cercava. Rifletté che aveva proprio bisogno di dargli una sistemata, ma in quell’ultima settimana non aveva avuto quasi tempo di respirare. Nello studio di avvocati dove faceva il segretario tuttofare, il lavoro era aumentato e tutto il suo tempo libero lo passava studiando. 
Mentre l’ascensore saliva, pensò che gli sarebbe proprio piaciuto avere una vita normale, potersi permettere di fare lo studente a tempo pieno, tornare a casa e trovare una madre con la cena pronta, la camera rassettata, i vestiti puliti, il fratello con cui avrebbe visto la TV dopo cena. Già, il fratello…
Uscendo dall'ascensore, si lasciò alle spalle quei pensieri inutili, avanzando con le spalle dritte e il passo elastico lungo lo stretto corridoio, perché doveva andare avanti senza fermarsi a perdere tempo su fantasie irrealizzabili.
Entrò nell’appartamento lasciando cappotto e zaino all’ingresso, per poi dirigersi verso la cucina dove trovò Deidara che si abbottonava i pantaloni e Hidan che si stava infilando la maglia. Decisamente erano ben diversi da una madre premurosa con un succulento arrosto.
“Andare in camera è diventato noioso? Posso mangiare liberamente o qualcosa è stato contaminato?” domandò Gaara, pungente.
“Rompicoglioni – borbottò Hidan – quando ti prende la voglia chi se ne frega del luogo. E la cena è al sicuro in forno.”
Gaara rimase sorpreso da quell’affermazione. Era raro che si trovassero a cenare insieme, gli altri due facevano i barman in locali diversi, evidentemente doveva essere la serata libera di entrambi e c’era anche del cibo da condividere. Sicuramente qualcosa di semplice, Hidan non era un cuoco sopraffino, ma a Gaara non importava e quella serata gli apparve migliore di quanto aveva pensato solo cinque minuti prima.
Mentre apparecchiavano, pensò che quei due stavano insieme da parecchio, avevano una relazione particolare, piuttosto aperta e libera; col carattere che entrambi si ritrovavano una qualsiasi altra opzione li avrebbe portati a lasciarsi molto tempo prima… o a uccidersi. Non era un’alternativa da scartare.
“Allora, come va con quel tipo… Sasuke, giusto? – domandò Deidara mentre mangiavano – Ultimamente vi ho visti più spesso.”
Si davano sempre appuntamento al locale in cui si erano conosciuti e in cui Deidara lavorava, così che il biondo barman aveva avuto occasione di vederli più di una volta.
“Bene, credo. In effetti, ci stiamo vedendo un po’ più spesso, anche se in questi ultimi giorni è piuttosto impegnato.”
Deidara fece una smorfia, Sasuke non gli piaceva molto e non ne aveva fatto mistero con Gaara; lo riteneva un palo in culo complessato – sue testuali parole. Persino nel gay bar si guardava attorno furtivo e, prima di uscire in strada, guardava attentamente dalle vetrate, sicuramente per controllare che non stesse passando qualche sua conoscenza. No, decisamente non era un tipo che viveva con tranquillità la sua sessualità e, avendo visto una gran varietà di essere umani da dietro il bancone del bar, riteneva che la stessa cosa valesse anche per altri aspetti della sua vita.
“Ah, e in cosa è impegnato il principino? Sicuramente non a far diventare il mondo un posto più amichevole” disse Hidan. Condivideva l’opinione del suo fidanzato, per di più aveva incrociato Sasuke in casa un paio di volte e l’altro si era giusto degnato di scambiare un saluto, per poi scappare in camera di Gaara come se avesse il diavolo alle calcagna.
Gaara roteò gli occhi verso il soffitto prima di rispondere:
“Tra tre giorni si laurea, quindi ha da fare… e non mi risulta che né io, né voi due contribuiamo attivamente a spargere arcobaleni e fiorellini nel mondo.”
“Cazzo c’entra? È diverso” ribatté Hidan, bevendo un sorso di birra.
Deidara invece era molto più interessato al resto della risposta di Gaara e si sedette sulla punta della sedia, in modo da avvicinarsi di più al ragazzo.
“Si laurea, interessante… e ti ha invitato?”
Gaara posò la forchetta e rimase a guardarlo, fulminato da quella domanda che anche lui si era fatto. Da domenica si erano rivisti solo un’altra volta, ma anche in quell’occasione avevano parlato dell'imminente laurea, era palese che Sasuke non riuscisse a pensare quasi ad altro, gli aveva addirittura ripetuto il discorso che avrebbe tenuto, e gli aveva anche detto nuovamente a che ora e dove si sarebbe tenuta la discussione.
“Non ne sono certo – ammise Gaara – mi ha detto sia ora che luogo, però effettivamente non mi ha invitato o chiesto esplicitamente di andare. Sono un po’ incerto, non mi sono mai trovato in una situazione simile.”
Aveva difficoltà a rapportarsi con gli altri a differenza della maggior parte della gente, trovava difficile capire i sottintesi, i discorsi enigmatici e, più in generale, capiva proprio a fatica le persone. Si sentiva come in un acquario: galleggiava lasciandosi trasportare dalla corrente, rinchiuso in quella grande vasca senza riuscire a venirne fuori, per timore, forse, di non riuscire a respirare l’aria come facevano tutti gli altri esseri umani. Così si limitava a guardarli, distante, separato da loro dal vetro, entrando occasionalmente in contatto solo quando qualcuno decideva di bagnarsi nell’acqua gelida che lo avvolgeva.
“Certo che ti ha invitato! – esclamò Deidara strappandolo dalle sue riflessioni – altrimenti perché dirti ora e luogo?”
“Infatti, figurati se quello si degna di consumare la lingua se non è necessario – intervenne Hidan – ma dato che è un asociale non saprà nemmeno come si fa un invito decente. Gaara, la prossima volta trovati qualcuno di più allegro, dammi retta, non chiassone come Deidara però.” Guardò il suo fidanzato con un mezzo sorriso, ma era caldo, uno di quelli che rivolgeva solo a pochi. 
Hidan non era certo un innamorato modello, di quelli da presentare in famiglia o con cui passeggiare mano nella mano, chiacchierando sul nuovo divano da comprare 
non che Deidara desiderasse davvero un tipo così. Hidan era irruento, impulsivo e si gettava nelle cose a capofitto, senza pensare al rischio di potersi fare male, ed era anche l’unico che riuscisse a gestire Deidara e la sua irascibilità.
Il barman biondo non si smentì nemmeno quella volta, infatti gli lanciò addosso il tovagliolo e sbottò:
“Ma vaffanculo, a volte mi sembri un morto vivente! – si rivolse poi a Gaara, ignorandolo – 
È chiaro, sei invitato. Per il vestiario non hai problemi a vestirti abbastanza elegante, però devi pensare al regalo.”
Gaara alzò una mano come a frenare l’irruenza dell’amico, stava decisamente correndo troppo e lui era tutt’altro che un velocista, sotto tutti i punti di vista.
“Anche se fosse così non posso andare, a lavoro non posso proprio chiedere nemmeno mezza giornata libera, c’è il delirio. Oltre al solito lavoro, dato che tra poco arriveranno due nuovi praticanti, devo sistemare gli archivi, fare controlli e un sacco di altre cose noiosissime e inutili, ma che mi portano via un sacco di tempo” rispose, senza badare a Hidan che inveiva, ci era abituato.
“La laurea è alle 14, puoi sfruttare la tua pausa pranzo. Magari non rimani fino alla fine, ma ci vai, niente storie. Dobbiamo solo pensare al regalo” insistette Deidara. Per quanto non gli piacesse Sasuke, giudicava che per Gaara quella potesse essere una buona occasione per socializzare e uscire dal suo guscio, inoltre avrebbe potuto toccare con mano il futuro che lo attendeva. Perché era certo che sarebbe riuscito a laurearsi, diventare un ottimo avvocato e un giorno sarebbe stato tanto in alto da essere lui a impartire ordini invece di eseguirli.
Gaara aveva la testa nel pallone, era confuso e aveva la sensazione di stare sbagliando tutto, che non fosse una grande idea andare a quella laurea, in fondo lui e Sasuke non avevano un rapporto poi così stretto. Però… si vedevano sempre più spesso, la loro intesa a letto era migliorata e Gaara riusciva persino a farsi carezzare da lui senza provare il bruciante desiderio di scappare, e poi Sasuke gli aveva parlato di sua spontanea volontà di quella maledetta laurea. Perché farlo se non aveva interesse che lui vi partecipasse in qualche modo?
Gaara era ancora combattuto, ma gli sovvenne un sogno che faceva ricorrentemente in cui alcuni bambini gli proponevano di andare a giocare, lui stava per accettare ma all’improvviso una voce glielo impediva e lui si trovava da solo, senza più niente e nessuno attorno. Le mani tese, i sorrisi, il sole… tutto sparito.
Nel sogno la voce autoritaria era quella di suo fratello, ma lui era certo che Kankuro non gli avrebbe mai fatto nulla del genere nella realtà, aveva quindi finito per convincersi che quella voce doveva essere la propria, il suo subconscio che gli impediva di aprirsi e stabilire rapporti e relazioni con altre persone, come se fosse il suo scotto da pagare per gli errori e i peccati commessi.
“Non ho idea di cosa potrei regalargli” si ritrovò a rispondere, stupendosi per primo per la facilità con cui quelle parole gli erano scivolate fuori dalla bocca, sapienti pattinatrici sul ghiaccio.
“Qualcosa che gli piaccia? A parte scopare con te, Gaara” lo prese in giro Hidan, accendendosi una sigaretta, ignorando Deidara che gli intimava di andare sul balcone.
Il ragazzo fissò pensieroso il cibo ancora nel piatto, ignorando gli altri che litigavano e Hidan che alla fine usciva fuori, convinto dalla minaccia di Deidara di non fargli più pompini, perché sapeva che l’altro sarebbe stato davvero in grado di mantenere quella minaccia.
Gaara pensò a Sasuke e si rese conto sul serio di sapere pochissimo sul suo conto, di certo non poteva regalargli una scorta di preservativi, doveva pensare a qualcos’altro; si maledisse per essere così incapace di relazionarsi agli altri e riuscire in una cosa tanto banale quale era fare un regalo.
“C’è un gruppo musicale che gli piace, pensi che possa essere un’informazione utile?” domandò a Deidara che stava mandando giù l’ultimo boccone. Si era ricordato del CD che gli aveva visto una sera nello zaino e delle poche parole che Sasuke aveva usato per raccontargli quanto gli piacesse quella band.
“È un punto di partenza – affermò Deidara – magari se siamo fortunati hanno dei concerti in programma, o possiamo trovare maglie, oggetti vari… ora vediamo.”
Si alzò e tornò poco dopo con il portatile acceso che appoggiò sul tavolo, spostando un po’ di stoviglie per mettersi poi a fare qualche ricerca.
“Cazzo! Un regalo mica da poco!” esclamò Hidan che era rientrato e si era messo alle loro spalle per vedere lo schermo, odoroso di nicotina.
Gaara stava pensando più o meno la stessa cosa, ma in maniera decisamente più analitica: quella band aveva un concerto in città il mese seguente, ma i biglietti rimasti costavano parecchio, però quale altro regalo avrebbe potuto fargli?
Rimase in silenzio qualche istante mentre Deidara cercava qualche alternativa, ma obiettivamente il ristretto ventaglio di possibilità era proprio miserabile.
“Credi di potermi anticipare almeno metà dell’affitto del prossimo mese?” chiese al proprio coinquilino.
Hidan ci rifletté, poi annuì:
“Sì, ce la posso fare. Ma tu sei sicuro di voler comprare quei biglietti? Con l’università dovrai affrontare molte spese, lo sai che ti aiuterò come posso, ma nemmeno io sono un fottuto riccone da strapazzo e ho le rate della macchina nuova da pagare.”
“Non preoccuparti, ce la posso fare, mi sono fatto un paio di calcoli” lo rassicurò Gaara. Non sarebbe stato proprio semplice, ma pensò che ne valeva la pena, voleva afferrare quella mano che gli era stata tesa. quella era la sua occasione.

 

***

 

Gaara si guardava attorno nervosamente, con le mani affondate nelle tasche del cappotto. I corridoi dell’università erano affollati di parenti commossi e orgogliosi, amici confusionari, pronti a celebrare un traguardo importante, e laureandi invece tesi e nervosi che avevano l’aria di volersi trovare in qualsiasi altro luogo all’infuori di quello. Gaara si sentiva come sempre a disagio, fuori posto, e cercò di non dare ascolto alla vocina interiore che continuava a sussurrargli di aver fatto un madornale errore, che era meglio che girasse i tacchi, che lì non c’era niente per lui.
Il ragazzo però teneva duro, era convinto di stare facendo la cosa giusta, di doversi mettere in gioco per dare una svolta alla sua vita e di non poter pretendere che gli altri facessero un passo nella sua direzione se lui stava sempre fermo e immobile ad aspettare; era il momento di agire.
Si passò una mano tra i capelli rossi tagliati il giorno prima e poi si sfilò il cappotto, inutile tra quelle mura riscaldate. Rimase in giacca e camicia, niente cravatta e niente di troppo ricercato: erano gli abiti che usava anche per andare a lavoro.
Era affascinato da quella realtà che vedeva sotto ai suoi occhi e si immaginò a percorrere quei corridoi tutti i giorni, incontrare un compagno, rivolgergli un saluto e qualche chiacchiera sulla partita della sera prima e… gli piacque terribilmente quel sogno ad occhi aperti. Tuttavia lui era solo uno studente universitario lavoratore, quindi niente lezioni giornaliere, niente mattinate nelle aule colme di coetanei, solo libri ed esami da dare in solitaria.
Si avvicinò alla sala che gli aveva indicato con Sasuke e vide che ancora non era piena e la gente continuava a entrare ed uscire; normale visto che lui era andato lì un po’ in anticipo. Si guardò attorno, con quegli occhi chiari che coglievano sempre ogni dettaglio, senza lasciarsi sfuggire nulla nel tentativo di comprendere meglio il mondo e chi lo abitava.
Poi, lo vide.
Era molto bello ed elegante nel suo completo giacca e cravatta, parlava con due adulti, probabilmente i genitori visto che gli assomigliava. La donna aveva un sorriso dolce, capelli lunghi e neri e lo guardava adorante, non poteva sbagliare: quella era la madre. L’uomo invece aveva i capelli tagliati corti, anch’essi neri, e sia lo sguardo che la postura del corpo intero erano piuttosto autoritari e rigidi. Gaara si ricordò che era molto severo col figlio, almeno così Sasuke gli aveva accennato.
Questi intanto stava continuando a parlare coi genitori con calma, quando voltò la testa nella sua direzione e fu come se avesse visto un fantasma.
I suoi occhi si assottigliarono, le spalle si tesero al pari delle corde di una chitarra e, sotto la sua espressione apparentemente calma, si capiva che era turbato, o perlomeno Gaara lo capì. All’improvviso comprese di aver fatto un errore madornale nel venire lì, la mano che avrebbe voluto sollevare in un saluto rimase impietrita lungo il fianco; tuttavia lui non se ne andò, ormai era troppo tardi, non poteva tornare indietro, né fare finta di non essere in quell'aula.
Sasuke si avvicinava, salutando cortesemente altre persone mentre camminava e poi gli fu di fronte:
“Che cazzo ci fai qui?”
Gaara avrebbe voluto chiederselo lui stesso. Quanto si era sbagliato! Lì non c’era niente per lui, nessun futuro, nessuna mano tesa, solo un altro muro, simile a tanti altri che aveva già incontrato in vita sua. Era stato un muro lievemente differente, era trasparente e gli aveva regalato l’illusione di non esistere, di avere la possibilità di afferrare ciò che aveva intravisto al di là.
“Sono venuto a vederti, è un giorno importante per te” rispose, senza mostrare però tutto il suo turbamento, il suo viso era impassibile.
“Appunto! – sibilò Sasuke – Non dovresti essere qui, che diavolo ti è venuto in mente? Cazzo, se ti vedono…” cercò di darsi una calmata e sembrare che stessero conversando amichevolmente, niente di più lontano dalla realtà. Se solo Sasuke avesse potuto, probabilmente in quel momento lo avrebbe vaporizzato.
“Se mi vedono cosa succede? Non ho scritto in fronte che sono gay e nemmeno che abbiamo scopato – ribatté Gaara duro – sembrerei solo un tuo amico, cosa c’è di così sbagliato? E poi che diavolo mi hai detto a fare ora e luogo della tua laurea se non volessi che venissi?” Stava iniziando ad arrabbiarsi per tutta quella sceneggiata che l’altro gli stava facendo. Ok, aveva visto un invito dove non c’era, ma non credeva di aver commesso un peccato così madornale.
Sasuke sobbalzò nel sentire quelle parole, e infilò le mani contratte a pugno nei pantaloni del costoso completo, si vedeva ad occhio nudo la qualità rispetto a quello più economico di Gaara.
“Non provarci mai più a dire cose simili” mormorò secco, facendo poiinvece  un cenno di saluto garbato con la testa e un mezzo sorriso a una signora. Tornò a fissare gli occhi chiari dell’altro e continuò “Non sei mio amico, proprio per niente, che cazzo dovrei dire ai miei genitori? Che ti ho conosciuto in un bar? Sei fuori? – compresse le labbra – nemmeno mi ricordavo di avertelo detto, mi sarà uscito così, per caso… che diavolo ne so! Ora te ne devi andare prima che arrivino anche…”
“Certo, tu dai informazioni tanto dettagliate così, per caso, certo Sasuke…” lo interruppe Gaara e, vedendo che l’altro era rimasto ammutolito, continuò “Me ne vado, certo, non preoccuparti. Non inquinerò la tua aria con la mia presenza – lo guardò negli occhi – cazzo, aveva proprio ragione Deidara: sei un gay represso, un pessimo gay represso. Sì, ho ridetto quella parola, cosa vuoi fare? Picchiarmi? Però così non daresti un grosso scandalo proprio in questo giorno così importante? Vaffanculo Sasuke.”
Gaara si voltò e se ne andò senza aspettare una sua risposta, senza vedere se le sue parole avessero avuto un qualche effetto, ormai non gli importava più. Era stato caustico, cattivo, lo sapeva, ma Sasuke era riuscito a ferirlo profondamente. Con lui si era esposto e l’altro lo aveva trattato come se fosse feccia della peggior specie, portatore di una malattia incurabile e mortale: l’essere diverso.
Diverso per gusti sessuali, per colore della pelle, dei capelli; di una diversa classe sociale, religione, schieramento politico… semplicemente diverso in qualcosa rispetto ai rigidi standard in cui Sasuke evidentemente viveva. Se per la sua famiglia poteva essere un problema concepire di conoscere un amico in qualche posto diverso dalle istituzioni formali, la definizione di severo assumeva altri connotati.
Urtò una persona mentre camminava, ma non si fermò, vide giusto con la coda dell’occhio che un ragazzo con i capelli raccolti in una coda si voltava a guardarlo, ma lui non chiese scusa né rallentò il passo. Andò avanti, così doveva fare; andare avanti e non guardarsi indietro e nemmeno attorno, perché tanto non aveva nulla attorno a sé.
All’improvviso si sentì afferrare per una spalla e si voltò di scatto, indispettito, vedendo uno sconosciuto dai capelli biondi che non lo mollava.
“Ehi, cammini proprio svelto, tu” gli disse il ragazzo, prima che lui potesse aprire la bocca e intimargli di lasciarlo. “Ho visto che parlavi con Sasuke, sei un suo amico? Perché vai via? Tra poco tocca a lui.”
Gaara rimase spiazzato per la facilità con cui quel tipo sparava domande e parole a raffica, possibile che fosse amico con quello stronzo?

Calmati Gaara, calmati. Sono domande innocenti, genuinamente curiose, non rispondere male, sii impassibile come sempre, menti e poi vai via in fretta, lontano da qui.
“Sì, ci conosciamo – rispose, sorvolando sulla questione dell’amicizia, visto che Sasuke era stato molto chiaro a riguardo – ero solo passato a salutarlo, non posso trattenermi, devo tornare a lavoro.”
Sul viso dell’altro la delusione era evidente e ciò lo lasciò interdetto, come si poteva essere dispiaciuti dell’assenza di uno sconosciuto?
“Capisco, cavoli che fregatura! Beh, comunque io sono Naruto – gli tese la mano – magari ci incontriamo stasera alla festa o in un’altra occasione. Sai, oltre me Sasuke non ha molti altri amici e sono rimasto sorpreso vedendovi parlare con tanta confidenza.”
“Gaara – rispose stringendo la mano e pensando che quel tipo non aveva capito proprio niente – beh, vedremo. Ora devo andare.”
Si infilò il cappotto e sentì che c’era qualcosa nella tasca, qualcosa che non voleva assolutamente; istintivamente tirò fuori la busta e chiese:
“Naruto, mi faresti un favore? Andavo di fretta e ho dimenticato di dare questa a Sasuke. Non so bene quando lo rivedrò, potresti consegnargliela tu?”
Tese una semplice busta da lettere rettangolare, bianca, senza nessuna scritta, anonima, come anche l’interno. Dentro c’era solo il suo regalo, quei due biglietti che gli erano costati un patrimonio, ma che non voleva rivedere. Non voleva nemmeno rivenderli e riprendere i soldi, non voleva nulla da Sasuke.
Naruto afferrò la busta, perplesso:
“Sicuro? Puoi dargliela alla festa… comunque va bene, gli dirò che è da parte tua.”
“Come preferisci, ma non serve. Scusa ora devo andare” si incamminò mentre l’altro ancora lo salutava, ma non gli interessava. Voleva solo fuggire via da lì, dal suo ennesimo fallimento e racchiudersi in se stesso, ormai lo aveva capito: non c’era altro modo di vivere per lui.








L'angolino oscuro:  Tutti in coro: "Sasuke sei una merdaaaaaa!!!!"
Vi sentite meglio? Io sì. Niente, Sasuke non ce la può fare: è così rinchiuso nel suo mondo ristretto che non riesce a concepire che le due vite che ha tenuto attentamente separate possano collidere anche se per poco. Eppure Gaara gli fa un'osservazione giustissima, perché dirgli data, ora e luogo se non lo voleva lì? L'inconscio aveva preso il sopravvento?
Ad ogni modo la razionalità e la paura di Sasuke hanno preso il sopravvento e ferisce Gaara, che se ne va da lì ben deciso a non voltarsi indietro tanto da travolgere qualcuno durante la sua fuga, alla fine Naruto lo blocca e lui si disfa anche di quei costosi biglietti, tanto è il desiderio di non avere più a che fare con Sasuke. E se ne va, con le tasche vuote, il conto in banca in rosso e la consapevolezza di essere solo: persino quando si è messo in gioco si è visto sbattere la porta in faccia; ora chi glielo spiega che ha solo scelto il soggetto sbagliato e che c'è ancora speranza, che troverà qualcuno che lo desideri e lo ami, senza vergognarsi o reprimere quei sentimenti? Giusto per chiarire: non è che Gaara fosse innamorato di Sasuke, ma credeva che il loro rapporto fosse qualcosa più di una semplice serie di scopate, tanto che si lasciava addirittura carezzare da lui, credeva che fosse qualcosa che sarebbe potuto crescere col tempo.
Nella prima parte del capitolo invece abbiamo scoperto qualcosina in più su Gaara, sul suo lavoro e sul rapporto che lo lega a Hidan e Deidara, tra l'altro adoro alla follia questi due come coppia e mi sono divertita a scrivere di loro, dandogli un'aria un pochino più scanzonata e meno sanguinaria come nel manga, ma rimangono comunque due personaggi sopra le righe e, come Gaara fa giustamente notare, non sono esattamente amichevoli e amorevoli verso il mondo. Se avete letto la mia one-shot lo saprete già, ma lo dico anche qui per chiarezza: Gaara e Sasuke si sono incontrati al gay bar dove lavora Deidara come barman, ed era la prima volta che Sasuke entrava in un locale simile.
Il titolo fa riferimento al modo in cui Gaara alla fine rivaluta Sasuke, si era illuso e invece poi lo vede chiaramente per quel che è: un pessimo gay represso che lo ha ferito, anzi a cui ha permesso di ferirlo che è lievemente diverso, si tratta di sfumature, ma lo ritengo molto importante.
Bene, vi lascio, anche stavolta ho straparlato a lungo, questo angolino è quasi più lungo del capitolo XD vi avviso che però già dal prossimo i capitoli diventeranno un po' più lunghi, ma avevo bisogno di questi due capitoli un po' più brevi, il primo come prologo e questo per focalizzare bene l'attenzione su queste scene. Venerdì parto per una decina di giorni e quindi aggionerò dopo il 21, detto questo vi lascio davvero stavolta XD e lasciatemi un commento se vi va, mi fa sempre piacere dialogare con voi e scambiarci opinioni.
   
 
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