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Autore: TheGirlOfTheSand    14/08/2017    1 recensioni
Suna è una grande metropoli: all'avanguardia, fiorente ed economicamente stabile. Si è ripresa subito dopo una guerra che l'aveva quasi distrutta, tutta tranne un piccolo quartiere di periferia: Konoha. Il Quartiere è un luogo buio, povero e ricco di criminalità. E' qui che vive Sakura, con Naruto, Sasuke, Ino..e molti altri ragazzi,che come loro sono cresciuti troppo in fretta e in modo sbagliato. A Konoha ognuno ha la sua storia da raccontare, ma c'è qualcosa che accomuna tutto e tutti: un profondo senso di abbattimento e un'incolmabile mancanza di speranza.
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Gaara/Matsuri, Hinata/Naruto, Neji/TenTen, Sasuke/Sakura, Shikamaru/Ino
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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"Ehhhh?! Avete incontrato Naruto e Sasuke?"
TenTen, seduta a gambe incrociate sul letto e totalmente scioccata, cercò di mantenere un tono di voce controllato e basso per evitare che sua madre, dalla cucina, potesse sentire e sospettare qualcosa.
Ino, Sakura e Hinata se n'erano andate circa un'oretta prima, dopo aver provato infiniti accostamenti di abiti e scarpe e averla costretta a indossare un completo blu scuro che però, doveva ammetterlo, in fondo non le stava affatto male. Lanciò un'occhiata all'armadio con l'anta leggermente socchiusa, intravedendolo all'interno.
"Si, ma non credo ci saranno problemi".
Si girò all'istante verso Neji, in piedi di fronte a lei e appoggiato con la schiena alla porta in legno scuro, fortemente in contrasto con le pareti bianche della stanza. Si scontrò con i suoi occhi di ghiaccio, ma ormai ci aveva fatto l'abitudine e il suo sguardo freddo non le faceva piú cosí effetto, o almeno non come all'inzio.
"Potrebbe anche essere che vi abbiano seguiti o che sappiano qualcosa dei tornei.." mormorò pensierosa mentre era intenta a sistemarsi i capelli: uno dei due codini si era infatti leggermente allentato.
'Però sarebbe impossibile..' pensò, mordendosi la lingua 'siamo sempre stati attenti a non lasciarci sfuggire una parola e, da quel che abbiamo constatato, nessuno che conosciamo sembra frequentare i tornei'.
"Dovresti rilassarti".
Neji la guardava dall'alto con un'espressione sarcastica leggermente accennata e che, probabilmente, solo lei, Hinata e Hanabi erano in grado di scorgere su quel viso dai lineamenti sempre cosí rigidi e composti. Un lieve sorriso increspò leggermente le fini e pallide labbra del ragazzo.
"Sappiamo entrambi di essere stati tutti e tre attenti, è impensabile che ci abbiano scoperto" le disse però poco dopo con voce seria.
Lo Hyuga si avvicinò poi a lei, scuotendo leggermente la testa in segno di dissenso; prese poi a disfarle il codino che si era appena fatta, sfiorandole i capelli con le lunghe dita e accarezzadole di tanto in tanto la testa.
"A proposito" disse, ricordandosi di una cosa "all'ultimo torneo mi pare ci siano stati un po' di problemi, o è una mia impressione?".
Neji rimase imperturbabile, continuando ad armeggiare abilmente con i suoi folti capelli.
"Può darsi, ma non ho idea di cosa sia successo. Qualcuno potrebbe aver semplicemente 'giocato sporco' ed essere stato scoperto".
"Come se le attuali regole di quelle competizioni fossero anche solo lontanamente corrette.." mormorò contrariata, aggrottando la fronte.
Cercava di continuare a pensare all'incontro di Neji e Rock Lee con Naruto e Sasuke: poteva davvero essere stata solo una coincidenza? I due sapevano qualcosa? Erano lí per conto di qualcuno?
Le mani di Neji tra i suoi capelli però la rilassavano, distraendola dai suoi pensieri e impedendole di ragionare in totale luciditá. Ad un tratto il ragazzo si fermò, prendendola per le spalle e facendola ruotare verso di lui.
I suoi caldi occhi color cioccolato rimasero per un istante intrappolati in quelli glaciali e compatti di lui, questa volta piú intensi del solito, senza tuttavia riuscire a sostenerli per piú di qualche secondo.
"So a cosa stai pensando: ma non ce n'è motivo. In fondo non facciamo niente di cosí sbagliato"
"Oh hai ragione" rispose ironicamente "se non per il fatto che, tecnicamente, sarebbe illegale".
L'espressione di Neji si indurí di botto e sentí la pressione delle sue mani sulle spalle aumentare. Il ragazzo fece poi un respiro profondo, cercando di rilassarsi.
"Sai bene che per Rock Lee e il maestro Gai è importante. Tutto ciò che possiamo fare noi è.."
"Sostenerli, come loro fanno sempre con noi".
Neji le sorrisse: "esatto".
Spostò poi nuovamente lo sguardo sui suoi capelli, contrariato; sistemò un ciuffetto che era andato fuori posto e la guardò soddisfatto.
"Molto meglio" le disse infine, baciandola sulla fronte.Prima che potesse riallontanarsi lo attirò a sè, avvicinando il volto al suo e sfiorandogli le labbra con la punta della lingua; lo Hyuga, sbilanciato, si mosse leggermente in avanti, appoggiando le mani al letto, ai lati della ragazza.
Lo prese poi per il colletto della camicia che, tempo prima, il ragazzo portava sempre e rigorosamente abbottonata. All'inizio per lei, nonostante il suo carattere forte e determinato, era stato difficile anche il solo parlare con quel ragazzo all'apparenza cosí freddo, distaccato e che, specialmente all'inzio, non sembrava nutrire il benchè minino interesse nei suoi confronti. I primi tempi le era risultato davvero complesso interpretare i suoi gesti, capire le sue parole o cercare di intuire cosa gli passasse in quella dannata testa ma, poco a poco e con molta pazienza, aveva imparato a cogliere ogni incrinatura nella maschera che si era costruito e ogni piú insignificante sfumatura nella sua voce, la maggiorparte delle volte piana e dal timbro alquanto monotono.Neji all'inzio non si curava di lei e non si era certo accorto del fatto che lo stesse 'studiando' o, piú semplicemente, imparando a conoscere. A lui sembrava una cosa piuttosto strana e, per certi versi, futile e insensata..ma forse perchè era stato sempre abituato ad avere al suo fianco degli amici che, nonostante tutto, non se n'erano mai andati; per questo non aveva mai nutrito prima di allora il desiderio di  costruire o approfondire un'amicizia, figurarsi intraprendere una relazione con qualcuna.
Tuttavia piano piano aveva cominciato a nutrire un certo interesse verso quella ragazza cosí cocciuta e talvolta maldestra, ma anche dolce e apprensiva. Doveva ammettere che quei capelli castani e quegli occhi caldi e accoglienti l'avevano stregato lentamente, fino a spingerlo a dichiararsi..ovviamente con grande stupore di tutti.
Sorrise leggermente al ricordo delle facce sconvolte di tutti quelli che avevano assistito alla scena.
"Cosa c'è?" Lo Hyuga si staccò leggermente da lei, soffiandole le parole sulle labbra.
"Niente, stavo solo pensando.." disse, con leggerezza. "A qualche anno fa" continuò, anticipando la domanda di lui "quando pensavo che non sarei mai riuscita neanche ad avvicinarmi a te..".
Neji la guardò leggermente contrariato: odiava quando si sminuiva cosí, come se lui poi fosse un Dio sceso in terra. Il suo sguardo si addolcí però poco dopo e il ragazzo le si avvicinò, sfiorandole il naso con il suo.
"Direi che allora è finita meglio di quanto sperassi" le disse, prendendola per i polsi e facendola alzare. Le cinse poi la vita con le braccia, stringendola a sè e facendo aderire i loro corpi che, ormai, si incastravano alla perfezione; le accarezzò una guancia e la baciò a lato delle labbra, lasciandole infine una lunga scia giú fino al suo collo dalla pelle vellutata, che lui conosceva bene.
TenTen sorrise, godendosi al massimo quei sporadici momenti di tenerezza che Neji le concedeva. Gli mise le mani tra i lunghi capelli, attirandolo maggiormente a sè e sospirando percepeno la sua lingua calda lambirle il collo. Ad un tratto però, il ragazzo si bloccò, spostando lo sguardo sul suo viso.
"Ragazzi, è pronta la cena!".
Il richiamo di sua madre dalla cucina interruppe l'atmosfera che si era creata tra loro in quel breve lasso di tempo, lasciandola però chiaramente percepibile nell'aria.
"Anzi, ti dirò" iniziò poi il ragazzo spostandosi da lei a avviandosi verso la porta "è andata davvero benissimo..".
Inclinò la testa guardandolo in cerca di spiegazioni, senza però trovarne in quel volto composto e improvvisamente serio.
"Ho deciso di presentarti a mio padre".
Quelle parole furono come un fulmine a ciel sereno: le si sgranarono gli occhi, mentre le labbra iniziarono a tremarle quasi impercettibilmente e il respiro le si mozzò in gola. Se Neji aveva deciso di presentarla in famiglia, significava che era una cosa seria..e lei non poteva che esserne felice e, a dirla tutta, anche un po' ansiosa.
"Non preoccuparti, sono certo che gli piacerai".
Gli sorrise dolcemente, mentre delle lacrime le si accumulavano ai lati degli occhi, senza tuttavia essere in grado di uscire e scorrere delicatamente sulle sue guance.
Fece qualche passo in avanti e, prendendolo per mano, si avviò verso la cucina dove sua madre li attendeva.
 
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Nonostante quella notte non avesse, come al solito, praticamente dormito e fosse piuttosto stanco, non gli era proprio riuscito di stare a casa a riposarsi per piú di qualche ora; i 'lavoretti' commissionatigli negli ultimi tempi non erano stati dei piú semplici, non che fosse un grande problema per lui: era sempre stato abituato a fare le ore piccole e il guadagno aumentava considerevolmente, permettemdogli di tirare, seppur per un breve periodo, un sospiro di sollievo a livello economico.
Si fermò davanti alla vetrina di un piccolo negozio ancora aperto, uno dei pochi del quartiere. Il vetro era ricoperto da un sottilissimo strato di polvere che lo rendeva opaco, la grande insegna al neon non era piú funzionante, ma ancora perfettamente leggibile, mentre un cartello bianco recava a caratteri neri, ormai sbiaditi a causa del sole, la scritta 'aperto'. In vetrina erano esposti ogni genere di oggetti: da dei vestiti piuttosto scadenti a piccoli arredi per la casa quali vasi o sopramobili, da giocattoli per bambini in plastica colorata a vecchi libri ormai ingalliti e consunti.
Si ricordò di quando, molti anni prima, passava davanti a quel bazar con sua madre e, talvolta, suo padre, fermandosi esattamente nello stesso punto dove si trovava ora e chiedendo gentilmente di potervi comprare qualcosa, che fosse un piccolo gioco o delle caramelle. I primi tempi sua madre gli sorrideva dolcemente e gli comprava sempre quello che voleva, ma col passare del tempo il suo viso, nonostante la giovane età e la bellezza che la contraddistingueva da sempre, si era come spento, lasciando il posto a un sorriso forzato e dispiaciuto; quelle fini labbra di porcellana avevano poi iniziato a pronunciare flebili e inconsistenti parole di scuse; ma lui era un bambino, non di certo uno stupido.
Aveva subito compreso che c'era qualcosa che non andava e aveva infatti accettato i 'No, la prossima volta' con un cenno di assenso della testa, abbassando lo sguardo leggermente ma senza impuntare i piedi o implorare qualcosa che non avrebbe comunque potuto avere. Con il passare del tempo e la nascita di suo fratello aveva poi smesso del tutto di chiedere qualsiasi cosa, diventando sin da subito indipendente e responsabile.
Ora guardare quella vetrina gli metteva addosso un senso di tristezza e malinconia, come se stesse guardando un vecchia foto con impressi momenti che, anche volendo, non sarebbero piú tornare, destinati a sbiadirsi e a essere lentamente dimenticati. C'era però una cosa che gli metteva piú tristezza della vetrina, del ricordo dei suoi genitori o del senso di abbandono del Quartiere: la sua immagine riflessa nel vetro.
La sagoma di un ragazzo di poco piú di vent'anni, con la pelle pallida e i capelli lisci, neri e costantemente raccolti in una coda bassa lo guardava apatico; le occhiaie perenni gli davano un'aria stanca e abbattuta, mentre gli occhi, neri e apparentemente impenetrabili, erano fissi e senza il benchè minimo cenno di esitazione. Fece scorrere poi lo sguardo sul fisico slanciato, che però aveva ormai perso quasi del tutto la possenza e la massa muscolare guadagnati negli allenamenti fino a pochi anni prima.
Gli avevano sempre detto, soprattutto a scuola, quanto fosse brillante e incredibilmente dotato in ogni c, sostenendo addirittura che sarebbe riuscito a costrursi senza problemi una vita tranquilla e agiata al di fuori di quel maledetto posto..ma lui non ce l'aveva fatta, non sarebbe mai riuscito ad abbandonare il Quartiere, non poteva. Quando i suoi erano morti e gli era stato proposto di andarsene aveva rifiutato, perchè non sarebbe mai riuscito a separarsi da lui, da suo fratello, da Sasuke. Sin da bambino si era sempre occupato di lui e crescerlo era ormai diventata come una sfida, una sorta di obiettivo che si era prefissato in maniera da rendere, in qualche modo, i suoi genitori contenti e orgogliosi, nonostante fossero assenti nelle loro vite ormai da tempo.
Certo, ora Sasuke era cresciuto e avrebbe anche potuto badare a se stesso senza il suo aiuto..se non si fosse trovato nel Quartiere. Lasciarlo da solo sarebbe stata una pazzia, e loro non potevano certo andarsene da lí con la presunzione di riuscire a costruirsi una nuova vita senza incontrare alcun tipo di difficoltá.
Stava per rimettere le mani nelle tasche dei jeans neri e sbiaditi che indossava, ma una voce conosciuta e leggermente roca lo chiamò, facendolo voltare.
"Salve, Nekobaa" disse gentilmente, sorridendo all'anziana.
La donna era invecchiata piuttosto male dall'ultima volta che l'aveva vista: numerose rughe profonde, specialmente sulla fronte e ai lati della bocca, le solcavano il viso dalla carnagione scura ma malaticcia. La bocca, sottile e allungata, era distesa in un cordiale sorriso increspato e ricco di piccole crosticine, mentre i lisci capelli, color grigio topo, erano crespi e tenuti indietro da una piccola benda con delle orecchie da gatto.
"Era da tanto che non venivi a trovarmi" esclamò, con la voce roca e leggermente soffocata "come stai? E Sasuke? Sará sicuramente cresciuto..".
"Stiamo bene entrambi e si, Sasuke ormai ha diciassette anni".
"Ma non stare sulla porta: entra pure che ti offro qualcosa!" gli disse poi la donna, facendogli un cenno.
Itachi stava per rifiutare dicendo che aveva intenzione di tornare a casa, ma l'anziana lo guardò con occhi quasi supplicanti. Evidentemente aveva bisogno di compagnia, oltre a quella degli scarsi clienti. Cosí, dopo aver accettato l'invito, entrò e si sedettero ad un piccolo tavolino in ferro all'interno del negozio.
"A proposito, Nekobaa, non c'è Tamaki?"
Mentre attendeva una risposta, si diede, un'occhiata intorno, notando con piacere che ben poco era cambiato nel corso degli anni: il pavimento a piastrelloni neri e bianchi, ormai crepato, era ancora al suo posto, gli scaffali erano minuziosamente ordinati e puliti, cosí come la merce era perfettamente imbustata ed etichettata; la lampada sul soffitto emanava un luce di un pessimo color giallo, mentre un paio di mosche ronzavano fastidiosamente intorno alla lampadina offuscata dalla polvere. Il bancone in plastica verde dove si trovava la cassa era lucidissimo, mentre alcune sedie e tavolini in ferro erano messi a disposizione dei clienti. In fondo, nella penombra, una scala conduceva all'appartamento delle uniche due commesse del negozio.
"Mia nipote è uscita, ma dovrebbe tornare a momenti. È cresciuta molto anche lei, sai?" Nekobaa parlava della ragazzina con voce affettuosa e malinconica, stringendosi nelle spalle, coperte da un pesante maglione arancione che probabilmente aveva realizzato lei stessa. La donna tossí violentemente per due volte, coprendosi la bocca con la mano raggrinzita ma ben curata.
Il ragazzo la guardò leggermente preoccupato, provando tenerezza per quella donna che l'aveva subito preso in simpatia, accogliendolo sempre con delle parole gentili e magari anche un piccolo dolcetto.
"Mi dispiace ma adesso devo proprio andare" disse, alzandosi dalla sedia "e inoltre non vorrei disturbarla oltre, dato che tra poco il negozio chiude, se non erro".
L'anziana ridacchiò: " non dirmi che ti ricordi ancora tutti gli orari a memoria".
Sorrise semplicemente, lasciandole intendere la risposta. Stava per consedarsi, quando la porta del negozio si aprí, facendo tintinnare la campanella che vi era appesa, mentre dell'aria fredda rinfrescava l'ambiente.
"Nonna sono torna.." Tamaki rimase sulla porta, guardandolo senza muoversi. Sua nonna aveva ragione: era davvero cresciuta. Il fisico da adolescente era ancora piuttosto acerbo e androgino, in compenso però si erano meglio delineati i tratti del viso, con il mento leggermente a punta e le guance ben piene. I grandi occhi marroni lo guardavano sorpresi, chiudendosi ipetutamente e mettendo in mostra le lunghe ciglia.
La ragazzina sembrò poi riscuotersi, piegandosi leggermente e inclinando il capo.
"Ohayoo Itachi-san!" esclamò poco dopo, con le guance lievemente imporporate.
Le sorrise in risposta: sapeva del fatto che la ragazzina avesse sempre avuto una cotta per lui, ma del resto era ben evidente e per nulla difficile da capire.
"Lo sai che puoi chiamarmi semplicemente Itachi..tua nonna aveva ragione però: sei davvero cresciuta".
Sentí poi un miagolio provenire dal basso alla sua sinistra e, spostando lo sguardo, intravide due gatti nella penombra, nascosti dietro a uno scaffale.
Nekoba ridacchiò nuovamente: "Pare che Denka e Hina non ti abbiano riconosciuto".
Itachi si chinò, attirando a sè i gatti e accarezzandone poi il folto pelo, mentre i due cominciavano a fargli le fusa. Si alzò dopo qualche minuto: "Ora vado, è stato un piacere rivedervi".
"Anche per noi" gli rispose Tamaki, sorridendo e piegando nuovamente la testa, forse per nascondere il rossore.
"Torna a trovarci" disse invece la donna, stringendogli affettuosamente la mano.
Uscendo in strada si strinse nel maglione blu scuro che indossava, cercando di non perdere calore troppo in fretta a causa del vento che soffiava da ormai giorni. Iniziò poi a camminare verso casa, accendendosi una sigaretta.
Una macchina nera si avvicinava a velocitá sostenuta dalla parte opposta della carreggiata e le lanciò un'occhiata fugace. Fu allora che li vide: due occhi sottili e dalla forma sinuosa, perennemente contorniati da un trucco violaceo; due occhi dalle iridi giallastre e dalle pupille stranamente allungate, unici nel loro genere. Si girò di scatto mentre la sigaretta scivolava lentamente dalle sue dita cadendo infine a terra, ma la macchina era ormai lontana. Dal finestrino del passeggero però, vide una mano estremamente magra, bianca e all'apparenza fragile uscire timidamente. La mano gli fece un leggero cenno come a salutarlo, tornando poi svelta nell'abitacolo.
Adesso era sicuro di non essersi sbagliato. Sapeva bene a chi appartevano quegli occhi: per lui erano inconfondibili.
Ma perchè era tornato? E perchè dopo ormai dieci anni?
Il telefono gli vibrò nella tasca. Lo prese con mani incerte e lesse il nome sul di splay: Izumi.
Senza riuscire a togliersi quegli occhi dalla mente, rispose
 
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Salve a tutti, sono TheGirlOfTheSand ed ecco finalmente il quattordicesimo capitolo della storia che, come al solito, spero vi piaccia. Nulla da dire, a parte che ora la trama andra finalmente un po' avanti, con un corso di eventi che spero apprezzerete.
Come ultima cosa, ringrazio chi ha recensito la storia e chi la segue ancora..alla prossima! .
 
 
 
   
 
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