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Autore: Kia_1981    14/08/2017    0 recensioni
*Un giorno mi sono imbattuta in un articoletto che s'intitolava più o meno come questa storia. L'ho letto, l'ho messo da parte e, mentre morivo di caldo al mare, per rinfrescarmi le idee ho deciso di recuperarlo per scrivere questa storia. Se vi sembrasse "strana", chiedo perdono: colpa dei 40 gradi abbondanti che mi mettevano al tappeto. Come sempre, qualunque critica/ osservazione è ben accetta. Buona lettura!*
Megan sta tornando da Aldenor, "casualmente" accompagnata da Julian. Un incidente alla carrozza su cui viaggiano li costringe a trovare rifugio in un capanno nei boschi, dove si troveranno a fronteggiare una spaventosa minaccia e una situazione inaspettata.
Dal testo:
«A quanto pare la Gelida Charlotte dimostra una predilezione per le coppie», rispose pensieroso. Megan si girò fra le sue braccia per guardarlo negli occhi.
«Ma noi non siamo una coppia», gli fece notare.
«Ma questo Charlotte non lo sa e poi…», riuscì a non dire che avrebbero potuto esserlo.
«E poi… cosa?», volle sapere lei.
«Nulla», rispose sommessamente senza distogliere lo sguardo dal suo.
Genere: Azione, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Julian Lord, Megan Linnet
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'We're Simply Meant To Be'
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Poco dopo essersi allontanati dalla carrozza inutilizzabile, le condizioni del tempo erano peggiorate. Un vento freddo e tagliente aveva cominciato a soffiare, prendendo sempre più forza mentre la neve ghiacciata li investiva senza dare loro tregua. Il capanno di cui aveva parlato Julian era spuntato come un miraggio in mezzo a quell’inferno: con il buio incombente avevano quasi rischiato di non vederlo. Si erano chiusi dentro e avevano sbarrato la porta mentre all’esterno si sentiva una specie di ululato raccapricciante che fece tremare Megan più di quanto non stesse già facendo.
Mentre Julian si muoveva con cautela nel buio in cerca di una lampada da accendere, lei era rimasta addossata contro la porta. Il cuore le martellava come impazzito per la paura mentre premeva l’orecchio contro il legno, ascoltando il grido agghiacciante e rabbioso del vento che sembrava, a tratti, il grido di un essere vivente. 

«Megan?»

Si voltò a guardare Julian che aveva trovato una lampada a olio ed era riuscito ad accenderla. La morbida luce gialla sembrava rendere un poco più accogliente il poco che riusciva a illuminare. Si rese conto che il ragazzo la osservava preoccupato.

«C’è qualcuno là fuori. Ho sentito una voce», gli disse, pensando che probabilmente l’avrebbe presa per pazza, ma non se ne curava: era terrorizzata.

«Non c’è nessuno là fuori, solo il vento», le rispose dopo un istante di esitazione che diede a Megan la certezza che anche lui doveva aver sentito la stessa voce. «Venite via dalla porta. Sedetevi qui e tenetemi la lampada. Voglio provare ad accendere il camino».

La giovane eseguì, lieta di avere qualcosa da fare che la distraesse dai suoi timori. Prese la lampada dalle mani di Julian, ma tremava talmente tanto che la luce oscillava pericolosamente con il rischio di far cadere dell’olio. Seguì con attenzione i tentativi del ragazzo finché, con grande sollievo da parte di entrambi, il fuoco cominciò a consumare con crescente intensità i ciocchi di legno adagiati nel focolare. Soddisfatto del risultato, il cavaliere si tolse il mantello gocciolante appendendolo ad un gancio vicino al camino, quindi si voltò verso di lei, liberandola dal compito di tenere la lampada.

«State congelando», osservò preoccupato soprattutto nel notare il suo sguardo quasi assente. Era pallidissima, gli occhi erano lucidi e le labbra rese violacee dal freddo. Non reagì quando lui le sfilò i guanti, stringendo per un momento le sue mani gelide. Doveva trovare il modo di toglierla da quello stato catatonico.

«Milady, i vostri abiti sono zuppi, non potete stare così», lei non rispose, si limitò ad emettere un flebile sospiro con lo sguardo ancora fisso sulla porta. La preoccupazione di Julian si fece più acuta: l’unica soluzione era tentare di provocarla.

«E va bene, mia signora», cominciò in tono suadente, slacciandole il mantello che lasciò cadere pesantemente a terra, «se proprio non vuoi collaborare, ci penserò io a spogliarti».

Accolse la reazione immediata di Megan fu accolta da Julian con immenso sollievo: la prima cosa che si riaccese in lei fu una scintilla furiosa nello sguardo. La rabbia imporporò le sue guance, poi si alzò di scatto dalla sedia e lo spinse via con tutte le forze che riuscì a raccogliere.

«Levami le mani di dosso!», esclamò puntandogli un dito sul petto e ricevendo in risposta un sorriso scaltro.

«Bentornata fra noi, Milady», Julian accennò un inchino. «Ora dovreste davvero togliere quello che avete addosso e mettervi qualcosa di asciutto», proseguì porgendole la sacca in modo che potesse prendere le proprie cose. Si voltò, volgendole le spalle per permetterle di cambiarsi. Con gli occhi chiusi ascoltava il fruscio degli abiti che venivano sfilati e appoggiati a terra: cercava di non pensare a come l’avrebbe vista se si fosse voltato in quel momento e lo sforzo che stava compiendo era quasi insostenibile.

«L’avresti fatto davvero o stavi solo cercando di farmi reagire?», volle sapere lei. Julian sospirò, si tolse gli stivali e li appoggiò vicino al fuoco per farli asciugare.

«No che non lo avrei fatto!», protestò brusco, per poi aggiungere amareggiato: «Credevo mi conosceste abbastanza da non avere bisogno di farmi una simile domanda».

«E se non fosse servito?», gli chiese parandosi davanti a lui con i capelli ancora gocciolanti. Almeno i vestiti, adesso, erano asciutti. Le rivolse un sorriso sfacciato.

«Sapete, c’è una cosa che funziona sempre nelle fiabe: quante volte una gelida fanciulla è stata riportata in vita scaldando le sue labbra con un bacio?». La risposta fu accolta da un momento di silenzio attonito.

«Sei un vero idiota!», sbottò infine Megan che, rendendosi conto di essere arrossita, si era girata verso il caminetto fingendo di essere intenta a stendere le sue cose ad asciugare. Julian scoppiò a ridere e approfittò di quel momento per cominciare a cambiarsi. Megan rimase voltata finché non fu ragionevolmente sicura che lui avesse terminato. Il ragazzo tornò accanto a lei, vicino al focolare, e riprese ad osservarla con attenzione, provocando di nuovo il suo disappunto.

«Vi sentite bene?», le chiese e, senza aspettare risposta le tastò il polso per controllare le pulsazioni. Lei si liberò immediatamente dalla presa e tornò a rivolgere uno sguardo assente alla porta: c’era ancora quella voce, da qualche parte là fuori e ora, che la tempesta si era placata, sembrava chiamare il suo nome. Megan rabbrividì mentre un rumore di oggetti che venivano spostati la riportava lentamente alla realtà. Si accorse che Julian stava cercando qualcosa in una credenza che lei non aveva notato. Un sorrisetto divertito si fece faticosamente strada sul suo volto al pensiero di quanto fosse assurdo che quel ragazzo stesse cercando da mangiare.

«Dubito che riuscirai a trovare del cibo, lì dentro», lo apostrofò con una smorfia provocata da un forte dolore alla gola. 

«Ho trovato del tè e del miele, l’ideale per scaldarsi un poco», replicò mostrandole il suo bottino. «Poi, se volete anche dei dolci, vi posso assicurare che le cuoche a Palazzo sono brave e generose come quelle della Reggenza», aggiunse procurando un  altro debole sorriso alla giovane. 

«Bene, Lord. Adesso dimmi: dove pensi di prendere l’acqua per il tè?»

«Dalla mia borraccia, ovviamente», le rispose. Si diresse spavaldo verso la sacca, la spostò, la sollevò e infine recitò una sfilza di imprecazioni non appena si rese conto che la borraccia era sparita: doveva averla persa mentre cercavano il rifugio.

«Scioglierò della neve», disse avvicinandosi risoluto alla porta. Megan rimase a guardarlo in preda ad un cupo sgomento. Avrebbe voluto dirgli di non uscire, ma non riuscì ad articolare alcun suono. Quando infine il giovane rientrò, sano e salvo, la dottoressa si rese conto di aver trattenuto il respiro per tutto il tempo. La voce che le era parso di sentire aveva taciuto per tutto il tempo che Julian era stato fuori e aveva ripreso a lanciare i suoi inquietanti richiami non appena lui si era richiuso l’uscio alle spalle.

«Possibile che tu non lo senta?», gli chiese esasperata.

«Vi state agitando troppo», osservò il Cavaliere, mettendo l’acqua a bollire sul fuoco, evitando accuratamente di risponderle. Quando il tè fu pronto lo versò e glielo mise davanti, aggiungendo una dose abbondante di miele. Megan bevve in silenzio, poi lamentò un fortissimo mal di testa e andò a coricarsi sull’unico letto presente. Julian sembrava assorto e accolse la sua decisione con un cenno di assenso.

«Dormite bene», augurò a Megan mentre si infilava sotto la coperta ruvida.
   
 
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