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Autore: IndianaJones25    15/08/2017    2 recensioni
Di ritorno da un’avventura a Ceylon, Indiana Jones può finalmente iniziare un nuovo anno accademico. Ma, proprio quando pensa che per qualche tempo le lezioni universitarie saranno la sua quotidianità, il celebre archeologo riceve un nuovo incarico: quello di ricostruire lo Specchio dei Sogni, l’unico oggetto in grado di condurre al Cuore del Drago, un antico artefatto che non deve cadere nelle mani sbagliate. Così, affiancato dal suo vecchio amico Wu Han e da un’affascinante e misteriosa ragazza, Jones si vedrà costretto a intraprendere un nuovo e rocambolesco viaggio attorno al mondo, in una corsa a ostacoli tra mille difficoltà e nemici senza scrupoli…
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold Oxley, Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Wu Han
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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10 - LA BASE SEGRETA

   Mar Giallo

   Furono necessari quasi sei giorni di navigazione perché la giunca di Wu Han, abilmente governata dal contrabbandiere e dai suoi fratelli, che riuscirono a far spremere alle vele ogni più piccola bava di vento, percorresse la lunga distanza che separava la città di Hong Kong dal mar Giallo; ed altri tre giorni furono impiegati per individuare le rotte meno trafficate o addirittura per niente battute, dove avrebbero potuto avere qualche speranza di localizzare la leggendaria Penglai.
   Il tardo pomeriggio del nono giorno da che erano partiti dalla colonia inglese, quando ormai disperavano di poter giungere in tempo per salvare Mei Ying, Jones, trovandosi a prua, osservò all’orizzonte quella che appariva essere un’aguzza montagna che si levava all’improvviso nel mezzo delle acque.
   «Che ne dici, Wu Han?» domandò, mentre l’altro, che lo aveva raggiunto con un cannocchiale, cominciava a scrutare quell’apparizione.
   «Potrebbe essere» commentò il compagno, senza scomporsi. «È un picco davvero aguzzo, proprio come ce l’ha descritto Mei Ying, e non si vede la cima del monte, nascosta da nuvoloni neri. Secondo me, abbiamo trovato il nostro approdo.»
   «Finalmente» sbottò Jones. «Purché non sia troppo tardi. Dopo nove giorni, quei pazzi potrebbero benissimo aver già fatto secca la nostra amica ed aver ricostruito lo Specchio dei Sogni, il che potrebbe anche significare che, mentre noi li cerchiamo qui, loro siano già penetrati nella tomba dell’imperatore.»
   «Non credo, Indy» rispose Wu Han, sempre guardando attraverso il cannocchiale. «Il Mar Giallo, in questo periodo, è ricco di alghe, come puoi vedere. I nostri nemici, sia che si muovano con un sottomarino sia che utilizzino una nave, devono aver impiegato parecchi giorni, proprio come noi, per giungere a destinazione. La mia giunca, invece, a suo tempo fu adattata e modificata appositamente da mio padre, perché potesse avanzare rapidamente anche in mezzo a tutti questi banchi di alghe. Il che, a parere mio, vuol dire che, se anche il loro mezzo fosse più veloce, potremmo addirittura averli superati e che il tempo a noi necessario a trovare la montagna dovrebbe averci pareggiati. E, infatti… guarda! Avevo ragione!»
   Passò il cannocchiale a Jones, che se lo portò all’occhio cercando di capire che cosa gli stesse indicando l’amico; alla fine, comprese. Un grosso sommergibile era appena riemerso nei pressi dell’isola - montagna, verso la quale, adesso, si stava dirigendo lentamente. Il pesante mezzo raggiunse un’insenatura e scomparve alla vista.
   «Bene» borbottò. «Gli ci vorrà un po’, adesso, per organizzarsi. Ordina subito ai tuoi ragazzi di prendere il largo e portarci sotto la linea dell’orizzonte, prima che qualcuno ci noti. Il tramonto non è lontano. Ci avvicineremo a Penglai tra qualche ora, con il favore delle tenebre.»
   Wu Han si diede da fare con gli ordini e le manovre, mentre Jones scese nella cabina, a controllare di avere tutto pronto. Con indosso i suoi soliti abiti, cappello e giacca di pelle su tutti, e con la frusta legata alla cintura ed il revolver nella fondina, si sentiva pronto a tutto, ma doveva lo stesso ammettere di essere sul punto di compiere una pazzia. Diavolo! Ne aveva fatte di cose assurde, nella vita, ma penetrare in una base segreta nazista per poi scalare una montagna dimenticata da Dio ed abitata da fanatici invasati per salvare una ragazza che avrebbe anche potuto essere già morta e recuperare un antico manufatto nascosto chissà dove, le superava di gran lunga tutte.
   «Cristo santo» pensò. «Ma perché non me ne sono rimasto in Università ad andare avanti con le lezioni? Ero partito così bene, quest’anno
   Si voltò, al sopraggiungere dell’amico contrabbandiere.
   «Stiamo filando» comunicò Wu Han. «Se anche qualcuno ci stesse osservando dall’isola, nel vederci allontanare non se ne darà pensiero, credendo che fossimo solamente pescatori o sfaccendati. Appena il sole sarà calato, torneremo indietro tenendo tutte le luci spente e cercheremo un approdo. Dimmi: sai già in che modo potremo agire?»
   «Non ne ho la più pallida idea» ammise Jones. «L’unica cosa ovvia che mi venga in mente, al momento, è quella che, una volta approdati, faremo meglio a sbrigarci a trovarci un travestimento, sperando che possa bastare quello a farci passare inosservati, anche se ho i miei dubbi. Dovremo farci largo attraverso la base dei tedeschi, trovare la stazione della funivia e salire sulla cima del monte senza essere visti: sono sicuro, infatti, che abbiano portato lì sia Mei Ying sia lo Specchio; dovremo, poi, salvarla e, se possibile, recuperare o distruggere lo Specchio. Non mi importa nulla del governo cinese e delle sue speranze di salvarsi grazie al Cuore del Drago. Sono tutte stupidate.»
   «Io sono d’accordo con te, ovviamente, ma non penso che lo sarà Mei Ying» rispose Wu Han.
   «Quella donna è già stata fonte di fin troppi guai, ammettiamolo. Se riusciremo a trarla in salvo, la faremo ragionare, riguardo allo Specchio, oppure le daremo direttamente una botta in testa per farla tacere. Poi, una volta liberata lei, posso assicurarti che innescheremo un vespaio tale da farci rimpiangere la salita come una bella passeggiata. Sarà dura, fuggire.»
   «Indy» disse Wu Han. «Non posso abbandonare così Mei Ying.»
   Jones lo guardò dritto negli occhi, che si erano velati leggermente, mentre l’altro continuava: «Tra me e lei, alcuni anni fa, c’è stato qualcosa… qualcosa di breve, è vero, ma molto intenso… ci siamo dovuti separare a causa del nostro lavoro, ma non ho mai cessato di amarla, te lo assicuro. Non è passato un solo giorno, da allora, senza che lei non sia stata nei miei pensieri. Farò tutto ciò che è in mio potere per aiutarla. Ma se tu preferisci ritirarti, aspettare a bordo della giunca con i miei fratelli… non posso dartene torto e questo non muterà di una sola virgola la stima che ho per te.»
   Jones sorrise e appoggiò una mano sulla spalla dell’amico.
   «Wu Han, per tutti questi anni abbiamo condiviso pericolose avventure; mi hai seguito ovunque, dimostrandomi di essere una delle persone più valide ed affidabili che io abbia mai conosciuto. Ho sempre potuto contare su di te. Adesso, sarò io ad aiutarti, ricambiandoti tutti i favori che mi hai fatto. Non ti lascerò solo in questa impresa e, te lo assicuro, la porteremo a termine nel migliore dei modi, stai tranquillo. Conta pure su di me.»
   «Grazie, Indy» borbottò l’altro, con un sorriso.
   Trascorsero il resto della giornata incrociando avanti ed indietro, facendo sempre attenzione a mantenersi fuori vista rispetto all’isola; Jones aveva sperato di poter utilizzare quelle ore per mettere a punto un piano d’azione ma, non avendo minimamente presente la conformazione dell’isola e della base tedesca, si rese molto presto conto che pianificare qualche cosa sarebbe risultato decisamente inutile e controproducente. Le incognite erano troppe. Lui e Wu Han sarebbero dovuti andare all’avventura, sperando che la fortuna non li abbandonasse proprio in quel frangente. Del resto, non sarebbe stata neppure la prima volta in cui si sarebbero trovati ad agire in una simile maniera.
   Alla fine, quando gli ultimi raggi dell’occaso ebbero tinto di rosso le acque marine e le prime tenebre cominciarono ad allungarsi, la giunca si mosse rapidamente verso l’isola; era ormai buio completo quando, al riparo di un’insenatura rocciosa, i due uomini si apprestarono a sbarcare.
   «Per quanto tempo dovremo aspettarvi?» domandò il fratello più grande di Wu Han che, in sua assenza, avrebbe assunto il comando dell’imbarcazione.
   «Io credo che ventiquattr'ore saranno sufficienti» rispose Jones. «Se, per domani sera, non saremo tornati, credo che potrete scriverci l’epitaffio.»
   «Non aspettate qui, però» li consigliò il contrabbandiere. «È troppo pericoloso, potrebbero vedervi. Riprendete il largo e tornate in questo punto al tramonto di domani. Ci troverete qui ad attendervi, con Mei Ying» aggiunse, ostentando una sicurezza in cui, forse, non credeva troppo neppure lui stesso.
   Agilmente, i due uomini saltarono sulla spiaggia e diedero una spinta alla giunca, per aiutarla a fare manovra; mentre Wu Han la guardava allontanarsi, domandandosi se l’avrebbe mai più rivista, Jones alzò gli occhi ed osservò la ripida e scoscesa montagna che, come una protuberanza, si levava improvvisa ed altissima verso il cielo, dopo pochi metri di spiaggia cosparsa di rocce, perdendosi nell’oscurità.
   «Vieni» disse poi, dopo qualche istante di contemplazione. «Troviamo un modo per entrare nella base. Di sicuro, non possiamo scalare questo affare a mani nude.»
   Senza la più pallida idea di dove si stessero dirigendo, cominciarono ad avanzare verso la propria destra, con il rumore dei loro passi completamente attutito dalla sabbia ricoperta di alghe marcescenti della spiaggia; ogni tanto, ai loro orecchi, giungeva il rumore smorzato di un tuono, segno che in alto, sulla cima della montagna, doveva essere scoppiato un temporale.
   Avanzarono per circa tre chilometri, guardandosi costantemente attorno, fino a quando giunsero in vista, a circa otto metri sotto di loro, del medesimo seno in cui, qualche ora addietro, avevano veduto sparire con lentezza il sommergibile. Arrampicatosi sopra una roccia, Jones osservò verso il basso, con gli occhi ormai abituati all’oscurità che gli restituivano parecchi dettagli. Al termine dell’insenatura, era stato aperto un canale d’acqua, che si inoltrava nella montagna; lungo il canale, correva un camminamento delimitato da una balaustra di metallo dipinta di rosso.
   «Ci siamo» bisbigliò a Wu Han, che lo aveva raggiunto. «Quello dev’essere l’accesso alla base segreta. Una volta entrati, dovremo solo sperare di mantenere la pelle intatta abbastanza a lungo da poter compiere la nostra missione. Sarà difficile nascondersi, dentro.»
   «Se non te la senti…» cominciò Wu Han, ma Jones non lo lasciò neppure terminare.
   «L’alternativa, per me, sarebbe tornare all’Università ad affrontare le ire del rettore» borbottò con cinismo. «Molto meglio i nazisti ed i fanatici cinesi. A loro, almeno, posso anche piazzare una pallottola in testa senza dovermi poi sentire in colpa. Seguimi!»
   Lasciarono la roccia e, correndo senza fare troppo rumore, discesero fino all’altezza dell’insenatura; lì, mantenendosi contro la parete rocciosa per cercare di rendersi il più possibile invisibili ad eventuali osservatori non graditi, camminarono fino al canale artificiale. Come Jones aveva previsto, era stato scavato nella roccia e, successivamente, rinforzato con colate di cemento. Una scaletta di metallo saliva fino alla passerella, la quale correva parallela al canale. Con un cenno, l’archeologo indicò la piccola scala e cominciò a risalirla; non appena fu in cima, scrutò nell’oscurità ma, non notando nessuna minaccia, fece un gesto a Wu Han, invitandolo a raggiungerlo.
   Quando furono entrambi sulla passatoia, cominciarono ad avanzare, con infinita cautela, Jones in testa e l’amico alle sua spalle; l’archeologo teneva una mano vicina alla fondina, pronto ad estrarre il revolver in caso di necessità, così come Wu Han aveva infilato una mano nella tasca del cappotto, dove era celata una Mauser semi-automatica. Il canale proseguiva per parecchie centinaia di metri all’interno della montagna, così silenzioso che lo sciacquio delle acque sembrava rimbombasse come una palla di cannone; Jones e Wu Han quasi trattenevano il respiro, nella speranza che nessuno notasse i loro passi.
   Grazie a tutte quelle precauzioni, ed anche al fatto che lungo la passerella non si trovasse nessuna sentinella, i due giunsero senza incidenti al termine del canale, che si apriva in un bacino artificiale, illuminato da potenti riflettori, entro il quale era ormeggiato il sommergibile; si nascosero all’ombra di alcune casse non appena ebbero notato dell’attività lungo la banchina del bacino.
   «Eccoci» borbottò Jones. «Qui comincia il divertimento. Sarà un po’ come andare al Luna Park, solo che al posto del calcinculo dovremo aspettarci i proiettili in fronte.»
   Nel porto artificiale, infatti, si muovevano avanti e indietro numerosi soldati tedeschi, tutti intenti a svolgere diverse operazioni; alzando lo sguardo, Jones notò una porta tagliafuoco che si apriva dentro un edificio di cemento ricavato scavando nella roccia della montagna, che li sovrastava da tutte le parti come una muta minaccia. Effettivamente, il pensiero di trovarsi al di sotto di centinaia di migliaia di tonnellate di pietra dura e compatta non era tra i più allettanti che potessero esserci.
   «Non vedo altre vie, quindi immagino che dovremo andare di là» disse, indicandola.
   «E come, non pensi che ci vedranno?» mormorò Wu Han.
   «Questo, oggettivamente, è un bel dilemma. Non possiamo neppure sperare di travestirci: io avrei qualche possibilità di passare inosservato, ma tu… non ti ci vedo, nei panni del soldato tedesco, con quei tuoi occhietti a mandorla.»
   Osservarono ancora: quattro soldati tedeschi si erano fermati a parlare proprio davanti alle porte che avrebbero voluto oltrepassare.
   «Se non riusciremo ad allontanare i nostri amici, difficilmente potremo fare molta strada» commentò Jones.
   Scrutò meglio le casse dietro a cui si stavano riparando e sorrise.
   «Forse ho trovato» disse. «Guarda questa nota.»
   Ed indicò a Wu Han una bolla scritta a macchina ed incollata ad una delle casse. Era scritta in tedesco, lingua che il contrabbandiere non conosceva, come fece prontamente notare all’archeologo.
   «C’è scritto che questa cassa contiene dell’esplosivo» spiegò Jones.
   Aprì la borsa che portava a tracolla e, dopo avervi frugato qualche istante, ne tolse un coltello svizzero, che utilizzò per rimuovere il coperchio della cassa. Dentro, tra la paglia dell’imballaggio, c’erano almeno venti candelotti di dinamite, collegati ad una lunghissima matassa di miccia.
   «Tieni questa» borbottò Jones, consegnando a Wu Han un’estremità della miccia.
   «Che intendi fare?» chiese l’altro.
   «Adesso lo vedi. Non ti ho detto che siamo al Luna Park? Che festa sarebbe mai, senza i fuochi d’artificio?»
   Afferrati tutti i candelotti di dinamite, Jones strisciò lungo la passerella, fino a quando non fu giunto il più vicino possibile al sommergibile. A questo punto, alzatosi in piedi, e sperando che nessuno lo notasse, cominciò a far roteare i candelotti, utilizzando la miccia come se fossero un lazzo, poi li lanciò. Fu un tiro perfetto. Le venti bombe atterrarono, con un leggero tonfo a cui nessuno badò, proprio sopra la plancia del sottomarino, con il cavo della miccia che correva verso l’alto, ancora tra le mani di Jones, che tornò in fretta da Wu Han.
   «Pronto al botto?» chiese ironicamente mentre, con un fiammifero, incendiava la miccia. Fatto questo, si portò le dita nelle orecchie, subito imitato dall’amico.
   Con un sibilo, il cavo cominciò a bruciare rapidamente; quando la parte in cima alla passerella fu tutta consumata, la miccia, sempre bruciando, cadde nel bacino sottostante, ma senza spegnersi. Dopo alcuni istanti che sembrarono essere una sospensione della realtà giunse, infine, la violenta ed inaspettata esplosione che, nonostante se li fossero tappati, rintronò i timpani dei due amici.
   La carena del sommergibile si spaccò praticamente in due ed una parte del soffitto crollò, mentre l’imbarcazione cominciava a riempirsi d’acqua ed a scendere lentamente verso il fondo; tutt’attorno, i soldati tedeschi, in parte storditi e feriti dall’esplosione, cominciarono a correre e ad urlare, agitandosi come formiche, senza più capire che cosa stesse accadendo.
   «Andiamo, muoviti!» ordinò Jones, vedendo che le porte erano rimase incustodite.
   Approfittando del fumo e tenendosi bassi, lui e Wu Han percorsero la distanza fino alla porta, la raggiunsero e la sorpassarono indisturbati. Adesso, si ritrovarono in un corridoio, dal pavimento placcato di metallo, che proseguiva per una decina di metri prima di trasformarsi in una scalinata che saliva verso l’alto.
   Correndo, i due raggiunsero le scale e cominciarono a salirle ma, proprio in quel momento, in cima ad esse apparve un ufficiale tedesco che, vedendoli, gridò: «Alt!», estraendo subito la pistola che teneva alla fondina.
   Ma Jones non gli diede il tempo di sparare; sfilata rapidamente la frusta, la fece schioccare e, arrotolatala attorno alla canna della pistola, la tirò a sé, strappandola dalle mani del tedesco. Nel contempo, Wu Han spiccò un balzo ed afferrò l’uomo per le gambe, mandandolo a ruzzolare pesantemente sui gradini, dove picchiò la testa e rimase immobile, con il collo spezzato.
   «L’abbiamo fatto secco?» domandò distrattamente Jones, ripiegando la frusta.
   «Credo di sì» replicò Wu Han.
   Jones osservò il viso dell’uomo morto ed annuì.
   «Conosco già, questo tale. L’ho intravisto ad Istanbul, è uno degli accoliti di Von Beck. È il tenente Hans. Non penso che qualcuno piangerà per la sua dipartita, anche se credo che fosse più che altro un mero burocrate» borbottò Jones. «È probabile che stesse andando a vedere che cosa avesse provocato tutto quel trambusto al piano di sotto.»
   «Sarà meglio che tu gli prenda giacca e cappello e che li indossi, Indy» consigliò Wu Han. «Appena lo troveranno stecchito ed avranno fatto i conti con il sommergibile affondato, non impiegheranno molto tempo ad immaginarsi che devono esserci degli intrusi, nella base. E, quegli intrusi, non possiamo che essere noi. Con quel cappello dai troppo nell’occhio. Mettiti la sua divisa. Anche io, appena possibile, spoglierò qualcuno.»
   «E va bene, facciamo anche questa pagliacciata» bofonchiò Jones, sfilandosi giubbotto di pelle e cappello.
   Li ripiegò alla meglio e li infilò nella borsa a tracolla, poi indossò la giacca con i gradi da tenente ed il cappello che, nel frattempo, Wu Han aveva tolto al morto e gli stava porgendo.
   «Da lontano dovrebbe essere sufficiente» brontolò l’archeologo, a cui, per mera coincidenza, la giacca del morto calzava piuttosto bene. «Muoviamoci. Prima la finiamo con questa storia, meglio sarà per tutti.»
   Senza più degnare d’un solo sguardo il cadavere di Hans, risalirono le scale, in cima alle quale si aprivano altre porte, identiche a quelle attraverso cui erano giunti lì. Jones le sospinse e diede un’occhiata al di là, trattenendo il fiato per lo stupore: davanti ai suoi occhi, si estendeva un’immensa base militare, ingombra di casse, veicoli e cannoni, attraversata da passerelle metalliche ed areata da un potente impianto di areazione, i cui grandi tubi erano addossati all’alto soffitto. Sulla parete di fronte a loro, all’estremità opposta della base, era dipinta una gigantesca bandiera rossa con il cerchio bianco e la svastica nera.
   «Però» commentò Jones. «Hanno fatto le cose parecchio in grande.»
   «Guarda là in fondo, Indy» disse Wu Han, alludendo al punto della sala più lontano da loro, dove si scorgeva un’alta struttura di metallo e cemento, con finestroni di vetro, che sembrava essere in comunicazione coll’esterno della montagna ed dentro la quale si poteva benissimo notare un grande sistema di cavi e di rulli.
   «L’ho vista, quella dev’essere la nostra meta, la stazione della funivia» borbottò Jones. «Dobbiamo trovare una via per arrivarci passando inosservati.»
   «E come? Anche se sei travestito, e se pure riuscissi a trovare un travestimento per me, difficilmente riusciremo ad attraversare per intero questo stanzone sperando che nessuno ci riconosca o ci fermi per un qualsiasi motivo.»
   Jones diede un’occhiata intorno, poi intravide una cosa che lo fece sorride.
   «Guarda là» disse, indicando degli alti bancali che salivano ripidamente verso l’alto.
   «Li vedo» brontolò Wu Han, non presagendo nulla di buono. «Che cosa vorresti fare?»
   «Presto detto: arrampicarci lungo i bancali fino all’impianto di areazione, trovare il modo di entrarvi, dato che quei grossi canali permettono il passaggio di un uomo e, così, passare inosservati fino all’altro capo della sala.»
   «Indy, non so se…» provò il contrabbandiere, ma già l’amico aveva raggiunto i bancali e, accertatosi che nessuno lo stesse osservando, cominciava ad arrampicarsi.
   A Wu Han non restò altro da fare che seguirlo ed imitarlo.
   I due s’arrampicarono con disinvoltura lungo le scaffalature, facilitati in questo dalla presenza di scale per permettere agli addetti di arrivare a tutti le scansie e, infine, raggiunsero il punto più alto, ad almeno quindici metri dal suolo.
   «Cerca di non perdere l’equilibrio» consigliò Jones, «o sarà un bel volo.»
   «Grazie per avermelo ricordato» bofonchiò Wu Han, evitando di guardare verso il basso.
   Lo spazio su cui erano costretti a muoversi era davvero molto stretto; per di più, l’impianto di areazione non era a portata di mano, come dal basso era sembrato.
   Senza scoraggiarsi, Jones si guardò attorno, fino a quando non notò delle tavole di legno abbastanza lunghe per poter essere tese tra il punto in cui si trovavano loro ed i tubi dell’areazione.
   «Se non possiamo entrarci, almeno ci cammineremo sopra» disse. «Vieni, usiamo queste come un ponte.»
   Rassegnato, ormai certo che la sua vita non avrebbe avuto più valore di una moneta falsa, Wu Han aiutò l’archeologo a raccogliere due assi ed a disporle orizzontalmente, appoggiandone un’estremità al tubo dell’areazione che, per loro fortuna, era quadrangolare. Non appena quel ponte improvvisato fu pronto, Jones dichiarò: «Vado prima io.»
   Quindi, dimostrando vero sangue freddo, pose un piede e poi l’altro sull’asse di legno. Aveva a disposizione uno spazio largo forse venticinque centimetri per muoversi e, ai lati, non aveva null’altro che un profondo abisso; tuttavia, un passo dopo l’altro, riuscì a giungere all’estremità ed a salire sul canale.
   Adesso, toccava a Wu Han. Jones gli fece cenno di seguirlo ma l’altro, fatto il primo passo, non riuscì a proseguire.
   «Non ce la faccio, Indy» borbottò. «Non riesco ad attraversare.»
   «Coraggio, Wu Han» cercò di incoraggiarlo l’archeologo, ma senza successo.
   «Indy, no» replicò il contrabbandiere.
   «Okay, allora facciamo così» sbottò Jones, slegando la frusta dalla cintura.
   La schioccò e, con un colpo da maestro, la legò perfettamente attorno alla vita del cinese, tenendola poi tesa.
   «Adesso puoi passare» gli disse. «Nel caso dovessi incespicare, ci sarei qua io, a tenerti.»
   Ovviamente, Jones sapeva benissimo che, se l’amico fosse caduto di sotto, avrebbe potuto fare davvero poco per provare a trarlo in salvo, ma fu contento che, invece, Wu Han gli prestasse fede e, con lentezza, un passo alla volta, facendo continue pause e visibilmente sbiancato, continuasse a venirgli incontro lungo l’asse. Non appena il contrabbandiere fu a portata delle sue braccia, Jones lo afferrò per la giacca e, con forza, lo trasse a sé, tenendolo saldamente.
   «Eccoti qui» gli disse. «Hai visto? Un gioco da bambini.»
   «Proprio» mormorò Wu Han, sudando freddo.
   «Non sapevo che soffrissi di vertigini.»
   «Devo avere dimenticato di dirtelo. Be’, ora lo sai.»
   «Meglio tardi che mai. La prossima volta ti userò più riguardi: prima di attraversare un precipizio, mi premunirò di darti una botta in testa e caricarti a spalla.»
   «Grazie, sei un amico.»
   «Andiamo» disse Jones, avviandosi.
   Camminarono per alcuni metri, mantenendosi il più possibile centrali, sia per non rischiare di barcollare e cadere, sia per evitare che qualcuno, dal basso, potesse fare caso a loro. Si fermarono in prossimità di una botola della manutenzione, che in quel momento era chiusa.
   «Ecco il nostro passaggio» disse Jones, afferrando la maniglia della botola e sollevandola; dal tombino, si levò un’aria fresca e pulita.
   Uno dopo l’altro, si calarono all’interno, dove c’era spazio sufficiente per consentire loro di camminare in piedi e dove erano accese delle lampade appese alle pareti, segno che la manutenzione veniva eseguita molto spesso.
   «Buon per noi» disse Jones. «Non rischieremo di inciampare.»
   Senza indugi, ripresero a camminare, sperando che, all’estremità, potessero trovare un’uscita da quel tunnel sospeso.
   Mentre avanzava, Jones pensava a quale sarebbe potuta essere la loro prossima mossa, ma non gli veniva in mente proprio nulla: mai, come in quel momento, aveva sfidato tanto apertamente l’ignoto. Si chiese perché mai stesse accompagnando Wu Han in quella pazzesca impresa: certo, gli aveva promesso di aiutarlo a salvare Mei Ying ma, in cuor suo, Jones sapeva che non era quello il reale motivo per cui aveva seguito l’amico. A dire il vero, disperava di poter ritrovare viva la ragazza che, probabilmente, era già morta da giorni. La storiella della pubblica vendetta di Kai l’aveva imbastita solamente per rincuorare l’amico, per non fargli morire le speranze. Non era certo per quella bella cinese che stava tentando l’impresa, proprio no. Era inutile girarci attorno: voleva riappropriarsi dello Specchio dei Sogni perché, dopo tutta la fatica fatta per recuperarne i tre pezzi, ed egli era stato il solo a riuscirci, pensava che fosse suo naturale diritto riprenderselo. Troppe volte era stato buggerato da gentaglia infida come Belloq e troppe volte s’era arreso, lasciando che gli altri godessero i frutti del suo lavoro, mentre lui era stato costretto a tornarsene a casa, di nuovo, a mani vuote, pronto a raccontare di grandiose avventure ma senza nulla di concreto per provare di averle compiute.  Questa volta, però, no: non si sarebbe arreso, avrebbe rimesso le mani su quell’aggeggio che gli era costato tanta fatica ritrovare e, poi, lo avrebbe utilizzato per entrare, lui per primo dopo oltre duemila anni, nella tomba dell’imperatore, svelandone gli arcani segreti e riportandone alla luce i grandi tesori. Sì, ci sarebbe riuscito e, questa volta, avrebbe fatto in maniera di risultare l’unico ed indiscusso vincitore: sarebbe stato lui l’archeologo che avrebbe rivelato al mondo i tesori della tomba di Qin Shi Huang e, questo fatto, gli avrebbe derivato meriti imperituri. Avrebbe scritto libri sull’argomento, concesso interviste, avrebbe guadagnato parecchio. Magari, lo avrebbero nominato anche presidente del dipartimento di Archeologia, all’Università e, chissà, in poco tempo sarebbe divenuto lui il nuovo rettore, pronto a tuonare contro i docenti che non si presentavano puntualmente alla prima lezione; ancora pochi anni di ricerche e, poi, si sarebbe finalmente ritirato, a godersi i frutti del suo duro lavoro. In breve tempo, la sua fama avrebbe surclassato quella del padre, che sarebbe finalmente stato costretto a cedere all’evidenza ed a riconoscergli di aver fatto una scelta saggia, decidendo di diventare archeologo. Non avrebbe ceduto adesso, quindi: sarebbe andato avanti ed avrebbe affrontato gli ultimi pericoli, guadagnandone così fortuna e gloria. Fortuna e gloria. Quelle due parole gli suonavano dolci nella mente e sarebbero state sue, molto presto. La pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno.
   Giunti al termine del canale, i due notarono che cominciava a scendere verso il basso, con una leggera pendenza; vi era a lato, però, un corrimano per permettere ai tecnici della manutenzione di aggrapparvisi. Perciò, presero senza timore quella strada, speranzosi che li conducesse il più in fretta possibile alla stazione della funivia.
   Quando ebbero compiuto la discesa e furono tornati in piano videro, su una delle pareti metalliche, quella che sembrava essere una porta di servizio; Jones vi si accostò e, lentamente, l’aprì, guardandosi furtivamente attorno.
   «Tombola» disse.
   Erano arrivati, infatti, a solamente pochi metri dalla loro meta. Sarebbe stato sufficiente uscire dal loro nascondiglio, percorrere la breve distanza ed entrare in un’altra porta, quella della stazione. C’era solo un problema.
   «Ci sono quattro tedeschi tra noi e la funivia» bisbigliò. «Ma, forse, sfruttando il mio travestimento, potremo passare impunemente. Tu seguimi con aria disinvolta ed allo stesso tempo con un contegno di umiltà e non dire una sola parola.»
   Assumendo un’aria il più possibile marziale, Jones spalancò la porta di servizio e si fece avanti a grandi passi, verso il gruppetto di tedeschi, con Wu Han che gli stava a testa bassa alle calcagna.
   I quattro soldati si volsero a guardarlo e, vedendo la divisa con le mostrine da tenente, lo salutarono, anche se con aria un po’ incerta. Di sicuro, si stavano chiedendo che cosa ci facessero un ufficiale ed un cinese all’interno del condotto d’areazione. Anche Jones si pose la medesima domanda. Doveva trovarvi una risposta immediatamente.
   «Finalmente il condotto è stato riparato» comunicò loro, sfoderando il suo miglior tedesco e cercando di imitare l’accento amburghese di una ragazza che, una quindicina d’anni prima, aveva pensato di sposare, prima di rinsavire e fare ritorno in America. «Ancora un po’ e saremmo morti tutti quanti asfissiati.»
   «Noi veramente non ci siamo accorti che ci fosse un guasto, signor tenente» rispose uno dei soldati, mentre gli altri scuotevano la testa.
   «Questo perché voi siete al lavoro qui. Ma posso assicurarvi che, là dietro, si scoppiava dal caldo, fino a poco fa. Un guasto mai visto. Nessuno sembrava essere in grado di ripararlo, perché il passaggio per raggiungere la rottura era troppo stretto. Nessuno riusciva ad infilarvisi e smontare tutto avrebbe richiesto troppo tempo, più di quello che potessimo permetterci. Fortunatamente, i nostri amici del piano di sopra ci hanno fornito un tecnico abbastanza capace ed allo stesso tempo così minuto da entrare in quel buco.»
   I soldati scrutarono Wu Han con aria dubbiosa ed uno di essi domandò, con voce alterata: «Quindi, quello lì sarebbe uno di quei famosi guerrieri del Drago Nero? Brutta gente, tenente, a lei credo di poterlo dire. Non avremmo dovuto stringere patti con quelle persone. Fanatici orientali, gente con il cervello pieno di strane idee.»
   «Non piacciono neppure a me, se è per questo. E vi assicuro che neppure il maggiore li gradisce: sono solo alleati di convenienza, appena potremo ce ne sbarazzeremo. Tuttavia non preoccupatevi, questo non è un loro guerriero, bensì solamente un servitore. Niente di cui avere paura. Figuratevi, non capisce nemmeno la nostra lingua. Vero che non capisci che stiamo parlando male dei tuoi superiori, occhietti a mandorla?»
   Jones si volse con una smorfia idiota verso Wu Han che, pur non comprendendo, stette al gioco e fece una smorfia inebetita, causando l’ilarità dei soldati.
   «Ma che, ugualmente, non possiamo tenere qui con noi» riprese Jones, riassumendo il suo aspetto marziale. «Ho avuto l’ordine di riportarlo indietro appena dopo la fine dei lavori, scortandolo personalmente. Quindi, per favore, potreste mettere in moto la funivia e darci un passaggio fino in cima alla montagna?»
   «È strano, tenente, è da stamattina che siamo di turno alla funivia e non abbiamo fatto scendere nessuno. Sono saliti solamente il maggiore Von Beck, quel cinese inquietante con i suoi accoliti, le due megere e la ragazza carina in abito da sera. Ma nessun altro si è mosso, con la funivia.»
   Se avesse compreso il tedesco, Wu Han, udendo quelle parole, si sarebbe senza dubbio tradito; per fortuna, non capì l’allusione del soldato tedesco, quella alla ragazza cinese in abito da sera, ossia la rivelazione del fatto che Mei Ying, poche ore prima, fosse passata di lì viva e vegeta, quindi se ne rimase con gli occhi fissi al pavimento, immobile. Jones, invece, pur stupito nello scoprire quella nuova verità, riuscì a mantenersi impassibile ed a dire: «Il tecnico è sceso ieri, infatti. C’erano altri ragazzi, di turno.»
   «Bene, certo. Mi faccia vedere il permesso per usufruire della funivia firmato dal maggiore, allora, e la faremo salire subito» disse il soldato, porgendo la mano.
   Mantenendo il sangue freddo, il falso ufficiale replicò: «E come avrebbe potuto Von Beck firmarmi qualche cosa, se è rimasto assente dalla base per quasi dieci giorni e, oggi, appena rientrato, è salito subito in vetta? Ha ben altri grattacapi per le mente, in questo momento, che non le scartoffie!»
   «Be’, lo so, signor tenente, ma la prassi vuole che…» tentò il soldato, di sicuro non felice di dover contraddire un graduato.
   «Lasci perdere la prassi» disse Jones, indurendo il proprio tono di voce. «Mi sono accordato con il tenente Hans, il segretario personale del comandante, nonché comandante a sua volta in assenza del maggiore. Mi ha affidato lui l’incarico di recuperare il cinese per riparare l’impianto di areazione e, poi, farlo ritornare a casa. Evidentemente, ha ritenuto superfluo fornire un permesso firmato ad un suo parigrado. Volete chiedere conferma a lui stesso, per caso? In questo momento, è molto impegnato nel bacino di approdo, c’è stato un grave incidente, uno dei motori del sommergibile è saltato per aria, provocando uno sconquasso totale. Mi sorprende, anzi, che voi siate rimasti in quattro, qui di guardia, quando ne sarebbe stato sufficiente uno, mentre tutti gli altri sarebbero dovuti correre là a dare una mano!»
   Capita l’antifona, i tre soldati che stavano assistendo alla discussione, fecero un rapido gesto di saluto e si avviarono a passi affrettati verso il luogo dell’incidente, decisamente sollevati di lasciare che fosse il loro commilitone a vedersela con quell’ufficiale dall’aspetto poco raccomandabile; quanto a Jones, tornò a rivolgersi all’uomo: «Allora, veda di farci salire alla svelta, o mi vedrò costretto a fare rapporto. Obbedisca agli ordini! Vuole essere per caso deferito alla corte marziale?»
   «Signor tenente, la prego… ho ricevuto ordini precisi, dal maggiore in persona, di non far salire nessuno, neppure il Fuhrer stesso, nella remota ed improbabile evenienza che capitasse qui, se sprovvisto del suo lasciapassare. Rischierei di finire di fronte ad un plotone d’esecuzione se…»
   Il soldato non terminò la frase: l’inaspettato destro di Indiana Jones, caricato come una molla, partì rapido e lo centrò in pieno viso, facendolo ruzzolare a terra, privo di sensi. Senza perdere tempo, Jones e Wu Han corsero verso la stazione della funivia e vi entrarono.
   «Dannati burocrati» borbottò Jones, avviandosi su per una scaletta di acciaio. «Faranno finire il mondo nel baratro, con la loro smania di obbedire e obbedire.»
   Di corsa, raggiunsero in poco tempo un pianerottolo di metallo, alla cui estremità si trovava quella che, più che una funivia, assomigliava ad una funicolare; Jones indicò a Wu Han di accomodarsi nella cabina, mentre lui corse al quadro comandi. Era davvero semplice ed intuitivo: vi erano solamente due levette, una per avviare il movimento dei cavi, che avrebbero condotto il mezzo verso l’alto, un’altra per fermarlo. Per prima cosa, l’archeologo manomise la seconda levetta, in maniera tale che nessun guastafeste potesse bloccarli a metà della salita. Poi, avviò i cavi.
   Subito, con un tremendo cigolio, la funicolare cominciò la sua ripida ascesa, con una tale velocità da sorprendere lo stesso Jones, che dovette correre velocissimo per riuscire a raggiungerla. Nel farlo, perse anche il berretto da ufficiale.
   Tuttavia, per quanto Wu Han lo incitasse a parole, disperava di riuscire a raggiungerla; quindi, sfilata la frusta, senza smettere di correre, la schioccò, avvitandola attorno ad uno dei parapetti della cabina. Vi si tenne saldamente aggrappato, mentre il contrabbandiere si dava da fare per attirarlo a se a forza di braccia, contraendo il viso per lo sforzo. Ormai, erano avvolti dall’oscurità, essendo penetrati in un tunnel scavato nella roccia, non illuminato: l’unica fonte luminosa, erano le flebili lampade accese all’interno della cabina.
   Jones, a questo punto, strisciava sul terreno, sgualcendo la giacca da nazista; peccato, avrebbe potuto conservarla, magari in un’altra occasione gli sarebbe tornata utile. Ora, però, gli premeva solo riuscire a raggiungere la cabina, perché non sapeva per quanto ancora sarebbero saliti: di sicuro, non poteva pensare di arrivare fino alla cima in quella posizione. Quindi, guadagnando pochi centimetri per volta, ferendosi le mani sulla roccia acuminata, riuscì ad avanzare fino a toccare la cabina. A quel punto, Wu Han ebbe gioco facile nell’afferrarlo e nell’aiutarlo a salire finalmente a bordo.
   Ansante e sanguinante, senza smettere di stringere la fedele frusta, guardò l’amico ed annuì, ringraziandolo tacitamente per l’aiuto offertogli.
   Poi si rialzò, con aria risoluta.
   La loro scalata verso l’ignoto, alla ricerca di fortuna e gloria, aveva avuto inizio.
   Stavano salendo verso la vetta di Penglai, la montagna leggendaria.
   
 
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