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Autore: IndianaJones25    16/08/2017    3 recensioni
Di ritorno da un’avventura a Ceylon, Indiana Jones può finalmente iniziare un nuovo anno accademico. Ma, proprio quando pensa che per qualche tempo le lezioni universitarie saranno la sua quotidianità, il celebre archeologo riceve un nuovo incarico: quello di ricostruire lo Specchio dei Sogni, l’unico oggetto in grado di condurre al Cuore del Drago, un antico artefatto che non deve cadere nelle mani sbagliate. Così, affiancato dal suo vecchio amico Wu Han e da un’affascinante e misteriosa ragazza, Jones si vedrà costretto a intraprendere un nuovo e rocambolesco viaggio attorno al mondo, in una corsa a ostacoli tra mille difficoltà e nemici senza scrupoli…
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold Oxley, Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Wu Han
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 - LA MONTAGNA LEGGENDARIA

   Dopo circa un quarto d’ora di viaggio attraverso la roccia, tempo che trascorsero in silenzio, ascoltando i cigolii sinistri della funicolare, essendo entrambi consapevoli che non ci fosse nulla da dire, poiché anche solo provare a pianificare qualcosa sarebbe stato del tutto inutile, non avendo la più pallida idea di che cosa li stesse attendendo alla sommità della montagna ed al termine della via, sbucarono all’aperto.
   Alla loro sinistra, si elevava un’altissima parete rocciosa, nera di umidità e talmente liscia che neppure un topo sarebbe stato capace di risalirla, mentre a destra, a solamente pochi centimetri di distanza dalla fine dello spazio riservato alla funicolare, si poteva notare un pauroso precipizio, avvolto dalle tenebre e dalla nebbia perenne che avvolgeva l’alto picco di Penglai; non si riusciva in alcuna maniera a scorgerne il fondo, che doveva essere davvero lontanissimo.
   Jones, sbarazzatosi dell’ormai inutilizzabile divisa da tenente, ridotta ad uno straccio informe, era tornato ad indossare i soliti abiti e, adesso, appoggiato al parapetto, cercava di scrutare qualche cosa attraverso le tenebre circostanti, ma il buio era così fitto e le nubi tanto dense da impedirgli qualsiasi visuale, neppure dopo che i suoi occhi ebbero iniziato ad assuefarsi a quell’oscurità quasi palpabile; alla fine, allora, arresosi, decise di riferire a Wu Han quanto appreso dal soldato tedesco con cui aveva discusso poco prima, tanto per fare qualche cosa. Si chiese se si fosse già ripreso dal pugno ricevuto: in quel caso, al piano di sotto, doveva essere scoppiato un vero vespaio. Forse avrebbero fatto meglio a portarlo con loro, dopotutto. Inutile pensarci adesso.
   «Wu Han, ho avuto la conferma che, questo pomeriggio, Von Beck e Kai hanno percorso questa strada in compagnia di Mei Ying, viva e vegeta» comunicò. «Me l’ha detto il nostro amico chiacchierone.»
   «Non ho mai avuto dubbi che potesse essere altrimenti» replicò il contrabbandiere, con un mezzo sorriso.
   «Certo, neppure io» mentì Jones. «Perlomeno, sappiamo che stiamo andando nella direzione esatta, ecco tutto. Adesso, però, sarà difficile liberarla. Speriamo che, una volta trattala in salvo, sia lei ad essere in grado di aiutare noi, guidandoci verso qualche passaggio segreto: dovrebbe conoscerla bene, questa dannata montagna, visto che vi agisce come spia da anni. Non potremo tornare giù da questa strada, ovviamente: troveremmo mezzo esercito tedesco schierato ad attenderci al varco, altrimenti. Speriamo di poter trovare un’altra via. Ora come ora, liberare Mei Ying non sarà solo questione di salvare un’amica, bensì il nostro unico biglietto d’uscita da questa situazione niente affatto divertente.»
   «Stiamo scalando l’ignoto, Indy» mormorò Wu Han, «non sappiamo nulla di quello che ci aspetterà, lassù. Sarà un po’ come avventurarsi nel regno del grande mistero, il luogo che ci attende tutti ma di cui nessuno sa nulla. Dovremo contare solo su noi stessi. Probabilmente, incontreremo la morte, sul nostro cammino.»
   «È troppo tardi, ormai, per tornare indietro» ribatté deciso l’archeologo, con un’alzata di spalle, come se quell’argomento non lo interessasse per nulla.
   Il suo tono si fece ironico, mentre aggiungeva: «E, poi, la morte è una signora che ho incontrato talmente tante volte, negli ultimi anni, da avere perso il conto. Ed ogni volta, posso assicurarti che l’ho messa nel sacco. Io e lei siamo quasi due vecchi amici. Certo, ci sono alcuni miei colleghi che considererebbero un evento pericolosissimo anche solo il crollo di una trincea di scavo in cui stiano lavorando o, al massimo, l’avvicinarsi al campo base di qualche scagnozzo scalcinato venuto a cercare di trafugare qualche piccolo reperto da rivendere al mercato nero. Io, invece, se non mi trovo ad affrontare un esercito agguerrito almeno una volta alla settimana, non posso considerare normale la mia esistenza. Mi chiedo dove sia, che sbaglio.»
   «Indy, lo sanno tutti: tu non sei un archeologo come tutti gli altri» disse Wu Han.
   «Eppure, non sono stato io a scegliere di essere così; io volevo solamente studiare e scavare nel terreno, alla ricerca di frammenti di antiche civiltà, per poi diventare un vecchio professore brontolone come mio padre, sempre pronto a bacchettare i miei studenti per la loro scarsa diligenza. Invece, sin da bambino, mi sono sempre ritrovato impegolato in imprese decisamente più grandi di me e mai per causa mia: sembra quasi che i guai mi cerchino e mi si aggrappino addosso, legandosi a doppio filo alla mia pelle. Ho affrontato guerre, spie, ladri, rivoluzionari; una volta sono finito nelle mani di un pazzo che credeva di essere un vampiro, un’altra ancora sono stato scambiato per un cadavere ed ho rischiato di finire dritto in un forno crematorio. Mi sono crollati in testa templi ed antichi palazzi. Hanno tentato di fucilarmi, farmi a pezzi, impiccarmi, strangolarmi, annegarmi, insomma, di uccidermi in ogni modo che fosse possibile. Ho affrontato pazzi che volevano trafugare tesori archeologici, sono finito in trabocchetti impensabili rinchiusi in antiche costruzioni. Sono persino caduto prima in una cassa piena di serpenti, poi nel nido di un anaconda - a questi sconfortanti ricordi, che lo fecero sudare freddo, Jones non poté fare nulla per reprimere un vistoso brivido di paura, che lo scosse tutto dalla testa ai piedi - e, immediatamente dopo, nella gabbia di un leone, fuggendo da uomini armati che non avrebbero esitato un attimo a lasciarmi mangiare da quelle belve se non avessi avuto con me qualche cosa di prezioso che desideravano per loro: e, tutto questo che ti ho detto, prima di compiere i vent’anni. Figurati quelle che mi sono capitate dopo. Mi hanno scambiato per contrabbandiere, mercenario e ladro di tombe e, per questo motivo, ho pure rischiato che mi tagliassero via una parte di me a cui sono molto affezionato, giù nel Madagascar; poi ho corso svariate volte il rischio di essere arrestato per omicidio, furto d’auto ed altri crimini ancora, in alcune occasioni ho dovuto anche cambiare identità per riuscire a scappare da paesi i cui governanti avrebbero volentieri fatto un tappeto con la mia pelle. Mi sono più volte visto aizzare contro di tutto: cani, leoni, tigri, coccodrilli, gorilla… ho subito condanne per blasfemia e altro ancora. Peggio di tutto, mi sono invaghito di belle ragazze che, se da una parte mi ammaliavano con le loro carezze, dall’altra erano pronte a brandire un pugnale con cui sgozzarmi. Ne sono sempre uscito, escogitando qualche cosa all’ultimo momento e grazie all’aiuto di una fortuna sfacciata, lo ammetto, ma devo anche dire che c’è sempre una prima volta in cui le cose potrebbero mettersi male sul serio. E non è detto che non sia proprio questa.»
   «Indy, tu hai delle doti nascoste di cui neppure tu sei pienamente cosciente, posso assicurartelo. Sono certo che, grazie a te, ce la caveremo egregiamente anche questa volta.»
   «Speriamolo, perché a casa ho lasciato troppe cose in sospeso per morire proprio adesso. Credo, però, che ci sia una persona che non avrebbe nulla da ridire sulla mia morte, anzi se ne rallegrerebbe più di chiunque altro.»
   «A chi alludi? A Belloq?» domandò Wu Han.
   «Belloq!» sbottò Jones, pronunciando quel nome come se stesse sputando. «Quello! Posso assicurarti che Belloq sarebbe il più afflitto, dalla mia dipartita. Certo, ogni volta che mi sottrae qualche cosa fa sempre la scena di volermi eliminare, ma la realtà è che lascia lui stesso che io mi metta in salvo, in maniera che possa, poi, rimettermi al lavoro: altrimenti, se non ci fossi più io che cerco e trovo, lui a chi potrebbe mai rubare i preziosi manufatti con cui arricchirsi? No, quell’ipocrita ha troppo da guadagnare dal fatto che io sia vivo e vegeto, ha bisogno di me, è come un parassita che si nutre della ninfa vitale di un altro organismo. La persona di cui parlo, invece, è il rettore.»
   «Il rettore?» ripeté Wu Han, stupendosi. «Perché mai il rettore dovrebbe avercela con te?»
   «Eh… se tu immaginassi…» brontolò Jones.
   «Ti sarai lasciato una schiera di nemici agguerriti e sanguinari, dietro le spalle, e ti preoccupi del rettore!» sghignazzò il contrabbandiere. «Questa dovevo ancora sentirla!»
   «Grazie tante» fece Jones. «Senti, lasciamo perdere questa storia del rettore. Stavo scherzando. Credo che, a momenti, giungeremo a destinazione, quindi avremo ben altre cose a cui pensare che non a quel vecchio rabbioso.»
   Infatti, il panorama, attorno a loro, stava mutando; pur continuando a rimanere immersi nella nebbia e nel buio, potevano cominciare ad apprezzare, qua e là, delle rocce intagliate in forma di dragoni o di altre divinità mostruose, lampante segno del fatto che, ormai, fossero in vista della fortezza della Triade del Drago Nero. La speranza che, nel punto di arrivo della funicolare, non vi fosse nessuno intenzionato a far loro la pelle, era molto labile. Dovevano togliersi di mezzo al più presto.
   «Saliamo sul tetto» disse Jones. «Una volta lì, troveremo qualche cosa a cui aggrapparci prima di giungere a destinazione. Siamo passeggeri senza biglietto e non possiamo neppure concederci il lusso di pagare a fine corsa.»
   Detto questo, si inerpicò sul parapetto e, con un’agile mossa, si aggrappò al tettuccio della vettura, innalzandosi al di sopra, ma cercando di mantenersi basso per non sbattere la testa contro i cavi della funicolare; dopo poco, Wu Han lo raggiunse imitandone le medesime mosse. Rimasero in quella posizione per alcuni istanti, senza sapere cosa fare, fino a quando l’archeologo notò che la parete rocciosa di sinistra s’era, ormai, tramutata in un declivio, da cui sporgevano alcuni rami contorti di piante centenarie. Li indicò a Wu Han con un cenno del capo, dicendo: «Lì.»
   Strisciarono lungo il tetto della cabina e, non appena ebbero i rami a portata delle proprie mani, li afferrarono, trattenendovi saldamente; la funicolare, continuando la propria corsa, li lasciò scivolare all’indietro, fino a quando rimasero appesi a quei vecchi ed umidi arbusti anneriti.
   Una volta sicuri che, nel caso fossero caduti, non avrebbero più corso il rischio di venire stritolati dalla pesante macchina, cominciarono lentamente ad arrampicarsi, allungando le braccia ed avanzando di pochi centimetri per volta, esponendosi al pericolo di cadere di sotto ogniqualvolta incappavano in un ramo troppo marcio per sostenerli. Dopo circa venti minuti di arrampicata, tuttavia, Jones toccò la cima del declivio e vi si issò con tutto il corpo, aiutando subito dopo l’amico a raggiungerlo. Quindi, si guardò attorno, contemplando il paesaggio circostante.
   Dinnanzi a loro, una sorta di pianoro sassoso, lungo il quale crescevano rade erbe e pochissimi alberi, tanto immensi da poter essere ritenuti millenari, declinava leggermente verso il basso, fino a perdersi in quello che appariva come un muro di cinta cadente e diroccato, oltre il quale si scorgevano i tipici tetti delle case cinesi, ad ampia cadenza e leggermente incurvati, adorni però, anziché delle tipiche tegole rosse o gialle, di pietre nere. Lungo le mura, poi, si notavano qua e là delle grandi statue di draghi, ormai quasi tutte ridotte in condizioni pessime. Non sembrava che vi fosse nessuno di guardia anzi, a dire la verità, la misteriosa città sembrava del tutto deserta e disabitata: non un lume né una voce provenivano da essa; l’unico leggero rumore era prodotto da alcune ante, ormai quasi cadute, che chiudevano una finestrella lungo le mura, sbattute da una leggera corrente d’aria. Il cielo nero e l’atmosfera cupa e rarefatta davano all’insieme un qualche cosa di tetro, quasi un richiamo di morte, inesplicabile.
   «Bel posticino, per passarci le vacanze» commentò ironicamente Jones.
   Wu Han, dopo aver ripreso fiato, si levò al suo fianco.
   «Questo luogo sembra abbandonato da secoli. Non credi anche tu?»
   «Non so. Comunque non mi piace.»
   «Che facciamo, allora?»
   «Facciamocelo piacere» sentenziò Jones.
   Risoluto, pur mantenendo una certa circospezione, si avviò verso le mura dell’antica città, cercando con lo sguardo un varco da cui poter entrare; dopo aver percorso il breve altipiano che li separava dalla cadente costruzione, lungo all’incirca cinquecento metri, si accostarono alla finestrella le cui imposte, di quando in quando, erano mosse dall’aria. Non appena Wu Han ne ebbe toccata una, essa si staccò e cadde a terra.
   L’archeologo diede un’occhiata oltre la finestra, grande abbastanza per farli passare entrambi; da quel punto, poteva scorgere una viuzza che un tempo doveva essere stata lastricata in pietra, la medesima che ricopriva i tetti, ma che, adesso, era invasa dalla terra e dalle erbacce, che crescevano molto alte. Ai lati della viuzza, che si perdeva nell’oscurità, svettavano edifici alti quanto le mura e dall’apparenza molto solida, le cui pareti erano umide e nere, cosparse di muschio e licheni. Non si poteva intravedere null’altro, a causa della densissima nebbia che aveva invaso la zona. Sopra ogni cosa, aleggiava l’acre odore dell’umidità.
   «Cosa vedi?» domandò Wu Han, con una certa apprensione.
   Quel luogo gli dava i brividi, come se una paura impenetrabile e misteriosa si levasse da esso. Come aveva detto in precedenza, gli pareva di essere giunto alle porte del regno del grande mistero, di cui tante volte gli avevano parlato i genitori. Non gli piaceva, avrebbe voluto essere altrove.
   Dal canto suo, Jones riusciva a mantenere il sangue freddo: «Nuvole basse e poco più» rispose. «Vieni, o non scopriremo mai che cosa si celi tra queste vecchie costruzioni.»
   Con un balzo, superò la finestrella ed entrò nella fortezza del Drago Nero; Wu Han, pur titubante, lo seguì immediatamente.
   Nel vicolo, l’odore di umido era ancora più forte, dava quasi alla testa, specialmente quando da alcun erbe ormai marcite si levavano dei miasmi davvero insopportabili; i due uomini, però, erano determinati e pronti a tutto, nonché entrambi abituati a situazioni ben peggiori di quella, per cui non badarono minimamente a quella puzza. Invece, senza una sola parola, cominciarono ad avanzare a passi lenti lungo il vicolo, con le mani pronte ad impugnare le proprie armi; infatti, si aspettavano di poter incontrare qualche losco figuro da un momento all’altro.
   Contrariamente alle loro previsioni, tuttavia, poterono avanzare lungo la lugubre stradicciola senza alcun problema e, alla fine, giunsero in vista di un grande ponte coperto, in muratura ma con i parapetti realizzati in spesse canne di bambù, il quale attraversava un profondo abisso, del quale non si vedeva il fondo, per una lunghezza di circa quindici metri. Sul lato opposto del ponte, si apriva una vasta piazza, intuibile solo attraverso la porta d’ingresso, essendo per il resto circondata da edifici che ne impedivano la vista per intero.
   «Ci reggerà?» domandò preoccupato Wu Han.
   «Puoi scommetterci. Ma ti sconsiglio di fare troppo affidamento sul parapetto» rispose l’archeologo, avviandosi.
   Come fu sul ponte, corse alla ringhiera di destra e, senza appoggiarvisi, guardò verso il basso; come prevedeva, vide la linea della funicolare, che proseguiva fino ad arrivare esattamente all’interno di una costruzione che doveva aprirsi, poi, sulla piazza che stavano per raggiungere.
   «Credo che, se mai ne sia stato creato uno, troveremo il nostro comitato d’accoglienza ad attenderci, là avanti» brontolò.
   «Quindi, cosa vorresti fare?» domandò il contrabbandiere.
   «L’alternativa sarebbe quella di tornare indietro e costeggiare le mura, cercando un’altra via. Ma guarda là in fondo.» Indicò un punto a circa cinquanta metri da loro, dove si notava un altro ponte che conduceva alla piazza; più oltre, ad altri cinquanta metri, se ne notava un altro. La stessa cosa poterono vedere guardando verso sinistra.
   «La città deve avere una forma circolare, ed ogni strada, alla fine, conduce su quel dirupo centrale dove si trova la piazza» rifletté Jones. «Immagino, allora, che anche noi dobbiamo dirigerci in quella direzione: è probabile che il palazzo, o quello che sia, in cui risiede il nostro amico Kai, sorga proprio lì. Con un po’ di fortuna, a breve troveremo Mei Ying.»
   «Non dimenticare che, facilmente, ci saranno dei guerrieri del Drago Nero ad attenderci» gli rammentò Wu Han. «Li abbiamo già conosciuti a Hong Kong e non mi sembrano proprio delle pecorelle smarrite.»
   «Non l’ho dimenticato, infatti, ma non potremo fare altro che andare avanti e sperare di non incontrarli, oppure che siano ossi piuttosto facili da rodere. Vedrai che, in qualche modo, riusciremo a fare noi la parte dei lupi.»
   «Di speranze sono lastricate i viali dei cimiteri» tentennò il cinese, ma inutilmente, dato che l’americano era già partito a passi rapidi verso la porta della misteriosa piazza.
   Quindi, per non restare indietro, si affrettò a seguirlo.
   Jones raggiunse la porta che dava sulla piazza, ossia un volto sormontato da statue raffiguranti strani esseri e divinità, e vi si accostò, spiando il grande spiazzo antistante; era un piazzale di pietra grigia, spazzato dalle correnti d’aria a causa delle numerose porte che vi si aprivano. Infatti, come aveva ipotizzato, la piazza sorgeva sopra un costone di roccia isolato dal resto della montagna, e circondato dalla misteriosa città, con la quale comunicava mediante diversi ponti, del tutto identici a quello su cui, adesso, si trovavano. Nel centro, dove la piazza si rialzava, oltre una scalinata molto larga, si ergeva un imponente palazzo, probabilmente sempre di pietra, ma rivestito di un legno laccato di rosso; era alto e massiccio, ricoperto da un tetto, simile a quello dei palazzi veduti precedentemente, anche se conservato molto meglio, nonché rifinito con oro zecchino, lo stesso che ornava gli stipiti delle finestre e dei grossi portali che si aprivano sulla facciata. La piazza sembrava essere completamente deserta, ma tremolanti luci di candele provenienti dall’interno del grande palazzo tradivano la presenza umana.
   Jones accennò con la testa al grande e ricco edificio: «Quella dev’essere la residenza di un alto papavero. Scommetto che sia Kai sia Mei Ying si trovano lì dentro da qualche parte. E, pure, il nostro vecchio Specchio dei Sogni.»
   «Credi che riusciremo a recuperarlo?» domandò Wu Han.
   «Perlomeno, ci proveremo. Al più, una volta messa al sicuro la ragazza, faremo in modo che nessuno possa più gingillarsi con quel giocattolino.»
   «Come entreremo?»
   «La via mi sembra libera. Chissà, magari non ci aspettano ancora, possiamo forse immaginare che non esistano mezzi per comunicare rapidamente tra la città di Penglai e la base dei tedeschi: è probabile che i messaggi vengano recapitati a mano, per cui i nostri amici cinesi potrebbero non essere ancora stati informati della nostra presenza e non averci teso alcun agguato. Io dico che potremmo avere questa fortuna.»
   «Non contare troppo sulla fortuna, Indy. In questi casi non bisogna farci troppo affidamento.»
   «La dea bendata è innamorata di me, vecchio mio. Comunque, per rispondere alla tua domanda, ecco che cosa faremo. Attraverseremo con disinvoltura la piazza ed entreremo nel palazzo dall’ingresso principale, come si conviene a persone civili quali siamo noi.»
   «È un po’ un’incognita… se qualcuno ci scorgesse non ci resterebbe altro da fare che darcela a gambe, ma dove potremmo andare?»
   «Ma no! Se incontrassimo qualcheduno, sarebbe sufficiente dirgli che siamo turisti e che vogliamo visitare il palazzo, facendoci indicare la biglietteria.»
   «Ma…»
   «Sto scherzando, Wu Han! Ma questo non cambia nulla nei miei piani. Ricordati che, fin qui, abbiamo sbrigato la parte facile. Il difficile sarà tornare indietro dopo aver recuperato Mei Ying.»
   «Che piacere, Indy, quando mi dici queste cose.»
   Jones ghignò.
   «Affrontare pericoli mortali più volte al giorno rientra nella mia quotidianità, rammenti? Un po’ per volta, sto contagiando pure te.»
   «Mi hai messo sulla cattiva strada, è questo che stai dicendo?» domandò Wu Han, trattenendo a stento una risata.
   «Quando mai! Ti ho sottratto ad una vita monotona e piatta! E, adesso, andiamo!»
   Rinfrancati da quello scambio di battute, che aveva risvegliato l’ilarità di entrambi, il che era quanto mai necessario per poter affrontare un luogo lugubre e tetro come quello, dove sarebbe stato decisamente facile lasciarsi prendere dallo sconforto, i due uomini lasciarono il rifugio di relativa sicurezza che regalava loro la porta d’ingresso, la quale li aveva mantenuti fino a quel momento al riparo da sguardi indesiderati, e s’inoltrarono nella piazza, risoluti a portare a compimento al meglio la loro missione.
   Camminare in quel luogo non era semplice, perché le pietre antiche erano state levigate da secoli, se non addirittura da millenni, di utilizzo continuo, ed erano per di più rese estremamente viscide e scivolose dall’umidità quasi perenne dell’alta e fredda vetta della montagna; nonostante, quindi, calzassero entrambi scarponi adatti a camminare in luoghi impervi, dovevano di frequente rallentare per non rischiare di perdere l’equilibrio e finire a gambe all’aria
   «Sembra che qualcuno abbia rovesciato in terra interi bottiglioni d’olio» si lamentò Wu Han.
   Jones, tuttavia, non poté replicargli.
   Erano appena giunti a metà strada, infatti, quando dalle costruzioni antistanti la piazza, dalle porte dei diversi ponti, financo dal palazzo, emersero una quarantina di uomini, tutti cinesi, bardati da grosse e spesse catafratte e calzanti elmi che coprivano loro completamente la testa, armati di lunghe lance di bambù dalla punta metallica, che li circondarono da ogni lato, gridando e tagliando loro qualsiasi via di ritirata.
   Jones, scrutandoli con occhi duri, si arrestò di colpo, con Wu Han al fianco, senza farsi prendere dal panico, anzi analizzando rapidamente la loro situazione: aveva con sé il revolver, che poteva sparare sei colpi; parecchie munizioni di scorta le teneva nella borsa. Anche Wu Han era armato, con una Mauser da dodici colpi, ed anch’egli doveva avere con sé delle cartucce di riserva. Tuttavia, i nemici erano parecchi e le loro armature potevano forse resistere ad un proiettile, anche se di questa cosa l’archeologo dubitava grandemente; ciò che lo preoccupava, invece, erano le lunghe lance dei cinesi. Con uno spiedo del genere, avrebbero potuto infilzarli entrambi da parte a parte nel giro di pochi istanti. Insomma, la resistenza sarebbe stata vana ed avrebbe certamente decretato la loro fine. Fingere di arrendersi, invece, avrebbe significato qualche maggiore possibilità di fuga, in seguito.
   «Indy, che facciamo? Non possiamo batterci» gli mormorò Wu Han all’orecchio, quasi gli avesse letto nel pensiero.
   «No, sono troppi anche per noi» rispose rapidamente l’avventuriero. «Vediamo di riuscire a farci condurre da Kai. Sarà un grande passo avanti.»
   «Purché non decidano di finirci qui sul selciato, lanciandoci addosso le loro dannate lance.»
   A questa cosa, Indiana Jones non aveva pensato. Ma dovevano correre il rischio. D’altra parte, era ormai abbastanza abituato ad essere catturato da nemici che, prima di ucciderlo, o almeno di provare a farlo, se lo facevano condurre dinnanzi, per sbeffeggiarlo, provare a indurlo a passare dalla propria parte od altre cose del genere.
   «I cattivi sono sempre prevedibilmente uguali ed altrettanto stupidi» rifletté con una certa ironia.
   Nel frattempo, uno dei soldati, probabilmente un ufficiale, a giudicare dalla catafratta più abilmente cesellata e dal mantello nero che indossava, si era staccato dal gruppo e si era fatto loro incontro, urlando parole che nessuno dei due riusciva a comprendere: conoscendo entrambi la lingua cinese, però, sia Wu Han sia Indiana Jones immaginarono che dovesse trattarsi di un qualche antico dialetto sviluppatosi a Penglai.
   I gesti dell’uomo, nonostante le parole oscure, erano piuttosto eloquenti: con una mano, li invitava, o meglio li obbligava, a seguirlo, segno che voleva condurli in qualche luogo. Jones, con il capo, accennò un segno affermativo, perciò i guerrieri si misero in formazione, creando un quadrato così compatto di armi ed armature attorno ai due prigionieri da non lasciare loro neppure una minima possibilità per provare a darsela a gambe. Tale era la loro sicurezza, che non si curarono neppure di perquisirli per togliere loro le armi.
   Ad un cenno dell’ufficiale, la compatta colonna si mise in marcia, avanzando verso la scalinata che conduceva alle porte del palazzo.
   «Dove ci staranno conducendo?» chiese Wu Han con inquietudine.
   «Dai nostri fanatici amici cinesi e tedeschi, suppongo» rispose Jones, prima che l’ufficiale urlasse al loro indirizzo una parola sconosciuta, ma che doveva risultare certamente come un’intimazione a mantenere il silenzio. E, per non irritarlo, i due uomini si guardarono bene dall’aggiungere altro.
   Furono condotti all’apice della scalinata e, da lì, dentro il palazzo; alle proprie spalle, Jones udì i grossi portoni venire richiusi e sigillati a tripla mandata. Si trovavano, adesso, in un lungo corridoio circondato da pareti rivestite di legno finemente intagliato e decorato, sebbene all’archeologo risultasse difficile notare i particolari, a causa della marea di ferro che lo circondava.
   «Brutta situazione, Cristo santo!» pensò. «Quasi peggio di quella volta in Madagascar.»
   Alla fine, dopo aver percorso lunghi corridoi ed aver salito e sceso diverse rampe di scale, compiendo un percorso che nessuno dei due sarebbe stato in grado di tenere a mente neppure se avessero avuto un’ampia visuale tutt’attorno, vennero fatti entrare in una grande sala, ornata da enormi statue di draghi rossi e neri e dalle pareti ricoperte di stucchi e disegni rifiniti in oro ed altri metalli preziosi.
   Qui, i soldati si schierarono tutti in riga alle spalle dei due prigionieri, che così poterono osservare la scena dinnanzi a sé: seduto sopra un trono, posto in cima ad un’alta pedana, c’era Kai, affiancato dalle due donne in abito tradizionale cinese con cui Jones aveva già avuto a che fare al Loto d’Oro di Hong Kong; poco più in là, in palese difficoltà nel trovarsi in un luogo tanto differente dalle caserme militari, dagli uffici e dagli accampamenti a cui era abituato, sedeva il maggiore Von Beck, il cui volto imbarazzato e deforme fu contratto dall’ira nel rivedere comparire la figura di Indiana Jones. E, seduta sulla gradinata, con ancora indosso l’abito da sera, ormai stracciato, c’era Mei Ying, che alzò su di loro uno sguardo indecifrabile.
   Kai, nel vederli, cominciò a ridere sguaiatamente, senza che nessuno si scomponesse nell’udire quella specie di latrati. Fu solamente quando ebbe terminato la propria risata da folle che il comandante delle guardie, inginocchiatosi, lo raggiunse, trascinandosi sui ginocchi fino all’alta pedana, e gli parlò nella lingua locale. Il capo della Triade del Drago Nero rispose rapidamente e l’uomo, sempre restando in ginocchio, fece dietrofront. Quando ebbe raggiunto i propri soldati, si rialzò in piedi e, con un ordine secco, li fece uscire dalla stanza, le cui porte furono poi richiuse.
   Adesso, Jones e Wu Han potevano fronteggiare i loro acerrimi nemici senza timore di essere assaliti alle spalle, almeno. L’archeologo si domandò se Kai fosse stato informato del fatto che nessuno avesse provveduto a disarmarli. Immaginò di no, altrimenti non avrebbe fatto allontanare con tanta leggerezza i soldati. Perlomeno, sperò che fosse così. Gettò un’occhiata a Wu Han ed intuì che i suoi medesimi pensieri, adesso, dovevano girargli nella mente.
   «I miei uomini mi dicono che vi hanno catturato mentre cercavate di raggiungere il mio palazzo» disse all’improvviso Kai, rompendo il silenzio carico di aspettative e di tensione che era calato sul gruppo di persone. «Ne sono impressionato. Mai un uomo mortale, prima d’oggi, ha osato avvicinarsi senza permesso alla sacra montagna di Penglai e restare impunito, figurarsi darne la scalata senza esserne sorpreso. Sono basito e ammirato dalla vostra audacia ed intraprendenza. Siete degni di essere ricordati per sempre nelle leggende e nelle storie che si raccontano riguardo a questa montagna.»
   «È sempre stato il nostro sogno, quello di diventare parte di un’opera letteraria, vero, Wu Han?» replicò Jones.
   «Poche storie!» tuonò in quel momento Von Beck, con voce rabbiosa ed impaziente. «Kai! Non mi importa quel che farà di quel cinese, lo faccia suo schiavo, lo butti da un dirupo, se lo mangi per colazione, se preferisce, ma voglio subito il cadavere di Jones ai miei piedi!»
   «Silenzio!» ordinò Kai, palesemente irritato, rivolgendosi verso il nazista. «Maggiore, anche se le ho permesso di seguirmi fin quassù, non tollererò che lei venga a dare ordini a me all’interno del mio palazzo, sulla mia montagna, per di più di fronte ai miei uomini!»
   «Ma quali uomini, se li ha fatti allontanare tutti!» replicò il maggiore. «Ebbene, se non intende agire lei, finirò il lavoro io stesso!»
   E si alzò in piedi, portando una mano alla fondina dove teneva rinchiusa una Luger. Jones e Wu Han, avendo entrambi le mani libere, erano pronti a reagire, ma prima ancora che potessero muovere un solo muscolo, fu Kai ad intervenire.
   «No!» gridò, alzandosi in piedi con rabbia. «Un’arma da fuoco non ha mai risuonato all’interno di questo sacro palazzo e non succederà certo adesso!»
   Fece un cenno alle due donne che lo affiancavano, le quali si alzarono immediatamente.
   «Jones e il suo amico moriranno a breve» sentenziò Kai. «Questo è il volere di Kong Tien, il divino protettore di Penglai, la montagna leggendaria. Saranno le mie spose-sorelle a celebrare l’esecuzione. Adesso.»
   Le due donne, sorridendo diabolicamente, cominciarono a discendere i gradini, dirette verso Jones e Wu Han, che si prepararono a riceverle con tutti gli onori che spettavano loro. Ma non avevano percorso che pochi passi che Mei Ying, fino a quel momento rimasta seduta ed immobile, come in una sorta di apatia, scattò come una molla e, con un calcio acrobatico, degno di una campionessa olimpionica, colpì una delle due donne in pieno viso, gettandola in avanti di parecchi metri. Subito, si buttò contro l’altra, colpendola con pugni e calci.
   Jones e Wu Han non aspettavano altro per agire a propria volta.
   L’archeologo balzò in avanti e, levatasi la frusta dalla cintura, la schioccò e l’arrotolò attorno al collo di Von Beck, che proprio in quel momento stava mettendo mano alla pistola, tirandolo poi verso di sé con violenza e colpendolo con un diretto in pieno viso.
   Kai, nel vedere tutto quello sconquasso, era rimasto immobile, quasi stupito; ma, più che la reazione di Jones e Wu Han, a lasciarlo di sasso sembrava essere stato l’assalto improvviso di Mei Ying contro le due donne. Il contrabbandiere, quindi, ne approfittò per corrergli incontro e  gettarglisi addosso, per tentare di buttarlo in terra; ma l’impresa risultò molto presto ben più ardua del previsto: a dispetto dell’aspetto non troppo possente, seppure fosse comunque molto alto, Kai doveva possedere una forza fuori dal comune, poiché parò con relativa facilità il pugno dell’avversario e, con una sola spinta, lo mandò a gambe all’aria, facendolo rotolare giù dal podio del trono. Dopodiché, iniziò a correre verso le porte, certamente per andare a invocare il soccorso dei guerrieri.
   Wu Han, scuotendo il capo per la botta ricevuta, però, si accorse della sua manovra, decidendo di doverlo fermare immediatamente, altrimenti la loro vita non avrebbe più avuto neppure il valore di una moneta falsa; rapidamente, estrasse la pistola, ma intuì che uno sparo avrebbe comportato troppo rumore, richiamando attenzioni sgradite dal resto del palazzo. Per cui, gettata un’occhiata alla parete più vicina e notato un porta spade di legno nel quale erano infilati diversi spadoni dalle lame affilatissime, vi si slanciò e, afferrata una delle armi, senza neppure prendere la mira, la scagliò nel vuoto, sperando che giungesse a destinazione. La micidiale arma roteò nello spazio, sempre più veloce, finché interruppe il proprio volo, andando a conficcarsi nella schiena di Kai, che atterrò pesantemente al suolo con un gemito di dolore, spandendo sangue ovunque. Sbarazzatosi del pericoloso avversario, Wu Han corse ad affrontare la donna atterrata da Mei Ying, che in quel momento si era riavuta e si era rialzata in piedi, intenzionata a correre a dare man forte alla sorella, ancora alla prese con la ragazza.
   Jones, nel frattempo, era impegnato in un duro corpo a corpo con Von Beck; il loro sembrava quasi un incontro di pugilato in cui, però, fosse lecito anche l’uso di calci, schiaffi e quant’altro a cui si potesse ricorrere pur di scalzare l’avversario. I due non si concedevano una pausa, colpendosi con tutte le loro forze. Pugni in faccia, calci nell’inguine e negli stinchi, qualunque cosa pur di avere la meglio. Ma nessuno dei due pareva voler cedere: Jones era guidato dalla convinzione che, fra tutti quelli presenti lì dentro, il nemico più formidabile fosse proprio il maggiore, e fosse molto meglio provare ad eliminarlo il prima possibile; d’altra parte, non avrebbe potuto concedergli un solo istante di tregua, perché l’altro avrebbe approfittato di qualsiasi istante a propria disposizione per riuscire a mettere mano alla pistola e sparargli a bruciapelo. D’altronde, Von Beck era mosso da un odio che non aveva mai provato, prima di allora, verso nessun altro essere umano; voleva schiacciare e distruggere ad ogni costo l’uomo che lo aveva sfigurato e più volte umiliato. Ormai, non gli importava più nulla, né del Cuore del Drago, né dei suoi superiori, nulla di nulla all’infuori dell’uccisione di Indiana Jones. Ed ogni volta che lo colpiva, allora, provava un vero godimento, un piacere personale nel vederlo incassare le sue botte. Ma doveva pure riconoscere che, quell’altro, non sembrava essere intenzionato a cedere, anzi pareva reagire sempre con maggiore forza a tutti i suoi colpi.
   Mei Ying, intanto, aveva atterrato la donna con cui aveva lottato fino a quel momento, una lotta dura ed acrobatica, degna dei migliori campioni di arti marziali. La gettò in terra ormai senza forze e le si avventò sopra, comprimendole violentemente lo stomaco con le ginocchia. Poi, con una presa micidiale, le serrò la gola in una stretta tremenda, soffocandola un poco per volta. Nello sguardo della donna atterrata apparve un folle terrore, la consapevolezza di essere prossima alla morte; tentò di agitare le braccia, di fermare la sua assassina, ma non le riuscì altro da fare se non di strapparle l’abito bianco e rosa, lasciandola praticamente nuda fino alla cintola. Mei Ying non si curò di nulla, ma continuò a stringere, con il viso contratto in una smorfia di sadica gioia. Alla fine, con un ultimo sussulto, la donna cinese, quella dall’abito verde, morì soffocata; solo allora, delicatamente, quasi accarezzandone la pelle color pesca, la ragazza la lasciò andare, sussurrando qualche cosa in cinese.
   Wu Han, nel frattempo, era impegnato a trattenere l’altra donna, quella dall’abito rosso; ma anch’essa, proprio come Kai, sembrava essere un osso troppo duro da rodere per il povero contrabbandiere, non certo abituato ed addestrato alle lotte libere, specialmente con persone che sembravano in grado di conoscere mosse segrete di grande abilità. Era riuscito ad afferrarla per le spalle ed a farla tornare a terra ma la donna, senza neppure sembrare sorpresa da quell’attacco, gli aveva sferrato un calcio proprio in mezzo alle gambe, lasciandolo senza fiato; ciò nonostante, era riuscito a sua volta a piantarle un forte pugno sul labbro, che si era spaccato. Al che, i due si erano avvinghiati in un corpo a corpo che, adesso, dopo un momento di iniziale parità, stava volgendo a sfavore dell’uomo, che sentiva di essere prossimo a venire sopraffatto dalla superiorità della donna. Pur reagendo con tutto se stesso, infatti, non pareva più in grado di reggere a quel durissimo combattimento. Era ormai sul punto di soccombere, quando la donna emise un grido e lasciò la presa, cadendo al suo fianco, priva di vita: una lama affilata le era penetrata nei polmoni e l’aveva trapassata, fino a spaccarle il cuore. Wu Han, lordo del sangue della donna, si rialzò di scatto in piedi, massaggiandosi le percosse, e vide Mei Ying che gli sorrideva, con la mano ancora stretta sull’impugnatura della spada che aveva preso da poco lontano. Lasciò andare la lama e gli si fece vicina, prendendogli le mani.
   «Wu Han» disse, con voce dolce. «Siete venuti fin quassù per salvarmi?»
   «Sì, anche se sei stata tu a salvare me…» borbottò l’uomo.
   Quindi, notando il vestito lacerato della ragazza, che ne lasciava nudi le spalle, il seno ed il ventre, con galanteria si sfilò il proprio giubbotto, rimanendo in camicia, perché lo indossasse, cosa che lei fece in tutta tranquillità, come se non la turbasse affatto rimanere in quelle condizioni di fronte al vecchio amico.
   «Ma tu hai ucciso Kai» gli rammentò lei. «Se non fosse stato per il tuo intervento, a quest’ora avrebbe allertato i suoi uomini e saremmo stati sopraffatti ed uccisi.»
   Il volto della ragazza si fece dolcissimo e, con deliberatamente lentezza, si avvicinò a quello di Wu Han, fino a baciarne le labbra. L’uomo rispose al bacio, dapprima timidamente, poi con vera e propria passione, abbracciandola e stringendola a sé con ardore. Fu solamente dopo qualche istante che i due, richiamati bruscamente alla realtà da un rumore sordo, si staccarono e si volsero per vedere che cosa stesse accadendo.
   Era accaduto che Jones, che aveva continuato a lottare con Von Beck, era infine riuscito, con un colpo secco, a fracassargli una spalla, facendolo cadere in ginocchio; e, mentre il tedesco si trovava dolente in questa posizione, l’archeologo, senza troppe cerimonie, gli aveva piantato un violento calcio nei denti, parecchi dei quali erano andati in frantumi, privandolo della coscienza e lasciandolo steso a terra. Prima di ricongiungersi agli altri due, voltando le spalle a Von Beck, volle mettersi al sicuro togliendogli la pistola ed infilandosela nella borsa a tracolla. Quindi, sistemando la frusta, che durante il combattimento era finita a terra, e riattaccandola al proprio posto, raggiunse i due amici al centro della sala. Indiana Jones non aveva un bell’aspetto: sudato, scompigliato, insanguinato, il cappello tutto storto. Eppure, incredibilmente, sulle sue labbra si allargava un ghigno quasi divertito.
   «Tutto bene?» domandò, asciugandosi con il dorso della mano il sangue che gli colava da una piccola ferita vicino al naso, procuratagli da Von Beck. «Quel dannato nazista sembrava essere fatto di pietra, ma gli ho dato il fatto suo, Cristo santo!»
   «Noi stiamo bene, ma solo per merito di Mei Ying» replicò Wu Han, stringendo delicatamente il braccio della ragazza. «Se non fosse stato per lei, a quest’ora sarei probabilmente morto.»
   «Dottor Jones» disse la giovane, rivolgendosi all’archeologo. «Non avrei mai creduto di poterla rivedere spuntare fuori proprio qui. Pare che tutti, dai nazisti alla Triade del Drago Nero, ed io stessa, abbiano sottovalutato le sue reali capacità.»
   «Lo dico sempre, bellezza: la gente sbaglia tutto, nei miei riguardi» confermò Jones.
   «Ed ora che ci siamo liberati di tutta questa gentaglia, che facciamo?» domandò Wu Han.
   «Lasciamo che sia la nostra amica a condurci fuori da questa trappola» rispose Jones. «Tu conosci la strada, dico bene, dolcezza?»
   «So come fare ad andarmene senza essere scoperta, sì» rispose Mei Ying. «Ma prima di andarcene, dottor Jones, dobbiamo recuperare lo Specchio dei Sogni, è fondamentale.»
   «Ascolta, bellezza… diglielo anche tu, Wu Han… siamo venuti fin qui per toglierti dai guai, e quindi chi se ne importa, di quel dannato specchietto. Dobbiamo toglierci di torno il prima possibile, se non vogliamo finire appesi a qualche macchinario di tortura.»
   «Lo Specchio, dottor Jones; prima quello. Le ribadisco che non ce ne andremo da qui, senza averlo recuperato. Se lei e Wu Han vorrete andarvene, facciate pure: vi sarò per sempre grata per essere venuti ad aiutarmi. Ma io non lascerò Penglai senza prima essermene impossessata.»
   «Così facendo, ci metteresti in un bel vicolo cieco» constatò Wu Han.
   «Già, perché l’unica via che noi conosciamo è quella della funicolare, il che ci porterebbe dritti in bocca ai nazisti del piano di sotto e la nostra fuga finirebbe prima ancora di avere avuto inizio» brontolò l’archeologo.
   «Esatto, dottor Jones» disse la ragazza, con un sorriso radioso. «Il che vuole dire, quindi, che voi due dovrete venire con me, se vorrete riuscire ad andarvene di qui sani e salvi. A proposito, spero che abbiate un’imbarcazione, per prendere il largo.»
   «I miei fratelli torneranno a prenderci all’ora prestabilita, appena dopo il tramonto, quando si sarà fatto buio» le spiegò Wu Han.
   «Non è ancora l’alba, quindi abbiamo tutto il tempo che ci occorre, a disposizione» disse lei. «State tranquilli: ce ne andremo di qui tutti insieme, vivi e vegeti, e con lo Specchio dei Sogni.»
   Jones non aveva mai veduto tanta ostinazione in una sola donna; e dire che gli era capitato di avere appuntamento con donne decisamente testarde nel rifiutare qualsiasi sua proposta. Ma, adesso, la cosa era diversa, assecondare la ragazza avrebbe significato rischiare di andare a ficcarsi in guai ben più grossi di quelli avuti fino a quel momento. D’altra parte, non poteva neppure pensare di darle una botta in testa e caricarsela in spalle perché, altrimenti, chi avrebbe insegnato loro la strada per andarsene da lì? Comprese di non avere alcun ascendente, su quella donna. Sperò che, almeno, potesse riuscire Wu Han, con cui lei sembrava avere un rapporto molto migliore che con l’archeologo, a convincerla che sarebbe stata solamente un’inutile perdita di tempo quella del recupero dello Specchio dei Sogni.
   In quel momento, però, i tre furono distratti dalla loro discussione da una flebile risata proveniente dal fondo della sala; si volsero di scatto e videro che Kai, ancora vivo, sebbene con la lama profondamente conficcata nella schiena ed il viso quasi esangue, era riuscito a trascinarsi presso quella che sembrava essere una grossa leva di legno.
   «Ah ah ah…» rise debolmente l’uomo. «Arrivederci all’inferno…»
   E, allungata la mano, prima ancora che Jones, che aveva prontamente afferrato la pistola di Von Beck, potesse prendere la mira, agguantò la leva e la trasse con un sommo sforzo verso di sé, rimanendo poi immobile sulle fredde lastre di pietra dell’impiantito.
   Invece, proprio nel centro della sala, dove si trovavano Jones, Wu Han e Mei Ying, il pavimento, come se fosse stato una grossa botola, cedette all’improvviso sotto i loro piedi, ed i tre cominciarono a precipitare nel vuoto e nell’oscurità.
   
 
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