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Autore: _Joanna_    17/08/2017    2 recensioni
Fan fiction ambientata durante la II guerra magica.
Una nuova minaccia si allunga su tutto il mondo magico, ancora più terribile di quella rappresentata da Lord Voldemort, che al momento regna quasi indisturbato, con l'unico intento di porre fine una volta per tutte alla vita del Ragazzo-che-è-Sopravvissuto.
Ma le cose stanno per cambiare: un nuovo personaggio entrerà in scena nella lotta per il potere e per la libertà.
Sarà forse uno dei nuovi servi del potente mago oscuro a rivoltarsi contro il suo padrone? E a cosa sarà disposto a rinunciare Voldemort pur di salvarsi?
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Avvertimento: è tutto "lievemente" OOC
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Nuovo personaggio, Tom Riddle/Voldermort, Un po' tutti | Coppie: Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo, Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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5.5
Angolo Autrice

Salve a tutti, eccomi qui con un nuovo capitolo :)
Vi anticipo già, e mi scuso per questo, che il capitolo sarà prettamente di transizione, succederanno delle cose importanti, ma non sarà denso di azione; spero comunque che vi piaccia e vi aspetto tutti nei commenti, ogni critica è bene accetta, specilamente in capitoli come questi di cui non sono sicurissima .

Un GRAZIE a tutto coloro che seguono la mia storia e un ringraziamento particolare a blackjessamine, marthalestrange e Angela_Potter che sono state tanto gentili da lasciare una recensione.

_Jo

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Capitolo IV
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Bad News











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Erano passate due settimane da quando avevano trovato Voldemort, ferito e moribondo, tra i resti del piccolo villaggio di Oxen. Lo avevano portato a Grimmauld Place, lo avevano curato e rifocillato, non per pietà verso di lui, ma per avere delle risposte.
Fino a quel momento però, non avevano avuto fortuna.
L’autore di quel massacro continuava a rimanere ignoto e non c’era stato nessun sostanziale cambiamento nella guerra che continuava a infuriare crudele e incessante. Anzi, pareva che l’improvvisa scomparsa di Voldemort fosse passata completamente inosservata.
Quanto al mago che aveva cercato di uccidere Voldemort, chiunque egli fosse, non sembrava essere intenzionato a rivelarsi.
Voldemort, d’altro canto, non era da meno in materia di rivelazioni.
Non aveva detto loro niente e il suo mutismo non dava segni di cedimento.
Dopo la loro prima, breve chiacchierata, Harry era tornato più volte a fare visita al suo nemico, ma questi non gli aveva più rivolto la parola. Se ne restava sdraiato nel suo letto, oppure seduto sulla vecchia sedia traballante o in piedi davanti alla piccola finestra sporca, senza mai degnarlo di uno sguardo.
Una volta Harry si era arrischiato a rimanere in quella stanza per più di un’ora, ben oltre il limite ragionevole di permanenza, senza comunque riuscire a suscitare in lui la minima reazione.
Le sue visite si erano fatte tanto frequenti quanto brevi, fino a quando, stanco di sopportare quei silenzi tesi e snervanti, aveva deciso di smettere. Erano tre giorni che non andava di sopra e, ripensandoci, Harry aveva la sgradevole sensazione di aver fatto esattamente quello che Voldemort voleva.
«Scendiamo?» chiese Ron dall’altra parte della camera che condividevano, distogliendo Harry dai suoi pensieri.
La signora Weasley aveva già preparato un’ottima colazione per tutti e aveva mandato prima Hermione e poi Ginny a chiamarli. Sentendo dei passi sul corridoio, Harry agguantò un paio di jeans, finì di cambiarsi e scese in cucina con Ron e Ginny, che era venuta a chiamarli di nuovo.
I signori Weasley, Hermione e Remus stavano commentando le notizie del giorno, o meglio, le non notizie, come Harry constatò scorrendo velocemente la prima pagina della Gazzetta del Profeta.
Si servì di un’abbondante porzione di porridge e ritornò a concentrarsi su Voldemort: doveva trovare al più presto una soluzione.
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° ° °
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Era già mattino inoltrato quando Severus riuscì finalmente a congedarsi dal suo sconveniente compagno.
Si Materializzò subito a Grimmauld Place e trovò i suoi abitanti immersi in una delle loro solite discussioni che, come sempre, non avrebbero portato a niente.
«Vieni Severus, è avanzato sicuramente qualcosa dalla colazione» stava dicendo Molly Weasley, che lo aveva accolto all’ingresso.
Ma lui non aveva fame di cibo, ma di parole. Doveva immediatamente riferire quello che aveva scoperto, anche se, lo sapeva, a qualcuno non sarebbe andato a genio il modo in cui aveva ottenuto quelle informazioni.
Prese posto in una delle sedie della cucina, quindi interruppe Remus e Hermione che, come al solito, non sembravano intendersi riguardo la questione dei Lupi Mannari.
«Qualche novità, Severus?» chiese Molly.
Annuì e, dopo un momento, prese a raccontare.
«Ho ricevuto una lettera da Lucius, sembrava preoccupato e diceva di avere delle informazioni che, secondo lui, avrebbero potuto essermi utili» esordì, studiando poi attentamente i volti dei suoi interlocutori. Harry, Remus e Arthur rimasero in silenzio, Hermione esibì un’espressione scioccata, mentre Ron e sua madre si lasciarono andare all’indignazione.
«Malfoy?» esclamò quindi Molly, sputando letteralmente fuori il nome.
«Sì, Malfoy» replicò Severus tranquillo «Aveva delle informazioni e in cambio sperava che io potessi dargli qualche delucidazione, diciamo, sulle attuali condizioni del Signore Oscuro.
   «Naturalmente gli ho detto che non ne avevo idea, ma sembrava troppo spaventato per deludersene. Pare che un mago, qualcuno dell’esercito del Signore Oscuro, abbia preso il controllo del Ministero, invitando i seguaci del Signore Oscuro a unirsi a lui»
«Deve trattarsi dello stesso mago che ha aggredito Voi-Sapete-Chi» constatò Remus.
«È probabile» concordò Severus, prima di continuare «Lucius mi ha detto che metà dei Mangiamorte hanno già risposto alla chiamata. Yaxley, Travers, Rowle, Roockwood e i Carrow si sono uniti a lui e molto presto lo faranno anche Greyback e suoi Mannari. Molti dei Dissennatori sono propensi a fare lo stesso e quanto ai Ghermidori, a loro non è mai importato nulla di Voldemort e non penso che se ne interesseranno adesso che è scomparso. Minus e Macnair avevano intenzione di fuggire, quanto a Bellatrix, nessuno sa che fine abbia fatto» concluse Severus.
Per un po’ nessuno parlò, tutti avevano assorbito la moltitudine di informazioni e ora stavano cercando di afferrarne le implicazioni.
«Quindi abbiamo a che fare con un altro Signore Oscuro?» disse Hermione, dando voce alla domanda che tormentava Severus da quando aveva lasciato Malfoy.
«Non saprei, pare che molti al Ministero vedano la cosa con favore. Le persecuzioni ai danni dei Nati Babbani si sono arrestate, anche se rimane l’obbligo di dichiarare il proprio stato di sangue e il divieto per i Nati Babbani di possedere bacchette e altri oggetti magici» proseguì Severus «Ma Lucius è certo che non sarà finita qui. Molti oppositori del Signore Oscuro vedono questo nuovo signore con favore, lo credono una sorta di liberatore, pensano che abbia sconfitto il Signore Oscuro, ma ovviamente continuano ad avere paura. Per questo la Gazzetta del Profeta non dice nulla, nessuno sa che cosa sia successo; né Harry, né nessuno di quelli che combattono apertamente contro il Signore Oscuro si è fatto vedere al Ministero e finché non avranno la prova che il Signore Oscuro …» stava dicendo Severus, ma venne interrotto da Ron che esclamò «Potresti piantarla di ripetere “Il Signore Oscuro”? I Mangiamorte lo chiamano così, è irritante»
Severus lo ignorò, ma prima che potesse continuare, Harry prese la parola per la prima volta «Credo che dovremmo dirlo a Voldemort» disse «Se qualcuno sta cercando di prendere il suo posto, questo fatto lo manderà su tutte le furie e potrebbe decidersi a parlare»
«O magari potrebbe tentare di fuggire» ribatté Hermione
«Bé, che senso ha tenerlo qui allora?» disse Harry calmo «Ogni giorno diventa sempre più rischioso, quindi o lo lasciamo andare o …»
«Lo uccidiamo» completò Ron «Che è quello che avremmo dovuto fare subito»
«Ma lui deve sapere chi è questo nuovo capo» esclamò Harry «E il fatto che stia chiamando a raccolta i vecchi seguaci di Voldemort non mi fa pensare a nulla di buono. Non credo che sia nostro amico, altrimenti perché restare nell’ombra? Sta raccogliendo le forze, approfittando della confusione che c’è al momento e se non ci muoviamo adesso sarà troppo tardi. Avevamo un vantaggio e lo stiamo perdendo ogni secondo che passa» concluse, cominciando a passeggiare su e giù per la cucina.
«Se posso, vorrei esprimere il mio modesto parere» disse una voce calma e misurata. Tutti la riconobbero e si voltarono a guardare il ritratto di Silente che li osservava dalla mensola sul caminetto.
Severus aveva visto la cornice vuota quando era entrato, ma aveva avvertito su di sé lo sguardo azzurro del preside non appena si era voltato.
«Credo che Harry abbia ragione» proseguì Silente «E penso sia giunta l’ora che io faccia una chiacchierata con il nostro ospite»
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° ° °
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Era rimasto davanti alla finestra per ore, osservando il cielo scuro tingersi di rosa e di giallo, finché sottili lame di luce opaca non avevano illuminato il piccolo locale nel quale era stato confinato.
Ancora non ci credeva: lui, il grande Lord Voldemort, era stato tradito da uno dei suoi servi e ora si trovava prigioniero di Potter e della sua banda di eroi idioti. Era una situazione decisamente umiliante.
L’unica consolazione era stata constatare quanto i discorsi di Silente sull’Amore avevano fatto presa su Potter: avrebbero dovuto ucciderlo, ma non l’avevano ancora fatto e Voldemort era certo che non sarebbe mai successo.
Non che gli importasse granché di essere ucciso, in effetti; aveva preso le sue precauzioni in merito già da tempo.
Tuttavia, non poteva fare a meno di chiedersi se anche questa volta qualcuno sarebbe andato a cercarlo. I suoi Mangiamorte dovevano crederlo morto ormai, forse si erano già uniti al traditore o, magari, erano tornati a strisciare nell'ombra del Ministero, spergiurando di non aver mai avuto a che fare con il Signore Oscuro.
Ma non poteva saperlo con certezza: di quanto stesse accadendo all’esterno, Voldemort non aveva alcuna notizia.
Malgrado Potter fosse venuto da lui ogni giorno, non aveva fatto altro che porgergli sempre le stesse, inutili domande, a cui lui non aveva risposto. Durante quelle visite, infatti, aveva un’unica preoccupazione: evadere. Cercava di scorgere un punto debole, qualcosa che avrebbe potuto consentirgli di fuggire, ma aveva dovuto ammettere che non sarebbe stato così facile come si era aspettato: gli incantesimi erano potenti e lui era senza bacchetta.
Tuttavia, adesso un’altra inquietudine si era fatta strada dentro di lui: erano tre giorni che non vedeva anima viva.
Gli stessi incantesimi che gli impedivano di fuggire escludevano anche i suoni, le emozioni, ogni minima vibrazione all’interno della casa e per quanto si concentrasse non riusciva a percepire niente. In effetti, per quel che ne sapeva, in quella dimora sconosciuta poteva essere rimasto solamente lui.
Ora era seduto sul bordo del letto, lo sguardo basso e vuoto, mentre le pallide dita bianche contorcevano senza posa alcune pagliuzze. Gli mancava stringere tra le mani il legno caldo della sua bacchetta.
Gli sembrava di essere tornato in quel tetro orfanotrofio Babbano, dove aveva passato i primi undici anni della sua vita. A quei tempi portava ancora il sudicio nome di suo padre e non sapeva di essere un mago. Ma almeno allora c’era qualcosa da fare, bambinetti insignificanti da torturare e soprattutto poteva controllare e servirsi delle sue fidate serpi.
Sperò che Nagini fosse riuscita a scappare. Non gli piaceva affatto l’idea che un pezzo della sua preziosissima anima potesse andarsene a zonzo per il Paese senza il suo controllo, ma di certo la preferiva alla possibilità che questa potesse essere stata distrutta.
Odiava quella sensazione, detestava essere incerto o irrequieto. Fin da quando aveva messo piede a Hogwarts si era sempre curato di essere costantemente al corrente e sicuro di tutto. E adesso invece ignorava e dubitava.
Un rumore improvviso lo destò dalle sue preoccupazioni. Dopo giorni, quello era il primo suono che udiva, oltre al suo respiro e al leggero echeggiare dei suoi stessi passi.
Poteva percepire gli incantesimi che venivano sciolti, poi la porta si aprì.
Potter comparve sulla soglia. Aveva la bacchetta sguainata e sotto il braccio sinistro reggeva qualcosa di piatto e voluminoso.
Suo malgrado, Voldemort non riuscì a non essere incuriosito.
Potter intanto era entrato, si era richiuso la porta alle spalle e procedeva verso di lui; la bacchetta, sempre puntata nella sua direzione, sprizzava scintille rosse e dorate. Che percepisse il pericolo, o, forse, la presenza del proprietario della sua gemella?
L’oggetto rettangolare era stato sistemato sulla vecchia sedia di legno, sotto la finestra dai vetri sudici, e finalmente Voldemort poté vederlo chiaramente: era il ritratto di Silente che, comodamente seduto sulla sua morbida poltrona dipinta, lo osservava attraverso gli occhiali a mezzaluna.
Potter si sistemò in piedi accanto alla sedia, senza dire una parola.
«Buonasera, Tom» disse il vecchio mago.
Voldemort non represse un’espressione di disgusto: detestava quel nome, così banale, così sporco.
«Silente» disse sprezzante rivolto al viso rugoso del suo antico rivale. Era morto, ucciso per suo ordine, eppure continuava a tormentarlo.
«Abbiamo delle novità che potrebbero interessarti» esordì Silente, ma prima che potesse continuare, Voldemort lo interruppe. Se prima era stato deciso a mostrarsi indifferente e distaccato, ora sentiva l’odio e la frustrazione montare dentro di lui. Non aveva intenzione di stare a sentire quel vecchio rimbambito e defunto e il suo ragazzo prodigio.
«Ascoltami, Tom» disse Silente, cercando di placare la sua ira.
«Non chiamarmi così!» protestò lui «Quello non è più il mio nome. Non ho intenzione di ascoltarti, niente che tu possa dirmi potrebbe avere un qualche interesse per me. Sono finiti i tempi in cui io ero lo studente e tu il professore. Adesso io sono Lord Voldemort, il più grande mago oscuro mai esistito e tu sei morto»
«È vero» concesse l’ex-preside dalla sua cornice «Ma devo contraddirti. Non sei più tu il mago che tutto il Paese teme. E tu sai di chi parlo»
Voldemort non voleva ascoltare, ma quella poteva essere la sua unica occasione di sapere che cosa stava succedendo. Dov’erano i suoi Mangiamorte? Che cosa stavano facendo? E che n’era stato di quel piccolo, sudicio traditore di Murphy? Improvvisamente, però, capì che forse né Silente, né tantomeno quella banda di ragazzini sciocchi e disgustosi ibridi, sapeva di Murphy.

     Voldemort aveva accolto con qualche riserva il suo spirito di iniziativa, preferiva essere lui quello che decideva e che dava ordini, ma una spia, una serpe in seno ai suoi più tenaci oppositori, era stata un’occasione troppo ghiotta per farsela scappare.

Avrebbe dovuto capirlo, però. La sua ultima spia, Piton, lo aveva clamorosamente tradito. Con Murphy aveva fatto lo stesso errore, aveva contato sulla fedeltà assoluta del suo servo e le conseguenze erano state terribili. Non sarebbe successo mai più, si era ripromesso.

     «Forse» concesse alla fine e Silente sembrò soddisfatto.
«Ha preso lui il potere, controlla gran parte del tuo esercito e i Mangiamorte che non ha ucciso ora sono passati al suo servizio» spiegò.
Per un lungo momento nessuno parlò. Potter era rimasto in silenzio per tutto il tempo, spostando lo sguardo nervoso ora sul suo mentore, ora su di lui.
«E di chi è la colpa?» disse Voldemort, rompendo quell’attimo di quiete surreale. Stava parlando più a se stesso in realtà e non notò le reazioni dei due.
Aveva perso tutto, di nuovo, e ancora una volta c’era di mezzo quel maledetto Harry Potter.
Contrasse le dita, serrando i pugni, tanto che le nocche pallide divennero livide. Il pavimento della piccola stanza tremò e così fecero le pareti e il soffitto. I vetri della finestra sudicia vibrarono violentemente fino a frantumarsi. Vide il Ragazzo Sopravvissuto chinarsi verso il dipinto, ma non udì quello stava dicendo.
Forse era spaventato? Se era così, ne aveva tutte le ragioni.
Sentì qualcuno bussare violentemente alla porta, urla e grida, ma Voldemort concentrò tutto il suo potere per respingerli. Non gli serviva una bacchetta per uccidere. Ma una bacchetta c'era, era davanti a lui, stretta nel pugno del suo nemico, così simile a quella che lo aveva scelto tanti anni prima. Sprizzava scintille di mille colori, vibrava e sembrava impazzita.
«Lord Voldemort, ora basta!» tuonò Silente e la sua voce gli giunse da molto lontano. Poi un singolo lampo di luce dorata partì dalla bacchetta di Potter, colpendolo in pieno petto. Non gli fece male, ma sembrò prosciugargli ogni riserva di energia.
Un po' spossato, decise di rimettersi a sedere.
Controllo e freddezza, si disse. Nonostante non avesse capito bene che cosa era successo, sapeva che avrebbe comunque potuto uccidere Potter in qualsiasi momento, ma sapeva anche che non avrebbe risolto niente.

Il suo esercito non esisteva più e una piccola parte di lui aveva cominciato a sussurragli maligna che neanche i suoi più fidati Mangiamorte sarebbero stati felici di rivederlo. Forse Bellatrix e i fratelli Lestrange, ammesso che fossero ancora vivi.
Con uno sforzo immenso, decise di ricomporsi.
«Dicevamo, questo signore ha preso il potere e abbiamo ragione di credere che non sarà più bendisposto nei nostro confronti di quanto non lo sia stato nei tuoi» riprese Silente.
Potter era ancora accanto a lui, ma sembrava meno nervoso di quanto non lo fosse stato prima del suo accesso di rabbia.
«Ebbene?» chiese Voldemort. Erano arrivati al nocciolo della questione, il motivo per cui erano venuti a parlargli.
«Devi dirci chi è questa persona, da dove viene, che cosa fa, ogni dettaglio che riesci a ricordare» disse il vecchio con semplicità.
«Devo?» esclamò Voldemort, scoppiando in una risata fredda e senza gioia.
«Sì, devi» rispose con calma Silente «Harry ti ha salvato la vita, sei in debito con lui, molto più di quanto lo fossi stato già prima comunque»
«E che cosa otterrei in cambio?» chiese di nuovo. Voleva godersi quel momento, capire fini a che punto i suoi nemici fossero disperati.
Potter stava per rispondere, ma ancora una volta fu Silente a parlare «Nulla. Se ci aiuterai in futuro però, potremmo concederti un trattamento più morbido» disse, il disgusto che grondava da ogni parola mentre lo scrutava con sguardo freddo e penetrante.
«D’accordo» risolse infine Voldemort. Non c’era niente di male a metterli sulle tracce del mago che aveva osato tradirlo. Si sarebbero scannati a vicenda e nel frattempo lui sarebbe rimasto a guardare, preparandosi per il suo trionfale ritorno.
«Si chiama Killian Murphy, è un giovane di circa vent’anni e non è di queste parti» cominciò a dire, poi, sfoderando un ghigno malefico aggiunse «E l’ho infiltrato tra i vostri ranghi».
 

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Piccola riflessione dell'autrice

Stavo scrivendo il capitolo oggi e in sottofondo alla TV sentivo gli aggiornamenti di quanto stava accadendo a Barcellona. Sono andata avanti a scrivere, anche perchè non è che potessi fare granché da chilometri di distanza, ma sinceramente mi sono chiesta se fosse il caso di pubblicare il capitolo. Questa è una storia che parla di guerra, con tutto il dolore e la paura che una guerra si trascina dietro, e noi siamo qui che "sguazziamo" in queste tematiche, parlando attraverso personaggi inventati di cose tremendamente reali. Voldemort è la personificazione del male, una delle tante, che si usa per esorcizzare il male reale, quello di Barcellona oggi, di Londra e Parigi ieri (mi riferisco solo ai fatti "eclatanti" non è questo il luogo per aprire un dibattito etico o geopolitico o altro).

Lo so, non sono nessuno, per carità, ma me lo sono chiesta comunque. E ho deciso che non sarebbe servito a niente rimandare la pubblicazione, non solo perchè tanto non frega a nessuno, ma perchè è quello che vogliono loro, le persone malvagie di ogni Paese, lingua e colore: porre fine a una vita, materialmente e metaforicamente; vogliono che la gente abbia paura e smetta di vivere e fare le cose che ama. E io non ci sto.

Non è un gran pensiero e non ho di certo scoperto l'acqua calda, ma ci tenevo a esporlo.
Un abbraccio a tutti, specialmente a chi magari mi sta leggendo e ha conosciuto sulla sua pelle o su quella di un amico i fatti a cui ho fatto riferimento. Spero che non vediate la mia modesta riflessione come uno sproloquio privo di tatto, perché non era assolutamente questa la mia intenzione.

A presto,

_Jo

  
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