Capitolo
3
-
Ripetimi un’altra volta cos’è che
vorresti festeggiare? –
William
si strinse nelle spalle, le iridi blu cobalto che
luccicavano divertite al di sotto delle scomposte ciocche corvine.
-
Abbiamo davvero bisogno di un motivo valido per fare festa? –
-
Teoricamente sì. –
-
E in pratica? –
Erlend
ridacchiò, scuotendo la chioma color
dell’alabastro.
Era
inutile discutere con William quando si metteva in testa
di fare qualcosa, specialmente se si trattava di organizzare una festa.
Il
ragazzo americano davanti a loro sembrava pensarla
esattamente come lui, perché sorrise divertito.
-
Mi piace come ragioni. –
L’unico
che sembrava ancora scettico e faceva resistenza era
Nikolaj.
Erlend
aveva sempre pensato che il figlio di una star mondiale
del Quidditch fosse abituato a folleggiare ogni notte, ingurgitando
litri di
alcolici e spassandosela con ogni singola ragazza gli capitasse a tiro,
ma a
quanto pareva quel particolare stereotipo si applicava solo a una parte
dei
figli di gente famosa.
Nikolaj
Krum era infatti di una serietà a dir poco spaventosa
quando si trattava d’infrangere regole, alzare un
po’ il gomito, e comportarsi
da adolescente ribelle.
-
Coraggio, Krum, sciogliti un po’ – lo
esortò Jason,
inarcando un sopracciglio biondo e rivolgendogli un’occhiata
molto simile a una
tacita sfida.
-
I ragazzi di qui che ne pensano? –
-
Sono tutti d’accordo – replicò Erlend
all’istante.
Quando
aveva menzionato l’idea a Robert il Corvonero era
rimasto in silenzio per qualche minuto e alla fine aveva dato il suo
appoggio
alla cosa e annunciato che si sarebbe occupato lui di presentare la
cosa al
resto della scuola ospite nella migliore luce possibile.
Doveva
esserci riuscito alla grande, perché la voce si era
sparsa a una velocità incredibile e ormai sembrava non
esserci nessuno studente
dal quinto anno in su che non fosse a conoscenza della cosa.
-
Sarà divertente – aggiunse poi, con un sorriso a
trentadue
denti.
Durmstrang
faceva quello che decideva lui, non perché fossero
obbligati ma perché Krum veniva visto come un modello di
comportamento da fin
troppa gente per permettersi di ignorare le implicazioni di una sua
decisione.
-
D’accordo, ma non mi prenderò nessuna
responsabilità se le
cose dovessero degenerare – cedette alla fine il bulgaro.
-
Non degenereranno – assicurò William, con la
migliore delle
sue espressioni da angioletto innocente.
Sarebbe
stato convincente se Erlend non l’avesse conosciuto
come le sue tasche.
Una
festa con William Glacier finiva sempre con
il causare scandali, pettegolezzi che divenivano di
dominio pubblico, e qualche decina di studenti che si ubriacavano fino
a
svenire.
-
Perfetto, allora vado a confermare la cosa al resto del mio
gruppo –, concluse soddisfatto Jason, - Ci vediamo questa
sera, ragazzi. –
-
Vado anche io – asserì Nikolaj, rivolgendo un
rapido cenno
di saluto al quartetto.
Rimasti
soli, Erlend sentì lo sguardo di William su di sé.
Alzò
lo sguardo, accigliandosi.
-
Sì? –
-
Stai pensando a quello che penso io? –
Arricciò
le labbra in un sorrisetto ironico. – Che sei fuori
di testa? –
-
Oltre a quello -, rise, - intendevo l’altra cosa. –
-
Audrey? –
-
Audrey – confermò.
E
così la loro amica tornava a rivestire ufficialmente il
ruolo di importatrice abusiva di alcolici all’interno delle
mura scolastiche.
Nuova
scuola, stessa vecchia storia.
*
-
E mio fratello ha davvero dato il consenso a tutto questo? –
Zahra
era decisamente incredula.
Robert
non era un tipo noioso o puritano, ma allo stesso tempo
prendeva molto sul serio tutta la questione della carica da Caposcuola
e dei
doveri che ne derivavano.
Eppure
sembrava che l’arrivo delle delegazioni straniere
l’avesse
convinto a gettare ogni riserva alle spalle e trasformarsi
improvvisamente nel
grande anfitrione di quella che si prospettava una festa con la
“F” maiuscola.
-
Così dice Gabriel. Anche lui e Joseph ne erano sorpresi
–
confermò Tatiana.
Lilith,
seduta sul letto a baldacchino accanto a quello di
Zahra, smise di sfogliare la rivista di Quidditch e alzò lo
sguardo verso di
loro.
-
La festa sarebbe questa sera? –
-
Già. A quanto ho capito verrà organizzata nella
Stanza delle
necessità. –
Accigliata,
l’americana ripetè il nome di quel posto con tono
perplesso, spingendo le due ragazze a spiegare sia a lei che a
Charlotte di
cosa si trattasse.
-
È una stanza che compare solo se passi lì davanti
per tre
volte pensando intensamente al luogo che vuoi trovare una volta varcato
l’ingresso.
Si pensava che fosse andata distrutta durante la Battaglia di Hogwarts
della
Seconda guerra magica, ma a quanto pare tra i poteri della Stanza
c’è anche
quello di ripararsi da sola. –
-
E adesso avete capito perché è finita a Corvonero
– rise Zahra
davanti al tono professionale con il quale Tatiana si era messa a
illustrare le
circostanze che avevano portato alla scoperta di quella stanza
portentosa.
Charlotte
prese la parola, tormentandosi nervosamente le mani.
-
E non c’è il rischio che ci becchino? –
-
Un po’ di rischio c’è –,
ammise Tatiana, - ma non possono
certo darci più di una punizione. –
L’amica
non sembrava particolarmente convinta perciò Lilith le
diede una lieve e giocosa spintarella.
-
Coraggio, è l’ultima sera di libertà.
Domani annunceranno i
nomi dei campioni delle varie scuole e il Torneo comincerà
ufficialmente. Non
avremo altre occasioni per divertirci. –
Ancora
un po’ combattuta, Charlotte alla fine si ritrovò
ad
annuire.
L’entusiasmo
delle ragazze l’aveva contagiata.
Dopotutto
aveva deciso di candidarsi al Torneo per mettersi
alla prova e dimostrare di essere capace di essere coraggiosa e tosta
proprio
come chiunque altro.
E
una festa non era certo la sorte peggiore che le potesse
capitare, no?
*
Entrando
nella stanza del dormitorio Lenochka si ritrovò
davanti quella che aveva tutta l’aria di essere una boutique
di alta moda che
era improvvisamente esplosa e aveva deciso di travolgere con abiti,
trucchi,
scarpe e gioielli ogni singola porzione di spazio disponibile.
Tossicchiò,
attirando l’attenzione di una Constance più
schizzata del solito che si appoggiava a dosso in modo incessante un
abito dopo
l’altro, osservando il riflesso che le rimandava il gigante
specchio a figura
intera mordicchiandosi il labbro inferiore con l’aria di chi
stava valutando
una complessa opera d’arte dal valore inestimabile.
-
I ladri ci hanno svaligiato la stanza, è esplosa una bomba
oppure Constance ha semplicemente dato di matto e ha cominciato a
lanciare
abiti in giro? –
Helena
si strinse nelle spalle, richiudendo la boccetta d’inchiostro
che le era appena servita per ultimare il compito di Difesa Contro le
Arti
Oscure.
-
Personalmente trovo difficile capire se Constance sia
ammattita oppure no, è da quando la conosco che si comporta
come se fosse fuori
di testa. Quanto alla bomba, se fosse stato un qualche attentatore lo
avrei già
ingaggiato per farla fuori. E i ladri dubito che correrebbero mai il
rischio di
entrare qui dentro e incontrarla. Sarebbe capace di tagliare la gola a
qualcuno
se si avvicinasse a meno di un metro dalle sue scarpe nuove. –
La
bionda rivolse un’occhiata piccata all’indirizzo
delle due
compagne.
-
Molto divertenti. Risparmiatevi l’ironia e datevi una mossa,
tra un’ora comincia la festa. –
-
Appunto, tra un’ora.
Perché dovrei cominciare a prepararmi adesso? –
-
Perché -, fece per risponderle ma dopo averla osservata
dalla testa ai piedi decise di non dispensare ulteriori consigli di
stile
destinati a rimanere inascoltati, - ah … lasciamo perdere,
conoscendoti
metterai qualcosa tipo pantaloni di pelle di drago e stivaloni al
ginocchio con
una di quelle tue maglie a rete dall’aria molto goth.
–
-
Le mie magliette goth sono fantastiche – la
rimbeccò.
-
Certo, se solo lo stile goth non avesse smesso di andare di
moda qualcosa come millemila anni
fa.
–
Lenochka
alzò gli occhi al cielo.
Ed
ecco che c’erano di nuovo.
Doveva
davvero provare a intercedere con qualche potenza
superiore per chiederle di essere assegnata a un’altra stanza.
-
Io vado a farmi una doccia, cercate di non uccidervi mentre
sono sotto l’acqua. Mi seccherebbe arrivare tardi alla festa
perché devo dare
una mano ad occultare un cadavere – decretò, per
poi chiudersi la porta del
piccolo bagno personale alle spalle.
*
La
festa era un tripudio di musica, alcolici e gente che si
muoveva a passo di danza in coppia o da sola.
Sorseggiando
il suo drink, Marjorie smise di ascoltare Enea e Gabriel
che blateravano di chissà cosa e tornò a
concentrarsi sulla pista.
Socchiuse
gli occhi, muovendosi lentamente sul posto mentre
nella stanza risuonava una melodia a lei familiare.
Era
la sua canzone preferita.
Meditò
sull’idea di scendere in pista e scatenarsi, ma
l’idea
di danzare da sola non la convinceva del tutto.
Amava
divertirsi, ma a Beauxbatons lo faceva con i suoi amici
mentre lì sembrava che tutti fossero troppo presi nel vivere
il momento a mille
per mettersi a socializzare con persone che conoscevano già.
-
Indecisa sull’andare a ballare o meno? –
Si
voltò verso il ragazzo dai capelli biondi e gli occhi
azzurri che era vicino a lei.
Stringeva
a sua volta un drink tra le mani dalle dita
affusolate da pianista e aveva un luccichio divertito nello sguardo.
Era
uno dei ragazzi di Ilvermorny, ma non aveva la minima idea
di come si chiamasse.
-
Già, non mi piace ballare da sola. –
-
Non vorrai farmi credere che nessuno ti ha ancora invitata –
replicò.
In
effetti aveva perso il conto degli inviti che aveva
ricevuto fino a quel momento, ma li aveva declinati tutti.
Marjorie
era perfettamente consapevole di essere una bella
ragazza così come sapeva che la maggior parte dei ragazzi
quando parlavano con
lei vedeva solo un bel viso e un corpo seducente.
Nessuno
di loro si sarebbe mai preso la briga di conoscerla
davvero.
Era
solo una bella bambolina, non doveva essere
necessariamente una persona acuta e profonda.
Non
sopportava quel comportamento, perciò aveva declinato
garbatamente ogni invito.
-
Ho sempre rifiutato. –
-
Fammi indovinare, erano tutti dei completi idioti che
volevano solo provare a infilarsi nel tuo letto? –
Rise.
– Qualcosa del genere. –
Alzò
gli occhi al cielo. – Noi uomini sappiamo essere davvero
dei casi disperati quando ci mettiamo. Comunque, io sono Bentley.
–
Accettò
la mano che le porgeva, sentendo le gote arrossire
leggermente quando lo vide portare il dorso alle labbra e depositarvi
un lieve
bacio invece di limitarsi a stringerla.
-
Marjorie. –
-
Piacere di conoscerti, Marjorie. Che ne dici, accetti il mio
invito a ballare? Ti giuro che sono il tipo di ragazzo che preferisce
essere
corteggiato invece che corteggiare, quindi non devi temere che mi
approfitti di
te – ironizzò.
Ridendo
nuovamente, si ritrovò ad annuire ancora prima di
ponderare la cosa.
-
Perché no, andiamo in pista. –
*
Robert
si avvicinò all’improvvisato bancone bar al quale
Gabriel e Joseph chiacchieravano con Enea.
Stavano
discutendo di Quidditch e di tanto in tanto
abbozzavano qualche commento su questa o quella ragazza che reputavano
carina.
-
Credevo che fossi incollato ad Audrey, come mai da queste
parti? – lo accolse il Serpeverde.
-
Devo solo prendere qualcosa da bere. –
-
Vi siete prosciugati dei rispettivi liquidi corporei? –
ammiccò, malizioso.
Gabriel
ed Enea scoppiarono a ridere, dandosi di gomito.
Quei
tre dovevano aver bevuto decisamente più del dovuto; era
pronto a scommettere che entro la fine della serata si sarebbero
sentiti male e
sarebbe toccato a lui il duro compito di rimetterli tutti a letto.
Era
in momenti come quelli che detestava essere l’amico
responsabile del gruppo.
-
Farò finta di non aver capito l’insinuazione e me
ne andrò
ignorando lo stato in cui siete … vi faccio presente solo
che sono ancora le
dieci di sera. –
-
Stiamo bene – assicurò Gabriel.
L’ultima
volta che aveva sentito quelle parole era finito con
del vomito non suo sugli abiti e sulle scarpe, due migliori amici
completamente
ubriachi che non riuscivano nemmeno a mettere un piede davanti
all’altro, una
nottata passata a cercare di rimetterli in piedi e il soprannome
“Rob l’infermiere”
che gli era rimasto appiccato addosso per le settimane a seguire.
-
Non ho intenzione di farvi da baby sitter questa volta – li
informò.
-
D’accordo, papà –
ridacchiò Enea.
Fantastico.
Non
avrebbe avuto a che fare con due ubriachi perché quella
volta sarebbero stati tre.
Afferrò
i bicchieri per sé e Audrey e tornò dalla ragazza
che
era rimasta seduta sul divanetto.
Le
sedette accanto, porgendole il suo drink.
-
Hai l’aria preoccupata – osservò.
-
Gabriel, Joseph ed Enea sono completamente ubriachi e
indovina un po’ a chi toccherà stargli dietro?
–
Accarezzandogli
il dorso della mano, replicò: - Non pensarci. –
-
Fosse facile. –
-
Hai bisogno di qualcosa che ti distragga – asserì
la
francese con decisione, sporgendosi verso di lui e depositandogli un
bacio
sulle labbra.
Colto
di sorpresa, Robert ricambiò ancora prima di realizzare
che era effettivamente Audrey che stava baciando.
Qualcuno
da qualche parte doveva aver ascoltato le sue
preghiere.
E,
constatò, era proprio vero che le ragazze francesi
baciavano bene.
*
William
riaprì gli occhi venendo assalito all’istante
dalla
sensazione che dentro alla sua testa fosse in corso un vero e proprio
incontro
di boxe senza alcun esclusione di colpi.
Realizzò
a malapena che si trovava ancora nella Stanza delle
necessità e che la festa era finita da ore.
Lanciò
un’occhiata all’orologio che portava al polso.
Erano
quasi le otto, ciò significava che se si fosse dato una
mossa avrebbe potuto fare colazione prima di cominciare le lezioni.
Fece
per mettersi in piedi quando si rese conto di essere
mezzo nudo.
Si
chinò a raccogliere la camicia ai piedi del divanetto, per
poi chiudere la zip e allacciare la cintura di pelle.
Lasciò
vagare lo sguardo nella penombra, alla ricerca della
sagoma della persona con cui doveva aver passato la notte.
Sempre
ammesso che non se ne fosse già andata, ovviamente.
Individuò
una schiena pallida e decisamente maschile
acciambellata poco distante.
Avvicinandosi
verso il suo incontro occasionale, William
sgranò gli occhi.
-
Merda – mormorò con sentimento, osservando il
volto pallido
dalle ciglia nerissimi e la chioma biondo chiarissimo.
Doveva
esserci un’altra spiegazione logica al perché lui
ed
Erlend erano da soli nella stanza e per di più mezzi nudi
con l’aria di chi
aveva palesemente passato la nottata a fare sesso.
Il
fatto che fosse un ragazzo non era un problema, ma che
fosse il suo migliore amico lo era eccome.
Erlend
non era un dongiovanni, era un tipo da storia seria, i
flirt non lo interessavano.
Perciò,
malgrado l’alcool in circolo, se era venuto a letto
con lui era perché nutriva dei sentimenti nei suoi confronti
e non si trattava
semplicemente di attrazione fisica.
Quanto
a lui … Erlend era ovviamente un bel ragazzo, ma era
possibile che tra loro ci fosse più di un’amicizia?
Francamente
non ne aveva alcuna idea e in quel momento, con la
testa pulsante, fece l’unica cosa che reputò
saggia.
Finì
di vestirsi ed uscì dalla stanza stando attento a non
svegliarlo.
Non
era ancora il momento di affrontarlo, non prima di aver
chiarito le idee a riguardo.
Spazio
autrice:
Salve!
In
questo
capitolo si sono un po’ smosse le cose dal punto di vista
sentimentale e nel
caso di Will ed Erlend si sono anche decisamente complicate. Come
affronteranno
la cosa i due ragazzi? Lo scoprirete nel prossimo capitolo, in cui
verranno
anche annunciati i rappresentanti al Torneo per ogni scuola.
Detto
ciò, qualcuno di voi ha un nome per la ship Audrey/Robert?
Perché a me viene in
mente solo Robey.
Al
prossimo aggiornamento.
Stay
tuned.
XO
XO,
Mary