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Autore: IndianaJones25    23/08/2017    2 recensioni
Di ritorno da un’avventura a Ceylon, Indiana Jones può finalmente iniziare un nuovo anno accademico. Ma, proprio quando pensa che per qualche tempo le lezioni universitarie saranno la sua quotidianità, il celebre archeologo riceve un nuovo incarico: quello di ricostruire lo Specchio dei Sogni, l’unico oggetto in grado di condurre al Cuore del Drago, un antico artefatto che non deve cadere nelle mani sbagliate. Così, affiancato dal suo vecchio amico Wu Han e da un’affascinante e misteriosa ragazza, Jones si vedrà costretto a intraprendere un nuovo e rocambolesco viaggio attorno al mondo, in una corsa a ostacoli tra mille difficoltà e nemici senza scrupoli…
Genere: Avventura, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harold Oxley, Henry Walton Jones Jr., Marcus Brody, Wu Han
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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14 - L’IMPERATRICE DELLA CINA

   I sette uomini avanzarono in totale silenzio lungo un passaggio completamente rivestito di pietra, di cui si faceva parecchia fatica a riconoscere i dettagli a causa della profonda oscurità; dopo avere percorso una decina di metri, tuttavia, iniziarono a notare un chiarore, fino a quando raggiunsero un punto del corridoio in cui fu finalmente possibile vedere con nitidezza, in quanto gli uomini della Triade avevano acceso una serie di bracieri, posti lungo le pareti.
   Adesso, pur in mezzo al fumo ed alle scintille che si levavano da quelle rudimentali lampade ad olio, Indiana Jones poté far vagare lo sguardo lungo le pareti, adornate con bassorilievi e dipinti, tutti perfettamente conservati, raffiguranti immagini ed episodi della mitologia cinese. Tra le altre cose, riconobbe anche quella che doveva essere la rappresentazione della vita dell’imperatore, dalla sua nascita fino alla morte, passando attraverso le numerose guerre con cui era riuscito ad unificare la Cina sotto un’unica corona. Ad intervalli di dieci metri l’una dall’altra, su entrambi i lati del lungo corridoio, si ergevano statue di terracotta ad altezza naturale, raffiguranti guerrieri armati e dall’aria di volta in volta compassata oppure minacciosa; ciò che stuzzicava  maggiormente la fantasia dell’archeologo, nel guardarle, era il fatto che ciascuno di quegli antichi soldati fosse differente rispetto agli altri, come se gli antichi scultori cinesi avessero modellato quei monumenti a perfetta somiglianza dei veri soldati di Qin Shi Huang. Jones non riuscì a fare a meno di domandarsi se il suo sguardo si stesse incrociando con quello di persone realmente esistite in un’epoca ormai decisamente remota, quello di uomini scomparsi dalla faccia della Terra migliaia di anni addietro. Se avesse potuto concedersi il lusso di non proseguire, si sarebbe fermato ad analizzarle una ad una. Ma perché non aveva mai tempo a sua disposizione, specialmente in occasioni come quella?
   Il corridoio, la cui volta era di forma bombata e decorata, mentre il fondo era del tutto ricoperto di piastrelle in terracotta dipinta, procedeva delicatamente verso il basso; ad un certo punto, il gruppetto ne raggiunse il termine, dove esso si tramutava in una larga scalinata che scendeva ulteriormente in profondità, fino ad una sorta di anticamera, ornata da affreschi irriconoscibili sotto uno strato di muffa che li aveva ricoperti completamente, forse a causa di infiltrazioni d’acqua penetrate dall’alto del tumulo. L’anticamera, sul lato opposto, era chiusa da pesanti portoni di un metallo annerito dall’ossidazione, uno dei quali, certamente con grandi sforzi, era stato aperto. Jones osservò per alcuni istanti quel luogo, mantenendo ancora il silenzio che avevano osservato tutti quanti dal momento in cui erano penetrati nella tomba.
   Poi, rompendolo solamente per un istante, disse, a mezza voce: «Andiamo», facendo nel contempo segno agli altri di seguirlo.
   Discesero gli scalini di mattoni, viscidi di umidità ed a tratti decisamente sconnessi, facendo attenzione a non perdere l’equilibrio; una volta sul fondo della scala, Jones abbassò lo sguardo, per osservare il pavimento, ricoperto di melma: era completamente cosparso di impronte, segno che parecchie persone dovevano averlo calpestato di recente.
   Una serie di orme più minute rispetto alle altre, rammentò a Wu Han i piccoli piedi di Mei Ying. Il contrabbandiere, nonostante pochi istanti prima si fosse mostrato più che mai risoluto a fermare la ragazza ed a mettere fine ai suoi loschi piani, si sentiva adesso decisamente combattuto, stava rischiando di essere sopraffatto da una battaglia interiore e la sua risolutezza sembrava venire meno ad ogni passo: agire nel bene della Cina contro una donna sanguinaria e pronta a tutto, specialmente al tradimento, oppure cedere all’amore che ancora provava per lei? Non era una scelta facile e ciò lo stava devastando metro dopo metro.
   Dal canto suo, Jones non aveva alcun dubbio: Mei Ying andava bloccata ad ogni costo, sebbene gli dispiacesse doverla riconoscere come una traditrice. Ma, d’altro canto, era ormai abituato da una lunga esperienza a non fidarsi completamente che di poche persone; ed anche da parte di quelle sapeva che, da un momento all’altro, avrebbe potuto aspettarsi un repentino voltafaccia. Per esempio, Belloq, suo vecchio amico ed ora nemico giurato, era stato solamente la ciliegina sulla torta al culmine di una serie di inganni di cui Jones era stato vittima da parte di persone che credeva degne di fiducia; da quando, però, l’archeologo francese gli aveva mostrato il proprio vero volto, Indiana Jones aveva imparato una lezione che, dopo di allora, era divenuta fondamentale, salvandogli la vita parecchie volte, ossia quella di non fidarsi di nessuno, o quasi di nessuno.
   Aveva amici, sparsi nel mondo, su cui sapeva di poter contare ciecamente, ai quali avrebbe affidato la propria stessa esistenza; ma si contavano sulla punta della dita, anzi le dita di una mano sola erano persino troppe per poterli enumerare. Uno di essi era Marcus Brody: uomo fidato, vecchissimo amico di suo padre e suo padrino al battesimo, uno dei pochi veri amici che Jones avesse negli Stati Uniti, insieme a Charles Stanforth, il caro e mite Charlie, sempre pronto a tirarlo fuori dai guai quando incorreva nelle ire del rettore del Marshall College.
   Degli altri, invece, cosa poteva saperne? C’era Harold Oxley, certamente, ma come faceva Jones a sapere se la sua mania per i teschi di cristallo e per Akator non potesse, un giorno, tramutarsi in una smania che lo avrebbe reso pronto a tutto? Sinceramente, non pensava che Oxley potesse un giorno tentare di imbrogliarlo in qualche modo ma, dati gli scarsi rapporti che, oramai, intercorrevano tra i due vecchi compagni d’università, non poteva davvero annoverarlo nella schiera dei propri migliori amici. In America, ovviamente, aveva numerosi altri conoscenti, ma su nessuno di quelli avrebbe piazzato qualche scommessa di assoluta fedeltà.
   E poi, naturalmente, c’era Sallah, l’egiziano, il più fedele e coraggioso amico che avesse; abilissimo spalatore, esperto di egittologia, dotato di abilità che non si sarebbero mai dette possibili in un uomo di tale stazza, Sallah possedeva, soprattutto, un cuore d’oro, il che lo aveva fatto diventare, in pratica, il più grande amico che Jones possedesse. Ecco, una delle poche cose di cui Indiana Jones poteva dirsi sicuro, era che Sallah lo avrebbe seguito ovunque, anche in capo al mondo, se solo glielo avesse domandato, senza mai farsi venire neppure lontanamente in mente l’idea di abbandonarlo o, peggio ancora, di giocargli un brutto tiro.
   Brody, Stanforth e Sallah: le uniche persone sulle quali Jones sapeva di poter contare realmente.
   Gettò uno sguardo di sfuggita a Wu Han e gli lesse in volto il conflitto interiore che lo stava lentamente lacerando: Wu Han era un amico fidato, lo era sempre stato sin dal loro primo incontro ma, adesso, Jones non era più tanto sicuro di potersene fidare completamente. Sapeva che il contrabbandiere era stato ammaliato più di chiunque altro dal fascino magnetico di Mei Ying; e sapeva anche della loro storia d’amore, perché li aveva sentiti parlare, a bordo della giunca, venendo via da Penglai. Non avrebbe saputo dire se Mei Ying avesse sedotto Wu Han solo per convenienza, oppure per divertirsi un po’ o, invece, perché ne fosse veramente innamorata; ma, di sicuro, il suo amico contrabbandiere aveva davvero perduto la testa per quella cinesina dal cuore di pietra. Nessuno, quindi, neppure lo stesso Wu Han, sarebbe adesso stato in grado di presagire in quale maniera avrebbe reagito, quando l’avessero nuovamente incontrata.
   A Jones sarebbe piaciuto poter inserire anche il cinese nella schiera delle persone a lui fedelissime, posto che, comunque, aveva continuato a mantenere fino a quella mattina. Ora come ora, però, egli era in bilico, era giunto ad un punto morto ed avrebbe dovuto scegliere quale strada intraprendere, se seguire l’amicizia oppure l’amore; e, fino a quando non avesse deciso apertamente, l’archeologo non avrebbe più potuto considerarlo pienamente un valido alleato ed un compagno fidato.
   Proseguirono lungo l’anticamera, a volte quasi affondando in quella fanghiglia umida e vischiosa, fino a raggiungere il grande portone; alzando una mano per fermare gli altri, Jones si affacciò rapidamente oltre la porta, per scrutare l’interno dell’altra stanza ed essere, quindi, sicuro che non vi si trovassero degli avversari. Ma la prima cosa che vide, fu che dai presenti lì dentro non avrebbero avuto nulla da temere: montagne di scheletri erano ammassate ovunque, a mucchi, come se lì dentro fosse accaduta un’ecatombe, nell’antichità. Quattro cadaveri decisamente più recenti, senza dubbio uomini del Drago Nero rimasti di guardia ed ora abbandonati sul pavimento con i petti e le gole squarciati, denotavano il passaggio di Mei Ying.
   Jones entrò nella stanza, segnalando agli altri di seguirlo, attento a dove gli capitasse di mettere i piedi per non correre il rischio di calpestare troppo le ossa contenute in quella stanza. Alzò gli occhi al soffitto e notò che, seppure ormai quasi completamente cancellato dall’umidità del luogo, penetrata nel corso di due millenni, raffigurava un cielo blu trapunto di costellazioni dorate. Al di sotto di quella volta celeste, nel centro della vasta sala in cui erano entrati, ornata da colonnati e statue, molte delle quali divelte, si notavano, invece, i resti di quella che doveva essere stata una raffigurazione in scala dell’impero di Qin Shi Huang, una lastra d’argento con città di madreperla, foreste di smeraldi e rilievi di rubini, solcata da strade d’oro ed attraversata da canali pieni di mercurio che dovevano avere rappresentato i fiumi ed i laghi del vasto regno. Doveva essere stata una riproduzione fedelissima, perfetta in ogni particolare e curatissima anche nei più minuti dettagli; tutto, però era devastato e distrutto, come se una furia si fosse abbattuta su quel capolavoro d’arte cinese antica.
   Wu Han raggiunse Jones, che stava osservando quello scempio e, girando attorno lo sguardo sopra i mucchi d’ossa, balbettò: «Ma che posto è mai questo?»
   Jones si prese qualche istante di raccoglimento, prima di rispondere.
   «La sala del plastico» spiegò. «Le antiche cronache cinesi dicono che, all’interno della tomba dell’imperatore, fu creata una riproduzione in scala dell’impero cinese. Evidentemente, è tutto vero.»
   «Ma perché tutto questo sconquasso? E queste ossa? Apparterranno a centinaia di persone.»
   L’archeologo aveva raccolto da terra la riproduzione di un palazzo d’oro, che pareva fosse stato scagliato con estrema violenza contro una parete, apparendo ammaccato in più punti ed avendo perduto il tetto, che doveva giacere da qualche parte al di sotto dello strato d’ossa. Noncurante, buttò nuovamente a terra la figurina e rispose alla domanda.
   «La leggenda narra che Qin Shi Huang era talmente geloso del proprio sepolcro, da dare l’ordine che gli operai che lo avevano eretto fossero racchiusi vivi al suo interno, in maniera che non potessero mai raccontare a nessuno dei segreti del suo enorme palazzo funerario. Anche le sue numerose concubine furono sepolte vive nella tomba, affinché potessero continuare a servire il loro signore per tutta l’eternità. Gli stessi soldati che sigillarono dall’esterno il sepolcro, coprendolo con la terra del tumulo, ricevettero l’ordine di suicidarsi subito dopo in massa e pare che tale fosse la loro devozione all’imperatore da non mancare di obbedire a tale disumano comando. Fino ad oggi, tuttavia, s’era sempre creduto che queste storie fossero solamente delle esagerazioni, nate nei secoli successivi alla morte dell’imperatore, e gli storici hanno sempre tentato di rendere un quadro un po’ meno crudele del vecchio sovrano, sebbene fosse difficile stabilire chi potesse avere sul serio ragione, non essendo mai stato visitato da nessuno il suo sepolcro. Adesso, però, abbiamo davanti ai nostri occhi la prova che le storie sono tutte dannatamente vere e che gli storici hanno sempre preso un grosso abbaglio, nel cercare di rendere in buona luce la figura di Qin Shi Huang.»
   «Quindi, questi poveracci morirono tutti di stenti, chiusi qui sotto, al buio? Che fine terribile» mormorò Wu Han, senza riuscire a trattenere un brivido.
   Per un momento, al contrabbandiere si profilò l’immagine del sepolcro, buio e intatto, risuonante di grida e di pianti disperati; gli parve di vedere uomini e donne angosciati, che correvano qua e là, picchiando contro le pareti alla ricerca di quella via d’uscita che sapevano che non avrebbero mai potuto trovare, oppure che in un ultimo disperato momento di lucidità si toglievano la vita per sottrarsi a quella lenta ed abominevole condanna, o ancora che con gli ultimi sussulti di vitalità si abbracciavano e si tenevano stretti l’un l’altro, sperando, così, di potersi in qualche maniera confortare vicendevolmente e di scordare quella tortura che li avrebbe condotti inesorabilmente verso la più orribile delle morti.
   Come se i suoi pensieri fossero stati i medesimi di Jones, l’archeologo riprese il discorso.
   «Esattamente, fu quella la loro triste sorte; ma, a quanto pare, prima di andarsene all’altro mondo, gli operai e le concubine fecero in maniera di vendicarsi del loro ingrato carnefice, accanendosi in ogni modo contro la sua sepoltura e devastandola il più possibile. Sono stati loro a distruggere questo plastico: peccato, perché non solo sarebbe stata una magnifica opera d’arte da poter ammirare in un museo, ma avrebbe persino fornito maggiori dettagli riguardo alla geografia dell’antica Cina. Se Qin Shi Huang non fosse stato così avido ed egocentrico, avrebbe consegnato alla posterità un dono magnifico; invece, è riuscito a tramandare solamente l’immagine di un empio tiranno ed i resti di una tomba distrutta.»
   «Credi che troveremo altre devastazioni?» chiese il contrabbandiere.
   «Penso proprio che, dei grandi tesori che questa tomba dovette contenere, sia rimasto ben poco, d’intatto, a meno che gli operai non avessero accesso solamente a questa stanza e le altre fossero per loro irraggiungibili. Lo scopriremo continuando ad avanzare.»
   Si rimisero in marcia, cercando di evitare di calpestare i poveri resti che li circondavano da ogni lato; la sala, oltre al plastico, doveva aver contenuto anche altri capolavori di notevole fattura, ma tutti quanti erano ormai andati inesorabilmente perduti. Quei pochi che sembravano essere sfuggiti alla furia di coloro che erano stati sepolti vivi all’interno della vasta tomba, come ad esempio i dipinti sulle pareti, infatti, si erano deteriorati a tal punto a causa delle infiltrazioni umide da essere ormai praticamente irriconoscibili. All’improvviso, a Jones passò la smania di poter essere lui l’archeologo che si sarebbe occupato della tomba, scavandola, descrivendola e divenendo, in tal modo, celebre e rispettato: comprese subito, infatti, dallo stato delle cose lì dentro, che vent’anni non sarebbero stati sufficienti a portare a termine i lavori. Troppo lavoro da fare, all’interno di quella tomba. Non faceva certo per lui. Un’anima inquieta come la sua, sempre bisognosa di movimento, di scoprire e di vedere luoghi nuovi e diversi l’uno dall’altro, non avrebbe sopportato di restare concentrata tanto a lungo su un unico lavoro. No, avrebbe lasciato perdere, si disse. Risolta la faccenda di Mei Ying, Indiana Jones avrebbe detto addio alla tomba dell’imperatore, lasciando che altri archeologi, forse non più abili, ma certamente più pazienti di lui, si accollassero l’onere e l’onore di occuparsene, in futuro. In quanto a lui, avrebbe cercato altrove la sua fortuna e gloria.
   La stanza del plastico, come all’estremità da cui erano entrati, era chiusa al lato opposto da pesantissimi portali di bronzo; ma questi, al contrario di quelli che menavano verso l’esterno, dovevano essere stati lasciati aperti sin dai tempi della loro costruzione, in quanto apparivano entrambi accostati alle pareti, a cui l’ossidazione li aveva praticamente saldati. Le ossa e lo sconquasso, pertanto, continuavano anche nella sala successiva.
   Qui, il gruppetto poté notare un’enorme quadriga di marmo bianco, che un tempo doveva essere stata trainata da bellissimi e colossali cavalli in pose plastiche di cui, adesso, si poteva solamente intuire la forma, essendo stati spietatamente scalpellati e martellati, tanto che uno si era addirittura schiantato al suolo, dove giaceva in diversi frammenti. La quadriga, decisamente più grande del normale, essendo in proporzione almeno doppia rispetto alla realtà, non presentava alla guida nessuna figura. Ma le briglie di pietra trattenute da forti mani che ancora si scorgevano diedero a Jones l’idea che, una volta, alla sua guida dovesse esserci stata la statua imponente dell’imperatore, parecchio alta e solenne. Solo che, ormai, non c’era più alcuna statua.
   Osservando meglio, Jones comprese che l’accanimento, contro quel monumento in particolare, doveva essere stato ben peggiore che contro il plastico: la statua, infatti, era ancora presente, sebbene sparsa in migliaia di minuscoli cocci sul pavimento, estremamente difficili da riconoscere nel mezzo di ossa e sedimenti. Con ogni evidenza, quel particolare simulacro doveva essere stato molto caro, all’imperatore, per questo aveva subito le peggiori vendette. Si guardò velocemente attorno, notando resti di gambe e di braccia di marmo, un mezzo busto, quello che doveva essere stato un copricapo ed altri pezzi decisamente inidentificabili. Della testa non c’era più nemmeno la minima traccia: l’archeologo intuì che, quella particolare parte della statua, fosse stata ridotta in briciole indistinguibili dai prigionieri rabbiosi.
   Anche quella stanza doveva essere stata colma di opere d’arte, nonché di oggetti personali dell’imperatore: osservando qualche resto di legno e di metallo, Jones pensò che, tra le altre cose, in un angolo fosse conservata la vera quadriga, quella usata da Qin Shi Huang in persona, ormai irriconoscibile. Ancora una volta, gli montò dentro la rabbia nei confronti dell’antico imperatore che, con la sua sconsideratezza, aveva fatto sì che tesori inestimabili e di squisita fattura, che un intero popolo s’era impegnato a realizzare, forse per decenni, per consacrarne la figura, fossero andati irrimediabilmente perduti nel giro di pochi giorni solamente dal momento della sua morte. Ecco a cosa conducono la smania di potere ed il sogno di immortalità: a null’altro che devastazione e polvere. Pensò che, quello di scendere ed aggirarsi per qualche ora in quella tomba a meditare, sarebbe stato un buon consiglio da dare a tutti quegli uomini che, credendosi onnipotenti, avrebbero voluto piegare ogni cosa al proprio volere ed ai propri desideri.
   Il gruppetto stava per rimettersi in marcia, quando dall’estremità del salone si levò una voce rauca che intimò: «Non faccia un passo oltre, dottor Jones, o diverrà anche lei un reperto di questo mausoleo!»
   A parlare era stato Von Beck che, fino a quel momento, aveva osservato, non visto, Jones ed i suoi amici, celato con altri uomini, certo suoi scagnozzi e guerrieri del Drago Nero, dietro alcune casse di legno. Wu Han ed i cinque membri del suo equipaggio non persero tempo a correre a nascondersi al riparo dell’imponente quadriga, mentre l’archeologo s’inginocchiò a terra, facendosi scudo di un blocco di marmo.
   «Buongiorno, Albrecht!» gridò in risposta, non appena si fu accertato che gli altri fossero al sicuro. «Bel posticino, per incontrarsi di nuovo.»
   «Faccia poco lo spiritoso, Jones» rispose di rimando il tedesco. «Non quando sono sul punto di ucciderla! E non si immagina neppure quanto gusto proverò nel farlo!»
   «Non possiamo parlarne da persone civili?» chiese l’archeologo. «Sa, noialtri avremmo un lavoro importante da fare, giù nella cripta!»
   «Lo immagino! Vorreste raggiungere la vostra amica. Quel diavolo di donna che ci avete scatenato contro è riuscita a sottrarci lo Specchio dei Sogni dopo aver ucciso metà dei miei uomini, nonostante tutti i nostri sforzi! Non crederete di poterla aiutare, vero? Non vi lasceremo mai passare! Lei avrà anche potuto assalirci di sorpresa, ma a voi non andrà altrettanto bene!»
   «Senta, maggiore, quella non è nostra amica e, se non la fermiamo, creerà guai ben peggiori di quelli che lei possa immaginare!»
   «Non cerchi di ingannarmi, Jones! Lei ed i suoi amici siete arrivati in compagnia di quell’assassina e questo non lo può negare! E, comunque sia, ho giurato di ucciderla! Lei non rivedrà mai più la luce del sole e questa tomba diverrà la sua!»
   «Lei è pazzo, maggiore! Pazzo come tutti i nazisti!»
   «Lei, invece, dottor Jones, è un uomo morto che parla troppo!» urlò come un ossesso Von Beck, aprendo il fuoco contro di loro.
   I suoi uomini lo imitarono immediatamente, cominciando a sparare a raffica. Ma i proiettili rimbalzarono contro il marmo, senza alcun pericolo per coloro che vi si riparavano dietro, oppure si perdevano troppo lontano per poter essere considerati pericolosi. Per fortuna di Jones e dei suoi compagni, infatti, Von Beck aveva dovuto condurre con sé solamente pochi uomini, non potendo certo un reparto dell’esercito tedesco muoversi liberamente per la Cina; e, parecchi, doveva averglieli veramente uccisi la letale Mei Ying. I guerrieri del Drago Nero che erano con lui, inoltre, non dovevano avere una grande dimestichezza in fatto di armi da fuoco, quindi i loro colpi non avrebbero costituito un reale pericolo. Ciò nonostante, quello era uno stallo da superare il più in fretta possibile, se si voleva impedire che la giovane donna si appropriasse del Cuore del Drago.
   Anziché rispondere al fuoco, l’archeologo osservò il soffitto sopra le casse dietro cui si proteggevano Von Beck ed i suoi accoliti. Come immaginava, era decisamente sconnesso e sarebbe bastato un niente a farlo precipitare completamente.
   Si volse e fece un cenno a Wu Han che, da dietro la quadriga, lo stava osservando in attesa di un qualsiasi segnale; Jones gli indicò velocemente il punto esattamente sopra i nazisti ed i guerrieri della Triade e mimò l’atto di colpirlo a fucilate. L’astuto contrabbandiere cinese comprese immediatamente cosa intendesse dirgli l’amico e segnalò subito l’ordine agli altri cinque. Tutti puntarono la canne delle carabine in obliquo verso quel punto della volta, in attesa di un cenno di Jones. E l’archeologo, per darlo, anziché parlare, prese la mira e premette il grilletto. Gli altri fecero lo stesso, più e più volte, sparando quasi a ripetizione. Colpito da una gragnola di proiettili, l’antico soffitto, già estremamente minato da secoli di infiltrazioni d’acqua e di terremoti, cedette all’improvviso, crollando addosso agli uomini che vi si trovavano sotto. Si levarono un fragore tremendo misto ad urla di spavento e di dolore ed un gran polverone, che rese impossibile vedere più alcunché; quando il rimbombo fu smorzato e la polvere si fu nuovamente depositata, uno strano silenzio discese sulla vasta stanza.
   Per qualche istante, Jones non si mosse, osservando la scena; ma, dove prima c’erano le casse da cui provenivano gli spari, adesso si scorgeva solamente un grande mucchio di calcinacci polverosi.
   «Indy…?» domandò Wu Han dopo qualche istante di incertezza.
   Jones balzò in piedi.
   «Rimanete lì!» comandò.
   Si avviò cautamente verso il cumulo della recente frana, con il fucile imbracciato e puntato di fronte a sé, pronto a gettarsi di lato ed a fare fuoco in caso di un nuovo pericolo.
   Piano piano, un passo dopo l’altro, Indiana Jones raggiunse il blocco di macerie e lo osservò attentamente; non si vedeva nessuna traccia di uomini: i loro assalitori dovevano essere tutti quanti rimasti schiacciati sotto quel notevole peso. Stava quasi per voltarsi e segnalare via libera ai compagni, quando notò un sottile filo di polvere franare verso il basso, subito seguito da alcuni sassi che rotolarono in giù. Rimase a guardare con una certa curiosità quel fenomeno inaspettato. All’improvviso, una nuvola di polvere si levò e, con un salto, Von Beck si rialzò in piedi, il cranio mezzo sfondato, il volto sfigurato coperto di sangue, il braccio destro contorto all’indietro, ma incredibilmente ancora vivo.
   Con un grido colmo all’inverosimile di cieco furore, il maggiore si gettò contro Jones tentando, con l’unica mano ancora in grado di compiere qualche movimento, di afferrargli la gola in una stretta mortale; l’archeologo, però, lo prevenne, colpendolo duramente in faccia con la canna del fucile e fratturandogli uno zigomo. Incespicando malamente all’indietro per quella nuova botta, Von Beck perse l’equilibrio inciampando nella montagnola di detriti e cadde pesantemente di schiena; picchiò la testa già rotta sopra un pesante mattone e rimase immobile, l’unico occhio spalancato e colmo d’odio a fissare il vuoto, ormai privo di vita.
   Wu Han e gli altri cinque, osservando quella scena, si erano affrettati a raggiungere l’archeologo; ma, quando gli furono a fianco, era già tutto finito.
   «Era duro a morire, questo dannato tedesco» sbottò Wu Han.
   «Non importa, ha finalmente smesso di perseguitarmi» replicò Jones, osservando il volto sfigurato ed il corpo deturpato del maggiore.
   La divisione Ahnenerbe delle SS, quella volta, avrebbe dovuto classificare come fallita la propria missione e come disperso il proprio ufficiale. Il tutto sarebbe finito dimenticato in un qualche archivio riservato e nessuno ne avrebbe parlato mai più. Non sarebbe stata poi una gran perdita, dopotutto.
   «Siamo vicinissimi, ormai» affermò l’archeologo, distogliendo lo sguardo dall’orribile cadavere. «La tomba di Qin, il suo sepolcro, non dev’essere troppo lontano. Raggiungiamolo e concludiamo una volta per tutte questa brutta storia.»
   Fece per partire, poi si bloccò bruscamente e volse lo sguardo verso Wu Han, che lo ricambiò.
   Dopo qualche istante di riflessione, Jones decise che fosse venuto il momento di conoscere le reali intenzioni dell’amico.
   «Wu Han» gli disse. «Oltre quel varco che abbiamo di fronte, incontreremo finalmente Mei Ying. Per quanto mi piacerebbe riuscire a farla ragionare ed a catturarla viva, è assai probabile che non mi permetterà neppure di aprire bocca. Sai quanto possa essere pericolosa; e, se avrà già messo le mani su quel Cuore del demonio, è possibile che la sua forza sia anche moltiplicata o che so io. Se mi costringerà a farlo, le pianterò un colpo di fucile dritto al cuore, senza rimpianti. Pertanto, voglio sapere da te se sei davvero con me, oppure no. Ma se non lo sai neppure tu, allora ti scongiuro di tornare indietro, di andare ad aspettarmi fuori, ma senza intralciarmi. Cosa mi rispondi?»
   Per qualche momento, il contrabbandiere ricambiò lo sguardo di Jones, e sul volto si manifestò tutta una lunga sequenza di espressioni contrastanti. Passione e amicizia non avevano ancora smesso di combattere, nel suo buon cuore. Alla fine, però, prese la sua risoluzione e decise che sarebbe stata l’ultima, quella definitiva, da cui non sarebbe più tornato indietro, nonché quella che avrebbe messo a tacere una volta per sempre tutte le sue indecisioni.
   «Te l’ho già detto prima, Indy» rispose. «Sarò con te fino alla fine.»
   Jones gli posò una mano sulla spalla con amicizia e borbottò un: «Bene!»
   Quindi, si rimise rapidamente in marcia, così velocemente che gli altri furono costretti a correre per tenergli dietro; all’estremità della stanza, discesero alcuni gradini ed iniziarono a percorrere un lungo corridoio scavato nella viva roccia il quale, in certi punti, si abbassava al punto da costringere l’archeologo ad avanzare quasi carponi per non sbattere la testa.
   Sembrava che non dovesse mai avere fine ma, finalmente, giunsero in vista dell’imbocco di un’altra stanza. Qui, quindi, rallentarono e, cautamente, si immisero nella nuova sala che, lo compresero subito, era l’ultima.
   Si trattava di una stanza circolare, con il pavimento coperto da piastrelle di porcellana lucida di colore nero, ospitante al proprio centro la statua immane di un drago verdognolo, tra le cui fauci spalancate era seduta la mummia, ormai deformata, di un uomo basso e grasso. Erano giunti, alfine, al cospetto di Qin Shi Huang, il primo imperatore cinese.
   Dinnanzi alla statua, in una completa immobilità, c’era Mei Ying.
   Non si volse quando giunsero, ma dovette averli sentiti, poiché prevenendoli, parlò, con un tono di voce che non sembrava più essere il suo, da quanto adesso si era fatto duro e spietato.
   «Dottor Jones. Wu Han. Vi aspettavo. Ero certa che non mi avreste lasciata sola in questo luogo troppo a lungo.»
   La ragazza si volse finalmente a guardarli e, nel vederla, i sette uomini non poterono fare a meno di arretrare tutti di un passo con orrore, per via dell’incredibile mutamento che le era accaduto e da come appariva sformato il suo viso. Sembrava quello di una vecchia, da quanto era divenuto rugoso. Intere ciocche di capelli le si erano staccate dal capo, lasciandola quasi calva. Ma lei non sembrava rendersene conto. Contrasse la bocca ormai sdentata in un orrendo ghigno e sollevò le mani, più che altro simili a scarni artigli, mostrando loro una perfetta sfera di pietra nera, dalla quale sembrava levarsi una sorta di luminosità misteriosa.
   «L’ho trovato, finalmente. Il Cuore del Drago. Lo Specchio dei Sogni non è servito a nulla… era solo una stupida leggenda, tre pezzi celati nel mondo per indurre chiunque avesse voluto entrare qui dentro ad andare alla loro ricerca e distogliere la sua attenzione dalla vera tomba. Una perdita di tempo per allontanare ladri e profanatori… Un inganno. Ma non ha più alcuna importanza, ormai. L’ho preso, me ne sono impossessata, il Cuore del Drago è mio!»
   La voce della donna era alterata ed orribile, proprio come il suo aspetto, che andava deteriorandosi sempre di più, di momento in momento. Pareva, ormai, che avesse più di cento anni. Eppure, sembrava che lei neppure si accorgesse di ciò che le stesse accadendo.
   Né Jones né Wu Han riuscirono ad emettere una sola sillaba, di fronte a quello spettacolo inatteso e terrificante, mentre Mei Ying riprese a parlare.
  «Io, adesso, sono l’imperatrice della Cina! Io la riporterò ai fasti antichi, agli splendori del passato! Non avrete comandanti inetti e nemici tra loro, ma un’unica, bellissima, terribile e potentissima sovrana, immortale nel corpo e nello spirito! Adoratemi!»
   In pochi secondi, le sue orbite s’erano incavate e gli occhi le si erano appannati come se avesse la cataratta; i pochi capelli che ancora le erano rimasti si staccarono dalla nuca e caddero a terra; le spalle le si incurvarono e si fece magrissima, quasi pelle ed ossa. Il respiro della donna, adesso, era rauco e profondo, faticava a trarre aria, eppure pareva che non le importasse oppure che non avvertisse nemmeno l’ombra di un mutamento. Mei Ying, infatti, continuava a parlare come se nulla fosse ed a proclamarsi imperatrice della Cina.
   «Dottor Jones, Wu Han! Voi sarete i miei consorti. Mi sposerete! Avrete una moglie di una bellezza unica e di una potenza smisurata ed infinita, nulla di eguale troverete mai a questo mondo! La Cina si prostrerà ai nostri piedi, conquisteremo l’intero globo e…»
   «Falla finita, Mei Ying!» urlò Wu Han, riuscendo infine a ritrovare la voce. «Getta via quella dannata palla! Non vedi che ti sta uccidendo?»
   Il volto già deforme della donna si contrasse per la rabbia nell’udire quelle parole.
   Compì due passi barcollanti verso il contrabbandiere, gridando: «Come osi, tu, inutile villano, ordinare a me, l’imperatrice della Cina, la signore del Celeste Impero, di tacere? Empio! Morirai, per questo tuo ardire!»
   La donna fece un terzo passo; ma Jones non voleva che riuscisse in alcun modo a toccare Wu Han, perché non sapeva che cosa sarebbe successo. Di certo, non voleva che quella specie di malattia che, adesso, stava consumando in brevissimi istanti quella che era stata una bellissima ragazza, venisse trasmessa anche all’amico. Sollevò il fucile per spararle, ma Wu Han lo prevenne, facendo fuoco a propria volta verso Mei Ying.
   Il proiettile andò a conficcarsi proprio contro il Cuore del Drago, che sembrò esplodere come una bomba, sprigionando un'energia tale che Jones e gli altri furono scagliati all’indietro e si ritrovarono distesi a terra, mentre l’intero complesso cominciava a tremare, come se fosse in corso un terremoto, e calcinacci e massi iniziavano a cadere dalla volta del soffitto.
   L’esplosione, aveva avuto un effetto disastroso per Mei Ying; gli arti le si erano inceneriti all’istante ed il resto del suo corpo sembrava che avesse cominciato a liquefarsi. La donna, con gli occhi ormai fuori dalle orbite ed il viso ridotto ad una maschera ributtante, balbettando parole incomprensibili, cadde in ginocchio, rimanendo immobile in quella posizione fino a quando, una scossa più violenta delle altre, fece crollare la grande statua del drago verdognolo, che le franò addosso, trascinandosi dietro la mummia dell’imperatore e inumando completamente quel poco che ancora rimaneva intatto di lei.
   Ma Jones, Wu Han e gli altri non videro nulla di tutto questo. Prontamente rialzatisi in piedi, si erano immediatamente gettati in una corsa sfrenata per uscire dalla tomba prima che franasse tutto, sotterrandoli sotto tonnellate e tonnellate di macerie.
   Corsero a perdifiato, incitandosi a vicenda, gettando via i fucili che li ingombravano e senza badare ai calcinacci che piovevano dall’alto, colpendoli duramente alle spalle. Per loro fortuna, nessuno ricevette pietre sulla testa.
   Tra la polvere che celava ogni dettaglio ed i mattoni che cadevano ovunque, i sette uomini riuscirono a percorrere al contrario tutte le stanze del mausoleo, fino a ritrovarsi nel corridoio da cui erano penetrati nel vasto edificio sotterraneo.
   La loro fu una spietata gara contro il tempo e contro la fisica, ma riuscirono egualmente a vincerla. Non appena Jones, che veniva per ultimo, si fu gettato finalmente fuori dal tunnel, atterrando in malo modo sugli aghi degli abeti che coprivano completamente il tumulo, l’ingresso stesso della tomba franò, seppellendo, oltre al cadavere di Kai, anche i propri segreti.
   Ansanti e con i cuori che battevano all’impazzata, gli uomini rimasero stesi sotto la vegetazione, cercando in qualche modo di riprendere fiato; non credendo possibile di essere riuscito a scamparla anche quella volta, l’archeologo tenne per un bel pezzo gli occhi chiusi, temendo che, nel riaprirli, si sarebbe trovato ancora al cospetto della mummia di Qin Shi Huang, inspirando il delicato e soave profumo del sottobosco, segno evidente del suo essere riuscito a raggiungere nuovamente l’esterno.
   Infine, riuscirono a rialzarsi tutti quanti, guardandosi negli occhi. Erano imbiancati di polvere, sudati e stanchissimi, con gli abiti lacerati e gli sguardi stravolti ma, nel contempo, vivi ed incolumi.
   Indiana Jones si mise a sedere sopra un masso e Wu Han gli si inginocchiò accanto, guardando con aria truce l’ingresso ormai impraticabile della tomba.
   Jones gli mise una mano sulla spalla.
   «Mi dispiace molto, Wu Han. Speravo che questa storia avrebbe avuto un epilogo differente, ma Mei Ying ci ha imbrogliati. Ci ha indotti con l’inganno a seguirla e ad assecondarla nei suoi loschi piani. Se l’avessimo saputo prima… forse saremmo riusciti a farla ragionare.»
   «Era assetata di sangue e potere» replicò duramente Wu Han. «Persone del genere non ragionano. Non sono dispiaciuto per la sua fine, perché se l’è cercata da sola. Solamente, non mi spiego due cose. A cosa serviva lo Specchio dei Sogni? E che cos’era quel dannato Cuore del Drago?»
   «Per rispondere alla tua prima domanda, credo che, come ci ha detto Mei Ying nel suo delirio, lo Specchio non servisse proprio a nulla.»
   «Ma… come? Lo Specchio dei Sogni non aveva alcuna reale utilità?» domandò Wu Han, al colmo dello stupore.
   «Esatto» confermò Jones.
   «E quindi tutti quegli sforzi per riuscire prima a trovarlo, e poi a recuperarlo, sarebbero stati completamente vani?»
   «Proprio così. Un trabocchetto davvero ben congegnato, ne convengo. Probabilmente il migliore e più sottile in cui mi sia mai capitato di imbattermi, e ti assicuro che ne ho visti tanti e di ingegnosi, in questi anni. Pensa: un artefatto diviso in tre pezzi, nascosti in luoghi lontani tra loro e quasi inaccessibili. Un oggetto smembrato, senza il quale non sarebbe stato possibile penetrare nella cripta dell’imperatore. Roba da far diventare matti per andare alla sua ricerca e, nel frattempo, tenere eventuali malintenzionati lontani dalla tomba, molto più facilmente accessibile di quanto chiunque avrebbe potuto immaginare. Un maledetto scherzo ideato oltre duemila anni fa. E ci sono cascati tutti: i tedeschi, gli uomini del Drago Nero…Persino io, che mi vanto sempre di non credere a ciò che non può essere razionalmente spiegato, mi sono fatto raggirare dai poteri mistici di quello Specchio dei Sogni… o, magari, sarebbe più corretto chiamarlo specchietto per le allodole.»
   Mentre Wu Han rifletteva su quella rivelazione, Jones si concesse qualche istante per pensare alla seconda domanda postagli dall’amico. Che cos’era davvero il Cuore del Drago? A che cosa serviva e, soprattutto, come aveva fatto a ridurre un essere umano in quelle condizioni? Pur non essendone sicuro come con lo Specchio, provò a dare una spiegazione anche a quello.
   «Per quanto riguarda il Cuore, invece, non te lo saprei dire con esattezza; ma, dagli effetti che ha prodotto, posso solamente intuire che si trattasse di un qualcosa di radioattivo, molto pericoloso. Una specie di arma estremamente rischiosa da maneggiare, forse, che è molto meglio per tutti che sia andata perduta per sempre. Probabilmente, qualcuno la portò all’imperatore che, vedendola, credette che fosse la prova del suo diritto a regnare. Oppure - e qui mi spingo nel campo delle ipotesi indimostrabili - i medici incaricati di renderlo immortale non gli presentarono delle pillole al mercurio, come comunemente si crede, ma quella dannata palla, che ottenne solamente l’effetto di corroderlo fino ad ucciderlo. Avremmo potuto saperne di più se avessimo avuto il modo di esaminare meglio la mummia, ma credo che, a questo punto, non lo sapremo mai.»
   «Non credi che possano essercene altri, nella tomba? Che qualcuno un giorno possa scoprirli?»
   «Penso che fosse un artefatto unico, stai tranquillo. Se, poi, ne esistono anche altri, là sotto, possiamo comunque andarcene a dormire sereni. La tomba è rimasta inviolata per migliaia di anni e, dopo la nostra breve incursione, lo resterà ancora molto a lungo. La Cina, ben presto, avrà ben altri problemi a cui pensare, posso assicurartelo. I comunisti, il Giappone… non vedo la possibilità ed il tempo per scavi archeologici, nel suo futuro.»
   «A noi, però, ne spetta uno» gli rammentò Wu Han, desideroso di cambiare argomento e di avere un valido motivo per non dover più pensare a Mei Ying; d’altronde, pur essendo successo di tutto, pur avendone ricevuto in cambio un tradimento, egli l’aveva amata davvero, non poteva nasconderlo e, pur sapendo che il tempo avrebbe appianato le cose, adesso il dolore che provava dentro era ancora forte. Gli ci voleva un valido motivo di distrazione.
   Jones lo sapeva benissimo, per cui rispose: «Hai perfettamente ragione. Ci riposeremo qui per qualche ora, poi andremo a prendere i cavalli e ci rimetteremo in strada. Abbiamo un appuntamento a Shanghai.»
   La luce penetrava tra gli abeti, che frusciavano leggermente, scossi da una brezza; il tumolo era placido e tranquillo, adesso. Qin Shi Huang, il primo imperatore della Cina, avrebbe continuato a riposare all’interno del proprio sepolcro per l’eternità, in compagnia della donna che, anche se solamente per pochi istanti, era stata il suo ultimo successore sul trono imperiale.


 
   
 
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