Cap. 19 La forza di andare avanti
“Dai Liz andiamo!” La incoraggiai, ma subito mi bloccai notando le scale. “Magnifico! Prima ora e digià ci tocca astronomia!” Sbottai imprecando chi non avesse avuto la sana idea di non aggiungere almeno un ascensore in quella dannata scuola. Liz guardò il pavimento giù di morale. “Liz.” La ripresi facendola tornare in sé. “Ah, sì… va pure avanti. Io ti raggiungo…” Disse già dirigendosi da un'altra parte. La bloccai afferrando i manici della sedia a rotelle. “Eh, no! Non sperare che ti lasci saltare così la lezione!” Esclamai tirandola verso di me in retro marcia e poi davanti alle scale. –E ora?- Mi chiesi guardando i sette piani che ci aspettavano. Le scale erano troppo ripide per essere affrontate con la sedia a rotelle. Stavo per rinunciarci pure io, quando una mano gentile mi spostò dal manubrio. “Lascia, la portiamo noi.” Disse Brain prendendo la sedia rotelle da dietro mentre Nath la prendeva da davanti. “Ma che fate!?” Urlò Liz improvvisamente rinsavita. “Secondo te?” Chiese Nath guardandola negli occhi. “Pronto Brain?” Domandò il mio amico guardando il ragazzo negli occhi. “Pronto Nath!” Rispose l’altro. “Allora al tre. Uno, due, tre…” Con un certo sforzo sollevarono sedia a rotelle e ragazza sotto i miei occhi preoccupati. Fecero un passo sui gradini ma io sclerai in preda al panico. “Ma siete pazzi!” I due si bloccarono. “Se dobbiamo farlo, facciamolo bene!” Decretai facendo poggiare di nuovo la sedia a terra. “Nath, Brain, Liz datemi le vostre borse. Nath e Brain: uno porti la sedia a rotelle, l’altro porti sulla schiena Liz o in braccio, l’importante è che non cada!” Ordinai con un tono che non ammetteva repliche e che lasciò di stucco i due ragazzi che in risposta fecero un ironico saluto militare e dissero: “Agli ordini capitano!” “Non chiamatemi capitano.” Risposi seccata.
Alla fine Nath si sistemò sulle spalle Liz, mentre Brain prese la sedia a rotelle. Io chiudevo il corteo con quattro cartelle in spalla pregando che nessuno cadesse.
Per funzionare funzionava, e Liz era leggera, ma dovevamo procedere piano per evitare cadute e che Brain non si facesse scivolare la sedia a rotelle dalle dita. Così le scale cambiarono quattro volte costringendoci a fare il giro lungo. “Dannate scale!” imprecò Brain ad un certo punto. “Ma cosa diamine è passato per la testa dei fondatori quella volta? Ci volevano solo far dannare l’anima!” Sbottò il giovane irritato. “Vero! E poi non c’è un cazzo di passaggio per le rotelle in questa scuola!?! Di regola ce ne dovrebbe essere uno!” Aggiunse Nath esprimendo il mio pensiero. Eravamo, guarda caso, difronte all’aula di trasfigurazione. “Ma che succede qui?” Urlò la professoressa Crezzy spalancando la porta congelandoci sul posto. “E voi che ci fate qui? Dovreste essere nel aula di astronomia.” Ci rimproverò lei. “Come se non lo sapessimo.” Borbottò seccato Nath. “Signorino Galleric!” Lo riprese la professoressa già pronta a fargli la predica. “Quello che il mio compagno intendeva dire…” Intervenne Brain salvando Nathaniel e tutti noi da una strigliata di capo. “È che noi stiamo andando al aula di Astronomia, ma a causa della limitata mobilità di questo arnese.” Spiegò Brain indicando la sedia a rotelle. “Abbiamo dovuto fare il giro lungo perché alcune scale hanno deviato il nostro tragitto.” Concluse il ragazzo lasciando la professoressa Crezzy di stucco.
La professoressa diede uno sguardo a Nath che teneva ancora in braccio Liz, la quale aveva affondato la testa nelle spalle del compagno nel tentativo di nascondersi. “Va bene, ho capito.” Disse la donna a seguito d’un sospiro. “Forse ho una soluzione. Nath la tua scopa è una firebolt giusto?” Chiese la professoressa al ragazzo. “Sì… ma perché?” Chiese Nath perplesso, ma la donna non rispose. “Accio Firebolt Nathaniel.” In pochi secondi la scopa di Nath arrivò a tutta velocità nelle mani della professoressa. “Usa questa per trasportare la signorina Liz fino alla torre di astronomia e riferite al professoressa Sinistra che la sedia a rotelle è ancora qui. E voi due.” Disse riferendosi a me e Brain. “Correte fino al aula, niente deviazioni.” Ci ordinò la donna. Allora Nath caricò Liz sulla scopa e partì ad una discreta velocità verso l’aula. Io e Brain lo seguimmo di corsa. E, dopo un minuto, una sedia a rotelle ci superò a tutta velocità come trainata da un filo invisibile. “Temo che arriveremo a metà lezione.” Commentò Brain scocciato. Ma io non ascoltavo.
–Se non fossi stata egoista, se avessi rivelato la profezia, se avessimo seguito il consiglio di Ehogan… Liz ora potrebbe camminare e molte persone sarebbero vive!- Pensai con rabbia. –Sono stata immatura ed egoista! Sarà un miracolo se Liz potrà curarsi la colonna vertebrale e non vi sarà miracolo che riporterà in vita quelle persone!- Ero furiosa con me stessa, perché ero stata così stupida da cercare di evitare il destino. Desiderai picchiarmi, desiderai essere punita e desiderai morire. Tutto era accaduto per colpa mia, colpa nostra, una colpa dovuta alla paura, e di cosa poi? Paura di perdere la nostra finta normalità, la paura di andare incontro al destino? Ma che colpe avevamo veramente? Adesso se ripenso a quel periodo mi rendo conto che ciò che abbiamo fatto, lo abbiamo fatto nelle migliori delle nostre intenzioni, e che probabilmente non avremmo scoperto nulla prima di Ostara in qualunque caso. Eravamo obliati nell’ignoranza del importanza dei nostri poteri, quale speranza rappresentassero e in cosa ci stavamo immischiando, anzi io vi ero già molto più immischiata e Arthur era immischiato quanto me. Ma c’era un’altra persona che in quello stesso momento si stava crogiolando nei sensi di colpa, colpa molto più grande della nostra.
***
“Peter lei è Elaine, Elaine questo è Peter” Li presentai nervoso. Elaine aveva insistito per incontrare Peter malgrado non fosse necessario per ciò che volevamo fare. “Dunque sei tu colui che ha creato i chip.” Affermò Elaine tesa ma non dimostrò aperta ostilità, anzi, era spaventosamente calma. “UIMT.” Specificò Peter timidamente. Elaine lo scrutò per qualche momento e, malgrado fosse più bassa di Peter d’una spanna, in quel momento il ragazzo sembrò piccolo sotto il suo sguardo serio e perforante della mia amica.
Dopo lunghi istanti in cui Elaine sembrò memorizzare ogni dettaglio di Peter, abbassò le spalle e si rilassò. “È un peccato che la tua invenzione sia stata usata per un fine così losco, in altre circostanze ti avrei consigliato di mostrarla al mondo.” Disse Elaine con un mezzo sorriso tirato ma le parole suonarono sincere. –Fortuna che Elaine non è il tipo che porta rancore e che ha capito la situazione.- Pensai alleggerendomi di colpo da una forte angoscia. “Allora? È tutto pronto?” Chiesi a Peter battendo le mani per spezzare la tensione. “Sì, gli UIMT sono stati posizionati, a breve potremmo dimenticare questa brutta storia!” Disse il ragazzo mettendosi seduto per un ultima volta in quella sedia. “Okay.” Dissi soddisfatto. “Però fa in fretta oggi: è Beltate e se non arrivo nella foresta prima del tramonto il mio maestro mi ammazza!” Avevamo rivelato a Peter i dettagli dei nostri poteri, fu l’unica persona a cui rivelammo il segreto in molti anni. Così con un mezzo sorriso si inserì per un ultima volta quel casco.
***
Nath cammina per il corridoi della scuola intrattenendo il professor Jhonson facendosi rispiegare un esercizio che era stato assegnato e cercando di dilungare il discorso, mentre Hanna intratteneva il professor Paciock facendogli parlare a ruota libera delle piante e delle loro proprietà ascoltando sì e no un minuto su trenta fingendosi interessata. Vi erano molti studenti e un auror ma i due non se ne preoccupavano: più testimoni c’erano più possibilità di riuscita aveva il loro piano. Hanna pensò a quanto fosse costata a Peter quella decisione. Aveva detto che era l’unica soluzione, e la migliore, ma Hanna non osava immaginare il suo stato d’animo in questo momento.
I pensieri di Hanna vennero interrotti da un ronzio oramai famigliare. I due professori videro i chip comparire da tutte le parti, subito iniziarono a lanciare incantesimi per distruggerli, ma i chip continuarono a raggrupparsi al centro del corridoio andando a formare una sfera luminosa. I due professori e l’auror concentrarono le loro forze alla sfera e così fecero gli studenti nei dintorni lanciando incantesimi che Hanna ancora non conosceva, come aguamenti e incendio. A breve tutti i chip vennero distrutti. -È fatta.- pensò Hanna.
***
“Ecco. Ora la mia invenzione non nuocerà più a nessuno.” Disse Peter sfilandosi il casco. Io ed Elaine accennammo un sì in risposta. “Sei sicuro di questa tua scelta? Vivrai da fuggiasco in eterno.” Tentò di dissuaderlo Elaine. “Oramai è una cosa che ho deciso, non posso più tornare indietro.” Spiegò il diciottenne. “Va bene, ma sappi che noi ti ricorderemo Peter.” Il ragazzo si sorprese. “Non ce l’hai con me?” Domandò ad Elaine fissandola con un certo stupore. “Ce l’ho con la tua invenzione e con la persona che ti ha manovrato, ma non ce l’ho con te.” Disse Elaine mostrando, a parere mio, o una grande ingenuità o una grande maturità.
Ci spostammo da quel luogo. “Credo che sia il momento…” Disse Peter voltandosi. Teneva sotto braccio solo una serie di fogli e quaderni, probabilmente le sue ricerche, ma comunque si voltò e fece ciò che doveva. “Reducto.” Un lampo rosso partì dalla sua bacchetta e colpì i suoi macchinari. Il metallo si inclinò si contorse e si spezzò, i circuiti si fusero, le macchine esplosero, vetri s’infransero e tutto prese fuoco. “Mesi e mesi, ma che dico, anni di lavoro e ricerca perduti.” Pensò Peter ad alta voce. “Beh… quantomeno ora potrò lavorare in pace, isolato, senza compagni o professori fastidiosi nei dintorni.” Si consolò Peter sforzando un sorriso.
Durante il tragitto me ne rimasi in disparte immerso nei miei pensieri, i quali, come un fulmine a ciel sereno, vennero interrotti da una risata cristallina, infantile ma in qualche modo agghiacciante. Peter si irrigidì e in qualche modo anche io ed Elaine ne venimmo turbati. Aguzzai le orecchie per cercare di capire da dove provenisse quella risata e aguzzai la vista cercando una qualche traccia, quando vidi quel che doveva essere lo strascico d’un vestito nero. Corsi in quella direzione senza badare agli altri che mi gridavano di lasciar perdere. Seguii il suono di quella risata lungo le colonne e i laghi. Mi portò davanti all’entrata e corsi lungo lo stretto corridoio, raggiunsi una porta spalancata con raffigurati dei serpenti caduta a terra, spezzata in due. Vi saltai sopra ed entrai nella stanza dove si presentò uno scheletro quasi del tutto spolpato, lì nascosta tra le ossa v’era una bambina. Aveva lunghi capelli neri leggermente mossi e folti, li teneva pettinati semplicemente con la riga in mezzo, aveva occhi scuri, quasi neri, piccoli dolci nei lineamenti, un piccolo naso, le labbra piccole ma non sottili, il corpo esile, bassina, mani piccole e curate, pelle liscia e pallida, vestiva un lungo abito nero che le fasciava il corpo di bambina. Mi guardò per qualche minuto coi suoi profondi occhi allegri e maligni nel medesimo tempo. Mi avvicinai a quella divina visione, poiché benché sapessi di quali nefandezze fosse capace a me parve una dea scesa in terra sotto forma di bambina. –Bella…- Fu quello il mio pensiero, non vi era né malizia né desiderio, ma una semplice constatazione. Mi sentii protettivo nei suoi confronti, quegli occhi ora non più lucenti ma profondi e seri come diamanti neri, e mi fissavano con ponderazione e strategia. “Merlino!” Mi chiamò maestosa con quella voce di bambina così dolce, sussultai. “Io sono Morgana!” Si presentò con un vago orgoglio controllato. “Ci vediamo ad Avalon!” Si congedò a questo modo, mentre le nebbie l’avvolgevano e si volse camminando elegante fin oltre le nebbie scomparendo. Il cuore mi batté forte, avevo uno strano desiderio verso quella bambina: desideravo averla tra le mie braccia e proteggerla, desideravo poterla sapere al sicuro.
“Ehogan!” Chiamai il mio maestro mentre correvo verso la radura. “Ehogan!” Urlai ancora guardandomi attorno cercandolo in quello spiazzo. “Maestro!” Urlai un ultima volta. “Mi stavi cercando?” Mi chiese lui intento a cogliere erbe in un punto in cui prima avevo giurato che non ci fosse. “Maestro…” Iniziai pieno di quella assurda emozione. “Ho visto una bambina.” Affermai in estasi. “Di bambine ve ne sono molte in una scuola.” Mi fece notare lui. “No, non è della scuola, era più piccola di me di almeno cinque anni, e aveva qualcosa che….” Mi bloccai cercando di radunare i pensieri. “Era bellissima… perfetta! Era una dea!” Affermai passandomi le dita nella cute. Ehogan rise dolcemente e nostalgicamente. “Presto detto: hai incontrato la futura Dama del Lago, la somma sacerdotessa. È normale che tu sia in estasi per la sua visione.” Disse divertito. “Non era una visione, era lì, in carne e ossa.” Allora Ehogan si interruppe e mi guardò confuso. “Ma cosa ci faceva una bambina così piccola in questa scuola?” Mi domandò. “Lei…” Inizia energico ed entusiasta. “Lei…” Ripetei questa volta rassegnato e triste. “Lei… ha indetto queste uccisioni.” Dissi tristemente. Il mio maestro sospirò mestamente, celando una tristezza enorme. “La Dama del Lago a quanto pare è stata nuovamente indottrinata al male.” Disse lui tornando ad occuparsi di alcune erbe. “Si chiama Morgana.” Sussurrai. “Un nome condannato per una persona condannata.” Disse il mio maestro con voce rotta. “Maestro… io… ehm… mi vergogno a dirlo…” Confessai. “Te ne sei innamorato, vero?” Accennai un sì. Non sapevo neppure io come spiegare quel sentimento: c’era e basta, non aveva bisogno di spiegazioni. “Non temere, non c’è niente di male.” Affermò sereno. “Maestro!” Esclamai scandalizzato. “È la Dama del Lago, inevitabilmente la amerai, sempre, lei e le sue predecessore e le sue successore, poiché il vostro è un amore voluto dagli dei che attraverso i vostri corpi esprimono il loro amore.” Spiegò Ehogan senza spiegarmi i dettagli che a quell’età mi avrebbero solo fatto arrossire o scandalizzare. “Non comprendo.” Confessai. “Comprenderai quando sarà il momento.” Tagliò corto lui.
“Arthur!” Mi voltai al sentire il mio nome. “Arthur!” Urlò un’altra voce. Mi voltai verso il mio maestro ma era già scomparso. “Arthur!” Urlò un’altra voce ancora mentre quattro figure mi raggiungevano. “Ragazzino…” Iniziò Peter con il fiatone per la corsa, era vestito come uno studente, il viso coperto dal cappuccio della divisa e aveva sostituito la sua vecchia divisa con una pulita puliti, era passato del tutto inosservato, e poi, con tutto il baccano al primo piano, nessuno aveva badato a lui. “Si può sapere che ti è preso?” Domandò Peter che mi aveva visto correre come un dannato due volte, la prima volta con furia, la seconda volta invocando il mio maestro. “Niente.” Mentii. “Beh! Sei stato fortunato che quella piccola demone non ti abbia confuso il cervello, giuro che un paio di volte mi deve essere entrata nella testa!” Disse Peter rabbrividendo al ricordo.
In quel momento Itrandil comparve dalla vegetazione guardando truce Peter. “Ma che….” Disse il ragazzo, alzando il tono di voce d’un’ottava, indicando con un dito il drago e guardando noi confuso e spaventato. “Peter.” Iniziò Elaine. “Ti presento Itrandil. Itrandil, Peter.” La draghessa in risposta ringhiò verso Peter con fare minaccioso. “Sbaglio o non gli sono simpatico.” Constatò il diciottenne. “Itrandil è il mio drago.” Spiegò Elaine passandogli davanti con indifferenza andando a recuperare la sella e mettendo i filacci ad Itrandil sotto lo sguardo spaventato di Peter. “Non sarebbe meglio una scopa?” Propose lui atterrito. “No, una scopa verrebbe notata dalla barriera magica, un drago no.” Spiegò Elaine che aveva fatto parecchie entrate e uscite via cielo quel estate. “Va bene.” Squittì Peter rassegnato al voletto di cui non invidiavo nulla. Elaine salì davanti e Peter si posizionò dietro. “Reggiti, voliamo veloci.” Disse Elaine mentre Itrandil si preparava a spiccare il volo. “Aspetta!” La bloccò Peter. “Quasi dimenticavo!” Esclamò iniziando a rovistare dentro la sua borsa. “Questi sono per voi.” Disse il ragazzo passandoci dei telefonini con delle tastiere di qualche anno fa. “Li potete usare per chiamarmi: è una linea sicura che posso cambiare io con nulla.” Spiegò il ragazzo lanciandoci i telefoni, uno a testa. Erano dei modelli piuttosto vecchi, probabilmente degli anni novanta, neri, poco più grandi della media, ma decisamente più grossi, dotati di antenna e con dei fili esposti. “Funzionano anche all’interno di Hogwarts, basta che dite un qualsiasi incantesimo che lanci una scarica d’energia, come expelliarmus o stupeficium, e si ricarica. Però dovete anche attaccarlo alla corrente con questi!” Aggiunse lanciandoci delle prese che si collegavano a delle batterie da megawatt. “Li ho costruiti io quindi non saranno esattamente una bellezza esteticamente, ma funzionano!” Esclamò orgoglioso. “Ora possiamo andare? Itrandil inizia ad innervosirsi e sta dicendo cose poco carine sul conto tuo.” Alle parole di Elaine Peter si riprese. “Ah, ecco sì!” Come finì di parlare Itrandil spiccò il volo con forza facendo lanciare a Peter un urlo spaventato. –Eh, come lo capisco.- Pensai ricordandomi del mio unico breve volo su una scopa.
***
“Aaaahahhahahahahhahah!” Urlò Peter terrorizzato. “La vuoi smettere!” Tuonai ringhiando assieme ad Itrandil. “Sì, sì! Sì, sì, sì! Sì!” balbettò lui e dopo una mia occhiataccia si calmò. Rimanemmo in silenzio per circa un minuto quando lui si decise a parlare “Senti… Elaine, giusto?... io… so che non potrò mai pretendere il tuo perdono, ma sappi che mi dispiace, per tutto.” Confessò il giovane sincero. –Brutto schifoso… se spera che otterrà il perdono così…- Iniziò Itrandil pensando ai peggiori insulti. “Accetto le tue scuse e ti perdono” Dissi interrompendo Itrandil e facendo scappare un sussulto sorpreso alla draghessa e al ragazzo. “Non l’hai fatto spontaneamente. E anch’io ho le mie colpe in questa storia. Tutto quello che ora puoi fare e cercare di rimediare.” Spiegai seria, continuando a guardare il cielo davanti a me. “Cercherò un modo per ridare a Liz le gambe allora!” Decise sicuro. “Dovessi metterci una vita!” –Magari mettici un po’ meno, così riesce a godersele le gambe.- Pensò Itrandil facendomi sorridere. “Senti ma tu e gli altri… insomma… cosa siete esattamente?” Chiese Peter. “Beh… Nath è più o meno come te, solo che al posto dei fulmini ha l’aria. Hanna muta il suo aspetto in quello d’un orso. Arthur è un druido. E io dovrei essere una qualche sorta di signora dei draghi o roba del genere.” Spiegai. “Questo lo so. Ma come hanno fatto quattro ragazzini ad avere tutti gli indizi che a centinaia di adulti sono sfuggiti. Sembra quasi… il destino…. Tu credi nel destino Elaine?” “Siamo arrivati.” Dissi iniziando a preparare l’atterraggio ignorando deliberatamente l’ultima domanda. “Governi bene questo drago.” Notò Peter una volta atterrati. “Io non governo nulla. Io volo con Itrandil, decidiamo assieme come muoverci.” Spiegai mestamente. “Forte.” Esclamò il ragazzo.
Quando atterrammo Itrandil lo buttò giù usando la coda a mo’ di frusta. “Ahio!” Esclamò il ragazzo al contatto duro con la terra. –Consideralo un pegno da pagare.- Disse Itrandil ringhiando un po’, lo tradussi e lui sorrise. “Hai ragione drago.” Itrandil sbuffò offesa. “È una lei.” Spiegai, e subito Peter iniziò a sudare freddo, ma si riprese in fretta e si corresse. “Ah… allora draghessa. Hai ragione: devo pur pagar pegno per il volo.” Si inchinò elegantemente. “Allora arrivederci Elaine, signora dei draghi!” Mi salutò così e si voltò per andarsene. “Arrivederci Dottor Peter.” Dissi io. “Dottore… spero che tu non stia pensando a qualche scienziato pazzo dei fumetti.” Disse tra sé e sé divertito. Spiccai il volo e ci lasciammo. Non disse mai cosa fece in quel periodo, né mi interessa, so solo che fece ciò che doveva e sentiva di fare.
***
Il treno fischiò. “Mi mancherete un mondo ragazzi!” Esclamò Hanna abbracciandoci prima di scendere dal treno.
La scuola era finita in un battito di ciglia, e, a seguito di un’accorta indagine, aveva lasciato sospeso il caso dei chip, come avevano fatto con quello dei draghi l’anno prima.
“Anche tu mi mancherai Hanna.” Disse Elaine abbracciandoci con maggior forza. “E anche voi ragazzi.” Sciogliemmo l’abbraccio strappalacrime con riluttanza. “Vi raccomando di scrivermi, o vi ritroverete con un lucertolone troppo cresciuto in giardino.” Ci minacciò Elaine indicandoci il cielo, dove Itrandil stava volando, nascosta trai i nuvoloni estivi, con a dorso Godren. Nel dire questo delle piccole lacrime avevano fatto capolino sui suoi occhi. “Ovvio che lo faremo!” Esclamò Nathaniel allegro asciugando le lacrime di Elaine. “E ricordatevi: a luglio tutti a Londra! Guai a chi manca alla mia festa! O giuro che vi lancio delle maledizioni.” Aggiunse Nathaniel scompigliando la coda ad Elaine facendole tornare il sorriso. “Hanna!!!!” Urlò Salomon saltando addosso a Hanna da dietro nel fallito tentativo di farla cadere a terra. “Mi raccomando! Studia, divertiti e scrivimi!” Urlò il ragazzo abbracciando con forza la ragazza. “Certo idiota! Ma anche tu scrivimi!” Ordinò la ragazza mentre l’altro le scompigliava i capelli iniziando una giocosa lotta che si concluse con Sal schiantato a terra. Da parte mia potei solo sbuffare anche se in realtà mi divertiva vederli così. “Ehi, Nath!” Esclamò Brian salutando l’amico da lontano un ultima volta: si erano già salutati in cabina con una serie di spintoni e battute quindi non si riavvicinarono per un ultimo saluto. “Ehi!” Rispose Nathaniel alzando le braccia al cielo. “Elaine!” Urlò Liz che da un quarto d’ora stava aspettando Elaine assieme ai suoi genitori per accompagnare la mia amica alla stazione. “Arrivo subito!” Urlò Elaine e voltandosi ci diede un ultimo breve abbraccio e se ne andò di corsa, continuando a salutarci. Subito dopo se ne andò Sal, richiamato dalla voce dei suoi genitori. Ma solo dopo aver dato un ultimo buffetto ad Hanna, e un saluto veloce a noi, raggiunse la sua famiglia di tutta fretta. Pochi istanti dopo una bambina saltò addosso a Nathaniel. “Emily!” Esclamò Nathaniel afferrando la sorellina e iniziando a coccolarsela. “Nathaniel…” Al richiamo della voce di sua madre, Nathaniel ci salutò tutti in fretta, e con la sorellina al fianco se ne andò. Poco dopo anche Hanna venne individuata dai suoi fratelli e, tra uno spintone e l’altro, raggiunsero i loro genitori che li accolsero con abbracci e baci. Da parte mia sorrisi mestamente, aspettando e cercando il mio unico parente. “Arthur.” Mi voltai: mio padre era dietro di me. “Ciao papà.” Lo salutai così, senza nessuna intonazione. “Torniamo a casa.” Decretò senza neanche abbracciarmi. Un velo di tristezza mi avvolse il cuore: avevo sperato che qualcosa nel suo cuore fosse cambiato, ma mi sbagliavo, non era cambiato nulla. Ancora mi odiava per ciò che era successo alla mamma.
Note dell’autrice:
Lo so, iper-iper-ritardo! Mi dispiace, mi inchino ai vostri piedi e supplico perdono! Mi dispiace, ero convinta che dove stessi andando in vacanza ci fosse il Wi-Fi ma, come al solito, mi illudevo.
Comunque, questo è l’ultimo capitolo! *Faccio scoppiare una serie di coriandoli*. Spero che il finale di quest’anno vi sia piaciuto e che la storia non vi sia risultata noiosa in certi passaggi. Perché sono… 195 pagine… wow, un record per me!
Ovviamente tornerò a rompervi le scatole con il prossimo libro, che sarà disponibile in un momento non ben preciso dell’anno prossimo. Sì, lo so, è molto tempo, ma non sono ancora riuscita a stendere il terzo libro e non me la sentirei mai di iniziare a pubblicare senza avere una bozza a cui fare riferimento.
Tranquilli, ho già in mente quali sofferenze dovranno patire questi poveri sprovveduti. Devo solo trovare il tempo per trascrivere tutto.
Vi dico solo che il prossimo anno avrà al centro della scena Nathaniel e … no, non ve lo dico, o rovino la sorpresa.
Detto ciò, un grosso abbraccione a quelli che mi seguono, spero di sentirvi presto, con affetto,
Bibliotecaria.