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Autore: dreamlikeview    26/08/2017    3 recensioni
Dean, a quattro anni, assiste all'omicidio di sua madre. Nel corso degli anni inizierà a sentire il peso di quello che ha vissuto, a sentirsi in colpa per qualunque cosa negativa accaduta alla sua famiglia e molto altro.
Dopo molti anni di solitudine e vita travagliata, un ragazzo impacciato e un po' nerd, Castiel, porterà un po' di luce nella sua vita. Riuscirà ad essere felice?
[Destiel, Human!AU, nerd!Cas, long-fic]
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione, Contesto generale/vago
Capitoli:
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DESCLAIMER: La storia è scritta senza fini di lucro, i personaggi non mi appartengono in nessun modo e non intendo offendere nessuno. Giuro. 
«Perché? Perché a me?! Che ho di tanto speciale? Sono solo un orfano, che caccia i mostri con il padre adottivo e il fratello minore!» PS. C'è l'avviso che i personaggi sono molto OOC.
PPS. Questo è un altro capitolo lungo, tutti i capitoli saranno lunghi d'ora in poi. Non mi sono regolata, sorry! 
 
_________________



5 anni dopo, 18 settembre 2015

 
So stop time right here in the moonlight,
'Cause I don't ever wanna close my eyes.
 
Era stato difficile per Dean uscire da quel periodo così buio e privo di speranza, era stato difficile credere a Bobby, Sam e Jody che gli ripetevano che non era colpa sua, che se Sam aveva tentato il suicidio non era colpa sua, se sua madre era morta non dipendeva da lui. Per Dean, accettare tutto ciò, era stato difficile come scalare una montagna.
Aveva accettato di essere ricoverato, ed era rimasto in quella clinica per due anni, perché aveva sempre mentito, dicendo di stare bene, che sarebbe passato, invece, alla prima occasione ricadeva sempre nello stesso tunnel perché le parole della sua famiglia non avevano fatto breccia dentro di lui, per anni. Quando era stato dimesso, ormai pulito, ed aveva visto suo fratello sorridente ad aspettarlo fuori alla clinica, Dean iniziò a credere che qualcosa stesse cambiando nella sua vita.
Dopo essere tornato a casa, pian piano si era ripreso, anche se era stato difficile non ricadere in tentazione; si era rimesso in carreggiata, aveva accettato l’aiuto, partendo dalle piccole cose, come riparare i danni subiti dalla sua auto insieme a Bobby, arrivando a quelle più grosse, come chiedere scusa per il suo atteggiamento a tutta la sua famiglia e ai suoi amici. Aveva allontanato tutti, persino i pochi amici che aveva. Era stato difficile andare da Benny e scusarsi per essere sparito quella notte, era stato difficile raccontargli la verità, e ammettere di aver bisogno di aiuto, ma l’amico non lo aveva mai abbandonato, anzi. Si era unito alla sua famiglia e insieme a loro, lo aveva aiutato, lo aveva tirato fuori dal baratro in cui era precipitato. Sam in quel periodo di recupero era stato la sua roccia, tra tutti quanti era la persona che gli era stata più vicino, sia in clinica che fuori, e lo aveva aiutato ad uscire dall’abisso in cui era affondato; e in qualche modo lui aveva aiutato il minore, anche se non sapeva come, ma Sam continuava a ripeterglielo, quindi doveva essere vero, no?
Ed erano passati cinque lunghi anni. Dean era tornato al college da due, ma non aveva avuto il coraggio di sostenere nessun esame, dopo i primi che aveva fallito. Ormai avrebbe dovuto essere in procinto di laurearsi, non sostenere gli esami del terzo anno. Era notevolmente fuori corso, ma Bobby gli aveva assicurato che non era un problema. Dean però si era rimboccato le maniche, aveva trovato un lavoro part-time come barista, con l’aiuto di Benny che aveva garantito per lui, e aveva deciso di aiutare la famiglia con le spese del college, sia per lui che per Sam, che, nei suoi da poco compiuti, ventuno anni, frequentava il terzo anno di giurisprudenza. Il minore, dopo aver cambiato scuola ed aver superato quel buio periodo, si era diplomato con il massimo dei voti, era stato accettato al college e viveva al campus, mentre Dean aveva preferito restare a casa, come prima, e dirigersi al college solo per seguire, quando poteva, le lezioni e studiare. Adorava passare i pomeriggi in biblioteca, perché lì regnava la calma più totale e nessun brutto pensiero andava a bussare alla sua mente.
L’aveva superato, ma dentro di sé, sapeva che il senso di colpa non sarebbe mai andato via, sarebbe stato sempre una parte di lui, solo che ora, lo viveva in modo totalmente differente. Si sentiva sempre responsabile verso il fratello minore, e voleva sempre proteggerlo, ma doveva accettare che ora non fosse più un bambino piccolo e non avesse bisogno della sua supervisione minuto per minuto della sua vita. Dean era sempre stato super protettivo verso di lui, e sapeva che a ventisei anni le cose non potevano cambiare. Poteva però fidarsi del minore e accettare le sue scelte, dandogli consigli più o meno buoni, come non lasciare che degli stronzi ti mettano sotto, o se loro ti picchiano, tu picchiali più forte e simili. Sam, adesso, era un ragazzo totalmente nuovo, più sicuro di sé, più estroverso e più forte; tra un libro enorme e l’altro, si era concesso delle uscite abituali con gli amici – sì Dean, non tocco alcool fino al compimento dei ventuno anni, promesso e non ti sfascerò l’auto te lo giuro, me la presti? Ti prego, e si era dato anche alla pazza gioia con le ragazze, dopotutto non era affatto un brutto ragazzo, anzi, da loro era molto apprezzato. Dean era fiero e si fidava di lui, Sam lo seppe quando il fratello gli diede una scatola di preservativi con l’avvertimento di andarci comunque piano e di stare attento, Sam conosceva e comprendeva le motivazioni per cui il fratello si comportava così, quindi non ci provava nemmeno ad essere irritato. Il maggiore si era solo fatto promettere che qualunque cosa negativa fosse accaduta, l’avrebbero risolta insieme, senza atti estremi. E Sam aveva accettato, solo se il maggiore avesse fatto lo stesso, perché nessuno dei due doveva più ridursi in fin di vita per risolvere i loro problemi. Era una cosa su cui erano d’accordo entrambi. Erano di nuovo affiatati come lo erano stati prima di quell’orribile periodo della depressione e del tentato suicidio, ed entrambi non avrebbero potuto essere più uniti, si raccontavano ogni cosa, Sam quando era al campus e non vedeva il maggiore per troppo tempo, gli telefonava la sera, e restavano al telefono almeno un paio d’ore, raccontandosi le giornate e cose del genere, Sam non diceva mai apertamente che controllasse che il fratello non ricadesse in quell’abisso, Dean lo aveva capito, ma non obiettava, perché capiva la preoccupazione del minore.
Quella sera, era particolare. Il maggiore dei Winchester, in una sessione straordinaria d’esami, aveva superato il suo primo esame dopo anni. Era incredibile, ma vero. Dopo anni, era riuscito a superarne uno, e ora la strada poteva essere solo in salita. Per questo, Sam aveva insistito per portare Dean con sé ad una festa organizzata da alcuni compagni di lezioni, e Dean si era convinto ad andare con lui, solo perché il minore sapeva essere davvero molto insistente – e anche se lo nascondeva, era molto preoccupato per Dean, che, nonostante si fosse aperto con loro, ed ogni cosa fosse cambiata in meglio, era solo e sembrava non avere interesse per trovare qualcuno con cui essere felice. Gli voleva bene, e voleva solo che suo fratello maggiore fosse felice, in fondo, dopo tutto il dolore che aveva provato, si meritava un po’ d’amore e di felicità, ma Dean sembrava non essere dello stesso parere. Stavano bevendo delle bibite gassate brindando all’esame superato, e stavano festeggiando insieme in un locale, mentre intorno a loro alcuni ragazzi si divertivano, la musica non era molto forte e c’erano davvero molte persone, il minore si guardava intorno, sicuramente stava adocchiando qualche ragazza, e non si muoveva per non lasciarlo solo. Dean ridacchiò, adorava il fatto che il suo fratellino fosse un libro aperto per lui, Sam non riusciva più a nascondergli nulla ormai; gli appoggiò una mano sulla spalla e gli sorrise dolcemente, scuotendo la testa.
«Sammy, vai, io mi siederò da qualche parte e ti aspetterò» gli disse con sincerità. Non voleva che si privasse del divertimento per lui, non era giusto, se lui era noioso come un pensionato, non poteva trascinare con sé il minore.
«Dean, non voglio lasciarti solo» ribatté l’altro «Non è stata una grande idea venire qua, eh?»
«Non è così» rispose «Starò bene, ehi, sono io il pensionato tra noi due, vai a divertirti, ho visto alcune ragazze guardarti interessate» sorrise ammiccando e indicando con la testa un gruppetto di ragazze che ridacchiavano imbarazzate, guardando Sam.
«Idiota» borbottò, poi sorrise al fratello «Ne sei sicuro?» chiese ancora, preoccupato, Dean annuì, alzando lo sguardo al cielo, esasperato, e «Non toccare nulla di alcolico!» si raccomandò il più piccolo, al sono pulito da anni, Sammy, non preoccuparti, decise di fidarsi del più grande e allora si diresse verso una ragazza mora, che aveva notato poco prima, offrendole da bere. Dean prese un’altra lattina di coca cola e si sedette su un divanetto, guardandosi intorno con aria annoiata. Non c’era nessuno di interessante, apparentemente, o almeno così era per lui, a lui le feste non piacevano granché, da quando era uscito dalla clinica, per evitare le tentazioni, si era tenuto ben lontano da quelle feste, ma non aveva saputo dire di no, quando il fratello aveva insistito tanto per farlo divertire un po’ perché sembri un vecchio pensionato, Dee, andiamo, vieni a divertirti!  - aveva detto al telefono, quando lo aveva invitato. Stava sorseggiando la sua bibita, che quasi gli andò di traverso, quando improvvisamente, lo vide: tra le luci psichedeliche del locale, avanzava verso di lui un ragazzo niente male, aveva una postura dritta e il passo elegante, si guardava intorno un po’ spaesato, e stava camminando verso di lui, con una lentezza disarmante, ma sicuramente Dean non era l’interesse del suo avvicinamento. Indossava un trench beige che ondeggiava tra le sue gambe e Dean perse per qualche istante il fiato, alzando lo sguardo ed incrociando il suo, era davvero mozzafiato, anche se con quelle luci non riusciva a distinguere il colore dei suoi occhi. Smise di analizzarlo, quando fu ad un passo da lui e gli sorrise in modo incerto.
«Ciao» disse il bellissimo ragazzo arrivando di fronte a lui «Mi chiamo Castiel» si presentò porgendogli la mano. Dean si rese conto che stesse parlando proprio con lui e si riscosse un po’ stupito, guardando prima alla sua destra e poi alla sua sinistra per capire se parlasse davvero con lui o no. Da quanto tempo esattamente non parlava con qualcuno della sua età, a parte Benny? Troppo tempo forse. Ricordava vagamente gli amanti che aveva avuto cinque anni prima, ed aveva giurato a se stesso che non avrebbe più usato nessuno per del banale sesso, da allora la sua vita sentimentale era pari o meno di zero. Per questo, non capì subito se il ragazzo scherzasse o fosse serio. D’altra parte, si vedeva che trasudasse imbarazzo mal celato da ogni poro. Adorabile.
«Io sono Dean, piacere» disse sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori, beh, non voleva fare brutta figura. Insomma. Era il primo ragazzo carino che si avvicinava a lui dopo anni, era ovvio voler fare bella figura.
«È un po’ imbarazzante» disse Castiel, sorridendo in modo impacciato «Ma vedi, i miei amici laggiù» mormorò indicando due ragazzi che sghignazzavano agitando una bottiglia di birra «Mi hanno sfidato, per mettermi a disagio. Mi hanno chiesto se vedessi qualcuno di carino, e ho visto te, così loro hanno detto che dovevo invitarti a ballare e… scusa. Non sono esattamente uno che attacca bottone così con le persone, ma… ti sarei grato se non mi facessi fare una figuraccia» disse parlando troppo velocemente, si vedeva chiaramente che fosse a disagio ed imbarazzato e avesse agito solo per non far brutta figura davanti ai suoi amici «Magari non ti piacciono nemmeno i ragazzi e io sto facendo la figura dell’idiota» borbottò Castiel, a disagio «Insultami pure, oddio scusa!» esclamò, vedendo che l’altro non rispondeva. Cosa? A Dean sfuggì un sorriso intenerito, era bellissimo, ma impacciato, e stava parlando troppo, il vecchio se stesso lo avrebbe zittito con un bacio, ma ora? Ci aveva visto giusto, la sua era una sicurezza mal celata, e lui lo trovava dannatamente irresistibile. Poteva essere un normale ventiseienne per una volta, no? Si guardò intorno e vide Sam offrire da bere ad un’altra ragazza – che donnaiolo pensò – e sorrise rilassato, lui stava bene, quindi poteva divertirsi anche lui per una volta. Quindi sorrise con sincerità al moro di fronte a lui, e decise che sì, gli avrebbe fatto vincere la sfida, perché era adorabile, i suoi amici erano davvero due stronzi e si vedeva che stesse sudando freddo nell’attesa di una sua risposta e continuava a straparlare, scusandosi. Quanto tempo era stato in silenzio, esattamente?
«Va bene, Castiel» disse posando la sua bibita sul primo tavolino a tiro e alzandosi in piedi «E tranquillo, i ragazzi carini mi piacciono» affermò ammiccando, vedendo l’altro arrossire come un tizzone, non voleva fare lo spaccone, ma visto che non era stato lui a ricercare la situazione… poteva approfittarne un po’, giusto? Sam avrebbe detto di sì, così afferrò Castiel per mano e lo trascinò con sé in pista. Il ragazzo poteva avere sì e no, tre o quattro anni in meno di lui e dopo un primo momento di smarrimento, lo guardò con riconoscenza, e impacciatamente si posizionò davanti al biondo, che sembrava saperne di più. «Rilassati, non ti mangio mica» scherzò. Castiel avvampò di nuovo e Dean sorrise intenerito, ballarono un po’ insieme, in maniera davvero orribile da guardare, erano due pezzi di legno entrambi – chi per un motivo, chi per un altro – così Dean ritenne opportuno interrompere quello spettacolino patetico e invitare Castiel a bere qualcosa insieme, magari per conoscerlo meglio. A pelle, gli sembrava una brava persona. Ora che lo guardava più da vicino, restò affascinato dai suoi occhi, erano di un azzurro puro, bellissimo, così limpidi da potersi specchiare dentro, Dean a primo impatto restò senza fiato per qualche istante, Castiel ricambiò lo sguardo, fissando i suoi occhi blu in quelli del verdi biondo, che temette per un attimo che potesse leggergli l’anima attraverso quello sguardo, e si sbrigò a guardare altrove, portando l’attenzione sulla bevanda che aveva tra le mani.
«Non ti ho mai visto in giro» disse Castiel, bevendo un sorso dalla sua bibita, aveva ordinato anche lui una coca cola, perché lui l’alcool proprio non lo reggeva. Adorabile al quadrato – pensò Dean. «Non vivi al campus?»
«No, in effetti» rispose il ragazzo «Studio ingegneria meccanica, e sono leggermente fuori corso, quindi studio a casa e do gli esami, quando posso seguo le lezioni» spiegò, l’altro annuì e fece un sorriso «Tu invece?»
«Io studio lettere» rispose «Nemmeno io vivo al campus, ma ci vado molto spesso» disse abbozzando un sorriso «Ma non frequento molte feste, non sono il mio genere, preferisco restare a casa a guardare film o serie tv». Dean non riusciva a staccare gli occhi da quelli del moro, erano semplicemente delle calamite per lui. E, davvero, quello doveva essere il suo giorno fortunato, perché aveva trovato qualcuno che come lui detestava le feste e non toccava alcool, per i motivi diversi dai suoi, ma poteva accontentarsi.
«Nemmeno io adoro troppo questo genere di cose. Mi ha trascinato mio fratello, Sam» disse indicandolo, mentre il fratellino si divertiva con quella ragazza – sperava solo che questa non facesse del male al più piccolo, ignaro che probabilmente sarebbe stato il fratello a spezzarle il cuore «Per festeggiare il fatto che dopo decenni abbia superato un esame» scherzò. E in effetti era vero, perché quello che aveva sostenuto, era, in effetti, il primo esame che riusciva a superare dopo la sua pausa di riflessione – così chiamava il periodo in cui si era gettato nell’autodistruzione e non aveva aperto un libro nemmeno per errore – dallo studio. Aveva provato a darne alcuni, ma aveva sempre fallito, o si era tirato indietro, troppo spaventato dall’idea di fallire. Castiel ovviamente non sapeva tutto ciò e si limitò a sorridergli e a porgergli il bicchiere con fare allegro, esclamando: «Allora ci vuole un brindisi!»
Dean lo assecondò, prese la sua bibita e brindò con lui a quell’avvenimento miracoloso. Dopo aver finito le loro bevande, i due uscirono fuori all’aria aperta, dentro avevano alzato il volume della musica e chiacchierare era diventato impossibile, poi il caldo e quelle luci avevano spinto i due non-amanti-delle-feste ad uscire fuori dal locale e a camminare fianco a fianco per qualche metro. Passeggiarono fuori dal locale, che non distava molto dall’appartamento in cui Castiel viveva, e chiacchierarono di un po’ di cose. Dean scoprì che il ragazzo aveva ventitré anni, era al terzo anno e si sarebbe laureato nel giro di un paio d’anni. Castiel era davvero simpatico, forse un po’ timido per essere il ragazzo che si era avvicinato a lui; gli spiegò che i suoi coinquilini adoravano prenderlo in giro, e quando potevano cercavano di metterlo in imbarazzo. Magari aveva solo accettato la sfida e non gli piacevano nemmeno i ragazzi, Dean doveva mettere in conto quest’ipotesi, perché anche lui con Benny aveva fatto stronzate simili – soprattutto al lavoro, e Benny lo insultava ogni volta che gli lanciava quelle sfide idiote.
«Ti ringrazio, Dean» disse Castiel sorridendo, interrompendo il flusso dei pensieri di Dean. Santo cielo, il suo nome pronunciato da lui sembrava davvero bello e melodioso «Almeno stavolta, non tornerò all’appartamento con loro che mi prendono in giro per aver fallito, di nuovo». Dean sorrise e gli mise una mano sulla spalla, con fare amichevole. Decise che non avrebbe fatto l’invadente chiedendo a cosa si riferisse con di nuovo, anche se dentro di sé voleva solo chiedergli di restare ancora un po’ con lui. Patetico.
«Beh, quando avrai bisogno di rimorchiare qualcuno per fare bella figura, conta pure su di me» disse ammiccando. Vide il volto di Castiel diventare di mille colori, e gli venne spontaneo ridacchiare; la sua risata coinvolse Castiel, che lo guardò con riconoscenza. Restarono ancora un po’ fuori, a chiacchierare, lontani dalla confusione, cercando di conoscersi meglio. Quando i coinquilini di Castiel, Gabriel e Michael, li raggiunsero sghignazzando, si complimentarono con l’altro per aver vinto la scommessa che avevano fatto, il sorriso che spuntò sulle labbra del moro scaldò il cuore di Dean. Castiel lo salutò con un dolce sorriso e un bacio sulla guancia e poi sparì nell’auto del suo amico. Dean, quando tornò a casa, si pentì di non avergli chiesto il numero.
 
Due settimane dopo.
Dean era nella biblioteca del dipartimento di lettere a studiare, la scusa che aveva rifilato a suo fratello, era che in quella del dipartimento di ingegneria c’era troppa gente e il caldo opprimente – e non era nemmeno una bugia, per essere la fine del mese di settembre, faceva davvero troppo caldo; si stava avvicinando l’autunno e faceva caldo come se fosse stato agosto, e tutti sapevano che Dean non sopportasse il caldo. In realtà, lui studiava lì solo per avere la possibilità di incontrare di nuovo Castiel, che studiava lettere. Sapeva che il suo atteggiamento risultasse un poco da stalker, ma era stato più forte di lui. Stava studiando, quando Benny gli scrisse per messaggio che il suo turno al bar era stato spostato alle quattro del pomeriggio, invece che alle sei, perché quella mattina uno dei loro colleghi si era ammalato di influenza. Dean sbuffò, ma poi si disse che avrebbe avuto più soldi, così da poterne mettere di più da parte per quel famoso viaggio che aveva in programma con il fratello minore dopo la laurea di entrambi – si erano promessi che un giorno avrebbero girato insieme tutta l’America, a caccia di avventure a bordo dell’auto di Dean. Controllò l’ora, era mezzogiorno, aveva ancora un’ora prima di ritornare a casa. Avvisò Sam con un messaggio che sarebbe andato via prima, per andare al lavoro, e poi riprese a studiare nel più totale silenzio, che fu spezzato da un gran fracasso, alcuni ragazzi ridevano e dei libri cadevano. Dean alzò lo sguardo verso il punto da cui arrivavano le risate e vide il ragazzo della festa, Castiel, chinato per terra, che cercava di raccogliere i propri libri mentre degli idioti dietro di lui sghignazzavano; e fraintese ogni cosa. Dean, che aveva visto suo fratello distrutto per quei comportamenti, si sentì chiamato in causa e si alzò, raggiungendo lentamente i ragazzi. Sentiva una rabbia feroce ribollire dentro di lui, ma ricordava bene la reazione dei bulli che avevano avuto contro Sam, quando aveva usato la violenza; quindi nonostante la rabbia decise che avrebbe usato la diplomazia. Decise che, avendo fallito con suo fratello al tempo, avrebbe protetto questo ragazzo dai bulli. C’era qualcosa che lo spingeva verso di lui, e non capiva il motivo. Si diceva di non voler vedere un’altra persona soffrire nel modo in cui aveva sofferto Sam.
«Qualche problema?» domandò, ai ragazzi, guardando poi Castiel e chiedendogli «Stai bene?»
Lui annuì, e gli sorrise leggermente mormorando: «Sì tranquillo, sono inciampato, c’era uno scalino».
Quando non udì risposta dagli altri ragazzi, li guardò torvamente e ripeté: «Qualche problema?»
«No!» esclamò uno dei due, davanti allo sguardo minaccioso del biondo «Scusa, non volevamo ridere, ma è stata una caduta epica!» esclamò uno dei due, porgendogli la mano, aiutando Castiel a rimettersi in piedi, e poi allontanandosi da loro. Dean sorrise e, dopo avergli raccolto i libri da terra, si voltò verso di lui, che lo guardava confuso e riconoscente allo stesso tempo, porgendoglieli. Castiel non sapeva cosa fosse accaduto in quel momento, gli era capitato che ridessero delle sue epiche cadute, perché gli capitava spesso di scivolare o cadere nei suoi stessi piedi, era un po’ un tipo con la testa tra le nuvole, ma l’aiuto e le scuse che gli avevano rivolto non erano mai accadute… e come diavolo aveva fatto Dean?
«Grazie» mormorò «Come… come hai fatto?» chiese il ragazzo, prendendo i suoi libri dalle mani dell’altro «Li hai mandati via con uno sguardo solo, come hai fatto?»
«Esperienza con brutte persone» gli disse semplicemente, poi lo guardò attentamente, a differenza della festa, portava degli occhiali neri e indossava una felpa con la zip aperta, da cui si intravedeva una t-shirt di Star Wars, e dei jeans chiari. Adorabile. Un piccolo nerd, un po’ come Sammy. Dean si ritrovò a sorridere, perché gli ricordò suo fratello, e quanto avesse insistito per guardare insieme tutti i film di Star Wars in ordine cronologico, era una cosa che non aveva mai capito, ma si fidava di lui, quindi lo aveva lasciato fare. Inutile dire che Sam lo aveva coinvolto e adesso adorava anche lui quel tipo di film. Aspettava con impazienza che il fratello tornasse per il weekend a casa per poter guardare quei film da nerd con lui – non si erano limitati a Star Wars, no, Sam gli aveva fatto vedere qualunque film fantasy o fantascientifico o sui supereroi conoscibile, dagli Avengers agli X-Men, alla Justice League e non si erano limitati ai film, no, Sam gli aveva fatto vedere anche molte, moltissime serie tv. Avevano questa piccola cosa che facevano insieme, soprattutto il weekend che si incontravano a casa, ed era servito molto al loro rapporto ritrovato, era come se guardare film e serie tv insieme, li avesse fatti tornare gli stessi Sam e Dean di qualche anno prima, prima del tentato suicidio di Sam, prima del ritorno di John.
«Grazie… wow, che brutta figura che ho fatto» disse piano un po’ a disagio, grattandosi la nuca con una mano. Dean si sentì un po’ in colpa per essersi imposto in quel modo «Stavo pensando a delle cose e non mi sono accorto dello scalino» ci tenne a specificare, sentendosi a disagio davanti a Dean, davanti al quale aveva fatto una figuraccia di dimensioni epiche «E loro hanno visto tutto, e hanno trovato la cosa divertente» spiegò.
«E io che pensavo ti avessero spinto» borbottò Dean, sollevato «Beh, sono contento che sia stato solo un malinteso» disse. Castiel restò immobile per un attimo, aveva pensato che avesse qualche problema riconducibile al bullismo ed era intervenuto? Si ritrovò a sorridere al pensiero che esistessero persone così buone di cuore, non ne aveva mai incontrate prima. Sì, a volte capitava, che alcuni scapestrati si divertissero a prenderlo in giro solo perché era un po’ nerd; non avevano mai fatto niente di grave, a parte qualche sfottò generale sulle sue improbabili t-shirt o sui suoi discutibili gusti di moda, ma a Castiel poco importava di loro, lui era se stesso e basta; a volte rispondeva anche a tono, ma nessuno aveva mai preso le sue difese… e lui aveva appena fatto una figuraccia davanti a lui, cadendo come un vero e proprio idiota.
«Ti ringrazio» mormorò «Scusa per la brutta figura» disse abbassando lo sguardo sui suoi piedi.
«Tranquillo, sai quante volte Sam è caduto?» scherzò, vedendo Castiel rilassarsi un po’ «Comunque, studio spesso in questo dipartimento perché è più tranquillo, se hai bisogno fai un fischio» disse ammiccando, sarebbe stato imbarazzante dirgli che era lì perché sperava di incontrarlo di nuovo «Se vuoi sederti, il tavolo è libero» lo invitò sorridendo, e poi gli sorrise e concluse dicendo: «Comunque bella maglietta».
Castiel arrossì davanti all’invito e all’apprezzamento del ragazzo, e sorrise, non gli capitava spesso di incontrare suoi coetanei che apprezzassero Star Wars e i pochi esemplari che conosceva si riducevano ai suoi coinquilini.
«Ti piace Star Wars?» chiese e si sedette accanto a Dean, che gli sorrise cordialmente.
«Sì» ammise «Cioè, il vero patito è mio fratello, ma alla fine è piaciuto anche a me» rispose e Castiel si ritrovò ancora una volta a sorridere, perché era un bravo ragazzo e apprezzava Star Wars, avrebbe voluto chiedergli se gli piacessero altri film, ma credette di essere troppo sfacciato, e dopo avergli detto che suo fratello avesse ottimi gusti, lasciò cadere il silenzio tra di loro. Studiò per un’ora abbondante accanto a lui, poi lo vide alzarsi e: «Ci vediamo, Cas, devo scappare per andare al lavoro… magari qualche volta puoi venire a trovarmi» azzardò, con mezzo sorriso sul volto.
Castiel arrossì a dismisura davanti a quell’invito, e non riuscì a trattenersi dall’esclamare e dal chiedere: «Con piacere! Dove lavori?» chiese interessato, facendo accigliare Dean.
«In un bar in città» rispose il ragazzo, dopo un breve momento di sorpresa e poi gli scrisse l’indirizzo del bar su un post-it, porgendoglielo con un sorriso; Castiel promise che sarebbe andato il prima possibile, pensò che magari avrebbe invitato Gabriel o Michael ad andare con lui, per non sembrare troppo sfacciato a Dean. Non nascondeva che l’incontro con lui era stato davvero sconvolgente in senso positivo, e aveva avuto voglia di incontrarlo di nuovo, ma non aveva neanche il suo numero. Prima che potesse realizzare che non lo avesse ancora, Dean era già schizzato fuori dalla biblioteca ed era sparito dalla sua vista. Castiel sorrise appena scuotendo la testa, e tornò a studiare, sovrappensiero.
Solo quando fu in auto, il biondo si rese conto di non avergli nemmeno chiesto il numero. Entrambi, quel pomeriggio, si pentirono di nuovo di non essersi scambiati ancora i numeri di cellulare.
 
Dean stava lavorando, puliva il bancone con movimenti rapidi e veloci, sperando che Castiel andasse lì, era un idiota, non gli aveva nemmeno lasciato il numero di cellulare e non sapeva se avesse accettato o meno il suo velato invito, certo magari non doveva aspettarsi che si presentasse quella sera, dopotutto aveva detto qualche volta. Non sapeva cosa fosse scattato in lui, quando l’aveva incontrato, Castiel gli aveva trasmesso una strana calma interiore, non si era mai sentito così in presenza di qualcuno. Aveva servito degli alcolici – ormai non sentiva nemmeno più il desiderio di bere – a due neo-ventunenni e sorrise pensando a quando aveva fatto bere il suo primo drink a Sam, e lui non aveva retto per niente, anche se aveva già l'età legale per bere, sperava che non facesse scelte stupide. Ridacchiò al pensiero di Sam brillo e continuò a lavorare, finché non vide entrare Castiel. La porta si aprì e lui entrò sotto le luci soffuse del bar, forse era l’atmosfera, ma a Dean sembrò un essere sovrannaturale in quel momento, il trench beige ondeggiava ai suoi piedi, come la prima volta che l’aveva incontrato, aveva l’aria un po’ smarrita e con lo sguardo – quei bellissimi occhi azzurri che avevano rapito la mente del biondo – cercava qualcuno. Dean sperava che fosse lui, anche perché chi poteva conoscere in quel bar? Uno dei suoi colleghi era Benny, che aveva il giorno libero, l’altro ragazzo, quello malato, non frequentava il college e di certo non poteva conoscere il cassiere che ad occhio e croce aveva l’età di Bobby. L’aveva invitato lui, perché diavolo faceva tutte queste supposizioni inutili?
Poi finalmente lo vide avvicinarsi al bancone e gli sorrise cordialmente. Santo cielo, il sorriso di Castiel era davvero meraviglioso, Dean non aveva altre parole per descriverlo, i suoi occhi blu brillavano nella penombra del locale, e il barista temette davvero di fare qualche azione impropria di fronte al ragazzo. Dannazione, Dean, datti un po’ di contegno, non sei un adolescente, hai ventisei anni! – si disse mentalmente. Castiel prese posto esattamente di fronte a lui, e sì, Dean si rese conto che lo stesse provocando un po’, perché quelle movenze lente e sensuali non potevano essere spontanee, altrimenti avrebbe dovuto pensare che il ragazzo, davvero, non fosse umano.
«Ciao Dean» disse sorridendo «Sono riuscito a venire, in realtà credo di essermi perso, prima di arrivare» mormorò un po’ imbarazzato «Non sono molto pratico della città, sono venuto in autobus» spiegò. Dean spalancò gli occhi, allibito «Fortunatamente ho chiesto in giro e ho trovato la strada» disse con semplicità, e il biondo non riuscì a reagire subito. Castiel aveva preso l’autobus per andare da lui? Davvero? Quasi non credeva alle sue orecchie, era… strano per lui.
«Ma non dovevi…» mormorò quasi in imbarazzo – e no, lui non era un tipo che si imbarazzava facilmente - «Davvero, bastava dirmelo…» ma Castiel scosse la testa e sorrise dolcemente, facendo perdere un battito a Dean.
«Mi andava di vederti» disse con sincerità, il biondo lo guardò con gli occhi sgranati «E poi volevo ringraziarti per avermi aiutato stamattina» spiegò sorridendo, avrebbe voluto portare Michael o Gabriel, ma entrambi erano impegnati e lui aveva davvero troppa voglia di incontrare Dean, di nuovo. Non voleva che si dimenticasse di lui.
«Davvero, io… non c’era bisogno che tu venissi fin qua in autobus» farfugliò il ragazzo, in evidente imbarazzo. Si riscosse quasi subito, anche se non capiva quale assurdo potere avesse quel moro su di lui. Non si era mai sentito in questo modo con qualcuno, e per lui era una cosa totalmente nuova, e anche un po’ strana. Immediatamente, offrì al ragazzo un drink analcolico, e una coppetta con delle noccioline. Il ragazzo lo accettò di buon grado e, mentre Dean serviva altri clienti, lo osservava ammirato. Anche a lui aveva fatto uno strano effetto incontrare quel giovane, nessuno dei suoi conoscenti si era mai esposto tanto per lui, e invece il biondo senza nemmeno conoscerlo aveva preso le sue difese, senza pretendere nulla in cambio. Avevano studiato insieme, e quando Dean lo aveva invitato al bar dove lavorava, beh, Castiel non aveva esitato nemmeno un attimo a raggiungerlo, e poi, era sincero, aveva avuto voglia di rivederlo fin dalla festa, e non aveva esitato a cogliere l’occasione. Dean sembrava una di quelle persone che una volta entrate nella tua vita, poi faticavano ad uscirne. E poi, Castiel non poteva fare a meno di apprezzarlo fisicamente, insomma, era davvero un bel ragazzo, occhi verdi, stanchi, che nascondevano dietro di loro chi sapeva quale storia, capelli biondi un po’ spettinati e fisico asciutto. Wow.
«Ascolta, Cas» richiamò la sua attenzione il barista, facendolo sorridere, erano già passati ai soprannomi? «Non accetto un no come risposta, tra qualche ora finisco il turno, ti accompagno io al tuo appartamento».
«Ma no, davvero…» cercò di obiettare, ma Dean non glielo permise.
«Insisto» disse sorridendo «Non vorrei che qualche malintenzionato possa far del male a un bel ragazzo come te» disse, facendo arrossire nuovamente Castiel, che non si aspettava quel complimento. Dean fece a se stesso un promemoria mentale, in cui si ricordava di fare complimenti al ragazzo su quanto fosse bello, solo per poter vedere di nuovo le sue guance prendere fuoco in quel modo. Gli sorrise ancora, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Va bene… accetto» si limitò a dire il moro, con l’aria ancora confusa. Gli occhi di Dean si illuminarono subito e gli indicò dei divanetti in fondo alla sala, dove sarebbe stato tranquillo. Ogni tanto gli portava delle bibite e gli sorrideva in modo imbarazzante e tra una cosa e l’altra, il suo turno terminò. Saldò il conto aperto a nome suo – non avrebbe fatto pagare un centesimo al moro – aiutò il proprietario con la chiusura della cassa e del bar, ritirò la sua paga quotidiana, e verso mezzanotte ritornò da Castiel, stanco, ma con il sorriso sulle labbra.
«Scusa, oggi eravamo a corto di personale» si giustificò, con mezzo sorriso «Muoio di fame, che ne dici di andare a mangiare un hamburger?» chiese, Castiel strabuzzò gli occhi «So che è tardi, ma… se non ti va ti riaccompagno, eh…»
«Questo è un modo carino per invitarmi ad uscire?» domandò l’altro. Dean si sorprese, sembrava un ragazzo impacciato, timido e con poca esperienza, e invece riusciva anche a tirare fuori una certa sicurezza, che intrigava Dean.
«Beh, sì. È stato un po’ patetico, lo ammetto».
«L’ho trovato adorabile» disse Castiel alzandosi e sorridendogli, gli sfiorò il braccio passandogli accanto, e Dean si limitò a sorridere come un idiota e a condurlo verso la sua auto, parcheggiata nel garage dietro al bar. Mentre arrivavano all’auto non dissero molto, però si guardarono in un modo, che fu definito da Dean, imbarazzante. Si sentiva davvero come un adolescente in preda ad una crisi ormonale, davanti al ragazzo per il quale aveva una cotta e non riusciva a trovare niente di sbagliato in tutto quello. Anche se era un po’ patetico, non si era mai sentito in quel modo.
Silenziosamente si avvicinarono all’auto, Castiel appena la vide strabuzzò gli occhi, Dean l’aveva rimessa totalmente a nuovo, e se ne prendeva cura ogni giorno: si assicurava che l’olio fosse sempre giusto, che il motore non avesse alcun problema, che i freni fossero a posto, e spesso lucidava la carrozzeria, anche se apparentemente non ce n’era bisogno, quell’auto era un gioiello.
«Wow, è magnifica» aveva sussurrato il moro, stupito.
«Tratto bene la mia piccola» disse Dean entrando nell’auto, invitando Castiel a fare lo stesso. Il ragazzo lo seguì in pochi istanti e subito il biondo gli spiegò che avesse sistemato lui quella macchina, perché quando gli era stata regalata era ferma da anni e Castiel lo guardò ammirato per la quinta volta in una giornata. Il biondo accese lo stereo e, mentre della buona musica rock si espandeva nel piccolo abitacolo, guidò verso uno dei fast-food aperti a quell’ora. Si lasciarono cullare dal suono della musica, non parlarono molto, scrutandosi l’un l’altro interessati. Appena arrivarono, Dean cercò parcheggio, ma a quell’ora era tutto pieno, doveva esserci qualche sorta di festa o simili. Così dovettero optare per il drive-in, Castiel scoppiò a ridere alla reazione di Dean al fatto che dovessero mangiare in auto e Dean annotò la risata di Castiel come il suo più bello dell’universo.
Patetico sdolcinato.
Consumarono la cena in auto, qualche isolato più in là, ridendo tra di loro e di alcuni aneddoti che si raccontarono, Dean raccontò di Sam che gli imponeva di guardare Star Wars e Il Signore degli Anelli periodicamente, per non parlare delle maratone dei vari film sui supereroi e Harry Potter; e Castiel sentiva man mano di aver trovato la persona giusta con cui passare il tempo. Dean era spiritoso, divertente, e galante; davvero, quella di Castiel era stata una pura botta di fortuna, e ne era davvero felice.
«Sai, dovremmo organizzare una bella maratona di… qualcosa» azzardò Castiel, restando vago «Ci piacciono gli stessi film e… Potremmo sentirci e-» balbettò, imbarazzandosi man mano che parlava.
«Questo è un modo per chiedermi il numero di telefono?» lo interruppe Dean, ridendo leggermente senza scherno nella voce. Stava solo facendo il verso a quello che Castiel, poco prima gli aveva chiesto al bar. Il moro arrossì a dismisura, e l’altro giurò che i suoi occhi avessero brillato di luce propria in quel singolo istante.
«Può darsi» mormorò imbarazzatissimo «Sarebbe così sconveniente?»
«Tutt’altro» disse Dean sorridendo, prese tra le mani il cellulare di Castiel e digitò velocemente il suo numero sul display, ridacchiando sommessamente. Poi scrisse un messaggio al proprio numero dal cellulare dell'altro, e salvò nel proprio telefono il suo numero.
Poco dopo, Dean stava guidando verso l’appartamento del ragazzo, con un Castiel mezzo addormentato sul sedile accanto al proprio, lo guardò per un attimo e sorrise dolcemente, intenerito da quella vista. Gli sfiorò la guancia e gli spostò un ciuffo di capelli ribelle dalla fronte, sentendosi un vero idiota, ma in modo positivo.
Non sapeva come spiegarlo, ma quel ragazzo aveva portato una ventata di positività nella sua negativa e triste vita.


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E' già passata una settimana? Non mi sembra vero. 
Anyway, hola people! Finalmente Cas è qui!! Ora è tutta una strada in salita per Dean. Habemus un numero di capitoli! Sono 13 compresi di prologo ed epilogo, ho finito di scrivere tutto questa settimana e mi sento un po' vuota. Mi sono resa conto che tutti i capitoli sono intorno alle 5/6mila parole, spero che per voi non sia un problema! 
Vi è piaciuto l'ingresso di Cas? E Dean riuscirà ad essere felice? Vi piace il ritrovato rapporto tra Sammy e Dean?
Michael e Gabriel sono i migliori amici di Cas, non sono stronzi, sono i cupidi della Destiel aw.
Spero che il capitolo via sia piaciuto e non vi siano errori! Ci si becca come sempre su questi canali, la settimana prossima! Come ogni settimana rinnovo i ringraziamenti a chiunque abbia speso un click per leggere, le persone che seguono, preferiscono e ricordano la storia, e le mie commentatrici abituali! Grazie mille a tutti del supporto! Stay tuned!
A presto! 
   
 
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